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Autore: adelfasora    30/07/2012    1 recensioni
Una ragazza e un ragazzo. Entrambi soli, per un motivo e per un altro. Branduardi.
Adoro la cioccolata!-
Quell'orso ne sembra pieno: facciamo a metà?-
Io non uccido animali.-
E se sono di peluche?-
Non so. Credi che andrei contro i miei principi?-
Prova a chiederglielo per favore-
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Alla fie-e-ra dell’Est..

 

..per due soldi,  un topolino,  mio padre comprò.

 

 

 

2005, Luglio.

 

 

Troppa gente. Una massa soffocante di persone in gruppo o solitarie accompagnate da buste stracolme dei più disparati oggetti, tra artigianali e con offerte  promozionali.

Lontana anni luce da tutta quella folla frenetica si muoveva, esasperata, alla ricerca di quel negozio. Quel negozio che ogni volta veniva oscurato, coperto, dimenticato, da cianfrusaglie inutilizzabili, da tendoni sfarzosi o strutture mobili che in poco tempo avrebbero lasciato posto al solito asfalto freddo, alla solita stradina mediamente frequentata.

Quelle occasioni erano ogni anno da dimenticare, come la maleducazione e l’ indifferenza delle persone che la scostavano e urtavano mentre cercava di orientarsi.

Orribile, orribile.

Perché c’è sempre così tanta gente?

Si sovrapponevano figure sconosciute, un vociare insistente, l’agorafobia. E tutto diveniva sfocato, incerto, si sentiva oppressa e persa.

Poi finalmente vide, dietro la gigantesca forma ovoidale di uno zucchero filato e la mano sporca di una bambina da corti ciuffi biondi, il portone verde scurito dal tempo, dietro il quale sarebbe stata finalmente al sicuro.

 

<< E sta’ più attenta! >>

Ora sì che era livida. Livida di rabbia. Tanto quanto bastava a ridefinire i contorni delle cose circostanti, e a infonderle anche un pizzico di avventatezza.

<< Sta’ più attento tu, forse, lurido cafone! >>

Aveva mosso a malapena mezzo passo verso – metaforicamente parlando - la sua ancora di salvezza che aveva conficcato il suo tallone in quello che, a onor del vero, era un piede.

Sentitasi in colpa, voleva scusarsi, frettolosamente, ma dopo aver visto l’arroganza e l’antipatia che trasudava dagli occhi dello sconosciuto avrebbe fatto meglio a voltarsi e andarsene.

<< Cafone?! Lei, per inciso, mi è finita sul piede.. per non parlare del fatto che in piena estate indossa scarpe chiuse! >>

<< Non mi piacciono le scarpe aperte. >>

<< Già, non sia mai che Vossignoria debba incontrare qualcuno con delle scarpe grosse e pesanti e farsi male al piede! >>

Perché si stava comportando così? Sarebbe bastato chinare il capo e lasciarlo sfogare, per poi chiudersi nel suo piccolo mondo, senza tutte quelle persone a spintonarla.

<< .. Mi sta ascoltando?! Dovrebbe come minimo chiedere scusa … >>

<< Stavo per farlo. Scusate. >>

Rimase un po’ interdetto. Beh, cosa mai si aspettava?

<< Ora, se non le dispiace, io mi allontanerei. >>

E gli voltò le spalle.

Arrivò alla porta, sana e salva – quasi – e ripensò a quanto sarebbe stato pericoloso ritornare lì l’indomani.

 

Il giorno seguente l’ingorgo di individui/esseri umani era, folle dirlo, persino aumentato. La reazione fu immediata: ansia, sensazione di volersi richiudere su se stessa e rintanarsi da qualche parte, cercando qualcuno che non c’era, o per lo meno non più. Panico.

Dannazione.

Sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi, se li strofinò con forza, come a eliminare quella sensazione. Stavolta, venendo travolta da anziane che pubblicizzavano prodotti artigianali locali, e avendo ricevuto un paio di imprecazioni, aveva subìto a testa china per arrivare ancora una volta di fronte alla stessa porta.

Ma prima che potesse rifugiarcisi,  una mano, una mano enorme rispetto al suo esile polso, la costrinse a voltarsi.

Lo stesso ragazzo. Un rossore più deciso.

Ma perché?

<< Cosa vuoi, si può sapere? >>

La voce a rasentare l’isterismo, e troppe volte la gente l’aveva ritenuta schiva e esagerata. Ma loro non si erano abituati alla solitudine. Lei sì.

<< Io.. non so che mi è preso, di solito non sono tanto antipatico. A te era venuto naturale? >>

<< Sì. >>

No. No, avrebbe voluto rispondergli in maniera carina, ma la sua voce aveva fatto da sé. Per allontanare. Per stare sola, forse. Lui sospirò.

<< La mia fidanzata mi aveva mollato, piangendo che non la capivo, e poi l’ho incrociata per mano ad una ragazza. Mi ha fatto credere che la colpa fosse solo mia. >>

<< Io soffro gli spazi aperti, e non riesco a parlare con gli altri molto normalmente, forse l’ho dimenticato. >>

<< E’ stato ieri, alla fiera, ma non ho ricevuto le sue scuse. >>

<< Riuscivo a stare solo con mio nonno, e ora che non c’è più sono ancora più sola. >>

Perché? Perché glielo sto dicendo? Cavolo.. è solo uno sconosciuto.

<< E amo fare dolci. E mio nonno mi ha lasciato un negozio. Ed è il negozio che non aprirò mai perché non riuscirei a vendere niente. Perché sono una stupida e ho promesso qualcosa che non potrò mantenere. Perché  so stare solo con me stessa. >>

Perché? Non voleva piangere, ma lo fece.

<< Ehi, io.. credo che tu sia un pochino contorta, ma se ti giri, forse cambierai idea sulle fiere. >>

Una donna, agghindata a festa, stava mettendo in scena con un nobile cavaliere una scena medievale, mentre lui si chinava di fronte a lei, le baciava la mano, e iniziavano a ballare. Ma la cosa che più le piacque fu l’enorme sorriso di entrambi.

<< Vedi? Quelli lì sono diventati felici. Prima o poi toccherà a noi, di sicuro. >>

 Le piaceva proprio, quello strano tizio sconosciuto. Si asciugò con la manica le lacrime fuoriuscite a forza.

<< Allora io vado, dovrei proprio comprare qualcosa, stavo pensando a qualche animale.. >>

No! << Posso venire con te? >> per favore.

Scoprì di adorare quando lui sorrideva. E sorrise anche lei. Non era il sorriso gigantesco e d’effetto dei due danzatori, ma pur sempre un buon inizio.

<< Certo! >>

<< Ah.. i-io sono E..E-rmenegilda. >>

<< Siamo messi bene, io Elio. >>

Grazie.

 

Comprarono un peluche di cioccolato, uno nonno S’motes, degli orecchini a forma di fiore, un topolino bianco da due soldi. 

<< Adoro la cioccolata! >>

<< Quell'orso ne sembra pieno: facciamo a metà? >>

<< Io non uccido animali. >>

<< E se sono di peluche? >>

<< Non so. Credi che andrei contro i miei principi? >>

<< Prova a chiederglielo per favore >>

 

<< Guarda quei.. ma che sono? >>

<< Sembrano tanto dei quadretti familiari.. in bassorilievo? >>

<< Nah, secondo me li incollano sulla lavagnetta, è una cosa semplice- >>

<< Ma basta il pensiero giusto? >>

<< .. . >>

Era davvero molto gentile, a dispetto dell'iniziale approccio.

La teneva sempre da parte, per far sì che non fosse spintonata dalle persone che si accalcavano alle bancarelle.

 Si sentiva al sicuro, come protetta.

<< Scusi, signore, potrei avere uno di questi? Sì, per me un cane, Bill (come Bill Cosby, già...) e un nonno a parte, incartato, grazie! >>

Era carino. Giusto un po'.

 

<< Come sono colorati questi! >>

<< Ma dai, sono tre volte il tuo collo, ti starebbero malissimo.>>

<< .. peccato, erano davvero carini. >>

<< Quali, quelli con i fiori? >>

<< Sono fiori in stoffa, sono parecchio curiosi. >>

<< Mmh. >>

<< Tipo te che te ne vai in giro con una sconosciuta. >>

<< Sono sbagliati? >>

<< No. Penso siano carini.>>

 << Allora ne prendo un paio. Per me >>

Era divertente.

E aveva degli occhi blu magnetici che lo rendevano molto affascinante. 

Con lui non di sentiva in imbarazzo, ma su di giri, come una bambina tenuta per mano in un gigantesco parco giochi. Da un lato la mano del padre, a trattenerla dal perdersi e piangere sconsolata la desolazione di quell'enorme sfavillio di luci, dall'altro la tentazione, nuova, di avventurarsi in quel mondo magico e pieno di luci.

 

<< Animali. >>

<< Guarda quello! >>

<< E' un coniglio obeso! >>

<< No! E' soffice da morire!*>>

<< Prendiamo il topo. >>

<< ?? >>

poco prima, di fianco al negoziante:

<< Farebbe bene a non comprare alla sua fidanzatina quel coniglio. >>

<< E perchè? >>

<< Le piace troppo. >>

<< E..? >>

<< Le piacerebbe passare le serate in compagnia di lei, con un coniglio adorabilissimo di mezzo? >>

<< E comunque non hai chiarito che non sono la tua fidanzata, con quel distinto signore. >>

<< In realtà, non ho chiarito con te che vorrei tu lo diventassi, un giorno. >>

Aveva davvero perso un battito? 

<< Quando ci conosceremo meglio? >>

<< E quando metteremo il mio Bill e tuo nonno sulla stessa lavagnetta, se preferisci. >>

 

<< Gradisci della colla? >>

Conobbe persone. Che se ne sarebbero andate, che sarebbero rimaste. Conobbe Elio, e da lì si poteva cominciare senz’altro bene. E gli strinse forte la mano, mentre lui si chinava ad abbracciarla e lei, di slancio, gli rubava un bacio. Rubava perché poi corse a perdifiato, ridendo e scansando immagini sfocate di cui non le importava più nulla.

 

[Perchè ognuna di quelle persone era simile all'altra, indifferente all'esistenza di un altro, altrettanto sconosciuto. Le venne in mente la volpe ed il Piccolo Principe, che la mamma le leggeva ogni sera prima di addormentarsi. Anche lei avrebbe voluto conoscere qualcuno, essere addomesticata. E finalmente sentire la mancanza di qualcuno, piangere anche se necessario. Aveva pianto a lungo per suo nonno. Ma avrebbe voluto sentire con gli occhi del cuore un amico. O qualcosa di più. ]

 

 

Avrebbero finalmente aperto quella pasticceria, quella del nonno, quella di famiglia. La sua pasticceria, dove avrebbe potuto fare ciò che amava e con chi amava.

Avrebbero aperto la vecchia finestra che, con un ampio davanzale, dava sulla strada, che pochi giorni l’anno – quei giorni – era gremita di persone. Perché finalmente ne aveva il coraggio.

Abbracciò forte Elio, che in risposta le posò un baciò sulla fronte. Poi uno sul naso, sulla guancia, e troppi sulla bocca.

Gli spazi aperti erano dappertutto. Anche dentro di lei, che ormai non ne aveva più paura.

 

Ah, continuavano a baciarsi, e a me piace ricordarli così. A quella fiera dell’Est, che si era dimostrata per una volta utile.

 

 

 

2010, Luglio.

 

Era un vestito bellissimo. Lungo, ricamato, floreale, candido, addirittura odoroso di mandorle.

<< A profumare sei tu. >>

Ma lei poco ci credeva.

Era una giornata bellissima. La più bella, la più indimenticabile. Di sempre.

E poi la musica iniziò a diffondersi nell’aria. Tutta quella iniziale ansietà, attesa, le crisi isteriche e i ripensamenti erano scomparsi, mentre la marcia nuziale le imponeva un passo leggero. E volava, ma solo perché Elio, accanto all’altare, era in alto come un angelo, tanto meravigliosa ed emozionante era la sua visione.

<< Ti amo. >>

<< Ti amo. >>

<< Purtroppo lo so. >>

<< Sei bellissima. >>

<< E tu presbite. >>

<< Ti voglio. >>

<< No, mi dispiace. >>

<< Cosa!? >>

<< Sì. LO voglio. >>

 

Da lontano, fuori dalla portata di occhi indiscreti, il topino Mik era inseguito da un gatto, che sfuggiva a un Cocker (che di nome faceva Bill), dietro cui correva un accalappiacani armato di bastone, che stava bruciando perché finito su una fiaccola della parata mezza spenta mentre un’anziana donna si accingeva a svuotare dal balcone un secchio d’acqua sporca.. .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Note autrice: nelle poche righe finali ho voluto rendere “reale” la canzone di Branduardi, riprendendola frase dopo frase (sebbene non completandola).

*Battuta in Cattivissimo me di Agnes (adorabilissima!)

Quando si và avanti, capita di incrociare qualcuno. Dove c’è tanta gente, ma quel qualcuno non è più “tanta gente”.

Dedicata alla migliore amica di sempre. La mia (senza modestia alcuna).

 

  
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