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Autore: Ribes    28/07/2012    5 recensioni
Risa Koizumi e Atsushi Otani si sono finalmente messi insieme. Il lavoro della ragazza non è stato vano, dunque, il suo sogno si è realizzato!
Ma non c'è troppo da festeggiare: Otani, e con lui Nobu, Chiharu e Nakao, partiranno per l'Università.
E Risa resterà da sola.
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Rimango lì immobile, al centro di una stazione gremita di gente, con tutti i rumori del mondo: ma io non sento nulla, solo il battito del mio cuore.
Poi, all'ultimo momento chiudo gli occhi e mi lascio trasportare.
Sì, lo so, è strano.
Un ragazzo basso che si alza sulle punte dei piedi per arrivare alle labbra di una ragazza è strano.
E una ragazza che si china di qualche centimetro per arrivare alle labbra di un ragazzo è strano.
Ma a chi importa?
A me no di certo.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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E ... sì, sono tornata U.U E' passato tanto tempo ... cinque giorni!
In realtà ho cercato di fare in fretta, perchè ... cinque recensioni!
Per il primo capitolo! in un fandom così poco frequentato!
Paradiso!
E allora ecco, pronto e caldo questo nuovo chappy :)
Anche qua ci saranno alcuni nomi in giapponese, più varie città e regioni ( sono una tipa precisa, io =D )
Spero vi piaccia! Una recensione non fa mai male a nessuno!
Buona lettura!




Secondo Capitolo
Homesick

 

Attorno a noi c'è tanta confusione: persone che chiacchierano, che gridano, che leggono, che fanno una rissa, che starnutano, che dormono. Distributori di merendine e bibite che vanno a go-go, più veloci della luce; ascensori su e giù, rapidi e veloci; e infine il rumore della ferrovia e delle rotaie, un rombo impossibile da ignorare.
Siamo in stazione.
Seduti su una piccola panchina, piazzata davanti ad un manifesto pubblicitario che parla di una nuova marca di cellulare.
Samsung Galaxy Net 45X vi farà volare lontano, oltre le nuvole. Da non perdere. Perchè se non ce l'hai, non puoi vivere al meglio.
Ogni tanto mi volto per rileggere, in preda all'agitazione. Anche se in realtà non colgo neppure il significato delle parole, e non m'interessa neanche.
Giocherello con l'elastico del mio cellulare, un coniglietto rosa con gli occhi dolcissimi. Continuo a mordermi il labbro, a imprecare sottovoce, a lanciare occhiate furtive ai miei amici.
Fra noi c'è un silenzio inquietante.
Suzuki ha le braccia incrociate e fissa il pavimento sudicio. Indossa una felpa grigia, nonostante siamo ai primi di Settembre, e dei jeans lunghi.
Accanto a lui Chiharu non osa guardarlo. E' rossa in viso e ha tre grosse borse con sé, più una piccola tracolla d'argento. Tiene un libro fra le mani e lo fissa con forza, tremando tutta.
Nemmeno Nakao e Nobu sono molto loquaci. Lui, una mano su un gigantesco baule, tiene le labbra serrate, mentre gli occhi sono vacui e vaghi, e fissano un punto impreciso della propria mano destra. Lei, con accanto a sé quattro valigie di diverso colore ( rosa, arancione, verde e viola ), continua ad arrotolarsi una ciocca di capelli sull'indice. Stringe i denti e tace con forza, senza nemmeno toccare il fidanzato.
E vicino a me, Otani mi guarda. Faccio finta di non accorgermene ma è così, mi osserva. Con due borse e uno zainetto color pesca sbiadito, passandosi ogni tanto una mano fra i capelli. E pure lui non osa spiccicare parola.
Nessuno ha il coraggio di aprire bocca; la tensione si potrebbe tagliare con le forbici.
Si sente l'ennesimo rombo di treno, e l'ennesima voce robotica che avverte per chi, cosa e dove vanno quelle trenta carrozze rosse e bianche.
“Università di Tokyo, Honshu. Il treno viaggerà dalle ore 09, 30 alle ore 12, oo.”
In quell'istante, Chiharu e Nakao saltano in piedi, sbarrando gli occhi. Si guardano, e poi guardano verso la panchina, il fiato sospeso.
“Mi dispiace, Nobuko!” urla Nakao, stringendo la fidanzata fra le braccia, scoppiando a piangere. “Mi dispiace! Se non ti ho seguito, se non ti ho parlato, e se ti ho ferito … Mi dispiace … Io … io ti amo!”
“Anch'io, Heikichi!” singhiozza Nobu, chiamando il proprio ragazzo con il vero nome. “E non devi scusarti! Di nulla … di nulla! Tu hai fatto ciò che era giusto … e senza il tuo aiuto io … io ...”
“Shhh” sussurra Nakao mettendogli un dito sulle labbra. “Basta. Basta piangere. Non serve a nulla. Non sto partendo per la Siberia, e tornerò. A Natale. Ti scriverò mille lettere, ti manderò mille messaggi, e ti penserò sempre. Il mio amore per te non si spegnerà mai, tesoro mio.”
“Ti amo!” urla Nobu in lacrime, aggrappandosi alla maglietta del ragazzo. “Ti amo!”
Mi viene da piangere anche a me. Il loro amore è così forte.
Mentre Nakao e Nobu piangono e si abbracciano, Chiharu si avvicina lentamente a Suzuki e lo guarda.
“Suzuki …”
“Amore mio” sussurra lui e, in uno slancio inaspettato, si china e la bacia.
E mentre sorrido dolcemente, so che per loro questo è già tanto.
A Chiharu e Suzuki non servono smanie di dolcezze per volersi bene.
A loro basta un semplice sorriso.
Quando Nakao si stacca da Nobu, che, rossa in viso, si china a sistemarsi i capelli, si dirige verso Otani.
“Ehi, Atsushi Otani” fa, con un sorrisetto.
“Ehi, Heikichi Nakao” replica Otani fissandolo negli occhi.
“Ci si vede, eh?”
“Già.” Otani scrolla le spalle. “Attento a non prendere la strada sbagliata, là a Tokyo. Non ci siamo sempre noi a vedere se non parti verso l'Italia.”
Infatti. Nakao doveva restare per lavorare alla pasticceria di famiglia, ma appena ha cominciato, lo hanno chiamato da Tokyo per sostituire il padre, ora ammalato, al bar&pasticceria Chisanegao. E questo si trova proprio dalle parti dell'Università di Chiharu.
Lui ha accettato con piacere, anche di restare lì per qualche mese, fino a metà novembre, quando tornerà qui in città. Dormirà in un appartamento che gli hanno procurato, poco distante da lì.
Per quanto riguarda Chiharu e Suzuki, i genitori di lui si trasferiranno. Andranno a Kawanishi, una città nella stessa regione di Tokyo, certo, ma con un'università molto simile anche in quella zona. E non importa loro se la ragazza del figlio va in un altro posto: per quanto Suzuki abbia insistito e urlato, la loro unica risposta è sempre stata che è uno spreco di soldi e di tempo andare così lontano.
E allora Chiharu, che ha capito i problemi del ragazzo, partirà quest'anno.
“Koizumi … Koizumi!”
Una voce molto familiare interrompe il flusso dei miei pensieri. Mi riscuoto e mi ritrovo la faccia di Otani proprio lì davanti.
“Urgh … hm?” borbotto, non molto brillantemente.
“Ma sei scema? Salutare Nakao no, vero?” urla il mio ragazzo mentre sbadiglio.
“Scusa … hm … buon viaggio, Nakao. Spero ti troverai bene” balbetto sbadigliando. Il ragazzo, lì vicino, sorride.
“Ma certo” fa annuendo. “Stammi bene, Koizumi. E mi raccomando, fai progressi”. E dicendo questo indica Otani, che lo fulmina con lo sguardo.
“Nakao … meglio se vai” borbotta, spingendo l'amico verso Chiharu, che sta camminando frettolosamente verso il treno, che si sta riempiendo di gente.
“Nakao-chi! Aspetta!” grida Nobu. Corre verso il fidanzato, gli getta le braccia al collo e lo bacia con passione. “Ti amo” sussurra piano, guardandolo negli occhi.
“Anch'io” mormora lui ricambiando con forza al bacio. “Sei la mia vita e il mio cuore”.
“Ora vai” sussurra lei spingendolo con delicatezza verso le carrozze aperte.
Lui la bacia un'ultima volta, poi sospira e si volta, camminando piano. Ben presto il fumo ricopre sia lui che Chiharu e, dopo pochi minuti, il treno parte, e scompare nella penombra della ferrovia.
“Io lo amo” sussurra piano Nobu, le lacrime agli occhi. “Io lo amo”.
Mi alzo e le stringo le mani, commossa. “Oh, Nobu” mormoro. “Sei … come stai?”
Lei mi guarda e sorride. “Sto bene, Risa. Lo rivedrò tra qualche mese, no? La nostalgia sarà forte, ma nulla ci potrà separare. Ne sono certa.”
“Nobu” faccio solo, e la abbraccio.
Restiamo vicine per dieci minuti buoni, finchè la voce metallica irrompe nei nostri pensieri con un altro terribile annuncio.
“Università di Hokkaido. Il treno viaggerà dalle ore 09, 55 alle ore 11,25, e arriverà alla costa settentrionale dello Stato. Da lì i futuri studenti prenderanno il battello per raggiungere l'isola.”
“Devo andare” mormora Nobu, e improvvisamente diventa pallida.
“Oh, Nobu!” grido, mentre lei afferra le valigie. “Non puoi … non ...”
Nobu si volta verso Otani. “Ci vediamo, eh, Otani. Non farmela soffrire, o quando torno ti ammazzo.”
“Sarà difficile che io ci riesca, visto che parto anch'io” sospira il mio ragazzo.
Allora la mia amica fa un breve saluto a Suzuki, poi mi prende da parte.
“Nobu … ?” balbetto, ma lei mi zittisce.
“Ho una cosa molto chiara da dirti, Risa Koizumi. E sai qual'è? Tira fuori le unghie.
“Eh … ?” balbetto con sguardo vacuo.
“Scema! Non vorrai fare in modo che Otani si trovi un'altra all'Università!”
“NO!” grido, agghiacciata da quella prospettiva.
“Bene. Allora impegnati.”
“E come? Non lo rivedrò fine a Natale …”
“Ti dico io come. Quando parte, dagli un bel bacio passionale, e se possibile infilaci la lingua.” Mi guarda esasperata mentre faccio una faccia riluttante. “Eh no, signorina mia. Non hai dodici anni, ma diciotto. Non voglio che ti comporti da bambina. Hai un ragazzo e adesso ti assumi le tue responsabilità.”
Abbasso lo sguardo.
“Sì, capo” borbotto.
“Molto bene. Scrivigli un sacco di lettere e ogni volta che vai per negozi, gli compri un regalino e glielo spedisci. Gli farà piacere. Mandagli tanti messaggi e soprattutto, non e dico non girare con Haruka, con quel cameriere là che vi ha quasi fatti separare, e con chiunque altro.”
“Cioè devo tenermi alla larga da ogni essere umano di sesso maschile” faccio seccata.
“Vedo che hai capito il concetto.”
“Ma che razza di richiesta è?!”
“Ciò che è necessario per non far troncare la vostra storia sta in questo! Non so perchè, Risa, ma ogni volta che passeggi o stai accanto ad un ragazzo che non sia Otani o Nakao o Suzuki accadono cose di cui poi ti penti molto amaramente. Tutti si prendono subito una cotta per te.”
“Magari tra questi ci fosse Otani” borbotto “Perchè altrimenti staremmo insieme già da un po'.”
“Uff … bene, mi pare di averti detto tutto.” Prende un gran sospiro e poi mi sorride. “Naturalmente tieniti in contatto anche con me. Cercherò di chiamarti almeno tre volte a settimana e ti riempirò la memoria del cellulare con trecento messaggi al giorno.”
“Mi toccherà comprarmi un telefonino nuovo per contenerli tutti” ridacchio.
“Già già.” Lancia una mezza occhiata al treno. “Ora vado.”
Ritorniamo dagli altri, e mi siedo accanto a Otani, che mi guarda.
“Cosa ti ha detto?” mi domanda curioso. Scrollo le spalle.
“Pazzie” sbuffo.
Intanto Nobu prende le sue valigie, e comincia a camminare verso il treno.
“Ricordati, Risa” urla, prima di scomparire dentro il pesante fumo grigio come avevano fatto prima Chiharu e Nakao “Tienitelo stretto. Più che mai!”
E dopo dieci secondi il treno parte, e di lei non c'è più traccia.
“Tenerti stretto cosa?” fa Otani perforandomi con lo sguardo. Arrossisco.
“Un regalo che mi ha fatto” riesco a balbettare, incapace di dire la verità.
Capisco che non mi crede, ma tace. Intanto Suzuki si alza.
“Io … credo di dover andare.”
Gli lancio un'occhiata confusa. “Ma Suzuki … !”
Il ragazzo però non mi ascolta, si volta e cammina frettolosamente verso l'ascensore, senza degnarmi d'uno sguardo.
“Non capisco ...” mormoro esterefatta. Otani scrolla le spalle.
“Non farci caso. Lui fa sempre così. Credo che volesse lasciarci soli.”
“Soli … ?” balbetto piano. Poi vengo presa dal panico.
E' vero, siamo soli! Soli in una stazione …
Lui non mi guarda, si siede e abbassa lo sguardo. Mi affretto ad imitarlo.
“Università di Nagoya, Honshu. Il treno viaggerà dalle ore 10, 10 alle ore 12, 05.”
L'ultimo annuncio che sento questo giorno mi spezza il cuore.
Ora tocca a Otani.
Mentre il mio ragazzo si china per raccogliere i bagagli, mi vengono in mente le istruzioni di Nobu.
Dagli un bel bacio passionale, e se possibile infilaci anche la lingua.
Ma come posso fare? Non sono intraprendente come lo è la mia amica, e mi pare una stupidata … un po' come quando avevano rinchiuso me e Otani nello stanzino e mi aveva mandato quel messaggio non molto carino!
Sarei tentata di baciarlo, davvero. Di metterci tutta me stessa. Ma il mio corpo non vuole, e rimango immobile, i pugni stretti, a guardarlo allontanarsi lentamente.
Mi salgono le lacrime agli occhi. Possibile che si sia dimenticato di salutarmi?
Proprio quando è a due passi dal treno, si ferma. Si volta di scatto, mi guarda, e mi fa segno di avvicinarmi a lui.
Felice come una pasqua scatto in avanti e in pochi secondi lo raggiungo.
“Otani” faccio, stringendomi il labbro, “Io volevo dirti che, insomma, ecco, mi ...”
Il mio ragazzo non mi lascia nemmeno finire.
Mi stringe forte le spalle e mi bacia le labbra.
Spalanco gli occhi, colta alla sprovvista come solo lui può fare, non rispondo nemmeno.
Rimango lì immobile, al centro di una stazione gremita di gente, con tutti i rumori del mondo: ma io non sento nulla, solo il battito del mio cuore
Poi, all'ultimo momento chiudo gli occhi e mi lascio trasportare.
Sì, lo so, è strano.
Un ragazzo basso che si alza sulle punte dei piedi per arrivare alle labbra di una ragazza è strano.
E una ragazza che si china di qualche centimetro per arrivare alle labbra di un ragazzo è strano.
Ma a chi importa?
A me no di certo.
“Perdonami di tutto” sussurra Otani a sorpresa. Lo fisso.
“E di cosa, scusa? Cos'avrai mai fatto?”
“Ti ho dedicato molte più poche attenzioni di quante ne meritavi.”
Rimango in silenzio, incredula. Sento le guance che scottano.
“La verità è che io ti amo, Koizumi.”
Proiettile al cuore. Scoppio a piangere.
“Oh, mi hai appena afferrato il cuore!”
Lui si mette a ridere.
“Non è che stiamo ripetendo qualcosa, Gigantessa?”
“Forse, Nano. Forse.” Lo guardo e sorrido. “A me non importa.”
“Neppure a me” mormora, e mi bacia di nuovo.
Ho una vaga consapevolezza di ciò che mi ha detto Nobu.
Dagli un bel bacio passionale, e se possibile infilaci anche la lingua.
Ma non m'interessa.
Io sono a posto così, davvero.
Quando il treno emette uno sbuffo, lui si stacca lentamente.
“Devo andare.”
“Vai” mormoro.
Lui esita.
“Ti ho detto vai!” grido spingendolo. Ma non si muove.
“Io non ti voglio lasciare” sussurra. Stringo i pugni.
“Allora devi essere uno stupido.” Lo fisso truce. “Soltanto per una scema rinunci ai tuoi sogni? Ma per favore!”
“Ma ...” riesce a balbettare. Io non lo ascolto; gli stringo la mano e lo porto verso le porte che minacciano di chiudersi.
“VAI!” urlo, e lo spingo. Lui abbassa lo sguardo, e mi sorride. Quindi entra.
Appena in tempo: le porte cominciano a chiudersi.
“Koizumi!” urla, un attimo prima che il treno parta.
Io rido. Non so nemmeno perché.
“Otani ...” mormoro sorridente.
“Koizumi, la pagherai!”
“E perchè?!” sbotto incredula.
“Quando mi hai spinto mi sono storto la caviglia!”
Rido più forte, ho le lacrime agli occhi.
“Ti arrangi!” grido. “E' un mio ricordo!”
“Hmpf” fa lui. Poi aggiunge, più piano: “Mi hai appena strappato un po' di cuore.”
Ma io sono troppo occupata a ridere e non lo sento.
“Che hai detto?” urlo, perchè il treno ha cominciato a fare rumore.
Lui esita un po', poi borbotta: “Affari miei.”
E mentre parte, e va lontano, sorrido.
Certo, sarò anche un po' triste.
Ma so che lui non mi dimenticherà.
Vero, sono sola, ma i miei amici ci sono ancora. Torneranno.
E io sono certa che Otani non si azzarderà a sostituirmi con qualcun altro.
Oh no, proprio no.

 

“Risa, tesoro, mangia quella scodella di riso … ti prego … è tutto il giorno che stai a digiuno ...”
“No grazie, mamma. Non ho fame.”
“Ma l'ultima volta che hai mangiato è stata ieri sera! Non puoi continuare così ...”
“E' che non mi sento molto bene.”
Mia madre mi squadra con un'occhiata raggelante.
“Finisci quel riso, o non ti faccio più uscire da camera tua.”
“Non puoi, devo andare a lavorare stasera.”
Mia madre sospira, e scuote la testa.
“Centra qualcosa, vero?”
Il mio battito cardiaco sale. Cerco di mostrarmi indifferente.
“No … cioè sì. E' che nel mio videogioco il mio adorato dice che per dimagrire bisogna mangiare molto poco. Ed è giusto, perchè ...”
Non riesco a finire la frase, perchè mia madre scoppia a piangere.
“Perchè fai così, Risa? Smettila con quel videogioco, è dannato, ti comanda a bacchetta! Ti prego! Stasera ne parliamo con tuo padre ...”
Non m'interessa. So che mi sgrideranno, che mi sequestreranno il videogioco, fa lo stesso. Tanto nemmeno quello riesce a tirarmi su.
Mi alzo bruscamente e mi dirigo verso camera mia.
Chiudo la porta con forza, mi butto sul letto e guardo il cellulare.
Come al solito.
Nessun messaggio.
Una fugace lacrima mi scende sulla guancia. Perché?
Sono passati quattro giorni, e ancora nessuna notizia. Perché?
Sono passati quattro giorni, e solo Nobu si è degnata di farmi sapere che era viva. Perché?
Sono passati quattro giorni, e il numero di cellulare di Astsushi Otani è rimasto inattivo. Perché?
Urlo e dò un pugno sul letto.
Ho i nervi a fior di pelle.
E non capisco.
Cosa sta tenendo così occupato Otani?
Perché non mi contatta?
E perché non c'è più nessuno con cui posso sfogarmi, dal momento che Nobu non posso telefonarla perchè è molto occupata?
Con le mani tremanti prendo il cellulare fra le mani e clicco sui messaggi.
Così banali. Così stupidi. Così uguali.

Ciao, Risa.Qui si sta molto bene. E' fresco, forse perchè siamo a nord. L'Università è bella. Fammi sapere come stai. Ciao, un bacio.
Ciao, Risa. In questi giorni sono molto occupata. Come stai? Spero bene. Un bacio.
Hey, Risa! Oggi finalmente è domenica. Purtroppo domani ho un tema e non riesco a telefonarti, devo studiare. Un bacio.

Scoppio a piangere. Possibile che io per lei sia così poco interessante?
“Risa, tesoro ...” fa mia madre.
“NON HO VOGLIA DI MANGIARE IL RISO!” sbraito con tutta la voce che ho.
Lei esita un momento.
“No, è che ti è arrivata una lettera.”
“NON M'INTER … aspetta, una lettera?!
Mi precipito giù di corsa, ansiosa.
Mia madre, sorridente, mi consegna una busta.
“Viene da un certo Atsushi Otani. E' un tuo amico, tesoro?”
Arrossisco come un peperone.
“Sì, cioè no, più o meno, in realtà è un semplice amico … sì, molto gentile!” strillo, scattando in camera mia.
Chiudo la porta con il fiatone.
Mia madre non deve intrufolarsi nella mia vita privata.
Sempre con mani tremanti mi rigiro la busta fra le mani.
E' per me davvero. E viene da Otani davvero.
“Santissimo e Onorato coniglietto rosa ...” sussurro, in preda all'ansia.
Cosa mi avrà scritto?
Che è stufo di me?
Che si è trovato un'altra?
Che non gli manco affatto?
Con mani sudate apro la busta e mi ritrovo una lunga lettera.
Invece che farmi idee da pessimista, decido di leggere.
Sì, giusto per scontrarmi faccia a faccia con la realtà.

 

Cara ( che aggettivo imbarazzante ) Koizumi,
come stai? Spero bene.
Sì, lo so che è il classico modo per cominciare una lettera, ma che ci posso fare?
Non sono il tipo più fantasioso dell'Universo, credo.
Oppure la Terra è terribilmente noiosa.
Va be', ma che stiano farneticando?
Torniamo all'argomento base, grazie.
Io qui sto decisamente bene.
Certo, c'è caldo, ma il sole che splende ti dà felicità.
Sai, l'Università, qui, è veramente bella.
E' rossa e bianca, un po' sbiadita, ma niente affatto male. Deve essere piuttosto recente.
Davanti c'è un grande prato verdeggiante, con uno stagno e tanti alberi.
Il mio rifugio, chiamiamolo così, è un salice piangente in riva allo stagno. Mi dà ombra e dal primo giorno vado lì a studiare.
Mi sento tranquillo e al riparo da tutti.
Condivido il dormitorio con altri quattro ragazzi, ma se devo essere sincero non ci rivolgo molto la parola. La compagnia di Nakao è la cosa che mi manca di più. Oltre a te, eh!
Le materie non sono affatto facili, voglio dire, preferivo la nostra vecchia scuola.
Ma che ci possiamo fare? Siamo maggiorenni, ormai, non possiamo più studiare argomenti da quindicenni.
Un po' mi dispiace, perchè mi sento vecchio.
Insomma, sono passati i giorni in cui, a quindici anni, eravamo gli All Hanshin Kiojin, no?
E' un po' deprimente, credo.
Anche se mi accorgo che le porte del mondo si stanno spalancando davanti a noi.
E noi dobbiamo scegliere in quale entrare.
Non ce ne sono di giuste o sbagliate, ma solo di proficue o meno.
Mi devo impegnare a studiare, altrimenti rimarrò disoccupato a vita.
E non credo sarà una cosa piacevole!
E tu? Hai già fatto richiesta alla scuola professionale per Stylist che c'è lì a Osaka?
Spero sinceramente che le porte per stylist si apriranno per te, davvero.
Ora ti devo salutare, lo studio mi chiama.
Un bacio e a presto.

Otani.

 

Per qualche istante rimango in silenzio.
Non riesco nemmeno ad aprire bocca. La lettera, fra le mie mani, trema.
Poi, di scatto, scoppio a piangere.
Sono troppo felice.
Fra le lacrime mi accorgo che nella busta c'è anche qualcos'altro. Infilo la mano dentro e rimango a bocca aperta: una foto sua, sotto il salice piangente di cui ha parlato, con un libro in mano … e un fiore.
Me lo rigiro fra le mani.
E' semplice. Petali bianchi, piccolo gambo …
Una margherita.
Chissà perchè proprio questo fiore?
Se ne trovano in ogni luogo, qui a Osaka … Deve avere un significato particolare.
La appoggio con delicatezza dentro il piccolo vaso dove tengo già alcune mimose.
La foto la sistemo sul comodino, promettendomi di incorniciarla il più presto possibile … mentre la lettera me la rileggo più e più volte, mai sazia.
Alla fine decido che forse è meglio rispondergli, magari aspetta una risposta.
Frugo nei cassetti per trovare un foglio e una penna.
“Risa …!”
“Cosa c'è?” urlo, sfilando un foglio un po' spiegazzato e una biro blu da un dimenticato cassetto sotto l'armadio.
“Tesoro mio … mi sa che oggi è la giornata delle lettere!”
“Perchè?” faccio, sistemando il foglio sulla scrivania e impugnando la penna.
“Te ne è arrivata un'altra!”
“Un'altra?” faccio confusa.
Lascio la penna sulla scrivania e corro giù dalle scale perplessa.
Mia madre mi accoglie con un'altra busta. Stavolta il suo sorriso è ancor più ampio.
“Guarda, tesoro mio, guarda da dove viene!”
Ci lancio un'occhiata febbrile, agitatissima.

Miri byo Koizumi Risa,
Napo o Keiyu shite, 45
Osaka, Kansai

La giro, con lentezza assurda.
E rimango a bocca aperta.

Scuola Professionale Stylist Seirai no saino
Koronbo Keiyu, 93
Osaka, Kansai


E sono felice. Sì, davvero felice.
La busta contiene la lettera d'invito alla scuola di stylist.
Ci andrò, sapete? Studierò per diventare stylist.
E chissà se mi distrarrò dal pensiero di Otani.
La cosa certa è che lo aspetterò. Non importa quanto lontano vada, quanto lontano stia.
Io lo aspetterò.

   
 
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