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Autore: viktoria    30/07/2012    0 recensioni
I passi dell’uomo dietro di lei si erano fermati. Il suo respiro era calmo. Anna sorrise e si voltò verso di lui con un’espressione pacifica. Andreij non sarebbe venuto a salvarla era inutile cercare di vincere contro il destino.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Affari di Famiglia'
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Quel coglione di Andrea non rispondeva, ammesso che fosse stato lui a chiamare e non Anna. Che cosa era successo? Forse... sorrise tra se ad un'idea che però gli sembrò subito impossibile. Aveva preso quel discorso fin troppe volte con lei. Non si sarebbe stancata di Andrea, voleva stare con lui, potevano essere solo amici, se voleva.
Avrebbe potuto rifiutare, accettare di vivere male per un po' ma dimenticarla e per lo meno sarebbe potuto andare avanti, farsi una vita che non girasse intorno a lei. Invece no. Lui voleva soffrire, voleva essere suo amico per poterla abbracciare, per sistemarle i capelli dietro l'orecchio e sorridere con lei ogni volta che la sua presenza le avesse fatto piacere.
Aveva preso il primo volo dopo la settantaquattresima chiamata non risposta e dopo 4 ore era arrivato all'aeroporto. Non c'era nessuno fuori ad aspettarlo, come sempre, alcune volte la sua solitudine avrebbe potuto stupirlo invece gli bastava sapere che dopo un po' sarebbe stato con lei. Affittò un auto e li raggiunse direttamente a casa, il cancelletto era socchiuso ed entrò senza dover bussare. Si aspettò le grida di qualche litigio come sempre invece c'era solo silenzio, percorse l'anticamera finché la sua scarpa non fece uno strano rumore contro il parquet, abbassò lo sguardo e capì. Erano arrivati, l'avevano trovata. Sperava che quello fosse il sangue di Andrea, meritava di fare quella fine, almeno aveva fatto qualcosa per lei nella sua vita. Corse fuori e si avvicinò alla figura in ginocchio contro la vasca.
Evidentemente il sangue che aveva trovato prima non era di Andrea. Il suo corpo era schiacciato contro quello della sua bambina e la baciava e l’accarezzava come non aveva nessun diritto di fare. Le stava rubando il suo profumo, stava cercando di imprimersela a fuoco nella mente. Dopo averle rubato l’anima, il cuore, adesso le aveva rubato la vita. Lo afferrò per i capelli e lo spinse via facendolo sbattere a terra. Guardò il viso pallido di Anna e non vide la zarevna che aveva cercato di proteggere, ne la zarina Anastasia. Era solo la sua bambina, l’amore della sua vita. la prese in braccio come quando si addormentava per terra a piangere il suo Andrea in Russia, quando faceva i capricci per tornare a casa, la strinse al petto e la baciò soffiandole in bocca. Ma ormai non c’era più. Si era portata via la sua anima, il suo cuore. Per quale motivo avrebbe dovuto resistere e tenere gli occhi aperti? Lei era stata l’unica donna che avesse mai amato. Era stata sua moglie ed era la madre di suo figlio. L’aveva amata da lontano e aveva bramato le sue labbra, aveva dovuto spiarla mentre faceva l’amore con un altro uomo, mentre lui, il suo peggior nemico la toccava, la baciava e la faceva sua. Ha visto nascere i suoi figli amandoli come fossero suoi, l’ha vista piangere per un altro uomo, l’ha vista cambiare umore pensando a lui e avrebbe voluto essere lui la causa. Avrebbe voluto darle ciò che meritava. Avrebbe voluto che dimenticasse.
Andrea si alzò trascinando i piedi verso di loro, e uno strano odore di fumo e caramello lo colpì in piena faccia quando si avvicinò. Strinse il corpicino freddo tra le braccia e la poggiò sull’erba calda ricomponendola e accarezzandole il petto dove il proiettile era entrato perforandole il cuore. Chissà se aveva sofferto. Chissà se prima di morire pensando ad Andrea e a quanto il suo amore le sarebbe mancato aveva pensato anche a lui, il suo migliore amico. Chissà se sapeva di aver portato via con se anche lui.
Si alzò e si voltò verso di lui che cercava di evitarlo impaziente che gli lasciasse il suo spazio. Non si mosse.
-    dov’eri mentre la torturavano Andrea? – lo guardò negli occhi e vide nei suoi una lieve traccia di esitazione di chi sa di essere stato scoperto. Un sorriso amaro nacque sulle labbra di Andreij.
-    non sono affari tuoi, levati adesso! – cercò di passargli oltre ma lo fermò poggiandogli una mano sul petto per spingerlo via. Tutte le ore di addestramento nei campi militari in Siberia a qualche cosa erano pur serviti. Lo guardò negli occhi.
-    Hai ancora l’odore di quella donna addosso. Dov’eri mentre lei moriva, mentre cercava il tuo aiuto? Chi ti stavi scopando porco maiale? – gli prudevano le mani, voleva dargli un pugno ed ucciderlo seduta stante ma sarebbe stato troppo facile per lui. Non meritava di morire così, doveva soffrire come stava soffrendo lui. Anche se probabilmente lui non avrebbe mai potuto. Lui non l’aveva mai amata come quell’uomo che adesso la teneva stretta come fosse ancora viva.
Lui non rispose. Era corroso dalla rabbia, dal disprezzo per se stesso e dall’odio verso quell’uomo che gli impediva di toccare sua moglie e verso gli uomini che l’avevano uccisa. Probabilmente l’aveva amata una volta a modo suo. La guardò e Andreij si piazzò davanti a lui. Non meritava neanche quel conforto.

Il corpo della zarina occupava ormai il posto dei beati.
In realtà era stata soltanto ripulita e rivestita con degli sfarzosi abiti di seta bianca e celeste. I capelli rossi e lunghi erano stati lasciati sciolti sulle spalle e il viso riposava composto. Le labbra leggermente piegate in un sorriso. Tutti quanti avevano occupato la chiesa. Andrea rimaneva fuori, seduto sui gradini di pietra della cattedrale ortodossa. Lui non era gradito lì. Aleksandr e suo figlio seduti in prima fila con il viso composto. Tutti si chiedevano cosa passasse per la testa dell'uomo biondo e smilzo che aveva sposato la sorellastra 17 anni prima. Il suo viso, come quello dell'unico figlio che avevano avuto insieme, non tradiva emozioni. Durante la funzione si alzò per avvicinarsi alla salma, poggiò una mano sulla sua, la prese e la baciò.
-Прощай, мой друг. – Addio, amica mia lo disse pianissimo, solo suo figlio lo sentì e nessun altro. Arricciò che labbra. Si chiedeva come potesse ancora considerarla sua amica dopo tutto quello che avevano passato a causa sua. E a lei non interessava, ne era certo. Lui non si mosse dal suo posto, tutti gli occhi erano puntati sullo zar che stringeva la mano della sua amica. Alla fine il ragazzo si alzò, guardò sua madre per un momento - До свидания, мама. – Arrivederci madre si voltò e andò via, ignorando lo sguardo di odio di suo padre e il disprezzo negli occhi dei suoi fratelli.
Fratellastri.
Loro non avevano il permesso di avvicinarsi al corpo della donna, erano seduti in un banco a metà dell’enorme chiesa, poco prima dei posti lasciati liberi per i curiosi. Riccardo era seduto al suo posto, mantenendo una parvenza di tranquillità, Katerina, la figlia della sorella della zarina, era seduta al suo fianco senza espressione mentre suo fratello le torturava la mano per non alzarsi e picchiare quell’essere inutile dello zaserevich. Gli passò accanto e sorrise divertito guardando quel drappello di ragazzi vestiti di nero che piangevano una donna che per lui era poco più che un’estranea. I suoi occhi si incontrarono con quelli di Riccardo che avrebbero potuto ucciderlo se solo le guardie che lo circondavano non gli avessero sparato prima.
Dean e Sam erano in braccio ad Alice e Katarina, le più grandi. Sam dormiva poggiato al seno della ragazza dai capelli biondissimi che si teneva stretta al fianco di suo fratello per evitare che uccidessero anche lui, Dean non faceva che scappare, Alice era l’unico che poteva bloccarlo ma non voleva farlo più. Il bimbo corse per la navata e salì sull’altare che ospitava il corpo ormai freddo della sua mamma. Lui la guardò con le lacrime agli occhi, tirò su col naso e si accoccolò al suo petto come faceva la notte, nel suo lettone dopo che aveva fatto un brutto sogno. Lei però questa volta non lo strinse al suo petto morbido e caldo e lui scoppiò a ridere.
Non si sarebbe mai svegliato da quell’incubo.
Tutta la chiesa rimase in silenzio. Alice si alzò per andarlo a riprendere e tutti si ripromisero di vendicare quelle lacrime.
Alekseij guardò suo padre in posizione vicino alla porta della chiesa che rimaneva immobile e con il viso impassibile. Sembrava non provasse niente. Già, sembrava.
Dopo la lunga funzione tutti andarono via tranne i ragazzi seduti a metà della navata, l’uomo in fondo e quello fuori dalla chiesa, disperato sulle scale della cattedrale.
Nessuno avrebbe mai pensato che lo smilzo ragazzo russo avrebbe sofferto davvero in una stanza di velluto in un enorme palazzo d’oro.
Due mesi dopo fu dato il permesso alla famiglia di entrare di nuovo nella cattedrale dove la zarina era stata sepolta. La tomba splendidamente scolpita da un grande artista riportava l’immagine addormentata della ragazza, Riccardo le accarezzò la guancia di marmo e cacciò indietro le lacrime. Rimasero lì tutto il tempo di cui avevano bisogno poi andarono via, lasciando il padre a leggere il nome inciso sulla base.
Anastasija Sergeevna Romanova

Non era quello il suo nome, lei era la sua Annabelle Stanislavskij, la bambina senza genitori che lui aveva cresciuto da quando aveva 4 anni. Lo sguardo di Andreij dietro di lui sembrava giudicarlo, come sempre. Gli ricordava dov’era nel momento in cui la stavano uccidendo, gli ricordava che lui l’aveva avvisato ed era colpa sua se l’avevano ammazzata in quel modo.
- probabilmente se fosse rimasta con te sarebbe ancora viva. -
- si, lo sarebbe sicuramente. –
- però probabilmente non sarebbe stata felice. –
- Perché con te lo era? –
- Lei ha scelto me –
- Ti prego Visalli, risparmiami ti ricordarti di nuovo il motivo per cui è morta. –
Andrea strinse le labbra senza riuscire a dire niente. Avrebbe avuto voglia di girarsi e picchiare quell’uomo ma non voleva farlo. Voleva soltanto che gli sparasse in testa, un colpo secco, per spegnere tutta quella sofferenza.
- Io non ho mai tradito Annabelle - sentì una smorfia di disapprovazione che sarebbe stata una risata se non fosse stato che la madre dei loro figli era proprio lì.
- E allora chi stavi tradendo? –
- Anastasija – lo disse sottovoce ma nel giro di due secondi di ritrovò premuto contro la statua di marmo, schiacciato contro il viso di pietra.
- Guardala testa di cazzo, guardala bene. Questa statua di marmo è Anastaija, la donna che ti aspettava a casa ogni volta che tornavi da un altro letto, quella era la stessa bambina che hai messo incinta a 13 anni, che hai abbandonato a 16 e che ti ha amato per tutta la vita senza avere un briciolo di amore in cambio. – gli sbatte violentemente la testa contro il marmo e il setto nasale gli si ruppe ricoprendogli la faccia di sangue.
Adesso anche lui era stanco, avrebbe voluto vedere una reazione di Andrea che non arrivò, rimase a guardare la statua di pietra della lapide.
Quel giorno fu l'ultima volta che qualcuno vide Andreij Vladimirovich Voikov e l'ultima volta che Andrea Visalli disse ad una donna che l'amava
  
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