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Autore: slice    24/07/2012    4 recensioni
Affetta/o da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Il titolo fa cacare. Era palese, ma in qualità di donnina dell'ovvio ho dovuto ribadirlo. Comunque.
Mi piace Orochimaru da ragazzino, ho scoperto. Il loro lo trovo un team molto azzeccato, rispetto a quello di Naruto, me lo dimostra il fatto che funzionasse anche in età adulta; fino alla deragliata di Orochimaru, s'intende. In questa ff ho voluto mostrare l'affiatamento tra Orochimaru e Jiraiya, gli interessi del primo e il fatto che l'altro facesse lo stupido più di quanto lo fosse. Tsunade unisce bene questi due elementi così diversi ed ho ipotizzato che, in un certo momento si possa essere sentita platonicamente attratta da entrambi, seppur per motivi molto diversi. Infatti - ovvio power! - sappiamo poi, fin dall'inizio, chi ha più chances! ù.ù
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru, Tsunade
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Crack, fanon o canon? Slash, het o threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »















Sguardi, alcool e regali
di slice







Tsunade si accasciò sulla panchina con la mente intorpidita e gli occhi socchiusi, sbuffò e un ciuffo molesto si mosse leggermente. Il libro che aveva sulle gambe era inquietante e affascinante allo stesso tempo e, nonostante lei vedesse in quel modo molti dei libri di medicina su cui studiava, e quindi non fosse una novità, ogni volta si rendeva conto che qualcosa in quelle righe non le permetteva di perdere concentrazione. Le succedeva infatti di trovarsi esausta dopo ore di studio che le erano volate in capitoli così pregni e istruttivi.
Per lei era usuale starsene ore a sedere da qualche parte con un libro interessante in mano, ma da quando il suo desiderio di studiare l'arte medica si era tradotto in lezioni, libri e pratica su vari animaletti, le sembrava di non aver mai letto davvero; quelle righe le rimanevano impresse con una facilità sconvolgente, le sembrava così importante, sapere ogni singola virgola, che la sua attenzione vacillava solo alle urla di Jiraiya. E solo per impedire ad Orochimaru di fargli troppo male, decideva di alzarsi e dividerli. In genere bastava la sua presenza a sedare la baruffa.
“Che cosa c'è?” alzò la testa dalla spalliera della panchina e puntò gli occhi sul viso pallido del suo compagno di squadra.
Orochimaru le rimandò uno sguardo placido, poi si sedette accanto a lei senza proferire verbo. Gli occhi si spinsero su quelle frasi, treni di parole che potevano salvare vite, e per un po' ci furono solo occhi gialli che scorrevano da una parte all'altra della pagina, il viso sempre più inclinato e l'attenzione quasi palpabile.
“Non mi ero mai accorta, prima, del tuo interesse per la medicina,” Tsunade arricciò il naso.
Orochimaru aveva iniziato a girarle intorno, con quello sguardo sfuggente, quando lei era partita con il piano di studi. Il suo interesse per gli animali l'aveva quasi spinta a credere che lui sarebbe un giorno diventato un veterinario, magari di una branca insolita, uno specialista, dal momento che pareva molto più interessato ad invertebrati striscianti che a cani e gatti. Poi aveva scoperto il brillio in quegli occhi quando gli lasciava leggere qualche tomo che lei aveva già ampiamente sviscerato e allora era stato chiaro che lui apprezzasse l'arte medica quanto lei.
A tal proposito gli porse un altro libro, estratto dalla piccola borsa accanto a lei, sulla panca.
“Ecco, l'ho finito,” disse.
Lui lo prese e, mentre leggeva il titolo, le sue mani già erano pronte ad aprirlo.
“Sai,” proseguì Tsunade, “nessuno ti proibirà di diventare medico, se è questo che vuoi.”
“Abbiamo già un ninja medico, nella nostra squadra,” replicò lui, senza staccare gli occhi dalla prefazione.
“Non credo ci sia un limite, in ogni caso potremmo trovare un sostituto...”
Lo disse per scioglierlo dal suo rigido ruolo nel team, per mostrargli possibilità che lui magari non aveva preso in considerazione. Tsunade credeva che sarebbe stato ingiusto costringerlo a deviare i suoi interessi solo perché anche lei amava la medicina. Ma, poco dopo, tutti i suoi pensieri furono occupati dall'idea di aver detto un'eresia: quegli occhi la trafissero con un inquietante moto d'odio.
“Ragazzi! Ragazzi!” urlò Jiraiya, correndogli incontro.
Tsunade mosse la testa verso di lui, sobbalzando leggermente, e solo dopo un attento sguardo verso l'altro componente del team riuscì a ricordarsi di chiudere la bocca.
L'espressione di Jiraiya si fece seria quando, una volta vicino, scorse il volto del compagno. Di riflesso Tsunade si voltò nuovamente verso di lui.
Orochimaru la stava ancora fissando, questa volta con uno sguardo che lei poté solo definire strano.
“Stai facendo la cacca?” gli chiese Jiraiya, meritandosi tutta l'attenzione di entrambi e un paio di sopraccigli alzati.
“È... È stata colpa mia, credo di non essermi spiegata bene,” disse la ragazza, senza dare peso alle parole dell'altro.
Orochimaru la guardò ancora per un momento, poi raccolse il libro e si incamminò per il viale, allontanandosi con la schiena dritta e i capelli neri che vi dondolavo al ritmo dei suoi passi calmi.
Tsunade rimase a guardarlo sparire, svoltare in una traversa sul fondo della strada, con espressione stranita.
“Tsunade! Tsunade!” riprese Jiraiya, muovendosi, colorato e rumoroso, com'era uso fare. “Tu sai che giorno è domani? Lo sai, vero? Certo che lo sai!”
Ma la kunoichi aveva ancora gli occhi puntati all'orizzonte, perplessa.
“Tsunade, sono quiiii!” disse lui, spostando con un dito il viso della ragazza verso di sé, “Pronto? Sono Jiraiya, ricordi? Capelli bianchi, occhi profondi, labbra sensuali, ricordi adesso? Ecco, sappi che domani, avrai l'onore di festeggiare la ricorrenza della nascita di... tutta questa perfezione!” lo disse indicandosi dappertutto, “Non sei contenta?”
“No, nemmeno un po': il tuo compleanno mi farà perdere ore di studio e di sonno, come se non bastasse dovrò passare il pomeriggio a cercare uno stupido regalo che comunque non mi renderà soddisfatta perché non hai bisogno di nient'altro che del tuo ego,” chiuse il libro e si voltò un momento per recuperare la borsa, prima di alzarsi.
“Ma io ho pensato anche a questo! Ti rivelerò qual è il miglior regalo che tu possa farmi...” e puntellò le mani sulla panchina, volgendo il viso all'insù, verso di lei, con occhi chiusi e labbra sporgenti.
Tsunade sbuffò solo, si voltò verso il punto in cui era sparito Orochimaru, ma, nel portare l'attenzione al suo imbecillissimo compagno di squadra, inciampò nei suoi occhi. Jiraiya era sorprendentemente serio, in quel momento. La scrutò, facendole venire in mente le poche volte in cui aveva notato quello sguardo, mai rivolto a lei, bensì sempre a persone che non potevano più osservare i suoi progressi, la sua crescita, e ad un passato che lei non conosceva a fondo, in cui non intendeva scavare senza permesso.
Lui si portò in piedi, in silenzio, e s'incamminò verso casa. Poi alzò un braccio, aprì la mano agitandola in segno di saluto, e le lanciò un incomprensibilmente allegro “Ci vediamo!”.
Tsunade scosse il capo, sempre più confusa.





Dai, su, cos'hai, mal di pancia? Tsunade è un'ottima ninja e una brava persona, non la guardare come se volessi vivisezionarla,” disse, prima di spingersi un dango in bocca.
“Cosa ci fai qui?”
“Insomma, è così bella e aggraziata e allo stesso tempo così forte...”
“Sì,” rispose, lui, accomodante, “ma perché sei qui?”
“...Poi, senti, diciamocela tutta, non è che anche senza quello sguardo tu non sia proprio mai mai mai inquietante, ecco,” disse Jiraiya, gesticolando.
“Cosa c'entra?”
Orochimaru aggrottò la fronte all'espressione di ovvia indignazione del compagno.
“Mi spaventi tutte le pupe! Allora, se magari domani sera sorridessi un pochino, lievemente, eh, perché a volte sei più inquietante che da serio, ma se tu sorridessi un pochino potresti arruffare le vesti di quella ragazzina seria che ti guarda sempre. Che ne dici?”
La ragazzina che anche tu guardi sempre, con quello sguardo lì, avrebbe voluto aggiungere, senza beccarsi una pedata e un sibilante insulto.
L'altro lo guardò con attenzione per qualche istante e, dopo aver deciso che a modo suo era davvero serio, annuì piano, con convinzione.
“Verrò, ma non sorriderò per sentirmi dire quanto sono bello in kimono.”
Jiraiya scosse il capo, sempre meno incredulo man mano che negli anni prendeva coscienza del carattere del compagno, ma ancora sempre troppo scosso dalla rivelazione che per qualcuno abbondanti seni, fianchi stretti e occhi brillanti non fossero qualcosa di così allettante.
“Va bene, va bene, però promettimi che smetterai di usare quello sguardo con Tsunade!”
Orochimaru abbassò la testa e gli occhi per non fissare quelli del suo interlocutore.
“Ok, almeno promettimi che ti impegnerai a non farlo, mh?”
Lui annuì, brevemente.





Tsunade aveva passato il pomeriggio nei negozi, accompagnata dalla vocetta della figlia degli Yamanaka che continuava ad urlarle di donare al suo amore segreto delle rose rosse. Solo dopo svariate occhiatacce e innumerevoli tentativi di scrollarsela di dosso, le sfuggì un cazzotto che mandò in frantumi il vaso di fiori che la ragazzina aveva in mano. Non aveva mirato che a spaventarla e il sorriso di quella mocciosetta, accompagnato dalla sua petulante voce che la informava su quanto le donne si scaldassero in fretta per i loro amori, la fece desistere, portandole una dolce e assuefacente rassegnazione.
“Forse basterebbe qualcosa di dolce,” provò, parlando più a se stessa che alla nanetta attaccata ai suoi piedi come un pezzo di carta igienica.
“Insisto nel dire che le rose rosse lo faranno sciogliere,” disse con un'aria terribilmente maliziosa per la sua età.
“Oh, sono sicura che Jiraiya si scioglierebbe il nodo dei pantaloni per molto meno,” sorrise, contenta dell'espressione incerta sul viso della fastidiosissima pargoletta.
Proseguì, senza aspettarla, verso la vetrina successiva e si fermò davanti ad un kit medico, standard, in bella mostra nella farmacia del villaggio.
“Che romantico...” sbuffò la nana.
Tsunade era già con un piede all'interno quando lei piagnucolò che le vecchie generazioni avrebbero ucciso il romanticismo e al suo arrivo, con quel ragazzo figo con le braccia forti che aveva visto il giorno prima - lo aggiunse ormai già a porta chiusa - non ci sarebbe stato più niente da fare.
All'interno, la fila raggiungeva la metà della stanza e le commesse erano indaffarate, c'era un bel movimento là dentro e la kunoichi aveva sempre apprezzato quel via vai.
“Tsunade-san.”
Venne salutata da uno sbadiglio e ricambiò con un breve inchino.
“Yoshino non c'è, Shikaku, è inutile che ti guardi intorno,” chiocciò la nanetta, lì a fianco.
Shikaku Nara sbuffò a lungo prima che venisse il suo turno, spostando il peso da una gamba all'altra, apparentemente infastidito da tutto, proprio tutto, e poi consegnò due scatole di unguenti alla commessa.
Tsunade rimase perplessa da quella rivelazione, più perché non credeva che la Yamanaka fosse in grado di leggere quel quoziente intellettivo, che per altro. Tuttavia una volta comprato il suo kit aveva già la mente proiettata verso altre questioni.
“Dove vai? Quello è per te, vero? Non regalerai una cosa che piace a te ad uno che non se ne farà di niente, giusto? Insomma, è l'abc...”
“Di cosa?” sputò Tsunade, seccata, “credi che non lo sappia, credi che non sia già abbastanza nervosa? Lo sai cosa vuol dire avere in squadra Orochimaru e Jiraya? No che non lo sai, te lo dico io: è come avere a che fare con due punte d'iceberg, procedi con la paura che un qualsiasi errore possa farti affondare. E sai cosa c'è? Adesso andrò là dentro,” voleva indicare un negozio a caso, ma senza guardare non si accorse di aver indicato l'unico spiazzo della strada che comprendesse solo una panchina e un lampione, “e comprerò la prima cosa sotto i miei occhi!”
Si voltò subito e, lasciando la ragazzina in mezzo alla strada, si diresse verso uno dei due negozi ai lati dello spiazzo, stizzita.
Quel kimono in vetrina sembrava sufficientemente adatto, e la cosa che le faceva più rabbia era che tutto sarebbe stato adatto perché in realtà niente di quello che aveva visto lo era.





Il freddo di novembre faceva pensare all'inverno, ma l'atmosfera di quella festa, anche vista da fuori il locale, pareva volerli riportare tutti all'estate e ai suoi continui festeggiamenti. La musica filtrava dalle finestre chiuse e dalla porta, che ogni tanto si apriva per far entrare o uscire persone che lei non conosceva affatto. Ma quanti amici aveva Jiraiya? Sorrise, pensando a quell'emerito imbecille e alla sua esuberanza. Il pacco tra le sue mani era troppo leggero per tutta quella vitalità, per quel cuore così grande. Tsunade lo sapeva che fare lo spavaldo aiutava Jiraiya a liberarsi di pensieri cupi, scomodi, che altrimenti lo avrebbero costretto allo stesso silenzio in cui nuotava Orochimaru. Lo sapeva che c'era molto di più e che non si doveva scavare nemmeno tanto. Sapeva che si meritava tutta quella gente a festeggiarlo.
“Quanti amici ha Jiraiya?”
Lei si voltò di scatto trovando un profilo altero, una voce bassa e capelli lunghi, neri come il buio.
“Pare che solo noi non vediamo quello che è... Invece non è così! Io lo vedo! E tu?”
Si chiese se Orochimaru fosse la persona giusta a cui fare quella domanda, ma il suo dubbio durò molto poco visto che l'altro annuì, quasi solenne, in quella sua perenne compostezza.
“Orochimaru,” lo chiamò per ottenere la sua attenzione, “non volevo sminuire il tuo ruolo nel nostro team, vorrei solo che tu facessi quello che ami di più... Non dovresti permettere a nessuno di ostacolarti o di decidere per te.”
Tsunade si ricorderà questa frase nell'avvenire, quando avrà fatto irruzione in un laboratorio e lui l'avrà ripetuta in risposta ai perché della voce spezzata di Jiraiya; ovviamente ignara, in quel momento, le sembrò giusto spronarlo.
“Tieni...”
Lui si era perso a guardarla in un modo strano, quasi quanto quello del giorno precedente, ma poi si era nuovamente voltato verso le luci e gli schiamazzi provenienti dal locale. Dopo si era trovato in mano una scatola, un kit, spoglio di carta regalo e con un fiocco sopra.
“È Jiraiya che compie gli anni,” ribatté serio, osservando la scritta rossa sulla confezione.
“Lo so, è solo per invogliarti a prendere la decisione migliore per te, e non per il team.”
Ed ecco quello sguardo strano del giorno prima, quegli occhi diventavano magnetici alle volte e Tsunade aprì bocca per dire qualcosa poiché avvertiva la necessità di rompere quell'incantesimo, ma Jiraiya fu più veloce di lei.
“Oh, siete qui, non sapevo che... Stai di nuovo facendo quello sguardo da pazzo, Orochimaru!” aveva il suo tono da non-so-cosa-stia-succedendo-qui e ciò serviva esattamente a coprire che non fosse affatto stupido. Tsunade non fu felice di aver riconosciuto quel comportamento.
“Ehy! È il mio compleanno, Tsunade, non il suo!” piagnucolò.
Poi ci fu del trambusto e delle voci femminili chiamarono il festeggiato.
“Ahn... Devo proprio andare, ma entrate e bevete qualcosa alla mia salute, arrivo subito!”
Jiraiya era già lontano, sparito tra le braccia di una ragazzina bionda, dalla pelle chiara.
“Che idiota!” Tsunade sbatté un piede in terra e il locale tremò leggermente.
“Vieni,” disse Orochimaru, inaspettatamente, “andiamo a bere alla sua salute e sul suo conto.”
La compagna si congratulò con lui per l'idea geniale.





Poche persone erano rimaste a chiacchiera nel locale, doveva essere molto tardi. Tsunade lo pensò con la stessa calma di un lago di montagna, osservando il suo bicchiere mezzo vuoto con la testa poggiata sul bancone.
“Credi che dica sul serio quando dice che sono bella?”
Orochimaru appoggiò la fronte sul suo polso e il bicchiere vuoto gli sfuggì dalle mani.
“Secondo me lo dice a tutte...” mormorò lei, in un monologo da sbronza triste.
“Ehy!”
Entrambi tirarono su la testa di scatto come se qualcuno avesse colpito un gong nelle ore calde del dopo pranzo, quando la sonnolenza decide per te dove andare ad accasciarti, per quei cinque minuti che diventeranno un paio d'ore.
“Ragazzi!” urlò ancora Jiraiya, chiaramente alticcio. “Oh, sveglia! Balliamo!”
“Vado a ballare a casa, dopo aver vomitato,” concesse Orochimaru, fuori dal suo elemento.
“Ma dai! Che guastafeste!” lo rincorse la voce del compagno.
“Tsunade deve dirti qualcosa...” rantolò lui prima di uscire di scena.
La kunoichi a quell'affermazione aveva tirato nuovamente su la testa con tanta velocità da sbilanciarsi e Jiraiya ebbe solo il tempo di vedere le sue gambe per aria, appena voltato. Si precipitò ad aiutarla, chiedendole un paio di volte se stesse bene, senza ricevere risposta.
“Sto bene!” ringhiò Tsunade, alla terza volta, scansandolo di malo modo.
“Che modi, ma che hai? Cosa devi dirmi?”
“Niente! Che dovrei dirti?”
Il festeggiato aggrottò la fronte, allargando le braccia.
“Non lo so, pare che Orochimaru sappia un sacco di cose su di te, vogliamo parlare del fatto che al mio compleanno lui ha ricevuto un regalo e io no?”
Tsunade si guardò intorno, perplessa, poi adocchiò un signor nessuno, svenuto supino su una panca del ristorante, con il kimono addosso. Lo indicò.
“Eccolo lì, il tuo regalo...” biascicò, sulla scia di una risata mal trattenuta.
Aveva previsto che si sarebbe messo a ridere, che l'avrebbe spintonata, aveva previsto anche un sacco di altri scenari, ma non si sarebbe mai aspettata di vederlo andar via. Probabilmente Jiraiya sorrideva troppo, quelli accanto a lui semplicemente si dimenticavano di ciò che aveva passato, di quello che aveva visto, si dimenticavano del peso del suo cuore a forza di vederlo così leggero. Si era rimproverata spesso per questa sua mancanza. Si reputava migliore di quelle persone, più vicina a lui e, nonostante l'idiozia galoppante che spesso lo accompagnava, era contenta di esserlo.
Non era il momento giusto, tutto qui, si disse, mentre un moto di stizza le cresceva nel petto e le gambe iniziarono a muoversi da sole, per raggiungerlo.
“Cosa? Che c'è?” gli urlò, sapendo che il suo carattere impetuoso non gli avrebbe permesso di ignorarla.
“C'è che conosco quello sguardo!” urlò infatti lui mentre si voltava per puntargli un dito contro.
Lei si guardò intorno, confusa, poi si indicò il petto.
“Non il tuo, sai benissimo di cosa parlo!”
La confusione doveva essere palese sul suo viso perché lui proseguì in una malformata spiegazione delle sue.
“Sai perché Orochimaru è così leggibile? Perché è nevrotico e schematico come tutti i nevrotici: ha uno sguardo cupo per ogni circostanza, ha una smorfia per ogni monosillabo non pronunciato e non ci si sbaglia mai.”
“Questo perché tu lo osservi molto, ti assicuro che non è così leggibile per gli altri...” s'intromise lei.
“Lo sai cosa cerco di dire: tant'è vero che lui, per avere il suo regalo, non deve andare a spogliare uno sconosciuto!”
“Sei ingiusto, tu sei sparito per tutta la serata!”
“Non sono sparito, ero al tavolo dietro di voi, non mi hai visto perché eri occupata a fare brindisi con lui e...”
Tsunade sospirò, stanca.
“Fammi capire bene, sei geloso, per caso?” poi mise le mani sui fianchi.
“Sì! Sì che lo sono!”
Ah. Avrebbe voluto dire, sconvolta. Non che non sapesse che lui aveva un debole per le ragazze, ma, appunto, credeva che una valesse l'altra.
“Ma sai che c'è? non me ne frega niente di te e Orochimaru, io un giorno ti sposerò lo stesso!” e si voltò, con impeto, barcollò leggermente e si diresse a mani tese verso un albero per poi proseguire lungo la strada, probabilmente diretto verso casa.
Tsunade scoprì di avere la gola secca e la fronte aggrottata, si scoprì le sopracciglia molto in alto e le mani sudate, un sacco di cose di cui prese coscienza dopo un ragionevole momento di stasi, quando Jiraiya era lontano abbastanza da sembrare una macchiolina. Le pareva di aver già visto quella scena, come un libro vecchio o una vita precedente. Aveva il petto caldo e la testa leggera e, anche se non era certa di non poter attribuire tutto all'alcool, c'era qualcosa di romantico nell'aria che la fece sentire preziosa per una persona speciale. Persona che barcollava reggendosi ad ogni sorta di appiglio per non cadere indecorosamente. Gli corse dietro, stranita dai suoi stessi pensieri.
“Jiraiya! Jiraiya...” lo chiamò finché lui non decise di fermarsi ad aspettarla.
Decelerò fino a fermarsi con un'andatura da passeggiata, accanto a lui.
“Me lo prometti?”
“Cosa?”
“Mi prometti che un giorno mi sposerai lo stesso?”
Jiraiya aprì la bocca senza sapere bene cosa dire, poi annuì riacquistando sicurezza e un'espressione un po' meno idiota.
“Certo!”
“Vuoi il mio regalo?” disse lei, sorridendo.
“Nh... Non avertene a male, ma quel tizio...”
Si bloccò nell'osservazione dei suoi inequivocabili gesti. Lei china in avanti, verso di lui, con gli occhi chiusi e le guance rosse, sporse le labbra leggermente in fuori.
Jiraiya sorrise, quando ormai era già ad occhi chiusi a sua volta, con la fronte appoggiata contro quella della compagna.
“Buon compleanno, Jiraiya.”






Owari











Ahn... Prima è passato un merlo, uno di quelli che parla, evidentemente, perché mi è sembrato che gracchiasse “Ooc! Ooc!” a intervalli regolari “Ooc! Ooc!” e con un tono anche piuttosto indignato.
A parte i merli, non è comica, 'sta roba... Quindi è per questo che è stata scartata dalla sfida in favore della precedente “Gelosia”, sapevatelo. Non è niente, in realtà, non so come definirla, odio dover mettere generi e avvertimenti, non so mai un cavolo!
“Ooc! Ooc! Ooc!” Stupido uccellaccio...





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