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Autore: itsjones_    27/07/2012    1 recensioni
Sospirai «nessun appuntamento,sono qui per riprendermi le chiavi che avevo dimenticato..»
«oh» fece l’orsacchiotto «vuoi da bere.. ehm..»
«Stella Parker.» sussurrai con un filo di voce «no grazie»
«STELLA!» esclamò il ‘’bimbo’’ «guarda danny, questa ragazza ci è capitata a fagiolo»
Erano fissati con pianeti,stelle e tutto quello che riguardava lo spazio,specialmente Tom, lui si che amava queste cose.
Danny,il ragazzo con la chitarra in mano sorrise «mi stai già simpatica,sai?»
Perfetto. Pensai. Ragazzi. Musicisti. Amanti dei pianeti. O quello che erano non volevo averci niente a che fare, se non portargli pranzo e spuntini.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Paura Della Gravità.

 
Capitolo 1. - Afraid?

 




Quando hai diciannove anni pensi che tutto possa essere perfetto,non ti fai grossi problemi, se non per come potrebbe andare il compito di fisica di martedì, o di come Brittany ha detto ad Angela che ha il sospetto che Bill la stia tradendo. I problemi arrivano dopo, ma la verità è che io pensavo di vivermela giorno per giorno un po’ come si dice, senza pensieri. Ma nel momento in cui conobbi Danny Jones sapevo che le cose sarebbero cambiate radicalmente,persino prima di conoscerlo,sapevo che avrei dovuto prestare bene attenzione.
Ricorreva l’anno duemilasei, quando cercavo un lavoro part-time estivo per convincere mia madre che potevo essere responsabile ed indipendente, una mia amica mi aveva parlato di questo gruppo alla quale un suo zio faceva spesso alcune interviste per le riviste da teenager malate di cazzo. Mi aveva detto che il loro manager cercava delle spalle, per portare il pranzo,segnare alcuni appuntamenti, cose così. Non è che il lavoro non mi facesse impazzire, ma appena conclusa una storia lunga un anno con un tenebroso ex alla io Edward Cullen, l’ultima cosa che desideravo era di prendermi una sbandata per un giovane rockettaro alle prime armi. Ma tanto valeva provare, i soldi mi facevano comodo e per mezza giornata di lavoro quattro giorni a settimana lo stipendio non era affatto malvagio.
Ma avrei dovuto fermarmi, dire ‘’ehy, ciccia,non sai a cosa vai incontro. Bloccati, datti una calmata, non è un lavoro che fa per te’’ ma non lo feci, anzi, mi sbrigai a suonare al campanello di quello strano cottage londinese alle nove e mezzo di un venerdì mattina.
All’inizio le cose procedevano bene e non vedevo mai i ragazzi, appoggiavo il pranzo sul tavolino fuori dalla sala di registrazione e me ne stavo due ore a leggere riviste in sala d’attesa, poi sistemavo gli appuntamenti, riordinavo il porcile che si creava nel loro appartamento a due minuti dallo studio e alle cinque in punto staccavo, era figo, neanche troppo in realtà, non facevo un granché, ma andava bene così. Finché, dopo una settimana e mezzo dalla mia nullafacenza mi accorsi di aver dimenticato le chiavi della mia vespina  sul tavolo cilindrico del salotto dell’appartamento. ‘’mitico’’ avevo pensato, guardando tutta la strada che avrei dovuto percorrere nuovamente, ma poco importava, m’incamminai a passo di lepre e rientrai nell’amabile pseudo-casa.
Una volta entrata con il mio duplicato della chiave mi introdussi in quello che era tornato ad essere il caos che c’era prima che cominciassi a pulire, mi venne il nervoso soltanto a guardare il salotto con le vetrate di nuovo mezze appannate e non lucide come le avevo lasciate. C’era un ragazzo a sedere sul divanetto bianco di pelle che strimpellava la sua chitarra, aveva i capelli castani scuri con un taglio tutto suo, piuttosto buffo che gli copriva appena gli occhi, le sue mani erano concentrate sullo strumento,così come i suoi occhi. Notai subito le chiavi poiché erano proprio davanti a lui e così entrai nella stanza con indifferenza e le affarrai.
«e tu?» mi chiese lo sconosciuto con aria persa
Mi voltai e notai immediatamente che possedeva due magnifiche perle azzurre al posto degli occhi,la sua bocca era semi-aperta, chiaro sintomo dell’essere appena uscito da un mondo tutto suo.
«io» esclamai «mi sono dimenticata le chiavi del vespino qui..» poi le alzai facendole oscillare leggermente «sono quella che vi porta il pranzo e riordina le cose qui»
Il ragazzo accennò un sorriso e annuii «la donna invisibile!»
Io rimasi immobile e lo fissai incerta, finchè altri tre non entrarono nella stanza.
«mi pareva di aver sentito qualcuno parlare» disse uno, leggermente sovrappeso con i capelli biondi. Sembravano così morbidi che avrei voluto correre là e toccarglieli, all’apparenza era molto dolce, sembrava un orsacchiotto appena uscito dal negozio di giocattoli. Gli altri due invece se ne stavano sulle loro e mi fissavano con la stessa aria dubbiosa, una sembrava un bambino nel corpo di un diciannovenne e l’altro teneva in mano le bacchette quindi pensai che fosse il batterista. Continuai a scrutarli finchè il tipo della chitarra e con faccia da idiota non interruppe il mio pensare.
«è la donna invisibile, si disinvibilizzata»
Non credo neanche che come parola esista.
«già» fece il batterista «ci hai portato qualche appuntamento?»
Poi il finto bambino fece un balzo dalle scalette che separavano il grande salotto con il resto della casa «ancora? Ma io sono stanco»
Sospirai «nessun appuntamento,sono qui per riprendermi le chiavi che avevo dimenticato..»
«oh» fece l’orsacchiotto «vuoi da bere.. ehm..»
«Stella Parker.» sussurrai con un filo di voce «no grazie»
«STELLA!» esclamò il ‘’bimbo’’ «guarda danny, questa ragazza ci è capitata a fagiolo»
Erano fissati con pianeti,stelle e tutto quello che riguardava lo spazio,specialmente Tom, lui si che amava queste cose.
Danny,il ragazzo con la chitarra in mano sorrise «mi stai già simpatica,sai?»
Perfetto. Pensai. Ragazzi. Musicisti. Amanti dei pianeti. O quello che erano non volevo averci niente a che fare, se non portargli pranzo e spuntini.
I giorni seguenti passarono lenti, li vedevo spesso, ed ogni volta che entravo dalla porta con il cibo si fiondavano fuori dallo studio con facce agguerrite ed affamate, mia madre affermava che erano il guarnimento alla malattia nella noia. Allo stress che avevo accumulato durate tutta la mia monotona vita.
Un giorno a metà giugno,mi fermai a pranzare con loro e notai per la prima volta quanto quattro persone che vivono ventiquattr’ore su ventiquattro, possano essere tanto diverse. Danny per esempio era probabilmente quello più attivo, non faceva altro che parlare e raccontare aneddoti di chissà quali film. Tom, era il più tranquillo,apparentemente, dolce e socievole ed ogni sua espressione sembrava uscita da un bacio perugina. Dougie, era buffo, scemo e alquanto infantile,forse il più carismatico. Ed Harry, penso che anche dopo tutti questi anni Harry rimarrà sempre un mistero per me, all’apparenza freddo,ma che piano piano si scioglie.
Fu subito dopo aver finito la mia insalata, che Tom nominò quella che sarebbe stata la loro gita di libertà, una gita che mi pento amaramente d’aver fatto,anche dopo quasi sei anni da allora.











spazio dell'autrice.______________________________________________________________________
premetto che era davvero davvero TANTO che non mi cimentavo in una fic, quindi il risultato non lo so,ahahah, vabè, io li amo, sono cresciuta con l'amore per Dougie lo ammetto, qualche anno fa impazzivo per lui asdfghjkll, poi la mia attenzione si è sdradicata e piantata su mr Jones. e il resto vabè,parla da se. ovviamente amo tutti e quattro e questa piccola storiellina è ciò che una mente fangirleggiante e malata come la mia può partorire,fatemi sapere cosa ne pensate. cià. <3
  
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