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Autore: Sunny    24/05/2004    25 recensioni
I missing moments della saga di BAWM! Ormai sono diventati troppi...meglio farne una raccolta! E si comincia con...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ragazzi, rieccomi

Ragazzi, rieccomi! Si sa che io non resisto a stare tanto tempo lontana da un pc…e visto che l’estate è finita (ahimè, le mie versioni di latino ancora no…) riapriamo ufficialmente la nuova stagione delle mie fanfictions! Lo so che avevo promesso che avrei cominciato subito BAWM Capitolo Zero, ma prima devo accontentare alcune richieste. Questa storiella è la prima di queste richieste, ed è anche il mio modo di fare gli auguri di buon compleanno alle persone che mi hanno commissionato un regalino speciale.

BUON COMPLEANNO, SARA LEE!!!!! Ecco la one-shot che tanto volevi…uno dei momenti che ho accennato nell’epilogo di Die Another Day. Goditela tutta, tesoruccio! ^^

 

P.S.: tanto per orientarci meglio: Jack e Dan hanno fra i 17 e i 18 anni, Julie ne ha 16, Simon 15 e la piccola Katie appena 8. Ed è estate.

 

P.S.2: sarà anche un regalo di compleanno per lei…ma voi altri recensite! ^^

 

 

 

DA GRANDE…

 

 

 

“Ciao, ci vediamo domani al parco!”

 

Katie Weasley salutò ancora una volta le sue amichette e la madre della festeggiata, quindi uscì e raggiunse suo padre che la stava aspettando alla porta d’ingresso.

 

“Ciao papy!” squittì allegramente, sollevandosi sulle punte per dargli un bacio.

 

“Ehi, patatina!” le rispose vispo Ron, dandole a sua volta un bacio sulla fronte e prendendola per mano mentre si avviavano lungo la strada alberata che portava a casa loro. “Allora, com’è stato questo compleanno?”

 

“Molto bello. A Mary è piaciuta molto la bambola che le ho regalato, più degli altri regali.”

 

“Avete giocato molto?”

 

“Si, anche a nascondino a tempo. Lo sai che sono molto veloce? Ho vinto sempre!”

 

Ron rise e si voltò a guardare sua figlia mentre passeggiavano tranquillamente lungo il vialetto. Aveva i suoi stessi occhi blu quella bambina, ma i tratti somatici e il fisico erano senza dubbio quelli di Hermione. In più era vispa come una cerbiatta, nonostante fosse di natura tranquilla e silenziosa. “Oh, questa non è una novità per me.”

 

Katie scrollò le spalle. “Nellie Roland dice che non è vero, che è lei la più veloce, ma lo sappiamo tutti che non è così. Solo che se glielo diciamo, quella piagnucolona scappa subito dalla madre.”

 

“Chi è Nellie Roland?”

 

“Una mia compagna di classe.” Katie si sistemò il cappello in testa. “Quella che alle gare della scuola è arrivata quarta ai cento metri. Ti ricordi come ha pianto perché la maestra non le aveva dato la medaglia? E’ proprio infantile.”

 

Ron rise e scosse la testa. Ricordava quel giorno perché Katie si era classificata prima a un bel po’ di discipline, con grande orgoglio dei suoi genitori e fratelli. E pensare che nessuno lo avrebbe mai detto: sentendola parlare chiunque avrebbe giurato che fosse uguale a Hermione, ma poi sotto quell’aspetto tranquillo e pacifico Katie Weasley era molto competitiva.

 

“Dov’è mammina?”

 

“E’ andata con zia Ginny a fare un servizio, torna per ora di cena.” Le rispose Ron. “Ehi, che ne dici se ora io e te ce ne andiamo a fare un giro alle giostre?”

 

Katie s’illuminò. “Possiamo davvero?”

 

Ron rise. “Certo che si.”

 

“Che bello!” Katie prese a saltellare. “Sei proprio fantastico, papy!”

 

“Si può fare di meglio.” Fece Ron con un sorrisetto furbo. “Che ne dici di un bel gelatone?”

 

“Panna e cioccolato?” replicò Katie con lo stesso sorrisetto, e all’occhiolino del padre quel sorriso si allargò ancora di più. “Quanto mi piace l’estate!”

 

Suo padre sorrise e le sistemò meglio la visiera del cappello. Katie aveva preso da Simon  il vizio di metterselo storto. “Specie le belle giornate come oggi.”

 

Katie annuì. “Si, oggi è veramente una bella giornata. Ho fatto un sacco di cose belle: sono andata alla festa di Mary, mi sono fidanzata, ora andiamo alle giostre col gelatone…”

 

Ron si accigliò. “Come sarebbe che ti sei fidanzata?”

 

La bambina lo guardò senza il minimo imbarazzo. “Si, con Johnny Toddler. Sai, quello di quarta.”

 

“Ah, e sentiamo. Com’è che non me l’hai detto prima che mi hai sostituito?” fece Ron, con un’aria divertita.

 

Katie scosse la testa. “No, tu sei sempre il mio fidanzato preferito. Però anche Johnny mi piace.”

 

“Mh. Bisogna che me lo presenti, sai.”

 

Katie spalancò gli occhioni blu. “Non è che gli fai tutte le domande come ha fatto zio Harry col ragazzo di Julie?”

 

Ron rise ripensandoci. “No, non ti preoccupare. Quello lo farò quando ti fidanzerai per davvero.”

 

Katie si accigliò. “Ma io sono fidanzata per davvero con Johnny. Pensa che ci diamo sempre la mano quando stiamo vicini.”

 

Il padre sorrise. “Fidanzarsi per davvero vuol dire che poi ti sposerai con il ragazzo con cui stai insieme.”

 

“E allora? Io mi sposerò con Johnny.”

 

“Non è un po’ presto per parlare di matrimonio?” Ron inarcò un sopracciglio: forse Harry non aveva tutti i torti a stare sempre con un occhio aperto con Julie. Una figlia femmina era più impegnativa da sorvegliare.

 

Katie si scansò i capelli biondi dal viso. “No…perché dovrebbe?”

 

“Beh, perché sei solo al primo amore.” Hermione, dove sei quando servi?

 

“Ma scusa, nonna dice sempre che il primo amore è importantissimo e si sposa quasi sempre.”

 

“Ma non sempre…”

 

“E tu e mamma, allora?”

 

Katie 1, Ron 0. “Ok, comunque devi prima finire la scuola, poi ti potrai sposare.”

 

Katie annuì soddisfatta. “Così avremo anche il tempo di scegliere le bomboniere.”

 

Ron cercò di togliersi rapidamente dalla testa l’immagine della sua bambina col velo bianco all’altare. Cercò di spostare il centro del discorso su altri argomenti mentre passeggiando arrivarono proprio vicino casa loro, ma quando stavano per svoltare a destra e imboccare la via per le giostre videro arrivare Simon sulla bicicletta.

 

“Ma che hai combinato?” gli chiese Ron, accigliandosi. Simon aveva detto di dover giocare una partita a basket coi suoi amici nel pomeriggio…e ora aveva un taglio sul sopracciglio destro, le ginocchia sanguinanti e un livido sul braccio. E nonostante questo non sembrava assolutamente seccato, anzi.

 

“Partita a basket, Matt ci è andato un po’ pesante.” Disse con un mezzo sorrisetto, frenando la bici. Ron inarcò scetticamente un sopracciglio, e dopo un po’ Simon fece un sorrisetto e scosse la testa. “Ok, ok…Devon Collins stava facendo l’idiota con una mia amica, e…”

 

“Con Melanie?” disse Katie con la sua inconfondibile vocetta da spiona.

 

Simon inarcò un sopracciglio. “Ma tu non eri alla festa della tua amica?”

 

“Ti sei azzuffato col figlio di Collins?” gli chiese Ron, e dopo un secondo gli fece un sorriso fiero. Collins era un imbecille di vice segretario nella sezione Uso Improprio dei Manufatti Babbani che per giunta più di una volta aveva fatto il cascamorto con Hermione. Evidentemente il figlio aveva la sua stessa attitudine, e non era cascato bene sbattendo contro Simon. Non c’era ragazzo più cocciuto e testardo di suo figlio: e oltretutto Simon aveva fatto a botte con suo fratello e i suoi cugini per un’infanzia intera, ne aveva di esperienza. E se la cavava anche piuttosto bene, perché pur non essendo alto come Jack aveva un fisico ben piantato per essere un quindicenne.

 

“Si, però non dirlo a mamma.” Gli disse subito il figlio.

 

Ron gli fece un occhiolino. “Se ti sistemiamo adesso non se ne accorgerà nessuno.”

 

Simon smontò dalla bici e seguì suo padre e sua sorella nel giardinetto di casa. “Ma non andiamo più alle giostre, papy?” fece sconsolata Katie.

 

“Certo che ci andiamo, ci mettiamo un secondo qui.” La rassicurò Ron, entrando in casa e dirigendosi in cucina.

 

“Stavate andando alle giostre?” chiese Simon, sedendosi sul bordo del tavolo e lasciando a suo padre la possibilità di occuparsi delle sue ginocchia.

 

Katie annuì, mettendosi in ginocchio su una sedia. “Vuoi venire con noi? Dopo ci prendiamo anche il gelatone da Florian.”

 

“Non suona male come programma.” Disse Simon mentre suo padre gli puntava la bacchetta alle ginocchia, mormorando l’incantesimo per rimettergliele a posto.

 

Katie sorrise. “Mi piace quando vieni con me alle giostre. Mi fai la voce di Spenky il Porcellino per strada?” Simon le obbedì volentieri, imitando il suo pupazzo preferito e facendola ridere. “Lo fai benissimo! Ma come ci riesci?”

 

Simon le fece un occhiolino. “Potrei dirtelo, ma poi dovrei ucciderti.”

 

La porta di casa si aprì ancora, ma questa volta ad entrare fu un ragazzo alto coi capelli rossi che gli finivano leggermente sulla fronte, con la stessa identica espressione del viso di Ron.

 

“E tu che fai già qui?” chiese Ron al figlio maggiore, senza però distogliere la sua attenzione dal ginocchio di Simon. “Credevo che fossi uscito con Kessie.”

 

Jack entrando si prese una mela dal cestino che stava sul tavolo e l’addentò. “Tecnicamente si, ma poi abbiamo avuto una discussione e…”

 

“Hai mollato pure questa?” gli disse Katie, spalancando gli occhi.

 

“Non è che l’ho mollata io, ha fatto tutto da sola.” Jack scrollò tranquillamente le spalle, arruffando i capelli alla sorella. “Dice che la trascuro troppo, che non sono il tipo fedele…”

 

“Che bugiarda.” Fece ironicamente Simon, con un mezzo sorrisetto piantato sulle labbra.

 

“E tu che hai combinato?” Jack diede un altro morso alla sua mela. “Sei caduto dal seggiolone?”

 

Simon inarcò un sopracciglio. “Riderei se non mi facessero male le costole, davvero.”

 

“Ha gonfiato Devon Collins.” Disse Katie con un sorriso fiero, mentre Ron finiva di rimediare al taglio sul sopracciglio del figlio.

 

“Veramente?” ora anche Jack aveva lo stesso sorriso. “Congratulazioni, fratellino, sei ufficialmente il mio eroe.” Disse al fratello, dandogli una pacca sulle spalle.

 

“Voilà, come nuovo.” Fece Ron, rinfoderando la bacchetta. “Fa male da qualche parte?”

 

Simon provò a muovere le ginocchia. “A posto.”

 

“Allora adesso andiamo alle giostre?” Katie balzò giù dalla sedia.

 

“Ci andiamo subito, patatina.” Ron si voltò verso i figli. “E voi ragazzi che fate?”

 

Jack scrollò le spalle. “Andate senza di me, sto aspettando…” la porta suonò. “…appunto. È Dan.” E senza aggiungere altro si avviò verso la porta, ma invece di aprirla uscì lui.

 

“Simon, tu sei dei nostri?”

 

“Solo se si passa da Florian.”

 

Ron annuì. “Allora possiamo andare.”

 

Simon si accigliò. “Pa’, aspetta un momento…secondo me ti stai dimenticando qualcosa.”

 

“Mh?” Ron lo guardò incuriosito, poi spalancò gli occhi. “Hai ragione! Miseriaccia, stavo quasi per dimenticarmene!” ecco cosa aveva dimenticato: Hermione gli aveva raccomandato ben dieci volte di spedire alcune lettere via gufo nel pomeriggio. Subito Ron provvide a inviarle in meno di un minuto. “Vostra madre mi avrebbe letteralmente ammazzato se le avesse ritrovate qui al suo ritorno.” Mormorò, mentre finiva di legarle attorno alla zampa del loro gufo.

 

“Che lettere sono?” chiese curiosa Katie, mentre accarezzava il dorso del gufo.

 

Simon non concentrò la sua attenzione su quello che suo padre e sua sorella si stavano dicendo: le urla di Dan e Jack stavano cominciando a farsi sentire fino in casa, e sapendo bene di cosa stavano parlando bisognava avvertirli di abbassare la voce. “Vengo subito…aspettatemi qui, per favore.” Disse semplicemente, uscendo velocemente da casa mentre Katie si lamentava che avrebbero fatto tardi.

 

Come aveva previsto lui, Jack e Dan erano in giardino e stavano litigando in grande stile. Simon conosceva il motivo, visto che Jack gli aveva confidato il problema, ma sapeva anche che se continuavano ad urlare in quel modo il segreto non sarebbe rimasto più tale. E d’altra parte suo fratello e suo cugino erano figure ben impostate, piuttosto atletici entrambi, di conseguenza non potevano avere due vocette appena udibili.

 

“Questa è la stronzata più colossale che abbia mai sentito!” urlò Jack. “E lo sai perfettamente anche tu!”

 

“Ti stai comportando come un egoista, e nemmeno mi stai a sentire!” ribatté altrettanto forte Dan, stringendo i pugni.

 

“Oh, oh!” intervenne Simon. “Siete pazzi a urlare così? Vi si sente perfettamente dentro!”

 

Questo sembrò solo suggerire a entrambi i due litiganti di abbassare il tono della voce, ma non li calmò. Infatti quando Jack si voltò verso di lui aveva gli occhi colmi di rabbia. “Vuoi sapere cos’ha fatto questo grandissimo bastardo collaudato?! Ha passato la selezione per i Cannoni di Chudley!”

 

Simon si voltò verso suo cugino con un sorriso incredulo e soddisfatto per un momento. “Ci sei riuscito veramente?”

 

“Piccolo idiota che non sei altro, non lo capisci che vuol dire questo?!” ruggì Jack.

 

“Jack, io non ti ho mai detto che volevo cambiare idea, ma mi è stata offerta un’occasione unica! Perché diavolo dovrei rifiutare?!” replicò Dan, con gli occhi verdi oscurati dal nervosismo. Dan era un ragazzo abbastanza tranquillo, ma anche irascibile. Non quanto Jack, ma notevolmente.

 

Jack fece un passo avanti. “E’ stato il nostro sogno da una vita.” Sibilò fra i denti. “Lo abbiamo sempre desiderato. E avevamo detto che lo avremmo fatto insieme, dannazione!”

 

“Lo so, lo so!” ribattè Dan. “Ma io adoro il quidditch, e anche giocare in una vera squadra è sempre stato il mio sogno! E fra le due cose scelgo questa! E’ una mia scelta, non puoi incazzarti solo perché seguiremo strade diverse!”

 

“Non è questo che mi fa incazzare a morte!!” Jack era furioso. “Il fatto che tu fino all’ultimo non me l’abbia detto mi fa vedere rosso!!”

 

“Non fare l’ipocrita del cazzo, tu lo sapevi benissimo che avevo passato le selezioni!”

 

“E allora perché hai presentato quella maledetta domanda alla War Mage Team con me, eh?!”

 

“Ssh, Jack!!” Simon fece un inutile tentativo a calmare gli animi.

 

“Perché ancora non lo sapevo che ero stato preso!” Dan cercò di darsi una calmata e si passò una mano fra i capelli spettinati come quelli di suo padre. “Senti, ma perché fai così? Io non me la prenderei tanto se fossi al tuo posto!”

 

“Questa è veramente forte!” fece sarcastico Jack. “Ti puzzava la bocca di latte e già dicevi che saremmo stati una gran coppia di War Mage, e proprio quando eravamo a un passo dal metterlo in pratica ti sei tirato indietro, molto leale da parte tua!”

 

“Ma tu lo diventerai comunque un War Mage, Jack!”

 

“Ma davvero?”

 

La voce dura e robusta fece voltare i tre ragazzi di scatto: sulla soglia c’era Ron, con le braccia incrociate sul petto e l’aria truce. Katie, accanto a lui, stava guardando i tre ragazzi con aria preoccupata. Sapeva già come andavano a finire le cose quando suo padre aveva quella faccia e quella voce.

 

Simon si grattò la nuca. “Ehm…non ci andiamo più da Florian, eh?” provò, ben sapendo che era inutile. Suo padre era furibondo.

 

“Dan, ti dispiace.” Ruggì Ron. “Jack e io dobbiamo fare quattro chiacchiere.” Dan annuì e salutò gli altri con un cenno della testa, allontanandosi in silenzio. Ron entrò in casa senza fare ulteriori commenti, seguito a ruota da Katie.

 

“Puttana…” brontolò Jack fra i denti, entrando.

 

Ron si fermò in salotto, sedendosi su un divano e appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Jack si fermò davanti a lui con le mani sui fianchi, cercando di non mostrarsi minimamente colpevole. “Siediti, Jack. Abbiamo molto di cui parlare.”

 

Solo il tono di suo padre avrebbe fatto rabbrividire chiunque. Jack gli obbedì; Simon e Katie stavano per sedersi a loro volta, ma Ron si voltò verso di loro.

 

“Simon, Katie, andate a giocare di sopra.”

 

I due si scambiarono uno sguardo e uscirono dalla stanza, ma invece di salire di sopra si andarono a sedere in cima alla rampa di scalette che portava al piano superiore, da dove potevano sentire tutto.

 

Ron incrociò le braccia sul petto e guardò il figlio con uno sguardo durissimo. “Forse potremmo cominciare con te che ti siedi e mi dici cos’è questa storia.”

 

Jack prese posto di fronte al padre sul tavolino, e perse un secondo di troppo ad esitare. Tanto valeva essere sinceri, ormai era già nei guai più totali. “Ho presentato la domanda per entrare nei War Mage, e l’hanno accettata.” Disse, tutto d’un fiato.

 

Ron serrò la mascella, ma tentò di restare calmo. “Non mi risulta che tu abbia parlato di questo con me o con tua madre.”

 

Jack raccolse tutto il suo coraggio e guardò il padre dritto negli occhi. “Non vi ho detto niente, infatti. Perché lo sapevo che avreste reagito così.”

 

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. “Eh già, che razza di genitori di merda che siamo! Ci permettiamo il lusso di preoccuparci per i nostri figli!”

 

“Non è così la questione, papà!” fece esasperato Jack, alzandosi in piedi e passandosi una mano fra i capelli. Vizio per cui Simon e Katie lo prendevano continuamente in giro, ma che ora era solo un’ennesima espressione di tensione. “Mamma si preoccupa…ma a te non è solo un fatto di preoccupazione.”

 

“No?”

 

“No!” ribattè duramente Jack. “Tu la pensi diversamente.”

 

Ron avrebbe tanto voluto fargli una faccia di ceffoni e fargli capire che stava dicendo solo un mucchio di sciocchezze, ma Jack non era più un bambino. Ed era un testardo allucinante. Bisognava prenderlo col ragionamento, o non ci sarebbe stato dialogo. Perciò si sforzò di controllarsi. “Rispondi solo a questa domanda, Jack. Perché il War Mage?”

 

“Cosa?” Jack lo guardò confuso.

 

“Perché non l’Auror!” replicò incalzante Ron. “Perché hai fatto questa scelta, fammi capire.”

 

Jack rimase un attimo a bocca aperta, non avendo capito dove volesse portarlo suo padre con questo discorso, e alla fine optò per dire la verità. “Io voglio vigilare sul nostro mondo perché rimanga bello così com’è. Voglio collaborare attivamente a mantenere la pace.”

 

“E’ un pensiero molto nobile e ti fa onore, ma allora perché non porti avanti la tua idea facendo l’Auror?”

 

Jack scosse la testa, esasperato. “Sei l’ipocrita più grosso della terra o mi stai solo prendendo in giro?! Credevo che fossi proprio tu quello che diceva sempre che gli Auror non valgono niente!”

 

Ron scattò in piedi. “Credi che sia come quando tu e tuo fratello giocavate coi soldatini? Lascia che ti dica una cosa, figliolo, La vita del War Mage è infame e atroce, io lo so. Ti ci vorranno anni per abituarti, ti trasformerai in un’altra persona lì dentro.”

 

“Tu però sei uno di loro!”

 

“Esatto, e sono stato un bastardo per anni! Chiedi a tua madre se non mi credi!”

 

“Ma quanti anni avevi quando ti sei arruolato?!”

 

Ron scosse la testa. “Questa è una cosa completamente diversa, noi eravamo nel bel mezzo di una guerra! Dovevamo difenderci!”

 

Jack lo ignorò. “Tu avevi poco più della mia età! Ma questo non ti ha fermato, non ti ha impedito di diventare il Grande Ron Weasley!”

 

Il Grande Ron Weasley??” Ron si passò una mano in faccia. Jack gli stava tirando gli schiaffi dalle mani… “Sentimi bene.” Sibilò, con tono forzatamente trattenuto. “So cosa significa avere 17 anni. So cosa significa aver voglia di far vedere al mondo che esisti. Ma so anche che io ho commesso i più grandi errori della mia vita in quel periodo, e ho continuato a sbagliare perché non ascoltavo i consigli di chi mi voleva aiutare. Ho ceduto solo quando è arrivata una persona più forte di me. Ma tu sei diverso da me, posso aiutarti perché so già come ci si sente. Sediamoci, parliamone con calma.”

 

Jack lo fissò con un’espressione inorridita, scuotendo la testa. “Non ci posso credere.” Disse alla fine. “Tu credi che io voglia diventare un War Mage solo per essere uguale a te? Perché voglio farmi notare?”

 

“Quale altro dannatissimo motivo può esserci?!?” ruggì Ron. “Non siamo in guerra, non c’è bisogno di altri ragazzi che rischino quotidianamente la vita!”

 

Jack aveva un’espressione disgustata sul viso. “Se è questo che pensi, papà, possiamo anche smettere di parlare.” E così dicendo prese bruscamente il suo giubbotto dalla sedia dove l’aveva appoggiato, avviandosi verso la porta.

 

Ron gli fu dietro immediatamente, furibondo. “Jack, se esci da quella porta senza aver finito il discorso, ti giuro che te le suono come non le hai mai prese in vita tua!”

 

Jack si voltò di scatto, furioso. “Non sono un moccioso!!” urlò.

 

“Ma sei mio figlio!!” tuonò Ron.

 

“Già, e spero che non mi metteranno mai nella tua stessa divisione!!” gli urlò dietro Jack, uscendo e sbattendosi la porta di casa alle spalle.

 

Ron fece appello a tutto il suo self control per non aprire la porta e ricordare a suo figlio un po’ di educazione a suon di sberle. Dannatissimo ragazzo ottuso, presuntuoso e impudente! Che cosa credeva, di giocare alla guerra? Di voler diventare il cavaliere con l’armatura dorata e liberare il mondo dai cattivi? Perché voleva per forza immischiarsi in un mondo che per anni e anni i suoi genitori avevano tenuto fuori dalla porta di casa? Perché, perché di tutti i mestieri proprio quello più pericoloso?!?

 

Katie, sulle scale, osservava suo padre lì fermo in piedi con un’espressione preoccupata. Jack lo faceva arrabbiare spesso, soprattutto quando combinava dei guai, ma non l’aveva mai fatto arrivare a questo punto. Si voltò verso suo fratello per cercare un punto di riferimento. Simon era accigliato, e stava facendo quello strano piccolo movimento con la mascella che faceva sempre quando era arrabbiato. E adesso perché anche lui si è innervosito?, si chiese la bimba. Comunque si alzò a sua volta quando vide suo fratello che scendeva le scale per raggiungere suo padre.

 

Simon si avvicinò in silenzio, mantenendo lo sguardo accigliato. Esitò quasi come se stesse cercando le parole giuste, ma poi alzò lo sguardo e mormorò qualcosa piano. “Non mi è piaciuto quello che gli hai detto.”

 

Ron si voltò verso di lui, con gli occhi che ancora gli fiammeggiavano per la rabbia. “Come hai detto?” sibilò.

 

Simon non s’intimidì. “Ho detto che non è giusto il modo in cui hai trattato Jack.”

 

“Ah, questa è davvero bella!” replicò acido Ron. “E perché, sentiamo?”

 

“Perché gli hai detto che vuole solo copiare te, non hai capito affatto quello che ti stava spiegando e non l’hai ascoltato.”

 

Crack. Ogni forma di resistenza rimasta nel cervello di Ron si frantumò in quel momento. “Vediamo se indovino.” Ruggì, avanzando in modo tanto minaccioso che Simon fu costretto a fare un passo indietro. “Anche tu vuoi fare…vediamo un po’, che cosa è rimasto? Se Jack vuole fare la spia dei servizi segreti vuol dire che ci deve essere qualcos’altro di abbastanza originale e pericoloso anche per te, no?!” ora stava urlando. “Sai cosa, Simon? Ce l’ho io una soluzione! Vai di sopra, apri l’armadio che io e tua madre teniamo chiuso a chiave, prendi i nostri cinturoni e le nostre armi, esci e fai vedere a tutti quanto vali uccidendo il primo dannatissimo bastardo che ti capita sotto mano!!!” le ultime parole furono urlate molto forte, e accompagnate da un sonoro pugno nel muro.

 

Simon faticò a mantenere il controllo. Tremava di rabbia. Alla fine disse semplicemente “Vaffanculo” in una voce così ferita e furiosa allo stesso tempo che per Ron fu un colpo allo stomaco, il colpo che lo risvegliò dal suo attacco di rabbia immotivato nei confronti del figlio minore. Ma quando tentò di fermarlo prima che se ne andasse, Simon si scrollò violentemente la mano del padre dal braccio e uscì di casa sbattendo forte la porta.

 

Nella casa piombò il silenzio. Katie stava ferma immobile a guardare suo padre. Ron serrò forte gli occhi per un momento, e mormorò qualcosa come “idiota” fra sé e sé. Si trascinò sul divano senza dire una parola, e lì si sedette con la testa fra le mani e i gomiti sulle ginocchia.

 

Katie rimase un istante ferma sulle scale per decidere se andare dietro a suo fratello o restare con suo padre, ma alla fine scelse di restare. Si ciondolò sui piedini ancora un momento; non riusciva bene a capire perché suo padre si fosse arrabbiato così tanto con Simon. Poteva anche capire che ce l’aveva con Jack…perché voleva fare come lui? In ogni caso Jack aveva combinato qualcosa di sbagliato, Simon no. Voleva avvicinarsi, però non voleva nemmeno farlo arrabbiare anche lei. Così lasciò passare qualche minuto prima di raggiungerlo e mettersi in piedi vicino a lui.

 

“Papy?” chiese in un soffio.

 

Ron sollevò a fatica la testa. “Che c’è, tesoro?”le chiese, con la voce più bassa del solito.

 

Katie con la manina gli scansò un ciuffo di capelli dal viso. “Sei arrabbiato?”

 

Ron non disse niente, ma si prese la bambina in braccio. Si lasciò andare contro la spalliera del divano, accarezzandole i capelli e guardando un punto fisso nel vuoto.

 

“Non mi piace quando sei triste.” Gli disse piano Katie. “Perché adesso sei così giù?”

 

“Perché non sono un bravo papà.” Le mormorò in un soffio.

 

Katie si accigliò. “No, non è vero, tu sei il migliore del mondo!”

 

Ron si limitò a baciarle la manina, ma rimase in silenzio. Katie non volle dire altro. Era una bambina tranquilla, e sapeva capire quando era il momento di stare buona. Non chiese a suo padre perché se l’era presa con Simon, cos’aveva fatto Jack, e nemmeno perché per colpa del loro litigio il pomeriggio alle giostre era saltato. Prese il suo album e i suoi pennarelli e si mise a disegnare ai piedi del divano, senza dare alcun fastidio.

 

 

***************

 

 

Hermione si chiuse la porta di casa alle spalle con un piede, cercando di raggiungere il prima possibile la cucina. Aveva le buste della spesa in mano, più una serie di pacchi e pacchettini che aveva bisogno di appoggiare da qualche parte. Gettò solo rapidamente uno sguardo in giro e non vide nessuno; non si soffermò oltre, e una volta raggiunta la cucina mise giù le buste e cominciò a riporre con cura il cibo nel frigo e nei mobiletti.

 

“Mammina!”

 

Hermione si voltò: c’era Katie sulla soglia della porta, con una bambola in mano che apparentemente stava pettinando. “Katie! Com’è andata la festa di Mary?”

 

La bambina scrollò le spalle. “Bene, è stata divertente. Però è finita molto presto.”

 

Hermione fece un sorriso a sua figlia e prese una scatola da una busta. “Vieni qui, ti ho portato una bella sorpresa.”

 

Katie fece un gran sorriso e la raggiunse. “Che cos’è?”

 

Dalla scatola Hermione estrasse un vestitino smanicato a righe rosa e bianche. “Ti piace?” le chiese, appoggiandoglielo addosso per vedere se le misure erano giuste.

 

Katie sorrise contenta. “E’ proprio bello….dove l’hai preso?”

 

“In un negozio a Hogsmeade. Zia Ginny e io ci siamo andate per accompagnare Julie a comprarsi qualcosa di carino da mettere per la festa di sabato, e questo bel vestitino aspettava solo te.” Hermione glielo porse. “Su, vai a metterlo nel tuo armadio.”

 

Katie se lo guardò ancora per un momento. “E’ proprio bello…me lo posso provare adesso?”

 

“Va bene, ma dopo mettilo a posto, intesi?” Hermione sbirciò oltre la porta e si accigliò. “Ma…non c’è nessuno con te? Eri da sola?”

 

Katie scosse la testa. “No no, c’è papy.”

 

“Oh. E dov’è?”

 

Katie si rabbuiò. “E’ in camera vostra. Sai…è molto triste perché ha litigato con Jack e Simon.”

 

Hermione smise di frugare nelle buste e mise la busta del latte che aveva in mano sul tavolo. “Che cos’è successo?”

 

Katie scrollò le spalle. “Io non l’ho capito molto bene…dovevamo andare alle giostre e poi da Florian, però siamo venuti qua a casa e Jack e papà hanno litigato. Hanno urlato molto, sai…poi papà se l’è presa anche con Simon, però non lo so bene perché. Cioè…lui stava con me, non aveva fatto niente. E papà lo ha sgridato tantissimo, pensavo che gliele suonava.”

 

Hermione sospirò. “Sai dove sono i tuoi fratelli ora?”

 

La bambina scosse la testa. “No. Se ne sono andati tutti e due e si sono sbattuti la porta dietro.” Katie si gongolò sui piedi per un momento, come incerta sul da farsi. “Mi prometti che non li sgridi se ti dico una cosa?” la madre annuì. “Hanno detto pure le parolacce.”

 

“Pure.” Hermione, rassegnata, incantò con la bacchetta le buste della spesa perché tutto si rimettesse a posto da sé, poi diede un bacio sulla fronte della figlia. “Katie, posso chiederti un piacere da signorina grande?” la bimba annuì, emozionata all’idea. “Fai la brava e resta a giocare qui in giardino. Papà e io dobbiamo parlare di cose da grandi. Però se vedi Jack o Simon vieni subito a dirmelo, intesi?”

 

Katie annuì. “Intesi, mammina.”

 

Hermione lasciò la figlia e si diresse con calma verso la sua stanza da letto. Doveva esserci stata sicuramente una scenata da ricordare se Ron era così furioso da non fare compagnia alla sua bambina. Con Katie lui aveva un rapporto diverso…i due maschi li aveva cresciuti come due ometti fin da piccoli, non li aveva mai né viziati né coccolati più di tanto, anche se ogni volta che uno di loro aveva bisogno anche solo di un bicchiere d’acqua lui era lì per loro. Ma con Katie era diverso. Lei era la piccola di casa, l’unica femminuccia, un regalo della vita a una famiglia che si era quasi rassegnata a una sorte diversa…la coccolava di continuo, e invece di passare il tempo a insegnarle come montare una scopa preferiva perfino stare semplicemente a guardarla mentre giocava con le bambole, perché quella bambina era un piccolo grande miracolo….e oltretutto aveva un dono speciale, comunicava tranquillità e serenità a chiunque stava intorno.

 

E Katie stava giocando da sola. Cosa poteva essere successo di così grave?

 

Nella loro camera da letto regnava un silenzio triste. Il sole si stava finalmente decidendo a tramontare, ma c’era ancora molta luce. L’unico suono che si sentiva era quello degli uccellini che cinguettavano sul davanzale del balcone. Ron era seduto sul bordo del lettone rivolto verso la finestra, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e lo sguardo fisso a terra. Non mosse un muscolo quando la sentì entrare, eppure Hermione sapeva bene che un soldato esperto come lui aveva avvertito di sicuro la sua presenza. E quel silenzio ostinato le faceva solo capire che doveva essere successo qualcosa di grave per davvero. Prese posto accanto a lui in silenzio, e gli passò lentamente una mano sulle spalle, baciandogli una tempia e poi una guancia con estrema dolcezza.

 

“Sono una merda.”

 

Quelle parole erano state sussurrate con una voce così addolorata che Hermione provò una sensazione di profonda tristezza in corpo. “Perché dici questo?” gli sussurrò a sua volta, senza smettere di accarezzarlo.

 

“Sono stato un padre di merda.” Le rispose piano lui, tenendo gli occhi fissi a terra.

 

Hermione scosse la testa piano, con un piccolo sorriso. “No. Puoi aver fatto molti errori nella tua vita, ma sei sempre stato il miglior padre che abbia mai visto. E i tuoi figli ti adorano, tutti e tre.”

 

Ron scosse la testa e chiuse gli occhi, passandosi le mani in faccia. “Non sai quanto ti sbagli.”

 

Hermione sospirò. “Katie mi ha detto che avete litigato.” Nessuna risposta. “Cos’è successo?”

 

Ron sospirò e non alzò di un millimetro lo sguardo da terra. “Jack è entrato nei War Mage.”

 

Hermione ebbe bisogno di un momento per digerire il significato di quelle parole. Ron si voltò a guardarla quasi come se il suo stupore fosse la reazione che si aspettava e che sperava di vedere. Lei soffocò ogni forma di reazione isterica e si diede un contegno. “Quando?” chiese semplicemente.

 

“Ieri, oggi…non ha importanza ormai.” Ron si massaggiò le nocche della mano destra come faceva sempre quando aveva voglia di sfogare la rabbia. “Immagino che anche tu non ne sapessi niente.”

 

Lei scosse la testa e si morse le labbra. “E’ già ufficiale?”

 

Ron annuì. “E’ nel programma dell’addestramento di quest’anno.”

 

Hermione sospirò e rimase per un lungo momento in silenzio, quindi anche lei guardò a terra. “Dovevamo aspettarcelo. Non è più un bambino, ormai.”

 

“Non è la decisione che ha preso oggi Jack che mi fa star male.” Disse piano Ron. “E’ il motivo per cui l’ha fatto che mi fa sentire il peggior padre della terra.”

 

“Che motivo ti ha dato?”

 

“Vuole salvare il mondo. Vuole mantenerlo così com’è.” Disse Ron quasi con sarcasmo, facendo un sorriso amaro e scuotendo la testa. “Ma dopo, mentre ci urlavamo addosso di tutto, se l’è fatta uscire allora la verità.” Hermione rimase in silenzio. “Gli ho chiesto perché non ci ha detto niente, e perché non si è iscritto all’addestramento per fare l’Auror, e lui….molto eloquentemente mi ha detto che aveva l’età giusta per entrare nello stesso programma in cui io mi sono forgiato e ho fatto carriera fino a diventare il Grande Ron Weasley.”

 

Hermione analizzò attentamente le sua parole. “E’ questo che ti ha detto?”

 

Ron annuì. “Mi ha detto che ha tutto il diritto di diventare come me. E quando io gli ho fatto notare che non ha bisogno di essere il mio clone per essere un uomo in gamba si è offeso e ha sparato fuori cazzate a vanvera, e poi se n’è uscito sbattendo la porta. E non mi chiedere dove diavolo è andato, perché non ne ho idea.”

 

Hermione arricciò il naso e scosse leggermente la testa, ritirando la mano che aveva sulle spalle del marito. “Gli sei corso dietro?”

 

“No. No, perché vedi…” e qui il suo tono si fece amaro. “…in quel momento è arrivato Simon, che col suo solito atteggiamento di chi la sa lunga – e non voglio nemmeno dire da chi ha preso in questo – mi ha gentilmente fatto notare che era dalla parte del fratello.”

 

Hermione si voltò a guardarlo. “Dimmi che non hai sfogato la tua collera su Simon.”

 

Ron sbuffò e si voltò a guardare oltre la finestra. Esitò a parlare. “L’ho fatto un’immondizia. Tutto quello che non ero riuscito a dire a Jack l’ho detto a lui. E giustamente lui mi ha mandato a fare in culo e se n’é andato.”

 

Hermione chiuse gli occhi e si passò una mano sulla faccia. Simon era un ragazzo forte e in gamba, ma quando qualcuno che amava lo feriva con delle parole particolarmente dure dopo ci stava male per davvero. E guardacaso gli unici capaci di fare questo erano proprio Ron e Jack, impulsivi e irrefrenabili per natura. “Ti rendi conto di quanto ti sei comportato male, Ron?” gli disse seccamente.

 

Ron balzò in piedi. “Lo so!” esclamò. “Lo so, dannazione! Simon non c’entrava niente, il casino lo aveva creato Jack! Ho cercato di fermarlo per scusarmi, ma…”

 

“Simon ha fatto poco andandosene, io come minimo ti avrei riempito la faccia di ceffoni!” anche Hermione balzò in piedi. “Che cosa pretendevi, che restasse lì in piedi a farsi offendere ancora? Lo sai benissimo che prima di darti la soddisfazione di vederlo piangere si sarebbe cavato gli occhi con le sue stesse mani.” Hermione sapeva bene come ci si sentiva a soffrire per qualcosa che aveva detto Ron. Oh, se lo sapeva bene.

 

“Grazie, Hermione, sei molto d’aiuto così.” Ron si fece arcigno, e incrociò le braccia sul petto.

 

Hermione mise le mani sui fianchi. “Non me ne frega niente, Ron. Devi assumerti le tue responsabilità. Devi trovare tuo figlio e scusarti con lui.”

 

“Lo so da me questo, appena Simon torna a casa mi scuso con lui e…”

 

“Ho detto che devi scusarti con tuo figlio? Oh, scusami. Mi sono sbagliata. Devi scusarti con i tuoi figli, con tutti e due.”

 

Qui Ron strabbuzzò gli occhi. “Dovrei scusarmi io con Jack? Hermione, hai capito bene cos’ha fatto tuo figlio?!”

 

“E tu hai capito bene cosa gli hai risposto?” Hermione tirò un esasperato sospiro per calmarsi. “Ron. Hai detto a tutti e due i tuoi figli che non li stimi.”

 

“COSA?!?” Ron praticamente urlò. “Ma quando mai, che diavolo…”

 

“Non è importante quello che penso io o quello che pensi veramente tu, ma quello che loro hanno percepito dalle tue parole!” replicò subito Hermione. “Capisci che quando hai detto a Jack che si è arruolato solo per essere uguale a te è stato come sfidarlo?”

 

Ron la guardò con un’espressione completamente stupita e confusa. “Sfidarlo io??? Suo padre???”

 

Hermione scosse la testa e tornò a sedersi. “Io lo so che ti senti sconvolto perché il nostro adorato bambino vuole tentare una strada lunga, difficile e pericolosa da cui noi volevamo tenerlo al riparo, ma se ha preso una decisione noi possiamo solo assecondarlo e supportarlo, e aiutarlo ovunque questo sia possibile.”

 

“Non ci posso credere.” Ron scosse la testa quasi disgustato. “Questo detto dalla donna più apprensiva della terra dopo mia madre!”

 

Hermione lo guardò furiosa. “Credi che sia facile per me dire questo? Forse ti stai dimenticando che Jack è anche mio figlio, Ron.”

 

Ron sospirò forte e tornò a sedersi di nuovo sul letto accanto alla moglie. “Ti rendi conto? Jack… cambierà completamente. Passerà quello che abbiamo passato noi.” E qui si mise le mani fra i capelli. “Io…non sono pronto a vedere mio figlio finire come me. Tu te lo ricordi com’ero io, vero?”

 

Hermione gli passò la mano fra i capelli, massaggiandogli dolcemente la testa. “Eri un ragazzo che soffriva. Eri un casino di ragazzo, per essere sinceri. Ma forse non eri abbastanza incasinato, se poi alla fine mi sono innamorata di te.”

 

Ron si voltò verso sua moglie, le passò le braccia attorno alla vita e nascose il viso nel suo collo. “Io voglio che Jack resti com’è.”

 

Hermione continuò ad accarezzargli la testa. “Ron, non era l’addestramento che ti faceva fare quello che facevi. Tu combattevi contro i tuoi incubi, ed era come lottare contro dei mulini a vento. Quello che era successo a te grazie al cielo non è successo a nostro figlio. Jack non cambierà.”

 

Calò un momento di silenzio. Alla fine Ron sospirò, ma non si mosse. “Mi ha detto che vuole vivere senza sprecare niente. Che vuole lottare perché il mondo sia più giusto.”

 

“Nobili principi.”

 

Nonostante tutto a Ron scappò un sorriso. “Mi ricorda tanto qualcuno….e il suo CREPA…”

 

Anche Hermione sorrise. “Era C.R.E.P.A. E tu sei ancora il tesoriere.”

 

Ron finalmente si rimise dritto, ma prese una mano di Hermione fra le sue. “Quando ho detto che sono stato un padre di merda…è perché ho educato male i nostri ragazzi.” Hermione non lo interruppe. “Ho insegnato a Jack e Simon a essere impavidi, a non avere paura di niente, e guarda che cosa ho creato. Due pazzi. Uno più scapestrato di un altro.”

 

“Ora ti dirò cosa vedo io quando guardo i miei figli.” Disse ferma Hermione. “Io vedo due ragazzi forti, coraggiosi, in gamba, disponibili ad aiutare sempre chi è in difficoltà, che davanti al pericolo non scappano. Tu hai insegnato ai tuoi figli a essere forti, a non dipendere da nessuno, a guardare in faccia ai problemi e a risolverli senza piangersi addosso. Non puoi lamentarti se ora che sono cresciuti vogliono sfruttare le loro capacità per fare qualcosa di speciale.”

 

Ron esitò, poi scosse la testa. “Credevo che un giorno sarebbe stato compito mio fare a te questo discorso.”

 

Hermione sorrise per un momento. “Ti ricordi quella volta che andammo a mare, quando Jack aveva due anni e tu lo buttasti in acqua e mi facesti prendere quello spavento?”

 

Ron sorrise. “E chi se la scorda.”

 

“Mi dicesti che i tuoi figli sarebbero cresciuti senza aver paura. Che dovevano imparare a fare tutto, perché dovevano capire da subito che nel mondo ognuno di noi se la deve saper cavare da solo, o non sopravvive. Sul momento mi sembrò un discorso esagerato, perfino fuori luogo visto che parlavamo di insegnare a un bambino di due anni a nuotare…poi però ci ho riflettuto nel tempo. E ho capito che avevi ragione.” Ron la guardò. “E la prova l’ho avuta quando abbiamo passato quella orribile settimana senza sapere dove fossero i bambini. Non avevano neanche undici anni, e sono sopravvissuti da soli a cose che perfino un adulto avrebbe sopportato a fatica. E’ stato allora che ho capito che sei sempre stato un ottimo padre.”

 

Ron fece una smorfia. “Dubito che i ragazzi la pensino allo stesso modo dopo oggi.”

 

Hermione scosse la testa. “Ora devi solo rassicurare entrambi che tu hai fiducia in loro. Che sai che hanno le carte in regola per farcela in questo mondo. E soprattutto devi far capire a Jack che sai perfettamente che lui non sta cercando di dimostrare niente arruolandosi nei War Mage. Provagli che quello che hai detto riguardo alla storia di imitarti è venuto fuori solo dalla rabbia e dalla preoccupazione, e vedrai che le cose si rimetteranno a posto.”

 

Ron si lasciò andare di spalle sul lettone. “Non lo so. Jack è una testa calda…”

 

Hermione fece un sorrisetto. “Una cosa del tutto nuova in questa famiglia.”

 

“Già.” Ron fece un sorrisetto amaro. “Io spero solo di non aver spinto i miei ragazzi troppo oltre con la fiducia in se stessi. Li amo troppo per vederli commettere errori per cui pagherebbero loro stessi.”

 

Hermione sospirò. “E’ difficile, ma ci sono errori che non possiamo evitare che commettano. Saremo sempre accanto a loro per qualsiasi cosa, ma dovranno cadere e rialzarsi da soli moltissime altre volte ancora. E non possiamo farci proprio niente.”

 

“Un po’ comincio a capire cosa hanno dovuto provare i nostri genitori quando fecero tutte quelle storie perché noi ci eravamo arruolati.” Disse stancamente Ron. “Eppure non ce l’hanno impedito.”

 

“Appunto.” Disse piano Hermione. “E noi ora dovremo sforzarci di essere altrettanto intelligenti.”

 

Ron annuì in silenzio e le baciò una tempia. Sentirono bussare alla porta, ma nessuno dei due si alzò. “Katie, sei tu?”

 

Sulla soglia della porta c’era Harry, che teneva in braccio Katie. “Ehi, voi due.”

 

Hermione lo salutò con un sorriso. “Com’è andata la conferenza?”

 

“Una noia mortale, come tutte le idiozie di Montgomery.” Harry si voltò a dare un piccolo bacio alla manina con cui Katie gli stava arruffando i capelli sulla fronte. “Piuttosto…sono passato di qua e questa bella signorina mi ha detto che mammina e papino stavano parlando da adulti…Ron, da quando tu parli da adulto?” e qui non potè evitare un sorrisetto.

 

Ron si fece la prima sana risata del pomeriggio. “Lascia perdere, diciamo che mammina parlava…e papino cercava di starle dietro.”

 

Harry gli fece un occhiolino. “Come cambiano le persone nel tempo, eh?”

 

“Che fai da queste parti, Harry?” gli chiese Hermione. “Avrei giurato che dopo tre ore di scorta a Montgomery ti saresti fiondato a casa al volo.”

 

Harry scrollò le spalle e mise giù Katie. “L’ho fatto, ma poi sono venuto a chiedervi se sapevate che Simon è…scappato di casa, o almeno è questo che sta tentando di fare.”

 

Ron inarcò un sopracciglio. “Sai dov’è andato?”

 

“In camera di Julie, lei lo sta aiutando a prepararsi il sacco per dormire all’aperto dovunque abbia intenzione di andare.”

 

Ron fece una smorfia ironica. “Brava ragazza, si è precipitata a fargli cambiare idea all’istante.”

 

Harry si grattò la nuca. “Hanno parlato un po’ prima, e credo che lei sia d’accordo con lui.”

 

“Sempre meglio.” Ron si lasciò andare supino sul letto.

 

Katie sembrava preoccupata. “Ma come, zio? Simon se ne scappa?”

 

Harry le rivolse un sorriso rasserenante. “Non ti preoccupare, tesoro, la porta della stanza è bloccata al momento, anche se loro ancora non lo sanno.”

 

Katie tirò un sospiro di sollievo. “Oh, meno male.”

 

“Ma che è successo, poi?”

 

Ron si tirò su stancamente e si alzò in piedi. “Te lo dico per strada. Adesso andiamo a casa tua, ho un fuggitivo da acciuffare.”

 

 

***************

 

 

Hermione si passò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio mentre camminava a passo deciso lungo il corridoio del quartier generale della War Mage Team, diretta nella palestra dove Liam si stava prendendo cura delle nuove reclute. Quella storia durava assurdamente da troppo tempo, e se loro non erano capaci di mettere a posto le cose, allora lo avrebbe fatto lei.

 

La sera del litigio Ron era andato a riprendere Simon e gli aveva spiegato bene le cose come stavano. Simon era un Weasley, quindi il temperamento collerico era nei suoi geni, ma aveva moltissimo della sensibilità di Hermione, forse più degli altri due. Quindi lasciò a suo padre la possibilità di spiegarsi e accettò le sue motivazioni, facendo la gioia di Ron che temeva di averlo ferito a fondo con la sua durezza.

 

Con Jack naturalmente…beh, quella era un’altra storia. Mai far scornare due persone con lo stesso identico carattere impulsivo e testardo. Ron e Jack erano praticamente identici…e quindi nessuno dei due se la sentiva di tirare il freno per primo. Jack non era tornato a casa quella sera; aveva preferito trasferirsi per qualche giorno a casa di Charlie e Tennesee, che non gli avevano fatto troppe domande proprio perché sapevano della sua domanda alla War Mage Team e immaginavano, e così era riuscito ad evitare casa sua e quindi suo padre per tre interi giorni. Ovviamente Ron era andato su tutte le furie…e via dicendo.

 

Hermione aprì la porta della palestra: Liam stava mostrando a Jack e ad altri tre ragazzi come impugnare correttamente una sciabola. Sentendola entrare l’abbassò. “Hermione.” La salutò confidenzialmente. “Che ci fai da queste parti?”

 

“Scusa se t’interrompo, Liam. Avrei bisogno di Jack, posso portartelo via?” Hermione vide con la coda dell’occhio suo figlio alzare gli occhi al cielo.

 

Liam annuì tranquillamente. “Fa’ pure, non c’è problema. Siamo solo all’inizio.”

 

Hermione lo ringraziò con un cenno della testa e uscì dalla palestra seguita dal figlio, che borbottava oscenità a bassa voce. Quando girarono l’angolo e furono soli, Jack non esitò a dire la sua.

 

“Grazie davvero, mamma! Come se non fosse stato già chiaro abbastanza, era necessario farmi sembrare un raccomandatello!”

 

Hermione scosse la testa, continuando a camminare. “Se tu non fossi così stupido da dormire altrove, quello che ho da dirti te lo direi nella privacy di casa nostra.”

 

Jack sbuffò. “Mamma, forse dovremmo chiarire un paio di cose…”

 

Hermione si fermò e si voltò di scatto, con gli occhi pericolosamente socchiusi e la voce fredda più di un iceberg. “Hai proprio ragione, matricola, ci sono ancora una serie di cose che vanno messe in chiaro qui.” Sibilò, e Jack si sorprese per il tono estremamente professionale che stava adottando. “Finchè siamo fuori siamo madre e figlio, ma qui dentro io sono un tuo diretto superiore, e ti rivolgerai a me chiamandomi colonnello Granger o signore. E’ chiaro, Weasley?”

 

Jack sbattè gli occhi un paio di volte, realizzando come mai sua madre riusciva a tenere a bada lui e suo padre tanto facilmente. “Sissignore.” Mormorò.

 

“Bene.” Hermione riprese a camminare. “Mi occorre la tua presenza nel mio ufficio.” Il resto della camminata fu in silenzio, finchè non arrivarono nella stanza di Hermione e lei aprì la porta…per svelare Ron, che stava dando un’occhiata a dei fogli che aveva in mano, di spalle alla porta.

 

“Hermione, non capisco davvero perché tu mi abbia chiesto di controllare questi moduli.” Disse, scuotendo la testa ma senza alzare gli occhi dai documenti. “Sono le solite scartoffie, perché non le mandi a quelli dell’amministrazione?”

 

Jack si voltò verso sua madre, furioso. “Allora è per questo che mi hai fatto venire qui?!”

 

Ron si voltò di scatto e strabuzzò gli  occhi. “Che ci fai tu qui??”

 

Jack fece per uscire, ma Hermione lo trattenne per un braccio. “Tu non ti muovi da qui, o giuro che ti prenderò a schiaffi in faccia di fronte ai tuoi compagni e agli altri.” Jack evitò di tirare oltre la corda; sapeva bene che sua madre non faceva minacce, ma promesse.

 

“Hermione…” provò Ron.

 

“Adesso mi state a sentire tutti e due.” Ruggì ferocemente Hermione, spostando lo sguardo dal marito al figlio. “Questa storia è andata avanti anche troppo a lungo, e io sono stanca dei vostri pessimi modi di fare! Siete due adulti, comportatevi come tali! E comunque adesso basta, siete a dir poco ridicoli. Non mi interessa se tu hai ucciso il Ministro in persona o tu hai saccheggiato la Gringott, ora vi chiuderò in questo dannatissimo ufficio per un’ora, e se per quando rientro non avrete sistemato la cosa a modo vostro, lo farò io…ma vi assicuro che non vi piacerà.” E così dicendo uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle e sigillandola con l’apposito incantesimo dall’esterno.

 

“Grande!” sbottò Jack, alzando le braccia al cielo. “Mia madre è una tiranna!”

 

Nonostante la situazione, a Ron sfuggì una risatina. “E la vedi ora che si è ammansita…avresti dovuto vederla quando era ancora una ragazzina…”

 

“Ma che bella coppia che dovevate essere da ragazzi.” Fece ironicamente Jack, sedendosi sulla scrivania della madre. “Una rompipalle e un lavativo.”

 

Ron inarcò un sopracciglio, divertito.” “Ehi, chi ti ha detto che ero un lavativo?”

 

Jack non riuscì a restare serio. “Lei.”

 

Ron prese posto accanto a suo figlio, e la scrivania scricchiolò sotto il peso dei due uomini. “Beh, da ragazzi si ha sempre la testa un po’ sconclusionata.”

 

“Adorabile frecciata la tua.”

 

“Non era una frecciata.”

 

“No, era una buona imitazione.”

 

Ron sospirò e scosse la testa. “Jack, io e te dobbiamo parlare.”

 

Jack scrollò le spalle con l’espressione più strafottente che poteva mettere su. “Dal momento che siamo segregati dentro per un’ora e non c’è altro da fare…parla se vuoi. Grande padre.”

 

“Grande padre.” Ron scosse la testa, sul viso una smorfia di sarcasmo. “Ok. Suppongo che sia arrivato il momento di farti il discorso.”

 

“Quale discorso?”

 

“Non ti ricordi più tutte le volte che tu e Simon ci avete chiesto di parlarvi della guerra, e di Voldemort?”

 

Jack si accigliò e annuì. Quello era un tabù in casa Weasley, ma sia lui che Simon avevano letto articoli di vecchi giornali e targhe di riconoscimento che non avevano mai saputo interpretare, e quando avevano chiesto ai genitori di spiegare…la cosa era stata liquidata con un ‘non è il caso che sappiate queste cose’.

 

Ron esitò, come se stesse prendendo il tempo necessario per vincere gli ultimi dubbi. “Beh…forse è venuto il momento che tu sappia la verità.”

 

 

*****************

 

 

Jack rimase in silenzio dopo che suo padre ebbe finito di raccontare. Erano così tante cose atroci da digerire…possibile che suo padre, sua madre e i suoi zii avevano passato quel periodo così terribile? Possibile…

 

“Ora sai come sono andate veramente le cose.” Disse piano Ron, senza la sua solita maschera di sicurezza sul viso. “E ti prego, Jack, quello che ti ho detto deve restare fra noi due. Simon e Katie sono ancora troppo piccoli….avrei evitato di parlarne anche a te, ma ora era necessario.”

 

Jack annuì in silenzio.

 

“Così ora sai il vero motivo per cui non volevo che tu facessi il War Mage.” Ron guardò suo figlio. “Non voglio vederti cambiare, perché mi piaci così come sei. Sei un ragazzo in gamba, e non voglio nemmeno immaginare come sarebbe…vederti combinare tutti i casini che ho combinato io.”

 

“Le circostanze però sono diverse.”

 

“Si, beh…hai il permesso di pensare che sono stato un padre iperprotettivo per un momento.”

 

Jack non esitò. “Papà, tu sei sempre stato il nostro eroe. Da quando eravamo piccoli, e non avevamo paura di niente perché sapevamo che c’eri tu a proteggerci. Poi ci hai insegnato a essere come te, e io mi ritengo fortunato per questo. Non mi ci vedo a fare un monotono lavoro da scrivania…” si voltò a guardare suo padre con un sorrisetto. “…io sono come te. Tu mi ci vedi a fare l’impiegato?”

 

Ron increspò le labbra in un sorriso. “No, suppongo di no.”

 

“Allora non puoi aspettarti di trovarmi un posto al Ministero come zio Perce o Gertie. Non è roba per me.”

 

“Lo so. Lo capisco. Mi sono solo…spaventato all’idea di vederti soffrire com’è successo a me.”

 

“Grazie a voi la guerra è finita prima che potessimo vederla.” Jack tirò su col naso. “E francamente dopo quello che mi hai raccontato sono felice di non averla vissuta.”

 

“Io spero sempre che non saremo più trascinati in una guerra sanguinosa come quella. Nessuno merita di vivere quei momenti.”

 

Jack guardò suo padre con un lampo di decisione negli occhi. “E io voglio battermi per questo.”

 

Ron gli diede una pacca sulle spalle. “Come padre posso essere preoccupato all’idea…ma come War Mage sono convinto che se i nuovi arrivi sono tutti come te, il mondo della magia può dormire tranquillo.”

 

Jack si gongolò per un momento per il complimento del padre, senza poter evitare un sorriso fiero e soddisfatto. Poi però gli tornò in mente una cosa e si accigliò. “Ehi, pa’…posso chiederti un’ultima cosa sul tuo passato?”

 

“Sicuro.”

 

“L’altra sera hai detto che hai cominciato a far funzionare il cervello di nuovo solo quando è arrivato uno più forte di te.”

 

“Infatti.”

 

“Parlavi…di zio Harry?”

 

Ron rise e scosse la testa. “Parlavo di tua madre.”

 

“Mamma?” Jack si grattò la nuca. Sua madre era una donna in gamba e anche molto forte, ma…più forte di suo padre?

 

Ron annuì, con un sorrisetto sulle labbra. “Si. Con il suo modo di fare irritante, petulante, testardo, prepotente…”

 

“Mica suona tanto bene detto così…”

 

“Prova a immaginarti una ragazza con tutte queste qualità, mentre cerca di tirarti fuori da un tunnel di casini e brutti pensieri…immaginatela passionale, bella, caparbia…”

 

Jack rise. “Suona piuttosto sexy.”

 

Anche Ron rise e annuì. “Hai afferrato perfettamente il concetto, ragazzo mio.”

 

“E così mamma alla mia età era affascinante senza nemmeno saperlo, magari.”

 

“Tua madre era…era wow.”

 

“Wow?” Jack ridacchiò.

 

“Wow.” Ribadì Ron, con la stessa espressione allegra.

 

In quel momento l’ora che avevano a disposizione terminò: la porta scricchiolò e poi si aprì, rivelando Hermione sulla soglia; aveva le braccia conserte e l’aria di chi si aspetta una risposta all’istante…un’aria insopportabile che Ron adorava alla follia. Così lui e Jack si guardarono un attimo in faccia, poi dissero contemporaneamente “Wow” e scoppiarono a ridere, sotto gli occhi confusi di Hermione.

 

 

***************

 

Hermione raggiunse Ron nella loro camera da pranzo con due tazze di latte caldo; Ron stava comodamente sdraiato nella sua poltrona preferita a guardare il fuoco nel caminetto, ma quando la vide arrivare le fece posto per farla sedere accanto a lui.

 

“Dormono tutti?” le chiese, passandole un braccio attorno ai fianchi e prendendo la sua tazza.

 

Hermione scrollò le spalle. “Katie si, Simon è a letto ma sta leggendo, e Jack…credo che sia molto preso da una conversazione via gufo con la sua amica Amelia.”

 

“Finalmente qualcosa di magnificamente abituale.” Ron sorseggiò il proprio latte con molta tranquillità. Era stata una giornata lunga, ma alla fine era andato tutto per il meglio.

 

“Che vuoi farci, il tempo passa…cambia…” e qui si voltò a guardarlo. “E presto anche noi non saremo più tanto giovani.

 

Ron le fece un occhiolino. “Ma saremo sempre bellissimi.”

 

Hermione sorrise e scosse la testa per un momento, guardando il suo latte. “Ti confesso che non mi attira più di tanto l’idea di invecchiare…”

 

“Guarda il lato positivo.” Ron si mise seduto, facendola sedere sulle sua gambe. “Invecchieremo insieme. Così quando saremo due pezzi da museo potremo continuare a litigare felici e contenti, pensa: ci faremo dispetti tutti i giorni, io ti ruberò la dentiera e tu mi fregherai il bastone. Sarà divertentissimo.”

 

Hermione non potè fare a meno di ridere all’immagine che le era appena venuta in mente, e la sua risata fu contagiosa. Continuarono a ridere ancora per qualche secondo, poi si calmarono. Quindi lei lo guardò e gli accarezzò una guancia. “Sai…non credo che sarà così terribile diventare vecchia se tu sarai con me.”

 

Lui le baciò la mano. “Basta parlare di vecchiaia…siamo ancora due fresconi, e poi ci pensano i nostri ragazzi a tenerci in forma.”

 

“Su questo puoi contarci. Ma per fortuna ora che Jack ci ha strapazzati per bene, possiamo stare tranquilli. E’ lui quello più turbolento…Simon e Katie sono tranquilli.”

 

“Tu dici?”

 

“Si.” Dicendo questo Hermione si chinò sul marito e cominciò a baciarlo dolcemente sulle labbra.

 

Lui rispose immediatamente al bacio, ma a un certo punto sorrise contro le sue labbra. “Amore?”

 

“Cosa?” mormorò lei, senza smettere di baciarlo.

 

Il sorrisetto di Ron si allargò. “Lo sapevi che Simon dopo Hogwarts vuole fare l’allevatore di draghi?”

 

“COSA?!?”

 

 

*** THE END ***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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