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Autore: hibou    24/07/2012    3 recensioni
“E’ un giocattolo! Vedi? Mi hai mentito!” continuò il suo sproloquio la bambina, offesa.
“Mi ero dimenticato di averlo” mormorò piano Goten, rigirandolo e osservandolo da tutte le angolazioni. Il colore era leggermente sbiadito e il pelo più ispido; erano passati tanti anni, e la povera creatura aveva perso persino un occhio.
“Sei un bugiardo!” urlò al giovane zio, che la guardò confuso; “Se non volevi giocare con me dovevi dirlo subito!”
“Questo non è un giocattolo, Pan” sussurrò con gli occhi accessi dall’emozione. La nipote gli rivolse la propria attenzione e lo fissò scettica.
“E cosa sarebbe allora?”
“È un premio”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten, Pan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi sento ispirata in questi giorni, e sono felice di essere riuscita a concludere questa storia. L'avevo stesa un po' di tempo fa, ma poi tra impegni vari e mancanza di ispirazione l'avevo abbandonata. Ora, finalmente, sono riuscita a concluderla e spero vi possa piacere. E' semplice e senza troppe pretese :)
Vi ringrazio per l'attenzione, e buona lettura!
hibou.

 




Dinosauro







Il piede tamburellava a ritmo di musica risultando attutito contro il materasso. Ad occhi chiusi sorrideva e canticchiava, agitando la testa sorretta dalle braccia in un balletto stentato, accompagnato dal suono ovattato e incalzante che prorompeva dalle grandi cuffie che gli adornavano il capo.

Fu così che lo vide la bambina che, aperta la porta con delicatezza, sbirciava all’interno della stanza coprendosi la bocca con le mani per trattenere le risa. Un acuto del ragazzo la fecero vacillare all’indietro e fu sul punto di ritirarsi, ma quel divertimento gratuito era troppo spassoso e impossibile da rinunciarci. Si avvicinò furtivamente e si tappò le orecchie all’ennesimo canto lamentoso e, con rapidità e forza, sfilò il cuscino da sotto la testa del ragazzo, costringendolo ad aprire gli occhi disturbato e comprimere le labbra in una smorfia contrariata. Non fece tempo a dare aria al suo fastidio che si ritrovò a dover lottare e respirare contro il guanciale che inaspettatamente gli era piombato sul viso. Riuscì a liberarsene poco dopo con un ringhio, riapparendo con i capelli scompigliati e le cuffie mezze calate sul collo.
Individuò l’importunato individuo che se la rideva di gusto e, strinse un pugno assottigliando gli occhi.
“Pan!” gridò allungando una mano e cercando di afferrarla, al che la bimba scivolò di lato scappando dalla sua ira.
Ne seguì un piccolo inseguimento che si concluse con la sfinita sconfitta del ragazzo che, abbandonata la speranza di allontanarla dalla stanza e continuare il proprio momento ristoratore, si stese spossato sul letto, guardando la nipote di sottecchi.
La bimba lo guardava sorridente seduta in ginocchio a terra, con il busto alto e le braccia incrociate poggiate sul materasso al fianco di lui.
“Che vuoi?” chiese spazientito dal suo sguardo penetrante, voltandosi di lato e guardandola dritta negli occhi. Un sorriso gli sfuggì dalle labbra nel fissare quello della bambina: non gli riusciva proprio ad arrabbiarsi con lei.
“Zio Goten ti va di giocare con me?” chiese inclinando la testina da un lato.
Il ragazzo sospirò: “E a cosa vorresti giocare?”
La bambina poggiò un ditino pensante sulle labbra, arricciandole in una smorfia buffa.
“Tu che giochi hai?”
Goten ridacchiò, scompigliandole i capelli arruffati e mettendosi a sedere al centro del letto.
“Non ho più giocattoli in camera, sono troppo grande per queste cose.”
Pan incrociò le braccia in petto, seccata. Si guardò attorno attentamente e di colpo avvistò sopra una mensola un oggetto che le fece aggrottare le sopracciglia e assumere un cipiglio indignato.
“Sei un bugiardo!” urlò al giovane zio, che la guardò confuso; “Se non volevi giocare con me dovevi dirlo subito!”
“Ma che stai dicendo?” chiese il giovane puntando i gomiti.
La bimba si alzò in piedi e si arrampicò sopra la scrivania in fondo alla stanza, afferrando poi dalla mensola ciò che aveva catturato la sua attenzione.
Scese e si sedette al centro del letto, allungando le braccia e mostrandogli ciò che aveva trovato: “E dimmi questo cos’è?”
Goten fissò il pupazzo apparso davanti a se e sorrise, prendendolo tra le proprie mani.
“E’ un giocattolo! Vedi? Mi hai mentito!” continuò il suo sproloquio la bambina, offesa.
“Mi ero dimenticato di averlo” mormorò piano Goten, rigirandolo e osservandolo da tutte le angolazioni. Il colore era leggermente sbiadito e il pelo più ispido; erano passati tanti anni, e la povera creatura aveva perso persino un occhio.
“Questo non è un giocattolo, Pan” sussurrò con gli occhi accessi dall’emozione. La nipote gli rivolse la propria attenzione e lo fissò scettica.
“E cosa sarebbe allora?”
“È un premio”
 
 
Completamente immerso nel baule, Goten estraeva ed esaminava con attenzione ogni giocattolo che gli capitava a tiro, lanciando poi incurante alle sue spalle. Il padrone di casa fissava la scena steso sul letto con fare annoiato, le gambe incrociate e le mani a reggergli il capo.
Sbuffò nel vedere l’ennesimo giocattolo essere scartato e volare contro il muro alle spalle dell’amico, mentre un cipiglio infastidito gli ombrò il viso.
“Insomma Goten, vuoi darti una mossa?” chiese spazientito.
Il piccolo Son rivelò la testolina arruffata, addolcendo gli occhi e svelando un sorriso imbarazzato: “Scusami Trunks, ma hai talmente tanti giochi che non so davvero decidermi!”
Il primogenito Brief alzò gli occhi al cielo, maledicendo la promessa fatta durante il torneo Tenkaichi di regalare un proprio giocattolo all’amico.
Goten, svuotato il baule, camminò al centro della stanza, guardandosi attentamente intorno, mentre Trunks, stufo, sbuffava e chiudeva gli occhi voltando il viso di lato.
Possibile che l’amico non sapesse decidersi?
Passò qualche secondo di silenzio, ognuno concentrato nella propria ricerca e nei propri pensieri, quando un’esclamazione di gioia indispettirono Trunks costringendolo a svelare l’azzurro del suo sguardo e girarsi verso l’altro bimbo.
Goten si era avvicinato, le braccia tese in avanti a reggere un dinosauro pupazzo: “Voglio questo!”
“No!” esclamò di getto l’amico, mettendosi a sedere e puntando le braccia al materasso.
Vedendo il faccino contrariato del suo interlocutore, deglutì e si affrettò a spiegare: “Si, cioè, Goten... ci sono tanti altri giocattoli molto più tecnologici di questo e che, sono sicuro, possono piacerti di più rispetto a...”
“Voglio questo!” esclamò il secondogenito Son, rivolgendogli uno sguardo accigliato e fissando quello perplesso dell’altro; “Trunks, avevi promesso che avrei potuto prendere quello che volevo!” ne risentì.
Il giovane Brief sbuffò, fissando attentamente l’amico e quello che era il proprio giocattolo preferito, prendendolo tra le mani e rigirandolo tra sé. Glielo aveva regalato suo nonno quando ancora era in fasce e da allora non se ne era più separato.
Intercettando lo scetticismo di Trunks, Goten puntò i gomiti stringendo i pugni: “Insomma hai tutto i giocattoli che vuoi, hai vinto il torneo di arti marziali! Cosa te ne fai di questo vecchio dinosauro?” frignò, stringendosi tra le spalle; “se proprio non vuoi darmelo, la prossima volta non prendere più impegni che non puoi mantenere”
Il ragazzino chinò la testa e sembrò rifletterci su; alla fine, con determinazione, incrociò il proprio sguardo cristallino con quello buio e dolce dell’inseparabile compagno di avventure e gli porse il pupazzo.
“Tieni” mormorò, sorridente.
Il piccolo Son sbatté gli occhi sorpreso e si aprì, poi, in un largo sorriso.
“Questo è il tuo premio”
“Il mio premio?” chiese confuso.
Trunks annuì: “Se non avessi imbrogliato, a quest’ora saresti potuto essere tu il vincitore del torneo. Ti aspetta un trofeo”
Si guardarono negli occhi, emozionati e felici. Goten afferrò il dinosauro impacciato e timido, ringraziandolo.
“Sarà come se fossi sempre con me” sorrise il bambino.
Trunks annuì e abbassò lo sguardo imbarazzato. Ben presto, però, tornò a guardarlo con ritrovata determinazione, accigliandosi e fissandolo con severità.
“Guai a te, Goten, se lo tratti male! Se scopro che ne hai rotto solo un pezzo vengo a cercarti e te ne do di santa ragione!”
 
 
Pan ascoltò il racconto con la boccuccia aperta, pendendo dalle labbra dello zio.
“Tutto qua” finì Goten, giocherellando con la cucitura che, ora, sostituiva il buco che una volta era occupato dall’occhio del dinosauro.
La bambina seguì i suoi movimenti con lo sguardo e si perse nei propri pensieri. Alla fine, riprese il pupazzo tra le mani e, sorridendo furbescamente, un dito davanti le labbra inducendo al silenzio, mormorò: “Meglio non dire a zio Trunks che, alla fine, hai rotto il suo pupazzo. Non voglio vederti perdere nuovamente!”
E, scoppiando a ridere, scappò dalle mani e dai richiami del ragazzo che, falsamente indignato, scattò ad afferrarla, iniziando una nuova rincorsa che, probabilmente, non lo avrebbe visto vincitore per l’ennesima volta.
  
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