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Autore: The_Lock    25/07/2012    1 recensioni
Racconto ispirato al film di Lars von Trier
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Melancholia 


Forse non era stata una buona idea, fare un'imboscata. Lo aspettavano tutti per Agosto e invece lui aveva deciso di farsi trovare, trionfante, alla fine di luglio, ottenendo naturalmente la tipica gloria riservata ai soldati tornati vittoriosi.

Sorrise a tutti, rispose alle battute con la sua solita ironia, rise insieme ai suoi amici ed ex compagni di liceo, captando con pigro ritardo un barlume di occhi grigi ancora steso sull'asciugamano a prendere il sole di schiena. Perse momentaneamente il sorriso mentre ingoiava aria, sapendo cosa provava ma non sapendo cosa doveva provare. Di certo non era lì per lui, non lo sapeva nessuno che avrebbe anticipato l'arrivo e non l'aveva neanche lasciato trapelare da facebook, quindi era inutile indossare la corazza di dura ostilità solita ad esser impiegata quando percepiva la sua presenza con uno qualunque dei cinque sensi.

Provò a sorridergli da lontano, ma l'altro non rispose. Era miope, è vero, ma questo non giustificava il fatto che stesse guardando altrove; nessun punto in particolare. Si avvicinò all'ombrellone costellato dai suoi amici che gli giravano attorno seguendo quasi un'orbita prescritta, neanche fossero degli elettroni, e quando fu abbastanza vicino, esordì con un ''Ciao''. Si sentì il re dei cretini. Il ragazzo si riscosse dallo stato catatonico e puntò gli occhi grigi in alto, ritraendo leggermente il collo quando riconobbe la sua faccia- quindi, prima, non l'aveva notato per niente. Si alzò e per pura gentilezza gli porse la mano, scusando il fatto che non volesse baciarlo sulle guance perché era ancora bagnato di acqua marina, mentre sfoggiava un sorriso semplice, senza denti.

''Come va?'' domandò. Lo stormo di amici aveva lasciato loro due a parlare da soli, sapendo quanto fosse delicata la situazione, ma non riuscendo a non sbirciare o origliare qualche parola che magari avrebbe scatenato il putiferio.

L'altro annuì, continuando a guardare altrove e ricambiò la domanda. Stessa routine. Gli occhi grigi erano stanchi, svuotati, avevano perso la solita brillantezza vivace che li caratterizzava e che prima gli piacevano così tanto- prima di innamorarsi di un altro paio di occhi castano fuoco. L'altro era completamente svuotato dall'interno, non lo conoscesse bene- e lui credeva ciecamente di sì -avrebbe creduto fosse caduto in una specie di depressione, nonostante a volte sorridesse ancora e rideva alle battute degli altri; ma lui non partecipava mai.

Dopo il mare si divisero per incontrarsi la sera, il che avrebbe significato rivedersi pochi minuti dopo visto che il sole stava già tramontando, tingendo il cielo di rosso e i suoi occhi, fissi sul sole, acquistavano gocce di sangue che si mescolavano al grigio stagnante.

''Ehi, tutto bene?'' domandò una sua amica, mentre salivano le scale per tornarsene alla villa.

''Pensavo a lui... mi è sembrato strano. È per colpa mia?''

''No, oggi è così.'' rispose, secca, come fosse la giustificazione più ovvia del mondo intero. Tornarono in villa, e lui si fece la doccia per primo. L'acqua tiepida che finiva fra le labbra sembrava quasi salata, mentre all'apparenza trascinava via tutti i grattacapo che aveva in testa, facendogli raggiungere una buona percentuale di rilassamento.

Si preparò indossando una camicetta a quadri ed un bermuda; fece per spruzzarsi il profumo addosso ma evitò, ricordandosi di quanto piacesse all'altro; richiuse allora la boccetta e, sospirando, si allenò allo specchio nel fare sorrisi falsi, così da non sembrare colpevole di un'eventuale discussione.

Si incontrarono davanti alla spiaggia, erano di meno rispetto al pomeriggio ma ancora un numero tale da essere definito una compagnia. Alcuni erano in ritardo, ma lui e l'amico che lo stava ospitando no. Era intento a guardare le stelle, reggendosi ad uno steccato di legno dall'aria decisamente poco stabile e non partecipò a nessuna delle discussioni che vennero tirate fuori in quell'inframmezzo poiché continuava a guardare le stelle con quella sua aria vacua.

Andarono in un locale per bere, e lì i suoi vitrei occhi grigi riacquistarono un po' della forza vitale che lo caratterizzavano; ma era una fiamma flebile, che ogni tanto traballava ricordandosi di qualcosa- forse di cosa gli aveva fatto passare?.

Quando misero musica, iniziò anche a ballare e ne fu contento, lieto, quasi felice di vederlo divertirsi così tanto, di vederlo sorridere e sorridere a sua volta di rimando, come fosse un riflesso incondizionato della sua pelle. E ora anche lui stava meglio, era più rilassato e allora decise di tenerlo meno d'occhio, andando a ballare con una sua amica, facendo lo scemo per il tempo complessivo di tre balli dalla dubbia melodia. Poi alla fine si girò, e lo trovò a guardare le stelle con la bocca semiaperta da bambino incuriosito e con i suoi occhi pieni di grigia vacuità.

Cercò di ignorarlo ma alla fine lo raggiunse, con la scusa di un attimo per riprender fiato. Si avvicinò a lui e si poggiò allo steccato in finto ferro battuto, come la prima volta che erano usciti, a guardare il mare; ma questa volta lui guardava le stelle.

''Tutto bene?'' domandò. Gli occhi grigi si spostarono sui suoi occhi neri e sorrise, emettendo un flebile sì.

''Non è vero. Qualcosa ti preoccupa.'' iniziò.

''Dici questo perché mi conosci bene, vero?'' sorrise l'altro, volgendo lo sguardo per guardare altrove, optando per il mare. Riuscì a zittirlo, giocando sporco.

''Mi dispiace.'' ammise, per la prima volta in modo sincero, provando a guardarlo negli occhi. ''Mi dispiace di come sia andata. Mi dispiace di cosa ti abbia fatto passare. Mi dispiace di tutto.'' continuò. L'altro ragazzo si girò a guardarlo e gli sorrise come se la faccenda non gli importasse più di tanto.

''Non sto così per colpa tua. Sono passati mesi ormai, ma grazie comunque.''

''Allora perché stai così?'' domandò, ma un terzo incomodo provvidenziale si infrappose fra i due, magari con la superba intenzione di salvare i due da una pseudo-discussione che avrebbe mietuto vittime in ogni dove.

L'intera combriccola di amici camminava sulle uova quando intravedeva i due ragazzi comunicare, ignorando completamente l'idea che, magari, fra i due non ci fosse più odio o rancore, forse solo stanchezza o rassegnazione. La serata passò piacevole, fino a farsi le tre, quando l'altro ragazzo iniziò a sentire i primi sintomi di sonno e iniziava a sbadigliare tre volte al minuto, continuando a chiedere scusa ogni volta, e stropicciandosi gli occhi come per riattivarli.

''Che ne dite se andiamo?'' domandò un ragazzo e gli altri annuirono. Alcuni avrebbero dormito in spiaggia e all'ultimo si unì anche lui, sorprendendo il ragazzo che portò gli occhi grigi dritti su di lui per vedere se facesse sul serio, le pupille cariche della voglia di sapere cosa avesse in mente.

Nulla di malizioso, certamente, e di certo lui non si era di nuovo innamorato dell'altro, ma gli voleva bene e gli dispiaceva per tutto, voleva recuperare il recuperabile.

Erano rimasti in cinque, stesi su asciugamani appoggiati alla scomodissima sabbia, e parlavano del più e del meno, e scherzavano, e si raccontavano; ma l'altro rispondeva e basta, non parlava mai.

''Come si chiama quella stella?'' domandò, ad un certo punto, mentre gli occhi grigi sembravano ancora più pallidi poiché illuminati da una strana luna. Nessuno rispose, interdetti da quel suo improvviso cambio di ruolo.

''Non lo so.'' rispose lui.

''Pensavo... pensavo sarebbe bello sapere il nome delle stelle.'' sorrise con tristezza.

''Già.'' commentò.

Poco dopo si alzò e si incamminò verso il mare, lasciando le scarpe sulla sabbia, mentre si incamminava sempre di più verso le onde che lo colpivano con pigra determinazione. Anche lui si alzò e lo seguì, affascinato e stranito.

''So che quello è Giove.'' esordì indicando un corpo luminoso dalla luce fissa. L'altro annuì e tornò a camminare in acqua fermandosi solo quando i lembi del bermuda si iniziarono a bagnare, girandosi per vedere se l'avrebbe seguito. Lo stava seguendo.

''Qualcosa non va?'' domandò ancora.

''Perché questo interesse?''

''Perché ti voglio bene.'' ammise con un sussurro.

''Ma non abbastanza da scegliere me.'' rispose l'altro, continuando a sorridergli senza malizia alcuna- altrimenti l'avrebbe rivelato dai suoi occhi ora così vuoti.

''Non mi hai dato abbastanza.'' iniziò.

''Non me lo hai chiesto.'' disse, facendo qualche altro passo verso il mare; ora le onde bagnavano le cosce.

''Quindi stai così per me? Sono passati mesi, credevo che...''

''No, non sto così per te.'' lo interruppe con strana vitalità.

''Per cosa allora?'' insistette, leggermente spazientito, afferrandolo per le spalle e portandolo di fronte a sé così da costringere i suoi occhi a poggiarsi sui propri.

''Siamo soli.'' spiegò, abbassando lo sguardo ma non le curve del sorriso.

''In che senso?''

''La vita... è solo sulla Terra...'' iniziò, facendo roteare le iridi di nuovo sui suoi occhi neri.

''Come fai a saperlo?''

''Loro me l'hanno detto. Loro sanno le cose.'' spiegò.

''Mi prendi in giro?'' domandò, iniziando a innervosirsi.

''Te l'ho detto un migliaio di volte che io posso vedere loro; ma tu non mi hai mai creduto.''

''Perché non è vero!''

''Sì che lo è! Loro sanno le cose!'' confermò, alzando il volume della voce, mentre il colore degli occhi prendeva vitalità e lui sentiva come un muro di certezze barcollare. Poteva prendere in considerazione il fatto che stesse fingendo, ma non era mai stato bravo a farlo, questo lo sapeva bene. Lo sapevano bene entrambi.

''Non puoi essere triste solo perché la vita è sulla Terra.'' riprese l'altro, alzando gli occhi al cielo per vedere le stelle e riabbassandoli subito per lo strano effetto che l'aveva scosso, come se si sentisse di fronte agli dei immortali.

''Sta per finire.''

''Cosa?''

''Tutto.'' sillabò con le poche forze che aveva ancora in corpo. Un'onda leggermente più alta gli colpì all'altezza dell'inguine, ma nessuno sussultò.

''Sei pazzo.'' lo apostrofò, ritraendo le braccia e facendo per uscire dall'acqua.

''Non c'è tempo. Fai la cosa che ti piace di più. Manca poco.'' gli suggerì. Allora si girò e tornò indietro, senza motivo.

''È un modo per attirare l'attenzione?'' domandò, ma l'altro non rispose e si tolse la maglia nera, gettandola in mare, lasciandola galleggiare e mimetizzarsi con l'acqua scura.

''Ti sembra che stia fingendo?''

''No. E questo mi fa paura.'' ammise, passandosi una mano sul volto. ''Dimmi che stai mentendo.''

''Se ti fa stare meglio, allora sì.'' gli rispose, ma non stava fingendo, lo sapeva dal profondo del suo inconscio, lo sapeva il suo cuore, il suo cervello, lo sapevano i suoi occhi e le sue orecchie, le sue dita e le sue ginocchia.

Qualche lacrima iniziò a cadere dai suoi occhi neri pensando a tutti quelli che amava, che non avrebbe mai e poi mai fatto in tempo a raggiungere per un ultimo saluto. Eppure non era in preda allo sconforto più totale, c'era la tranquillità dell'altro che lo tratteneva dall'impazzire.

Si avvicinò a lui e afferrò il suo volto. Provò a baciarlo ma l'altro lo respinse senza che le labbra potessero toccarsi.

''Cosa ti fa pensare che io voglia passare così gli ultimi secondi che ci restano?'' domandò, quasi arrabbiato, mentre lui iniziava a piangere, asciugandosi le lacrime con il palmo e singhiozzando.

''C-cosa farai?'' chiese, in preda ad alcuni spasmi.

''Non c'è salvezza. Solo acqua.''

E così dicendo si tuffò in mare. Si levò un vento incredibile e un tonfo assordante precedette la fine di tutto, e lui urlò, senza che nessuno potesse sentirlo. Solo.  

  
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