Anime & Manga > K-ON
Segui la storia  |       
Autore: Yomi22    27/07/2012    3 recensioni
Ritsu ha fatto una cosa terribile ed è finita in ospedale e Mio non reagisce certo bene.. [Mio x Ritsu]
[sospesa]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Mio Akiyama, Ritsu Tainaka, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dal parco Mio si trascinò in casa a fatica, cercando di fermare le lacrime inutilmente  aveva aperto la porta di casa e si era sorbita una ramanzina dal padre. "Non puoi tornare a quest'ora durante il periodo scolastico! Come farai a svegliarti domattina? E non hai neanche cenato! Ora chi ha voglia di preparare qualcosa per te? Vai a letto senza cena!" aveva iniziato a urlare, senza rendersi conto dello stato in cui si trovava la figlia. Era dovuta intervenire sua madre, a spiegare gli ultimi fatti avvenuti all'uomo, che era all'oscuro di tutto. Mentre i due parlottavano, la ragazza sgattaiolò in camera sua, cercando di non farsi notare dai due genitori impegnati in un'accesa discussione. Si chiuse la porta alle spalle e si buttò letteralmente sul letto, sprofondando il viso nel cuscino. Cercò di non piangere respirando più volte a fondo e con sua piacevole sorpresa riuscì a trattenersi. Si strinse ancora di più nel cuscino per qualche secondo e poi si tirò su di scatto, prendendo quasi una testata contro la parete. Appoggiò la schiena al muro e tirò fuori da sotto il materasso un quaderno viola con su scritto "K-ON!". Prese una penna e iniziò a scrivere su una pagina bianca. Scrisse di getto una canzone, una canzone per Ritsu, una canzone che parlava di tutto ciò che avevano passato insieme, un passato che non poteva cancellare, che non poteva frantumare attraverso un gesto simile.
La rilesse più volte e alla fine decise di strapparla. La accartocciò e la gettò nel cestino già colmo di cartaccia. Riguardò la fotografia che teneva sulla scrivania e con un gesto violento la abbassò, nascondendo i sorrisi delle due.
Si stese e rivolse lo sguardò al muro. Chiuse gli occhi e sospirò. «Baka Ritsu»
Quella notte sognò, un incubo tremendo, che la fece sudare e urlare più volte. Sognò Ritsu, che ridendo come una forsennata si tagliava con un cutter le vene dei polsi. La vide sghignazzare mentre il sangue le bagnava i vestiti e schizzava su quelli delle compagne che si unirono a lei in quella risata convulsa. Mio cercava disperatamente di toccare l'amica, ma non riusciva più a muoversi. Era inorridita e spaventata dal sangue che colava copioso sul pavimento, disegnando merletti dall'aspetto inquietante. Ma Ritsu non sembrava soffrire, continuava a perdere litri di liquido rosso senza risentirne. L'unica che pareva starne male era proprio Mio, che ora urlava e si dimenava invano cercando di aiutare la sua migliore amica. «Ritsu» esclamava, ma la sua voce non sembrava raggiungerla. Un muro invisibile separava le due.
«RITSU!» gridò di nuovo, alzandosi di scatto dal letto, coperta di sudore. La porta della sua stanza si aprì e una donna alta dai capelli castani entrò, con il respiro affannato. «Mio?» domandò, preoccupata «stai bene? Hai fatto un brutto sogno?»
La ragazza guardò la madre in pigiama e scosse la testa, cercando di stabilizzare il proprio respiro. «Vado a farmi una doccia»
Entrò nella vasca da bagno, aprì il getto dell'acqua fredda e lasciò che essa scivolasse sul suo viso come a portare via ogni traccia di timore. Si lasciò coccolare dall'acqua per parecchio tempo, finché una voce profonda non chiamò il suo nome. Cercò ad occhi chiusi l'asciugamano rosa e quando lo trovò lo passò sul viso, poi se lo avvolse attorno al corpo nudo. Uscì piano dal bagno, cercando di non gocciolare per terra e si affacciò sulla tromba delle scale. «Cosa c'è, papà?» chiese, con voce rauca.
«Sono le sette e mezza, non vieni a fare colazione?» 
Mio ci pensò su e si accorse di avere lo stomaco chiuso in una morsa d'acciaio «No» rispose, allontanandosi e dirigendosi verso la sua stanza.
In pochi minuti fu pronta, prese la borsa e guardò il basso. «Elizabeth» sussurrò, accarezzando dolcemente la custodia dello strumento. Lo prese e se lo caricò in spalla.
«Io esco!» urlò, mentre si chiudeva la porta alle spalle e correva verso il punto in cui si sarebbe dovuta incontrare con Ritsu. Mentre si avvicinava all'incrocio si ricordò che non sarebbe mai arrivata e rallentò. Si fermò nel punto esatto in cui, in un altro giorno, Ritsu sarebbe arrivata correndo e le sarebbe saltata addosso. Si guardò attorno e con tristezza riprese a camminare verso la scuola. «Non verrai oggi, nè, Ritsu? E neanche domani e dopo...»
Le lacrime si fecero nuovamente strada tra le guancie rosate della bassista. Si asciugò con la manica della giacca blu facente parte della divisa scolastica e continuò a camminare, con passo sempre più deciso. Arrivò a scuola in perfetto orario e si sedette al suo posto. Guardò dietro di sé e vide il banco della sua migliore amica vuoto. Sospirò e si rivolse a Tsumugi. «Mugi, pomeriggio non sarebbe meglio prepararsi per il festival scolastico invece che andare all'ospedale?»
«Ma Mio.. Ritsu..» obiettò la bionda, con aria preoccupata.
«Se Ritsu ha fatto quel che ha fatto avrà i suoi motivi e se non ha voluto parlarne vuol dire che non le interessa. Non vedo perché dovrebbe importare a noi. Abbiamo un live da fare e lo faremo, a costo di trovare una nuova batterista.» concluse la bassista, con tono severo.
Tsumugi la guardò torva e sbatté un pugno sul banco. «Mio-chan, non puoi parlare così. Lei ha rischiato la vita!»
«Lo ha deciso lei!» sbottò la mora, alzando leggermente la voce. 
«Non posso credere che tu stia dicendo questo. Fino a ieri la pensavi diversamente»
«Be', adesso non più. Se ci voleva lasciare che ci lasci»
Entrambe non capirono bene cosa e come successe. Mio sentì un bruciore lancinante alla guancia destra, mentre Tsumugi si accorse dopo un po' di avere il braccio alzato.
Si guardarono negli occhi e rimasero in silenzio, mentre l'attenzione del resto della classe si era concentrata sulle due. «Mio..» balbettò la bionda, avvicinandosi all'amica, ma questa indietreggiò senza dire nulla e uscì dall'aula. Si diresse a passo spedito verso l'aula del club di musica leggera e aprì la porta con violenza. Dentro, vi trovò Sawako, intenta a leggere un fascicolo blu. «Buongiorno» disse la donna, affabile, facendo cenno alla studentessa di sedersi accanto a lei. «'Giorno» rispose la bassista, tirando indietro la sedia in modo da potercisi accomodare. «Come stai?» chiese la professoressa, posando il quaderno e concentrandosi sulla ragazza. Mio guardò le mani di Sawako, incrociate davanti a lei, poi la fissò negli occhi castani. «Male.»
«Per Ritsu?»
«Sì.»
«Vuoi parlarne?»
«Non saprei cosa dirle.. Ritsu ha fatto ciò che ha fatto e basta, non sono qui per giudicarla.. lei voleva...»
«Ma tu non riesci a capirlo»
«Ovviamente no. Andava tutto bene.»
Sawako guardò la porta dell'aula e notò che era semiaperta. Vide i volti delle altre ragazze e fece loro segno di lasciarle sole, senza farsi notare dalla bassista.
«Evidentemente per lei non era così»
«Evidentemente...»
Sawako sorseggiò il tè nero che aveva preparato precedentemente e ne versò una tazza anche alla studentessa, poi riportò la propria attenzione al fascicolo.
«Questo è di Ritsu. Lo vuoi vedere?» 
La mora scosse la testa. «Non sono affari miei...»
«Io ho letto di cosa tratta questo diario, ma non mi sono inoltrata ancora in questa storia. Magari qui spiega come mai ha..»
«Non sono affari miei.» ripetè Akiyama, scandendo bene le parole, quasi fosse convinta che l'altra non avesse capito.
«Magari ci riproverà»
«Non mi sembra comunque corretto. Quando uscirà dall'ospedale, se vorrà, sarà lei a spiegarci tutto.» rispose gelida la ragazza dai capelli corvini.
«E se non volesse?» domandò l'insegnante, versando un altro po' di tè nella tazza di porcellana dipinta a mano che Mugi aveva preso dal locale del suo conoscente in cui una volta avevano lavorato le ragazze del gruppo.
«Affari suoi. Ora, se non le dispiace, vorrei provare.»
 
 
 
 
 
Quando aprì gli occhi, Ritsu non capì bene dove si trovava. Le piastrelle bianche della stanza subito la fecero pensare al paradiso, cosa alquanto improbabile. Con lo sguardo catturò una finestra e osservò il paesaggio circostante. Alti palazzi grigi dall'aspetto triste sovrastavano piccole botteghe artigianali che prima o poi avrebbero fallito. Una visuale piuttosto tetra.
Passò a squadrare il proprio corpo ora seduto e notò malvolentieri gli aghi che le avevano conficcato nelle vene del braccio. Seguì i tubicini e notò due grosse sacche piene di sangue. Rabbrividì.
A Mio avrebbero fatto molta paura.
«Mio..» sibilò, cercando l'amica. 
All'improvviso la porta si aprì ed entrò una donna giovane, dai lunghi capelli rossicci.
«Ritsu!» urlò, buttandole le braccia al collo e piangendo. Le calde lacrime sfiorarono il viso della paziente che rispose all'abbraccio. «Mamma..» sussurrò, stringendo forte a quel cardigan rosso che aveva sempre odiato.
«Piccola mia, come stai?»
Ritsu sciolse il contatto con la madre e la fissò nei grandi occhi nocciola. «Mi gira leggermente la testa.. dove sono papà e Satoshi?»
«Sono andati a casa a riposare un po', ma ora li chiamo! Oh, amore mio, sono così felice! Ho avuto paura di perderti»
Ritsu sorrise e baciò la madre in pena, poi abbassò lo sguardò sulle coperte fredde e pungenti che la coprivano. «E Mio?»
«Mio-chan è rimasta qui durante tutta l'operazione, ma i medici hanno detto che potrai incontrarla tra qualche giorno..»
La piccola Tainaka posò di nuovo gli occhi sulla finestra e si chiese se Mio l'avrebbe mai perdonata. In fondo, forse aveva fatto una cazzata. Perché aveva cercato di perderla per sempre?
Cosa ne sarebbe stato dei loro sogni... di loro. Le due ragazze erano fatte per stare insieme, era inutile cercar di pensare il contrario, era un dato di fatto. Ritsu pensò che senza Mio non sarebbe stata nessuno. Non poteva vivere senza di lei ed era convinta che lo stesso valesse per Akiyama. Aveva sbagliato, aveva agito d'impulso senza pensare alle conseguenze. Doveva parlare con Mio e spiegarle tutto, sperando di ottenere il suo perdono.
«Mamma..» disse, con un filo di voce, «vorrei riposare un po', puoi lasciarmi sola?»
La giovane donna sorrise alla figlia e si accomiatò, lasciando poi Ritsu da sola con i propri pensieri.
Quando la madre chiuse la porta dietro di sé, la batterista iniziò a piangere. A lungo aveva trattenuto le lacrime, non ce la faceva più. In quel momento l'unica persona che avrebbe desiderato avere al suo fianco era la sua migliore amica, ma lei non c'era. Dov'era, perché l'aveva abbandonata?
«Mio...» disse, tra i singhiozzi.
«Ritsu! Baka!» udì poi, dopo un secco rumore di legno che sbatte.
Gli occhi nocciola incontrarono splendidi, grandi occhi neri, colmi di lacrime.
 
 
 
 
 
 
 
___________________________________________________________________________
 
 
Scusate l'assenza infinita, purtroppo son una grande ritardataria! Spero apprezziate questo secondo capitoletto! :) 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > K-ON / Vai alla pagina dell'autore: Yomi22