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Autore: Scarlett Sakura    31/07/2012    2 recensioni
Cosa succederebbe se il Principe Demand scoprisse la vera identità di Sailor Venus?
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Minako/Marta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda serie
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Autore: Koishan Sokujo (efp), Airo-pearl (forum).
Titolo: Un incontro scontro: Due anime affini
Coppia:
MinakoxDemand.
Luogo scelto:
Scuola Juuban.
Genere:
Commedia, malinconico, romantico.
Rating: Arancione.
Avvertimenti:
Crack pairing, Het, One-shot, What if?
NdA: Il titolo non fa riferimento solo all’incontro in sé, ma anche alle due diverse fazioni di cui fanno parte.
La parte malinconica è presente solo lievemente, quasi indistinta, nei vari commenti e pensieri sulle due parti in lotta.
All’inizio volevo scrivere una AU con Demand come tirocinante e Minako studentessa che ci prova, ma mi son ritrovata con troppo poco tempo. Perciò sono passata a questo.
Questa fiction può essere ricollocata dopo la trasformazione di Chibiusa in Black Lady.
Non ricordo assolutamente il nome della scuola di Minako ma credo faccia parte del quartiere Juuban.

 

 

 

 

Un incontro, scontro: Due anime affini

 

 

 

 

 
Era una chiara mattinata d’autunno.
La vita a Tokyo scorreva tranquilla, la gente chiacchierava ed andava a lavorare come se nulla fosse. Tutti, o quasi, ignoravano la grave minaccia rappresentata dal Black moon clan e dai suoi diabolici piani.
La Juuban Hight School era come al solito chiassosa di prima mattina.
I ragazzi camminavano, chi a gruppetti e chi singolarmente, sul perfetto marciapiede di cemento parlottando del più e del meno. Ognuno era immerso nei suoi drammi e poco propenso ad accollarsi quelli altrui.
Vi era, tuttavia, una ragazza che non aveva alcuna intenzione di affliggersi per un problema inesistente. Almeno per lei. Camminava isolata rispetto agli altri per non dar a vedere con chi stesse parlando.
« Non avresti dovuto farlo! »
« Oh, Artemis. Di cosa ti preoccupi? Non c’era nessuno nei paraggi, quindi nessuno mi ha visto. » Minako sorrise in direzione del gatto, per nulla impensierita, e contenta della sua logica inoppugnabile. Il che era raro, dato che i suoi ragionamenti non andavano quasi mai in porto.
« Questo non puoi saperlo. » le fece appunto presente l’amico, scendendo da sopra la cancellata che circondava l’istituto.
La ragazza si fermò a sua volta. « Dovevo intervenire, quei bambini erano in pericolo. » sottolineò con la sua solita enfasi. Non avrebbe abbandonato delle creature indifese per tutto l’oro del mondo; poco importava che si trattasse di mocciosi pestiferi che l’avevano anche derisa.
« Lo so, ma… » il gatto non riuscì a terminare la frase perché la campanella suonò, richiamando tutti gli studenti all’ordine ed alla lezione mattutina.
« Oh, accidenti, la campanella! » e senza aggiungere altro diede sfoggio della sua abilità di atleta correndo come una forsennata verso l’entrata della scuola. Prima di superarla, tuttavia, si girò un’ultima volta indietro. « E’ tutto a posto Artemis, non preoccuparti. » lo salutò sorridendo nuovamente e si fiondò dentro come un razzo.
« Speriamo bene… » Sospirò ed alzò lo sguardo verso il cielo, pregando in cuor suo che non accadesse nulla di male alla sua più cara amica.
Intanto, dall’alto, qualcuno aveva spiato l’intera conversazione con una certa malcelata curiosità. Sparì prima di essere riconosciuto da qualche scocciatore.


Le lezioni non erano state granché fruttuose, anzi, un totale disastro!
Aino aveva scordato il compito in classe di grammatica, trascorso l’ora d’inglese in piedi a tentare di tradurre un brano semplicissimo e rischiando di farsi cacciare dalla classe, cosa che era riuscita a fare nell’ora successiva quando, nell’aver tra le mani il risultato del compito di matematica, aveva praticamente insultato il professore per il basso voto ricevuto.
« Perché si è arrabbiato tanto? In fondo gli ho solo detto di cambiarsi gli occhiali. » Guardò affranta il suo compito mentre attendeva lo scadere dell’ora accanto alla porta. « Dieci? Ma… ho sempre preso venti o trenta… » Non si capacitava di aver battuto i record di brutti voti, e nella maniera peggiore. Rimase a fissare il foglio per diversi secondi, fino a quando, in un impeto di stizza, lo accartocciò a lo lanciò fuori dalla finestra. « Ecco che cosa me ne faccio! » Dopo aver visto la pallottola di carta volare fuori, girò il viso dall’altra parte con un sospiro sconfortato.
Un vento lieve spirò all’interno del corridoio deserto facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli. Era tiepido e rilassante, tant’è che Minako quasi si scordò di essere a scuola. Spense il cervello lasciando che il clima tenue la calmasse.
Fu una voce a risvegliarla dal suo stato di riposo.
« Non si gettano le carte dalla finestra. » Senza neanche alzare lo sguardo, rispose con tono rassegnato:
« Lo so, mi scusi. » Dopo qualche secondo di troppo, aprì di scatto gli occhi. Finalmente aveva capito a chi appartenesse quel timbro maschile. Voltò di scatto la testa incredula, osservando la persona immobile di fronte a sé. Se fosse piombato un marziano non sarebbe riuscito a sorprenderla maggiormente.
« Demand… »
« Proprio io. » Lui la squadrava con espressione tranquilla e sorridente. Galleggiava appena fuori dalla finestra, a braccia conserte, e sembrava la creatura più pacifica dell’universo. Sembrava completamente incurante del fatto che lì, davanti a lui, ci fosse una sua nemica.
Dopo essersi ripresa dall’iniziale sbalordimento, la ragazza lo guardò con sfida.
« Che cosa ci fai qui? Vuoi attaccare la scuola? Te lo impedirò! » Stava per tirare fuori la henshin pen quando si accorse di un particolare importante: lui la stava osservando senza fare una piega, come se immaginasse chi avesse davanti. Niente stupore e niente domande.
Lui sapeva.
« Tu sai… » borbottò più sconcertata che mai.
« Che sei Sailor Venus? Sì, ti ho vista ieri. Un autentico colpo di fortuna. » Le scoccò un’occhiata derisoria, quasi a farle intendere che la colpa di certo non era sua.
« Oh, no. » si disperò lei con un punta di rassegnazione. « Artemis me l’aveva anche detto. E chi glielo dice dopo? »
« Sei stata incauta. » infierì infimo, allargando il suo sorriso da schiaffi.
La ragazza scosse fortemente la testa, come a voler reagire. Non era il momento di abbattersi, di fronte a lei c’era il suo nemico numero uno ed andava fermato. Avrebbe pensato dopo alle scuse ed alle conseguenze della sua stupidità. La determinazione riprese subito il suo posto, assieme alla sua penna.
« Come le assomigli… » Demand assottigliò gli occhi mentre studiava la fanciulla: capelli color dell’oro e occhi blu, sguardo gentile e velato di caparbietà. Una Senshi disposta a tutto per proteggere gli altri. La sua gente, il suo pianeta.
Proprio come lei.
Minako, ignorando i pensieri che vorticavano nella mente dell’uomo, si trasformò.
« Venus star power, make up! » Una luce arancione illuminò ogni cosa, ed un nastro fatto di stelle le circondò il corpo, fino a quando la divisa da combattente non sostituì quella scolastica. Solo allora si rese conto dell’atto compiuto e sgranò gli occhi per la consapevolezza. « Mi sono trasformata a scuola! » Si guardò attorno con apprensione, temendo di veder spuntare qualche sua compagna di classe o, peggio ancora, un’insegnate.
« Non hai motivo di preoccuparti. » le disse captando subito i suoi timori. « Tutte le persone presenti in questo edificio stanno dormendo. »
« Che cosa? » Come a volersi sincerare di tali parole, aprì la porta della sua aula e ciò che vide la gettò in un profondo stato d’ansia. Stavano realmente tutti dormendo, chi appoggiato ad un banco e chi accasciato sul pavimento. Non vi era una singola persona sveglia.
Subito ritornò con gli occhi al suo avversario. « Svegliali immediatamente! »
« Non ora, potrebbero essere un impiccio per me ed anche per te. »
« Che cosa vuoi? »
« Solo verificare una cosa. » Il sorriso svanì dal suo volto, chiaro segno che il momento delle parole era finito. Era pronto a passare all’azione.
La guerriera si riscosse all’istante. Qualunque fosse il suo obiettivo non sarebbe rimasta con le mani in mano, l’avrebbe fermato. Ed infatti attaccò per prima.
« Cresent beam! » Il raggio partì ma non andò a segno perché Demand sparì dalla sua traiettoria per ricomparire nel giardino sottostante. Venus si aggrappò al cornicione della finestra e spiccò un salto atterrando in ginocchio, di fronte a lui.
Il principe continuava ad osservarla senza battere ciglio, con uno sguardo strano. Come se stesse osservando un particolare fenomeno da studiare all’istante, ma senza compiere mosse azzardate.
La Sailor, invece, era un po’ perplessa. Era chiaramente lì per lei, eppure non l’attaccava. Non aveva tentato nulla, né per ferirla e né per colpire gli abitanti dormienti dell’edificio. Era stata lei a fare la prima mossa e non capiva cosa lui stesse aspettando a controbattere.
« Perché non mi attacchi? » gli chiese a quel punto.
« Credo che raderò al suo questo istituto. » le rispose senza cambiare espressione, come se stesse parlando del tempo invece di un probabile massacro.
« Non te lo permetterò! » La ragazza, inorridita, aprì le braccia come a voler proteggere ogni cosa e persona al suo interno. « Non puoi venire qui e distruggere tutto ciò che ti capita a tiro. »
« Anche lei si era posta a difesa del suo regno… » sussurrò a se stesso. Con la mente tornò al giorno in cui era apparso di fronte a Neo-Queen Serenity, al modo con cui aveva cercato di dialogare, al suo potere pieno di energia positiva. Ricordava ogni cosa di quella donna. Forse era per questo che se ne era innamorato.
Ignorando il corso dei suoi pensieri, la Sailor lo attaccò nuovamente.
« Venus, love-me chain! » La catena si avvolse attorno al corpo di Demand che non fece una piega, come se fosse normale per lui farsi legare come un salame.
« Lascia in pace la città di Tokyo, se lo farai ti lascerò andare. » Stava bleffando, lo sapevano entrambi. Sailor Venus non possedeva il potere necessario per sconfiggerlo. Infatti, invece di sentirsi minacciato da tali parole, lui trovò la cosa alquanto divertente. Un breve, irriverente, risolino nacque dalle sue labbra.
« Voi Senshi siete tutte uguali. Sempre pronte a dare un’altra possibilità a qualcuno. A redimere i malvagi. » Così com’era apparso, il riso scomparve, e la serietà riprese il suo posto su quel bel volto pallido. « Peccate di eccessivo altruismo e questa sarà la vostra rovina. » Uno strano movimento avvenne sulla sua fronte, come di uno spostamento di pelle. Essa incredibilmente si aprì, mostrando un altro occhio alla guerriera.
« Oh, no. » Non ci volle molto perché comprendesse la pericolosità di tale gesto; cercò di tirare la catena per impedirgli di fare alcunché, ma senza successo. Non riusciva più a muovere un dito. « Ma cosa… »
« È il potere del mio terzo occhio. » La catena si spezzò improvvisamente ed i suoi resti caddero al suolo fino a scomparire. « Ora sei in mio potere. » Con una rapidità unica per la sua specie, si accostò alla ragazza afferrandole i polsi ed inchiodandola al muro retrostante.
Venus sudava sia per la tensione che per la fatica di sforzare il suo corpo ad una qualunque azione. Più tentava di muoversi e più si sentiva incollata in quella posizione. La sua lotta cessò, momentaneamente, nell’udire le parole che l’altro le sussurrava all’orecchio.
« Unisciti a me ed io ti lascerò andare seduta stante. »
« Cosa? » Lo guardò sconvolta pensando che fosse impazzito di colpo. Poi, ripresasi, scosse decisa la testa. « Credo che tu lo stia chiedendo alla persona sbagliata. Io non sono Sailor Moon. » puntualizzò prima di continuare. « E in ogni caso, non accetterà mai. »
« Ora lo sto chiedendo a te, non alla vostra principessa. » Tenne a precisare mentre la pupilla in mezzo alla fronte la fissava con aria minacciosa. « Non ti piacerebbe? Pensaci, diventeresti regina. » Stavolta, ogni sua parola, venne sussurrata al suo orecchio mentre il fiato caldo le colpiva il collo con piccoli getti. Tanti piccoli brividi la inondarono, con sommo stupore della Senshi, che di certo non si aspettava una tale reazione. Arrossì di botto, dato che non era abituata a simili approcci. Tanto meno a simili reazioni.
« No… » Facendo appello a tutta la sua tenacia si tappò la bocca per non emettere strani versi.
Il principe, non contento di ciò, si schiacciò quasi con prepotenza contro di lei, insinuando una gamba tra le sue cosce ed arrivando quasi a strofinarla contro l’inguine. Altri brividi ben più caldi si diradarono per le sue terminazioni nervose. « Lasciami… » Chiuse gli occhi, quasi a voler sfuggire a tutto ciò con la mente, dato che non poteva con il corpo.
« Preferisci che mi serva dei miei poteri per convincerti? » le disse soddisfatto. Ormai era convinto di aver vinto. Ma Venus non avrebbe ceduto le armi senza lottare, non avrebbe tradito le sue amiche e, ben che meno, desiderato prendere il posto della sua sovrana. Per giunta a capo dei suoi attuali nemici.
« Sarebbe inutile. » Questa volta fu lei a sorridere. « Tanto né io, né tanto meno Sailor Moon, cederemo di fronte al Black Moon Clan. » L’uomo la fissò vagamente interrogativo, quasi infastidito dalla sua piccola ribellione.
« Perché vi date tanto da fare per proteggere un pianeta che ignora il vostro duro lavoro? Un mondo dove, in ogni caso, il male continua ad esistere? Crystal Tokyo per voi è un sogno lontano. » sussurrò, in ultimo, quasi a sé stesso.
« Perché… noi… amiamo… questo mondo… » Nonostante il grande sforzo che stava compiendo per vincere il suo potere di persuasione, continuò imperterrita. « È qui… che siamo nate e cresciute. È qui che… abbiamo conosciuto i nostri amici… il nostro amore. » Distratto com’era dalle sua parole, non si accorse che la Sailor aveva quasi alzato l’indice destro.
« Se governassimo noi ci sarebbe sicuramente più giustizia. I futuri sovrani non sono stati capaci di farsi rispettare ed hanno richiuso chi non lo meritava. » Strinse impercettibilmente le dita attorno ai polsi della ragazza, senza però farle male. Non più di quanto ne provasse al momento, almeno.
« Non… è vero. I nostri sovrani… amano il proprio popolo e… farebbero di tutto per… loro. » Chiuse un occhio a causa di un calo di forze. « Se vi hanno rinchiusi era… per il bene di tutti… ed io non mi arrenderò… mai… davanti a te. » Lo fissò più determinata che mai, quasi con sfida, prima di esclamare: « Crescent beam shower! » Una pioggia di raggi di energia partirono dal suo dito, prima verso l’alto, per poi ricadere al suolo, esattamente su Demand. Lui ovviamente non rimase ad aspettare, ma si spostò con la sua consueta velocità, riapparendo in cielo totalmente illeso.
Venus si accasciò al muro ormai senza forze e respirò affaticata per lo stato di paralisi a cui era stata costretta. Ma non fu solo quello, tutto il suo corpo era stranamente in fervore, come se si fosse tramutato in un ferro rovente.
« Hai resistito al mio occhio. » disse con un tono che era un misto di ammirazione e rabbia. « Non male. Ma cosa potevo aspettarmi dalla leader delle Sailor Senshi? »
« E non hai ancora visto il resto. » Sorrise al nemico nonostante il netto svantaggio; aveva rischiato grosso. Lui stava per ribattere quando udirono un’altra voce maschile; in alto apparve una grossa immagine riflettente un ragazzo, era Sapphire.
« Oni-sama, devi tornare. Abbiamo un problema. »
« Va bene, ho capito. » rispose all’ologramma che sparì istantaneamente. Ritornò poi a rivolgesi alla guerriera. « Mi piacerebbe stare qui ancora un po’, ma ora devo andare. Sarà per un’altra volta. » Senza lasciarle il tempo di fare nulla scomparve, e questa volta sul serio.
« Chissà che voleva. » si chiese senza essere effettivamente riuscita a capire il motivo di tale visita. Si rimise in piedi cercando di trovare una risposta soddisfacente, ma nulla.
Come a volerla richiamare, la campanella suonò e le porte delle svariate aule si aprirono quasi in contemporanea.
« Aino-san, dov’è finita? » Sentì qualcuno chiamarla con tono inviperito, e stavolta non era un principe, ma il suo professore.
« Oh povera me! Devo tornare in classe. » Sciolse la trasformazione e si fiondò nella sua aula ripercorrendo il cortile interno.
Mentre tutto questo avveniva, Demand se ne stava beatamente seduto sul suo trono ad osservare la fanciulla inchinarsi e scusarsi col suo insegnate, furibondo per non averla trovata dove l’aveva lasciata.
Rise lievemente, ma non abbastanza da non essere visto.
« Cosa c’è di divertente? » gli chiese il fratello minore, arrivando in quel momento e non capendo la sua ilarità.
« Niente di importante. » Fece in modo di ricomporre la sua maschera di freddezza e chiese: « Allora, come procedono le cose? »


La sera seguente la situazione non era cambiata di molto.
Il sole era tramontato lasciando il posto ad un cielo privo di stelle. Il buio era profondo e non permetteva una buona visuale.
Minako aveva preferito tacere sull’accaduto, almeno per il momento, e di non impensierire ulteriormente le sua compagne. Al momento erano tutte troppo preoccupate per Chibiusa e quindi non reputava opportuno creare nuove angosce, come se quella da sola non fosse sufficiente.
Seduta nella sua stanza, ripensò al primo vero contatto ravvicinato che lei e Deman avevano mai avuto. Le tornò alla mente il suo bel viso, i suoi occhi magnetici e lo sguardo carismatico. Arrossì quando si rese conto che sarebbe bastato poco perché lui la baciasse; era alla sua completa mercé e non avrebbe potuto far nulla per difendersi. Come se l’atteggiamento fin troppo amichevole, quasi osceno, che lui aveva tenuto nei suoi confronti non bastasse a reputarlo pericoloso.
Affondò il viso nel quaderno di matematica come a volerci sprofondare dentro, poi si alzò lanciando una specie di grido di guerra che fece spaventare e svegliare di soprasalto il povero Artemis.
« M… Mina? »
« Ma cosa vado a pensare! » Si mise le mani nei capelli, quasi non riuscisse a venire a capo di un grosso enigma.
Il gatto, pensando che fosse alle prese con un’equazione troppo difficile, sospirò e tornò a riposare, ben sapendo che si sarebbe calmata da sola senza risolvere nulla.
« È un mio nemico. » sussurrò appoggiando la matita tra il naso e il labbro superiore. « Non devo dimenticarlo. »
D’un tratto le tornarono alla mente Kunzite e Al, coi loro sorrisi ed i seducenti modi di fare. « Ma perché i nostri nemici sono così belli? » La testa ritornò sulla scrivania e vi si appoggiò con la guancia sinistra. Con espressione annoiata osservò ciò che si trovava su di essa. Vago annoiata con lo sguardo, finché non vide una cosa che la ridestò all’istante: una foto.
« Chibiusa-chan… » Si alzò di colpo, sbattendo la sedia per terra e facendo spaventare il felino per l’ennesima volta. « E’ vero, non posso assolutamente arrendermi. La prossima volta che si presenterà non esisterò ad affrontarlo. » detto questo, tornò a sedersi, rituffandosi nei compiti con un tale entusiasmo che preoccupò non poco l’animale, ormai convinto che la sua amica fosse impazzita.
Intanto, Demand, spaparanzato al suo solito posto, sorseggiava il suo solito bicchiere di vino. Osservava con curiosità mista ad attrattiva Minako. Aveva seguito ogni suo ragionamento e, anziché temerlo, lo trovata incredibilmente divertente.
« Questo è tutto da vedere. » disse quasi a volerle rispondere.


Qualche giorno ancora era trascorso da quanto avvenuto.
Il principe non si era più fatto vedere e Minako aveva ripreso la sua solita routine, anche se con un velo di malinconia. Gli era sembrato triste l’ultima volta che si erano visti, forse a causa della situazione in cui versava la sua famiglia.
Con un sospiro prese il suo cestino e si avviò in giardino per pranzare all’aperto. Non aveva un particolare legame con nessuna delle sue compagne di classe, per tanto, quando poteva, andava a mangiare fuori. Si accomodò ai piedi di un albero lontano da tutti e, quando scoprì la scatola del pranzo, un luccichio di pura gioia apparve nei suoi occhi blu.
« Ci sono i gamberetti fritti con la gelatina di frutta! Evviva! » Con il suo classico entusiasmo si gettò sulla ciotola, masticando con gusto riso e gamberetti. Quando sua madre le preparava quei pranzetti deliziosi riusciva sempre a rischiararle la giornata.
« Certo che a voi umani basta poco per rendervi felici. » Quella voce… Minako alzò subito la testa notando immediatamente un uomo vestito di bianco galleggiare sopra di lei.
« Gnemangn. » disse con la bocca piena; avrebbe voluto pronunciare il suo nome ma ne uscì una cosa indistinta. Si alzò in tutta fretta, dimenticando d’inghiottire e rischiando quindi di soffocarsi. Si batte un pugno sul petto mentre afferrava il termos col tè affinché l’aiutasse a far scendere il grosso boccone.
« Dovresti mangiare con più calma e a piccoli morsi. » le suggerì con un tono da presa in giro, cosa che effettivamente stava facendo. Intanto lei era riuscita a bere ed ora stava giusto tirando un respiro di sollievo quando le giunse la sgradita battuta che la fece arrossire, sia di rabbia che di vergogna.
« Non mangi, per caso? Quando hai fronte il tuo piatto preferito non credo che tu faccia tante cerimonie. » Puntò la forchetta contro di lui, quasi fosse un’arma vera e propria. « Vuoi combattere ancora? »
Demand osservò la posata con un certo malcelato divertimento. Neanche si trattasse di uno strano ibrido di natura umana.
« Cosa speri di farmi con quella? » Domanda retorica. Minako abbassò l’arnese, ma senza smettere di guardarlo dritto in faccia.
« Perché sei qui? » Lo sguardo che gli rivolse non era di qualcuno pronto alla lotta, ma solo di chi sperava in altro. Aino non voleva combattere, anzi, sentiva il bisogno di parlare con lui. Non era completamente malvagio, ne era sicura, e proprio per questo voleva capirlo. Erano riuscite a far redimere molti nemici, perché non avrebbe potuto far con lui altrettanto?
« Perché lo desideravo. »
« Da… davvero? » La ragazza arrossì visibilmente, lusingata del fatto che fosse andato a trovarla nuovamente e non per lottare stavolta. Si era ripromessa di affrontarlo, giusto qualche sera prima, ma qualcosa le diceva che non era giusto. Non era ciò che sentiva. Era altro che si agitava dentro di lei, e niente affatto bellicoso.
Senza sapere perché le venne da sorridere. Poi, come se stesse parlando ad un vecchio amico, gli chiese: « Ti va di pranzare con me? »
Lui la squadrò stupito, come se non credesse alle proprie orecchie. Osservò la dolcezza del suo volto, il modo in cui aspettava una sua reazione seduta accanto all’albero, la ciotola aperta, la tovaglietta stessa per accogliere due persone, tutto sapeva di un gentile invito. Senza staccare gli occhi dai suoi, lentamente si avvicinò al suolo, sino a toccarlo coi piedi. Con altrettanta calma si sedette di fronte a lei, con un gomito poggiato sul ginocchio sinistro, in una posa rilassata.
« Ne vuoi? » Gli porse il suo cestino rosa, ma lui diniego col capo.
« No, grazie. Ho già mangiato. »
« Va bene. » senza recriminazioni o altro, ripose il proprio pranzo e lo chiuse. « Ti va di parlare un po’? »
« Vorresti parlare con me? Sono un tuo nemico. » le fece presente. Per tutta risposta Minako stese le gambe e gli sorrise ancora di più.
« Lo so, ma questo non vuol dire che non possiamo parlare, no? »
« E’ vero. » Demand alzò lo sguardo osservando il cielo azzurro, i caldi raggi solari, le ombre proiettate dalle foglie degli alberi e la lieve brezza del vento. « Che pace. » disse quasi a sé stesso.
« Che pace. » gli fece eco seguendo il suo sguardo. « La Terra può diventare un posto meraviglioso se riesci a viverci. » Poi si volse a guardarlo con una certa curiosità mista a speranza. « Non ti piacerebbe restare qui? Con noi? » “Con me”, avrebbe voluto aggiungere, ma preferì tacere.
« La pace è qualcosa a cui noi, parlo della mia famiglia, abbiamo sempre aspirato senza mai riuscire ad ottenerla. » Fissava la giovane, ma la sua mente vagava in ricordi troppo lontani e troppo privati per essere toccati. « Abbiamo lottato e continuiamo a lottare per ottenere la nostra indipendenza. Nessuno di noi ha mai avuto intenzioni malvagie, purtroppo alcune cose sono andate come sappiamo e non è più possibile tornare indietro. »
« Lo so. » Aino osservò le proprie scarpe con una punta di amarezza nell’animo, prontamente nascosta dalla sua solita allegria. « Però ora siamo qui, insieme. Possiamo far finta di essere due vecchi amici, solo per oggi. » Tutti e due sapevano che nessuno, a parte loro, avrebbe mai dovuto sapere niente di quegli incontri. La guerra non perdona e, anche se gli amici lo fanno, i doveri vengono prima di tutto.
« Soprattutto prima di se stessi. » Due paia di occhi viola incontrarono altri due di colore blu. Le parole erano sgorgate naturali dalle labbra di entrambi, seguendo lo stesso filone di pensiero. Si sorrisero senza dir più nulla; pur senza rendersene conto, erano compatibili.
Minako si appoggiò con la schiena al tronco dell’albero e chiuse gli occhi. Era stranamente tranquilla e mai, come in quel momento, si sentiva in simbiosi col mondo. Provava un dolce sentimento e, per una volta nella vita, riusciva a percepirsi come una semplice adolescente e non come una guerriera. Voleva godersi quel momento fino in fondo, avrebbero pensato in seguito al domani. Alle conseguenze.
Una folata di vento più forte delle altre spazzò via tante foglie cadute, alcuni chicchi di riso, la sua gonna e i suoi capelli… che incontrarono una strana resistenza. Così come le sue labbra percepirono qualcosa di morbido, caldo e umido. Aprì gli occhi di scatto e dei ciuffi bianchi le accarezzarono le guance.
Demand si scostò leggermente, permettendo alla fanciulla di respingerlo qualora volesse, cosa che lei non fece. Arrossì visibilmente mentre lo stupore si trasformava in lieve imbarazzo che fioriva con un sorriso. Anche lui sorrise prima di riappoggiare nuovamente le sue labbra su quelle di Minako. Fu dapprima un contatto leggero, un semplice sfiorarsi, mentre assaporava prima il labbro superiore e poi quello inferiore. Un lento scoprirsi che si perse nell’aria e nel momento. Un istante dopo, la ragazza schiuse spontaneamente le labbra con un tacito invito e permettendo all’altro di invaderla con la sua lingua calda. Entrambe s’incontrarono con la stessa calma di prima, assaggiandosi, cercando di scoprire il reciproco sapore mentre il senso del tatto, sensibilissimo in quel momento, permetteva nuove e sorprendenti percezioni.
Una mano bianca, tiepida e forte, andò ad accarezzare una guancia calda d’imbarazzo e piacere, con la stessa delicatezza con cui avrebbe sfiorato un bambino. Il suo tocco era così diverso dai precedenti.
Pelle rosa su pelle pallida, le dita di Minako sfiorarono quelle del principe mentre l’altra mano dell’uomo andava a sfiorare il suo fianco con perizia e devozione. Pur percependo quel contatto là dove nessun uomo era mai arrivato, non lo fermò. Anche quando sentì una corporatura robusta abbandonarsi sulla propria, sentendosi piacevolmente schiacciata contro la corteccia ma senza alcun fastidio.
Quanto durò quel momento non seppero dirlo neanche loro. Un bacio può protrarsi per trenta secondi così come delle ore intere, tutto sta nell’abbandono di chi lo da’ e di chi lo riceve con altrettanto trasporto.
Quando la fanciulla percepì la mano di Demand scendere sino al ginocchio e scostare lievemente la gonna per farsi spazio al suo interno, capì che era il momento di fermarsi. Non potevano andare oltre ignorando spudoratamente le conseguenze. Non quel giorno, almeno. Si erano spinti anche troppo in là.
Poggiò entrambi palmi sul petto solido dell’uomo e lo scostò delicatamente da sé. Captando il messaggio implicito in quel gesto, lui si spostò senza opporre resistenza. Le sue mani, così come le sue labbra, si allontanarono dalla giovane tornando, non con fatica, al suo posto.
Si udirono solo lievi respiri che cercavano di regolarizzarsi, battiti inquieti e il frusciare delle foglie che il vento, complice del loro gesto d’amore, stava smuovendo.
« Io… »
« Ascolta… » Sia lei che lui tentarono di parlare, ma una terza voce le sovrastò entrambe in uno strano dejà vu.
« Oni-sama, devi tornare. C’è bisogno di te. » Subito lui si fece attento e, rimettendosi in piedi, rispose al fratello uscendo da sotto la copertura discreta dei rami dell’albero.
« Arrivo. » Anche Aino si era rialzata guardando il principe con una mano sul petto e senza dire niente.
« Bene, ti aspetto. » l’ologramma si dissolse.
« Devo andare. » Fu il suo istantaneo congedo. Il tempo per loro, almeno per quel giorno, era finito.
« Tornerai? » Si percepiva una forte nota di speranza e di convinzione, pur essendo solo una domanda.
« Sì, se i miei impegni me lo permettono. » Mandò uno sguardo stizzito al cielo e uno più malizioso alla sua interlocutrice che ricambiò.
« Ti aspetterò. » sussurrò con velata dolcezza, poi la sua consueta allegria tornò onnipresente. « Porterò un cestino del pranzo anche per te. » e così dicendo gli mostrò il suo.
« Oh. Cucinerai tu? » la ragazza si irrigidì all’istante, con una strana espressione di paura, mentre tante goccioline scendevano sul suo volto.
« Credo sia meglio di no. » “Non voglio avvelenarti, ti ho appena conosciuto”. Ovviamente non lo avrebbe mai messo al corrente di tali pensieri, soprattutto perché sarebbe morta piuttosto che dirgli che era incapace di cucinare decentemente. Si sarebbe fatta dare lezioni da Makoto, si ripeté convinta. Per quanto potessero aiutarla.
« Ora devo andare, a presto. » Lentamente si alzò in volo, senza mai perderla di vista. Continuò a fissarla fino a quando non scomparve completamente dalla sua vista.
« A presto, Principe Demand. » Chiuse gli occhi con una strana pace nel cuore. Quando li riaprì, li lasciò vagare per la scuola. Il posto dove si erano conosciuti. I muri di mattoni, i corridoi bianchi, le finestre lucide e pulite, il cancello di metallo, il grande orologio…
« Aaaaahhhhh! » strillò a pieni polmoni quando si rese conto che la pausa pranzo era terminata da un pezzo. Raccolse le sue cose e si fiondò in classe come se fosse stata inseguita dal demonio.
Demand, dall’alto della sua onnipotente posizione, ovvero infossato nel suo trono, rise di gusto, divertito come non mai.
« Pensavo che lei e Neo-Queen Serenity si somigliassero… che razza di idea. » si disse, incurante delle disgrazie a cui sarebbe andata in contro la ragazza per colpa sua.
Sapphire, che aveva osservato la scena accanto al fratello, scosse la testa perplesso.
« E’ proprio vero che l’amore rende cechi. » Con quest’ultima perla di saggezza diede le spalle alla sala e se ne tornò al suo lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti. ^^
Eccovi una bella MinakoxDemand.
Questa fiction era nata per un concorso ma, dato che sembrava piacere molto, ho deciso che ne farò un seguito prima o poi. Magari approfondirò la conoscenza dei due farlocchi anche a livello fisico. Non ho mai scritto una lemon etero, quindi sarà un buon allenamento per me.
Per evitare equivoci tengo a precisare che Sapphire non sa nulla degli incontri del fratello con Minako. La sua ultima battuta è dovuta alla sua convinzione che Demand sia ancora innamorato di Neo-Queen Serenity.

Visto che sono qui ne approfitto per farmi un po’ di pubblicità:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1020431&i=1
Questo è il mio cross over tra Sailor Moon & Saint Seiya. ^^

http://www.facebook.com/pages/Koishan-Sakura/206622582799572?ref=hl
Qui, invece, la pagina facebook inerente il crossover con immagini, altro e qualche domanda idiota per divertici un po’. Ce ne è giusto una. XD

http://www.facebook.com/KoishanSokujo
Mia pagina facebook in generale. ^^

Grazie a chiunque leggerà, recensirà e inserirà la fiction da qualche parte. Anche nel forno. XD

Un saluto da Koishan la folle. ^^

   
 
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