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Autore: Silver Pard    29/07/2012    2 recensioni
La conoscenza è sempre stata il suo balsamo contro le piaghe dell’incomprensibilità.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sephiroth, Zack Fair
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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NdT: Le varie definizioni sono solitamente prese dal sito della Treccani, con parziali modifiche in nome di una migliore integrazione con il resto del testo.
… No, non ho dimenticato le altre long-fic in sospeso in questa sezione, promesso *-*



(• sorrìdere v. intr. e tr. — Fare o avere un’espressione indicante piacere o divertimento, con le labbra tese e gli angoli della bocca sollevati verso l’alto; s. dolcemente, malinconicamente, tristemente, maliziosamente, ironicamente; esprimere, dire sorridendo. Con compl. di termine: piacere, andare a genio, soddisfare.sorriso s. m. — L’atto e il modo di sorridere.)




Fino alla prima volta in cui gli è stato accordato il permesso di entrare in città, il concetto di “sorriso” era rimasto un lemma del dizionario dentro la sua testa (aveva anche dovuto annettere i lemmi “piacere” e “divertimento”), e la prima volta che aveva visto ciò che presumeva fosse un “sorriso” era rimasto sbalordito. A farlo era stata una donna di mezza età con i capelli ingrigiti e il volto stanco, che tendeva la mano alla figlia in strada, e riuscì a illuminare persino la sua faccia esausta.

Si era bloccato in mezzo alla strada, affascinato dall’idea che una cosa così piccola come stirare le labbra e alzare gli angoli della bocca dovesse essere così sbalorditiva, quando era tanto simile a un’espressione che talvolta usava Hojo, solo priva di malizia e crudeltà. Aveva deciso che se i sorrisi potevano essere distorti a tal punto probabilmente non facevano per lui, ed è solo quando incontra Zack, che gli fa dei timidi sorrisetti come se fosse la creatura più affascinante che abbia mai visto, che si chiede se forse non si sta perdendo qualcosa.

Zack è sempre pronto a sfoderare sorrisi, sorrisetti e ghigni, e lui impiega mesi anche solo per iniziare a distinguere tra le varie versioni, e ancora di più prima di provare con un po’ di titubanza a riconoscerne le differenze. Zack dichiara, verso i primi vacillanti stadi della loro “amicizia” (• amico, s. m. — Chi è legato ad altri da vincoli di amicizia; compagno; sostenitore • amicìzia, s. f. — Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima), che gli insegnerà a sorridere, a costo della vita. All’inizio Sephiroth avrebbe scommesso su una sua morte prematura, ma quando Zack riesce a fargli vedere che ciò che sono davvero si chiama “amici,” capisce che Zack è più che altro una forza della natura, un uragano con sembianze umane, che travolge e cambia ogni cosa.

Comincia a pregustare il giorno in cui le lezioni di Zack sortiranno finalmente i loro effetti (ha imparato a non dubitare della determinazione di Zack), ma dopo un po’ si rende conto che è da sciocchi, perché questa cosa dei sorrisi è più difficile di quanto la facciano sembrare gli altri. Zack gli sta insegnando tantissime cose, ma sorridere era il primo obiettivo, e vuole raggiungerlo – non gli è mai piaciuto perdere (• pèrdere, v. tr. pass. rem. pèrsi o perdètti [meno com. perdéi], part. pass. pèrso o perduto — 1. Cessare di possedere qualche cosa, restarne privo per averla smarrita, per colpa d’altri, o per qualsiasi altro motivo; 2. Avere la peggio, riuscire inferiore rispetto all’avversario, in un combattimento, una competizione).

Si mette davanti allo specchio e si sforza di individuare quali sono i muscoli da manipolare per la creazione di un sorriso, e ogni tentativo che gli restituisce lo specchio è falsato e forzato, più che un sorriso una smorfia, che lui conosce fin troppo bene. Fosse per lui getterebbe la spugna, ma Zack è determinato a farlo sorridere, e i suoi metodi diverranno più eccentrici e umilianti se non afferra presto i meccanismi.

Studia i sorrisi delle altre persone con l’intensità che solitamente riserva agli ordini di una nuova missione e alle tecniche di spada, e prova a trovare un qualche filo conduttore a cui aggrapparsi, un qualcosa da usare come punto di partenza. I sorrisi di alcune persone comprendono i denti, e altri sono semplici scatti delle labbra, e altri ancora sono parte di una risata (• risata, s. f. — Il ridere una volta e in modo aperto, sonoro e prolungato; indica per lo più allegria franca, schietta e intensa) e vanno a increspare la pelle attorno agli occhi. Scopre l’esistenza di sorrisi noti come “genuini,” che coinvolgono il movimento del muscolo zigomatico maggiore vicino alla bocca e del muscolo orbicolare dell’occhio vicino agli occhi; “genuini” perché ci sono degli studi che sostengono siano una reazione involontaria a una pura emozione (• emozióne, s. f. — 1. Impressione viva, turbamento, eccitazione; 2. In psicologia, il termine indica genericamente una reazione complessa di cui entrano a far parte variazioni fisiologiche a partire da uno stato omeostatico di base ed esperienze soggettive variamente definibili (sentimenti), solitamente accompagnata da comportamenti mimici).

Alla fine chiede a Zack cosa significa, dopo lunghe ore passate a cercare di venirne a capo senza successo, e lui fa una faccia nauseata, anche se gli sfugge il motivo – il cibo della mensa ultimamente sta migliorando. « Significa… che un sorriso viene dal cuore, capisci? È… ah, cazzo, Seph- »

(• nomìgnolo, s. m. — Soprannome scherzoso spesso formato sulla deformazione del nome, talora attribuito in base alle caratteristiche fisiche o morali della persona.)

« Lo saprai, okay? »

La prima volta che sente i primordi di un sorriso sta guardando Zack prendere in giro una nuova recluta per i suoi capelli – chocobo! strilla, sghignazzando come un pazzo, e la povera recluta arrossisce violentemente dall’imbarazzo, visibilmente desiderosa di poter sprofondare nel pavimento – e sente qualcosa ai margini della bocca, contrarsi. Lo sopprime grazie alla forza dell’abitudine, senza rendersi conto che avrebbe potuto essere ciò che sta cercando con tanta tenacia, perché era così naturale.

La prima volta che sorride per davvero è quando vede la neve (• néve, s. f. — Precipitazione atmosferica costituita da minuti cristalli di ghiaccio dalla struttura esagonale più o meno ramificata, spesso aggregati fra loro in fiocchi le cui dimensioni possono raggiungere qualche centimetro). Sono in missione nel Continente Settentrionale, e Zack sta raccogliendo quella sostanza, comprimendola tra le mani, compattandola in una forma grossolanamente sferica. Gliela tira addosso con più precisione di quanta ne abbia mai dimostrata al poligono di tiro, e acqua fredda come il ghiaccio gli gocciola lungo il petto.

L’espressione di Zack è una di attesa, e dopo un attimo di confusione capisce che si aspetta che reciprochi il gesto, e lo fa. Quando la sua prima palla di neve si schianta contro la faccia dell’altro, lo fa sussultare e gli fa biascicare urletti di finto orrore, Sephiroth sorride, ma Zack è così occupato a spazzolarsi istericamente via la neve che se lo perde, e nessuno di loro si accorge di ciò che è appena accaduto.

Tornati in città, guarda le persone sorridere da lontano, e trova ingiusto che lo facciano sembrare così semplice.

Zack non è un sensitivo; non può sapere di dovergli dire che quello che è ingiusto è che lui lo trovi tanto difficile.
   
 
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