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Autore: Dave1994    27/07/2012    3 recensioni
E se...
E se Dante avesse salvato Vergil, quel giorno?
E se avessero avuto la possibilità di ricominciare un'altra vita?
Talvolta, il destino non può nulla contro la terrificante forza dell'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dante, Vergil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vergil atterrò sulle acque dello Stige con grazia, eleganza e agilità, come una pantera, gli occhi fissi sulla preda. L'uomo in rosso davanti a lui, suo fratello Dante, gli riservò il suo solito sguardo di ghiaccio e lo spadaccino vestito di blu non perse tempo: con una capriola raggiunse la spada di loro padre e la estrasse dal terriccio fangoso.
- Dammi il tuo amuleto, Dante. Ora. -
- No, questo è mio. Tu hai il tuo. -
Vergil corrugò le sopracciglia, levando la spada all'altezza del suo sguardo. Era stanco di tutto questo, di suo fratello: aveva sacrificato ogni cosa per arrivare a questo punto e non si sarebbe fermato davanti a nulla. Non ora. Non adesso.
- Beh, voglio anche il tuo. -
Girarono in cerchio, come due belve feroci pronte a balzarsi addosso sfoderando gli artigli. Vergil valutò la situazione: era più forte del fratello gemello e ora buona parte del potere di Sparda scorreva in lui. Ma se solo...se solo fosse riuscito a mettere le mani sull'altro amuleto...
- Puoi provarci quanto vuoi, ma non sarai mai come nostro padre. Cosa ci faresti con tutto quel potere, eh? - chiese Dante, osservandolo sprezzante. Intorno a loro, il fiume infernale scorreva impetuoso e indisturbato verso l'abisso infernale. Uno scenario da incubo.
- Stai perdendo tempo! - urlò Vergil e si lanciò all'attacco. Fece roteare la lama argentea sopra la sua testa e abbattendola sul fratello immobile, intento a fissarlo. Fu un istante e le due spade si scontrarono, in perfetto stallo. Dante si aiutò con la mano destra, procurandosi una ferita alla mano destra: gocce di sangue vermiglio caddero a terra, mischiandosi all'acqua dello Stige. Così immobili e concentrati parevano quasi due statue forgiate nel metallo incandescente millenni prima, ma il loro animo ribolliva furioso. 
Due anime in piena, su due fronti contrapposti. L'uno alla ricerca del vero potere, l'altro a difesa dell'umanità.
- Siamo i figli di Sparda! - ruggì Dante, incontrando lo sguardo di Vergil - nelle nostre vene scorre il suo sangue e, cosa più importante, la sua anima! -
Un leggero movimento del polso e le due lame si staccarono, mentre i loro possessori balzarono all'indietro. Dante puntò il dito indice contro Vergil, mentre una sicurezza sempre più salda e possente invadeva il suo spirito.
- E ora, la mia anima mi dice che devo fermarti! -
Lo spadaccino in blu rise, mentre la nota della sua voce riecheggiava per tutto il portale. Dante percepì in quella risata tutta l'essenza stessa del fratello: una sete sconfinata di potere e la gelida certezza di riuscire ad ottenerlo. E in questo preciso momento un dubbio sfiorò la mente tesa e nervosa dell'acchiappademoni: ma perché Vergil ricercava quel potere? Perché suo fratello gemello tanto cercava di assomigliare a loro padre.
Una fugace intuizione, una più chiara visione delle cose acuita dal suo sesto senso gli fornirono la risposta, ma lui non fu abbastanza veloce da coglierla. Possibile che quel blu zaffiro celasse forse un altro colore, forse addirittura più scuro?
Ma perché ti comporti così, Vergil? Cosa ti è successo?
Per cosa combatti, in cosa credi?
- Sfortunatamente, fratello, le nostre anime sono in conflitto. - disse Vergil, sorridente, sebbene fosse il riso di una tigre che ora tiene la preda tra gli artigli.
Poi sollevò la mano e la chiuse a pugno, sussurrando una sola frase.
- Io voglio più potere. -
Dante abbassò lo sguardo, fissando i riccioli formati dal corso del fiume infernale. Avrebbe voluto piangere, diamine, ma non l'avrebbe mai fatto davanti a lui.
No, non davanti a Vergil. Mai.
- E pensare che siamo gemelli. -
Vergil sollevò la spada, socchiudendo gli occhi.
L'avrebbe attaccato, sì. Avrebbe tentato di ucciderlo, proprio così.
Due anime in pena, due anime in conflitto.
Aveva proprio ragione.
- Gemelli...già. -
 
***
 
Vergil crollò a terra, sputando sangue.
No, non era possibile. 
Come poteva Dante essere...più forte di lui?!?!
- Mi stai...battendo? -
Dante gli puntò contro la spada, ansimando. Lo scontro lo aveva indebolito, ma era in vantaggio. Qualcosa nella sua postura, nel suo sguardo, tradiva una gelida consapevolezza: avrebbe vinto. Il destino voleva così.
E Vergil scrutò il futuro anche solo per un attimo, grazie al suo sangue demoniaco. Vide molte cose, alcune delle quali non sarebbe mai riuscito a spiegarsi da lì ad anni. Vide angeli, diavoli e un giovane dai capelli bianchi e dal braccio destro splendente. Ciò che ottenne fu, dopotutto, soltanto un rapido scorcio sull'eterno fiume del tempo e del destino, come quello che scorreva sotto i suoi piedi.
Fu un attimo: uno spaventoso senso di predestinazione abbatté lo spadaccino, il quale si sentì improvvisamente impotente. Il potere? Non era nulla, di fronte alla terrificante forza del destino. Un abisso si spalancava davanti ai suoi occhi e nessuna sua azione, nessun gesto l'avrebbe richiuso. Una volontà al di là delle stelle, al di là del mondo aveva già deciso tutto.
E, anche se Dante non lo notò, Vergil versò una lacrima.
- Cosa c'è, tutto qui? - disse l'acchiappademoni, sollevando la spada da terra - avanti, alzati. Puoi fare di meglio. -
Vergil si rialzò, come un titano che si erge di fronte a un dio. Rifiutava il destino e quel gelido senso di impotenza che ora tanto lo attanagliava: lui era padrone e signore della sua stessa vita e mai si sarebbe piegato di fronte alla forza del destino. Mai.
Non lui, non il figlio di Sparda.
- Il portale si sta richiudendo, Dante - disse, mentre tutto intorno a loro cominciava a ritrarsi verso la sua forma originaria forma: un Nulla assoluto, privo di vita e di esistenza - perché gli amuleti sono stati separati. -
- Finiamola, Vergil. Anche se questo significa ucciderti. -
Bastò una sola parola, un comando invisibile, e Vergil si lanciò nell'ultimo, disperato attacco della sua vita. Mentre i suoi piedi calpestavano le acque dello Stige a gran velocità, il figlio di Sparda portò la spada del padre dalla terra al viso pronto a menare un fendente mortale. Dante fece lo stesso e alzò la Rebellion verso il cielo nero e tenebroso dell'Inferno. O almeno, di quella che ne era la porta d'ingresso.
Due lame, due destini si incrociarono in un attimo. Le loro vite passarono l'una accanto all'altra, ruggendo come leoni impazziti dal furore della battaglia.
Ma solo una riuscì a squarciare l'altra, riversandone il sangue sull'acqua. Rimasero immobili per un istante o poco più, poi il maggiore crollò un ginocchio, troppo stupito e intento nell'osservarsi la ferita lungo il petto.
Poi, cadde. La spada di Sparda e il suo amuleto caddero per terra, sebbene Vergil impiegò le sue ultime forze nel raccogliere la collana dal rubino splendente di una luce rossa e oscura quanto quella del suo stesso sangue.
- Nessuno può prenderlo, Dante. E' mio, appartiene di diritto al figlio di Sparda. - disse lo spadaccino vestito di blu, arrancando all'indietro come una belva ferita e agonizzante. Suo fratello scattò verso di lui non per finirlo, bensì per salvargli la vita. Ciò stupì Vergil ancor di più, in confronto agli ultimi minuti di quel conflitto.
Possibile che Dante lo amasse ancora, dopo tutto quello che aveva fatto?
Possibile che la forza dei legami riuscisse a vincere l'odio?
- Lasciami in pace e vattene, se non vuoi rimanere intrappolato qui - disse Vergil con un filo di voce, levando la Yamato e puntandola alla gola di Dante - resto qui, nella terra di nostro padre.
Poi, indietreggiò ancora di più e Dante comprese cosa avrebbe fatto. Si sarebbe gettato nell'abisso, sigillando per sempre quella porta fra i due mondi.
No, non l'avrebbe permesso.
Avrebbe cambiato il destino. Stavolta ci sarebbe riuscito. L'acchiappademoni non riuscì a giustificare l'impiego di queste ultime parole: era come se avesse già vissuto tutto questo, come se fosse riuscito a dare una sbirciata nell'invisibile disegno di Dio.
A muovere le sue gambe stanche, a far scattare le sue braccia pronte ad afferrare l'anima in pena del fratello non fu lui, sebbene in futuro lo avrebbero sempre convinto del contrario. Fu come un fuoco, che gli invase dapprima il cuore e poi tutto il resto del corpo.
E questa è la storia di come Dante afferrò il fratello gemello sul bordo di quel nero precipizio, di quel tetro abisso al volo. Vergil lo guardò con gli occhi sbarrati, incredulo.
Che diavolo stava succedendo?
Nessuno dei due riuscì a dare una risposta a quest'interrogativo e Dante non perse tempo nel tentativo: una volta afferrata la mano destra di Vergil, lo issò sulla terraferma, mentre avanti a loro la fauce dell'Inferno di spalancava vorace.
Si guardarono negli occhi come non si guardavano da tempo.
Dal giorno in cui era morta Eva.
- Come ci sei riuscito? - sussurrò Vergil, stupefatto. Un presentimento lo assaliva, lo stesso senso di predestinazione che prima gli aveva invaso il cuore. Ma durò poco e in qualche secondo scomparve, lasciando dietro di sé solo un vuoto riempibile con la possibilità di un'altra vita, di un nuovo inizio...
- Andiamocene da qui, prima che sia troppo tardi - disse Dante, sorridente - e domani sarà un altro giorno. -
Oh, sì.
Questa è la storia di come Dante l'acchiappademoni, in un altro mondo e in un altro tempo, piegò il destino con la sua stessa forza e si ribellò alla volontà del cielo, salvando lui e suo fratello Vergil.
E chissà che quel mondo non sia addirittura migliore degli altri, non è vero?
La Porta dell'Inferno si richiuse alle loro spalle, mentre un'incredula Lady osservava i due figli di Sparda avanzare a passo lento verso di lei, l'uno sorretto dalla spalla dell'altro. E in quel preciso istante pensò che la forza del destino impallidisce davanti a quella dell'amore.
Ma questa, questa è soltanto un'altra storia.
  
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