Titolo: Un incontro
scontro: Due anime affini
Coppia: MinakoxDemand.
Luogo scelto: Scuola Juuban.
Genere: Commedia, malinconico, romantico.
Rating: Arancione.
Avvertimenti: Crack pairing, Het, One-shot, What if?
NdA: Il titolo non fa riferimento
solo all’incontro in sé, ma anche alle
due diverse fazioni di cui fanno parte.
La parte
malinconica è presente solo lievemente, quasi indistinta,
nei vari commenti e
pensieri sulle due parti in lotta.
All’inizio
volevo scrivere una AU con Demand come tirocinante e Minako studentessa
che ci
prova, ma mi son ritrovata con troppo poco tempo. Perciò
sono passata a questo.
Questa
fiction può essere ricollocata dopo la trasformazione di
Chibiusa in Black
Lady.
Non
ricordo assolutamente il nome della scuola di Minako ma credo faccia
parte del
quartiere Juuban.
Un incontro,
scontro: Due anime affini
La vita a
Tokyo scorreva tranquilla, la gente chiacchierava
ed andava a lavorare come se nulla fosse. Tutti, o quasi, ignoravano la
grave
minaccia rappresentata dal Black moon clan e dai suoi diabolici piani.
I ragazzi
camminavano, chi a gruppetti e chi singolarmente,
sul perfetto marciapiede di cemento parlottando del più e
del meno. Ognuno era
immerso nei suoi drammi e poco propenso ad accollarsi quelli altrui.
Vi era,
tuttavia, una ragazza che non aveva alcuna
intenzione di affliggersi per un problema inesistente. Almeno per lei.
Camminava
isolata rispetto agli altri per non dar a vedere con chi stesse
parlando.
«
Non avresti dovuto farlo! »
«
Oh, Artemis. Di cosa ti preoccupi? Non c’era nessuno nei
paraggi, quindi nessuno mi ha visto. » Minako sorrise in
direzione del gatto,
per nulla impensierita, e contenta della sua logica inoppugnabile. Il
che era
raro, dato che i suoi ragionamenti non andavano quasi mai in porto.
«
Questo non puoi saperlo. » le fece appunto presente
l’amico, scendendo da sopra la cancellata che circondava
l’istituto.
La ragazza si
fermò a sua volta. « Dovevo intervenire, quei
bambini erano in pericolo. » sottolineò con la sua
solita enfasi. Non avrebbe
abbandonato delle creature indifese per tutto l’oro del
mondo; poco importava
che si trattasse di mocciosi pestiferi che l’avevano anche
derisa.
« Lo
so, ma… » il gatto non riuscì a
terminare la frase
perché la campanella suonò, richiamando tutti gli
studenti all’ordine ed alla
lezione mattutina.
«
Oh, accidenti, la campanella! » e senza aggiungere altro
diede sfoggio della sua abilità di atleta correndo come una
forsennata verso
l’entrata della scuola. Prima di superarla, tuttavia, si
girò un’ultima volta
indietro. « E’ tutto a posto Artemis, non
preoccuparti. » lo salutò sorridendo nuovamente
e si fiondò dentro come un razzo.
«
Speriamo bene… » Sospirò ed
alzò lo sguardo verso il
cielo, pregando in cuor suo che non accadesse nulla di male alla sua
più cara
amica.
Intanto,
dall’alto, qualcuno aveva spiato l’intera
conversazione con una certa malcelata curiosità.
Sparì prima di essere
riconosciuto da qualche scocciatore.
Aino aveva scordato il compito in classe di grammatica,
trascorso l’ora d’inglese in piedi a tentare di
tradurre un brano semplicissimo
e rischiando di farsi cacciare dalla classe, cosa che era riuscita a
fare
nell’ora successiva quando, nell’aver tra le mani
il risultato del compito di
matematica, aveva praticamente insultato il professore per il basso
voto
ricevuto.
« Perché si è arrabbiato tanto? In
fondo gli ho solo detto
di cambiarsi gli occhiali. » Guardò affranta il
suo compito mentre attendeva lo
scadere dell’ora accanto alla porta. « Dieci?
Ma… ho sempre preso venti o
trenta… » Non si capacitava di aver battuto i
record di brutti voti, e nella
maniera peggiore. Rimase a fissare il foglio per diversi secondi, fino
a quando,
in un impeto di stizza, lo accartocciò a lo
lanciò fuori dalla finestra. « Ecco
che cosa me ne faccio! » Dopo aver visto la pallottola di
carta volare fuori,
girò il viso dall’altra parte con un sospiro
sconfortato.
Un vento lieve spirò all’interno del corridoio
deserto
facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli. Era tiepido e rilassante,
tant’è che
Minako quasi si scordò di essere a scuola. Spense il
cervello lasciando che il
clima tenue la calmasse.
Fu una voce a risvegliarla dal suo stato di riposo.
« Non si gettano le carte dalla finestra. » Senza
neanche
alzare lo sguardo, rispose con tono rassegnato:
« Lo so, mi scusi. » Dopo qualche secondo di
troppo, aprì di
scatto gli occhi. Finalmente aveva capito a chi
appartenesse quel timbro maschile. Voltò di scatto
la testa incredula, osservando
la persona immobile di fronte a sé. Se fosse piombato un
marziano non sarebbe
riuscito a sorprenderla maggiormente.
« Demand… »
« Proprio io. » Lui la squadrava con espressione
tranquilla
e sorridente. Galleggiava appena fuori dalla finestra, a braccia
conserte, e
sembrava la creatura più pacifica dell’universo.
Sembrava completamente
incurante del fatto che lì, davanti a lui, ci fosse una sua
nemica.
Dopo essersi ripresa dall’iniziale sbalordimento, la ragazza
lo guardò con sfida.
« Che cosa ci fai qui? Vuoi attaccare la scuola? Te lo
impedirò! » Stava per tirare fuori la henshin pen
quando si accorse di un
particolare importante: lui la stava osservando senza fare una piega,
come se immaginasse
chi avesse davanti. Niente stupore e niente domande.
Lui sapeva.
« Tu sai… » borbottò
più sconcertata che mai.
« Che sei Sailor Venus? Sì, ti ho vista ieri. Un
autentico
colpo di fortuna. » Le scoccò
un’occhiata derisoria, quasi a farle intendere
che la colpa di certo non era sua.
« Oh, no. » si disperò lei con un punta
di rassegnazione. «
Artemis me l’aveva anche detto. E chi glielo dice dopo?
»
« Sei stata incauta. » infierì infimo,
allargando il suo
sorriso da schiaffi.
La ragazza scosse fortemente la testa, come a voler reagire.
Non era il momento di abbattersi, di fronte a lei c’era il
suo nemico numero
uno ed andava fermato. Avrebbe pensato dopo alle scuse ed alle
conseguenze
della sua stupidità. La determinazione riprese subito il suo
posto, assieme
alla sua penna.
« Come le assomigli… » Demand
assottigliò gli occhi mentre
studiava la fanciulla: capelli color dell’oro e occhi blu,
sguardo gentile e velato
di caparbietà. Una Senshi disposta a tutto per proteggere
gli altri. La sua
gente, il suo pianeta.
Proprio come lei.
Minako, ignorando i pensieri che vorticavano nella mente
dell’uomo, si trasformò.
« Venus
star power, make up! » Una luce arancione
illuminò ogni cosa, ed un
nastro fatto di stelle le circondò il corpo, fino a quando
la divisa da
combattente non sostituì quella scolastica. Solo allora si
rese conto dell’atto
compiuto e sgranò gli occhi per la consapevolezza.
« Mi sono trasformata a scuola!
» Si guardò attorno con apprensione, temendo di
veder spuntare qualche sua
compagna di classe o, peggio ancora, un’insegnate.
« Non hai motivo di preoccuparti. » le disse
captando subito
i suoi timori. « Tutte le persone presenti in questo edificio
stanno dormendo. »
« Che cosa? » Come a volersi sincerare di tali
parole, aprì
la porta della sua aula e ciò che vide la gettò
in un profondo stato d’ansia.
Stavano realmente tutti dormendo, chi appoggiato ad un banco e chi
accasciato
sul pavimento. Non vi era una singola persona sveglia.
Subito ritornò con gli occhi al suo avversario. «
Svegliali
immediatamente! »
« Non ora, potrebbero essere un impiccio per me ed anche per
te. »
« Che cosa vuoi? »
« Solo verificare una cosa. » Il sorriso
svanì dal suo volto,
chiaro segno che il momento delle parole era finito. Era pronto a
passare
all’azione.
La guerriera si riscosse all’istante. Qualunque fosse il suo
obiettivo non sarebbe rimasta con le mani in mano, l’avrebbe
fermato. Ed
infatti attaccò per prima.
« Cresent beam! » Il raggio partì ma non
andò a segno perché
Demand sparì dalla sua traiettoria per ricomparire nel
giardino sottostante.
Venus si aggrappò al cornicione della finestra e
spiccò un salto atterrando in
ginocchio, di fronte a lui.
Il principe continuava ad osservarla senza battere ciglio,
con uno sguardo strano. Come se stesse osservando un particolare
fenomeno da
studiare all’istante, ma senza compiere mosse azzardate.
« Perché non mi attacchi? » gli chiese a
quel punto.
« Credo che raderò al suo questo istituto.
» le rispose
senza cambiare espressione, come se stesse parlando del tempo invece di
un
probabile massacro.
« Non te lo permetterò! » La ragazza,
inorridita, aprì le
braccia come a voler proteggere ogni cosa e persona al suo interno.
« Non puoi
venire qui e distruggere tutto ciò che ti capita a tiro.
»
« Anche lei si era posta a difesa del suo regno…
» sussurrò
a se stesso. Con la mente tornò al giorno in cui era apparso
di fronte a Neo-Queen
Serenity, al modo con cui aveva cercato di dialogare, al suo potere
pieno di
energia positiva. Ricordava ogni cosa di quella donna. Forse era per
questo che
se ne era innamorato.
Ignorando il corso dei suoi pensieri,
« Venus, love-me chain! » La catena si avvolse
attorno al
corpo di Demand che non fece una piega, come se fosse normale per lui
farsi
legare come un salame.
« Lascia in pace la città di Tokyo, se lo farai ti
lascerò
andare. » Stava bleffando, lo sapevano entrambi. Sailor Venus
non possedeva il
potere necessario per sconfiggerlo. Infatti, invece di sentirsi
minacciato da
tali parole, lui trovò la cosa alquanto divertente. Un
breve, irriverente,
risolino nacque dalle sue labbra.
« Voi Senshi siete tutte uguali. Sempre pronte a dare
un’altra
possibilità a qualcuno. A redimere i malvagi. »
Così com’era apparso, il riso
scomparve, e la serietà riprese il suo posto su quel bel
volto pallido. «
Peccate di eccessivo altruismo e questa sarà la vostra
rovina. » Uno strano
movimento avvenne sulla sua fronte, come di uno spostamento di pelle.
Essa
incredibilmente si aprì, mostrando un altro occhio alla
guerriera.
« Oh, no. » Non ci volle molto perché
comprendesse la
pericolosità di tale gesto; cercò di tirare la
catena per impedirgli di fare
alcunché, ma senza successo. Non riusciva più a
muovere un dito. « Ma cosa… »
« È il potere del mio terzo occhio. » La
catena si spezzò improvvisamente
ed i suoi resti caddero al suolo fino a scomparire. « Ora sei
in mio potere. »
Con una rapidità unica per la sua specie, si
accostò alla ragazza afferrandole i
polsi ed inchiodandola al muro retrostante.
Venus sudava sia per la tensione che per la fatica di
sforzare il suo corpo ad una qualunque azione. Più tentava
di muoversi e più si
sentiva incollata in quella posizione. La sua lotta cessò,
momentaneamente, nell’udire
le parole che l’altro le sussurrava all’orecchio.
« Unisciti a me ed io ti lascerò andare seduta
stante. »
« Cosa? » Lo guardò sconvolta pensando
che fosse impazzito
di colpo. Poi, ripresasi, scosse decisa la testa. « Credo che
tu lo stia
chiedendo alla persona sbagliata. Io non sono Sailor Moon. »
puntualizzò prima
di continuare. « E in ogni caso, non accetterà
mai. »
« Ora lo sto chiedendo a te, non alla vostra principessa.
» Tenne
a precisare mentre la pupilla in mezzo alla fronte la fissava con aria
minacciosa. « Non ti piacerebbe? Pensaci, diventeresti
regina. » Stavolta, ogni
sua parola, venne sussurrata al suo orecchio mentre il fiato caldo le
colpiva
il collo con piccoli getti. Tanti piccoli brividi la inondarono, con
sommo
stupore della Senshi, che di certo non si aspettava una tale reazione.
Arrossì
di botto, dato che non era abituata a simili approcci. Tanto meno a
simili reazioni.
« No… » Facendo appello a tutta la sua
tenacia si tappò la
bocca per non emettere strani versi.
Il principe, non contento di ciò, si schiacciò
quasi con
prepotenza contro di lei, insinuando una gamba tra le sue cosce ed
arrivando
quasi a strofinarla contro l’inguine. Altri brividi ben
più caldi si diradarono
per le sue terminazioni nervose. « Lasciami…
» Chiuse gli occhi, quasi a voler
sfuggire a tutto ciò con la mente, dato che non poteva con
il corpo.
« Preferisci che mi serva dei miei poteri per convincerti?
»
le disse soddisfatto. Ormai era convinto di aver vinto. Ma Venus non
avrebbe
ceduto le armi senza lottare, non avrebbe tradito le sue amiche e, ben
che
meno, desiderato prendere il posto della sua sovrana. Per giunta a capo
dei
suoi attuali nemici.
« Sarebbe inutile. » Questa volta fu lei a
sorridere. « Tanto
né io, né tanto meno Sailor Moon, cederemo di
fronte al Black Moon Clan. »
L’uomo la fissò vagamente interrogativo, quasi
infastidito dalla sua piccola
ribellione.
« Perché vi date tanto da fare per proteggere un
pianeta che
ignora il vostro duro lavoro? Un mondo dove, in ogni caso, il male
continua ad
esistere? Crystal Tokyo per voi è un sogno lontano.
» sussurrò, in ultimo,
quasi a sé stesso.
« Perché… noi…
amiamo… questo mondo… » Nonostante il
grande
sforzo che stava compiendo per vincere il suo potere di persuasione,
continuò
imperterrita. « È qui… che siamo nate e
cresciute. È qui che… abbiamo
conosciuto i nostri amici… il nostro amore. »
Distratto com’era dalle sua
parole, non si accorse che
« Se governassimo noi ci sarebbe sicuramente più
giustizia.
I futuri sovrani non sono stati capaci di farsi rispettare ed hanno
richiuso
chi non lo meritava. » Strinse impercettibilmente le dita
attorno ai polsi
della ragazza, senza però farle male. Non più di
quanto ne provasse al momento,
almeno.
« Non… è vero. I nostri
sovrani… amano il proprio popolo e…
farebbero di tutto per… loro. » Chiuse un occhio a
causa di un calo di forze. «
Se vi hanno rinchiusi era… per il bene di tutti…
ed io non mi arrenderò… mai…
davanti a te. » Lo fissò più
determinata che mai, quasi con sfida, prima di
esclamare: « Crescent beam shower! » Una pioggia di
raggi di energia partirono
dal suo dito, prima verso l’alto, per poi ricadere al suolo,
esattamente su
Demand. Lui ovviamente non rimase ad aspettare, ma si spostò
con la sua
consueta velocità, riapparendo in cielo totalmente illeso.
Venus si accasciò al muro ormai senza forze e
respirò
affaticata per lo stato di paralisi a cui era stata costretta. Ma non
fu solo
quello, tutto il suo corpo era stranamente in fervore, come se si fosse
tramutato in un ferro rovente.
« Hai resistito al mio occhio. » disse con un tono
che era
un misto di ammirazione e rabbia. « Non male. Ma cosa potevo
aspettarmi dalla
leader delle Sailor Senshi? »
« E non hai ancora visto il resto. » Sorrise al
nemico
nonostante il netto svantaggio; aveva rischiato grosso. Lui stava per
ribattere
quando udirono un’altra voce maschile; in alto apparve una
grossa immagine
riflettente un ragazzo, era Sapphire.
« Oni-sama, devi tornare. Abbiamo un problema. »
« Va bene, ho capito. » rispose
all’ologramma che sparì
istantaneamente. Ritornò poi a rivolgesi alla guerriera.
« Mi piacerebbe stare
qui ancora un po’, ma ora devo andare. Sarà per
un’altra volta. » Senza
lasciarle il tempo di fare nulla scomparve, e questa volta sul serio.
« Chissà che voleva. » si chiese senza
essere effettivamente
riuscita a capire il motivo di tale visita. Si rimise in piedi cercando
di
trovare una risposta soddisfacente, ma nulla.
Come a volerla richiamare, la campanella suonò e le porte
delle svariate aule si aprirono quasi in contemporanea.
« Aino-san, dov’è finita? »
Sentì qualcuno chiamarla con
tono inviperito, e stavolta non era un principe, ma il suo professore.
« Oh povera me! Devo tornare in classe. » Sciolse
la
trasformazione e si fiondò nella sua aula ripercorrendo il
cortile interno.
Mentre tutto questo avveniva, Demand se ne stava beatamente
seduto sul suo trono ad osservare la fanciulla inchinarsi e scusarsi
col suo
insegnate, furibondo per non averla trovata dove l’aveva
lasciata.
Rise lievemente, ma non abbastanza da non essere visto.
« Cosa c’è di divertente? »
gli chiese il fratello minore,
arrivando in quel momento e non capendo la sua ilarità.
« Niente di importante. » Fece in modo di
ricomporre la sua maschera
di freddezza e chiese: « Allora, come procedono le cose?
»
La sera seguente la situazione non era cambiata di molto.
Il sole era tramontato lasciando il posto ad un cielo privo
di stelle. Il buio era profondo e non permetteva una buona visuale.
Minako aveva preferito tacere sull’accaduto, almeno per il
momento,
e di non impensierire ulteriormente le sua compagne. Al momento erano
tutte
troppo preoccupate per Chibiusa e quindi non reputava opportuno creare
nuove
angosce, come se quella da sola non fosse sufficiente.
Seduta nella sua stanza, ripensò al primo vero contatto
ravvicinato che lei e Deman avevano mai avuto. Le tornò alla
mente il suo bel
viso, i suoi occhi magnetici e lo sguardo carismatico.
Arrossì quando si rese
conto che sarebbe bastato poco perché lui la baciasse; era
alla sua completa
mercé e non avrebbe potuto far nulla per difendersi. Come se
l’atteggiamento
fin troppo amichevole, quasi osceno, che lui aveva tenuto nei suoi
confronti
non bastasse a reputarlo pericoloso.
Affondò il viso nel quaderno di matematica come a volerci
sprofondare dentro, poi si alzò lanciando una specie di
grido di guerra che
fece spaventare e svegliare di soprasalto il povero Artemis.
« M… Mina? »
« Ma cosa vado a pensare! » Si mise le mani nei
capelli,
quasi non riuscisse a venire a capo di un grosso enigma.
Il gatto, pensando che fosse alle prese con un’equazione
troppo difficile, sospirò e tornò a riposare, ben
sapendo che si sarebbe
calmata da sola senza risolvere nulla.
« È un mio nemico. » sussurrò
appoggiando la matita tra il
naso e il labbro superiore. « Non devo dimenticarlo.
»
D’un tratto le tornarono alla mente Kunzite e Al, coi loro
sorrisi ed i seducenti modi di fare. « Ma perché i
nostri nemici sono così
belli? » La testa ritornò sulla scrivania e vi si
appoggiò con la guancia
sinistra. Con espressione annoiata osservò ciò
che si trovava su di essa. Vago
annoiata con lo sguardo, finché non vide una cosa che la
ridestò all’istante:
una foto.
« Chibiusa-chan… » Si alzò di
colpo, sbattendo la sedia per
terra e facendo spaventare il felino per l’ennesima volta.
« E’ vero, non posso
assolutamente arrendermi. La prossima volta che si
presenterà non esisterò ad
affrontarlo. » detto questo, tornò a sedersi,
rituffandosi nei compiti con un
tale entusiasmo che preoccupò non poco l’animale,
ormai convinto che la sua
amica fosse impazzita.
Intanto, Demand, spaparanzato al suo solito posto,
sorseggiava il suo solito bicchiere di vino. Osservava con
curiosità mista ad
attrattiva Minako. Aveva seguito ogni suo ragionamento e,
anziché temerlo, lo
trovata incredibilmente divertente.
« Questo è tutto da vedere. » disse
quasi a volerle
rispondere.
Qualche giorno ancora era trascorso da quanto avvenuto.
Il principe non si era più fatto vedere e Minako aveva
ripreso la sua solita routine, anche se con un velo di malinconia. Gli
era
sembrato triste l’ultima volta che si erano visti, forse a
causa della
situazione in cui versava la sua famiglia.
Con un sospiro prese il suo cestino e si avviò in giardino
per pranzare all’aperto. Non aveva un particolare legame con
nessuna delle sue
compagne di classe, per tanto, quando poteva, andava a mangiare fuori.
Si
accomodò ai piedi di un albero lontano da tutti e, quando
scoprì la scatola del
pranzo, un luccichio di pura gioia apparve nei suoi occhi blu.
« Ci sono i gamberetti fritti con la gelatina di frutta!
Evviva! » Con il suo classico entusiasmo si gettò
sulla ciotola, masticando con
gusto riso e gamberetti. Quando sua madre le preparava quei pranzetti
deliziosi
riusciva sempre a rischiararle la giornata.
« Certo che a voi umani basta poco per rendervi felici.
»
Quella voce… Minako alzò subito la testa notando
immediatamente un uomo vestito
di bianco galleggiare sopra di lei.
« Gnemangn. »
disse con la bocca piena; avrebbe voluto pronunciare il suo nome ma ne
uscì una
cosa indistinta. Si alzò in tutta fretta, dimenticando
d’inghiottire e
rischiando quindi di soffocarsi. Si batte un pugno sul petto mentre
afferrava
il termos col tè affinché l’aiutasse a
far scendere il grosso boccone.
« Dovresti mangiare con più calma e a piccoli
morsi. » le
suggerì con un tono da presa in giro, cosa che
effettivamente stava facendo.
Intanto lei era riuscita a bere ed ora stava giusto tirando un respiro
di
sollievo quando le giunse la sgradita battuta che la fece arrossire,
sia di
rabbia che di vergogna.
« Non mangi, per caso? Quando hai fronte il tuo piatto
preferito non credo che tu faccia tante cerimonie. »
Puntò la forchetta contro
di lui, quasi fosse un’arma vera e propria. « Vuoi
combattere ancora? »
Demand osservò la posata con un certo malcelato
divertimento. Neanche si trattasse di uno strano ibrido di natura umana.
« Cosa speri di farmi con quella? » Domanda
retorica. Minako
abbassò l’arnese, ma senza smettere di guardarlo
dritto in faccia.
« Perché sei qui? » Lo sguardo che gli
rivolse non era di
qualcuno pronto alla lotta, ma solo di chi sperava in altro. Aino non
voleva
combattere, anzi, sentiva il bisogno di parlare con lui. Non era
completamente
malvagio, ne era sicura, e proprio per questo voleva capirlo. Erano
riuscite a
far redimere molti nemici, perché non avrebbe potuto far con
lui altrettanto?
« Perché lo desideravo. »
« Da… davvero? » La ragazza
arrossì visibilmente, lusingata
del fatto che fosse andato a trovarla nuovamente e non per lottare
stavolta. Si
era ripromessa di affrontarlo, giusto qualche sera prima, ma qualcosa
le diceva
che non era giusto. Non era ciò che sentiva. Era altro che
si agitava dentro di
lei, e niente affatto bellicoso.
Senza sapere perché le venne da sorridere. Poi, come se
stesse parlando ad un vecchio amico, gli chiese: « Ti va di
pranzare con me? »
Lui la squadrò stupito, come se non credesse alle proprie
orecchie. Osservò la dolcezza del suo volto, il modo in cui
aspettava una sua
reazione seduta accanto all’albero, la ciotola aperta, la
tovaglietta stessa
per accogliere due persone, tutto sapeva di un gentile invito. Senza
staccare
gli occhi dai suoi, lentamente si avvicinò al suolo, sino a
toccarlo coi piedi.
Con altrettanta calma si sedette di fronte a lei, con un gomito
poggiato sul
ginocchio sinistro, in una posa rilassata.
« Ne vuoi? » Gli porse il suo cestino rosa, ma lui
diniego
col capo.
« No, grazie. Ho già mangiato. »
« Va bene. » senza recriminazioni o altro, ripose
il proprio
pranzo e lo chiuse. « Ti va di parlare un po’?
»
« Vorresti parlare con me? Sono un tuo nemico. » le
fece
presente. Per tutta risposta Minako stese le gambe e gli sorrise ancora
di più.
« Lo so, ma questo non vuol dire che non possiamo parlare,
no? »
« E’ vero. » Demand alzò lo
sguardo osservando il cielo
azzurro, i caldi raggi solari, le ombre proiettate dalle foglie degli
alberi e
la lieve brezza del vento. « Che pace. » disse
quasi a sé stesso.
« Che pace. » gli fece eco seguendo il suo sguardo.
«
« La pace è qualcosa a cui noi, parlo della mia
famiglia,
abbiamo sempre aspirato senza mai riuscire ad ottenerla. »
Fissava la giovane,
ma la sua mente vagava in ricordi troppo lontani e troppo privati per
essere
toccati. « Abbiamo lottato e continuiamo a lottare per
ottenere la nostra
indipendenza. Nessuno di noi ha mai avuto intenzioni malvagie,
purtroppo alcune
cose sono andate come sappiamo e non è più
possibile tornare indietro. »
« Lo so. » Aino osservò le proprie
scarpe con una punta di
amarezza nell’animo, prontamente nascosta dalla sua solita
allegria. « Però ora
siamo qui, insieme. Possiamo far finta di essere due vecchi amici, solo
per
oggi. » Tutti e due sapevano che nessuno, a parte loro,
avrebbe mai dovuto
sapere niente di quegli incontri. La guerra non perdona e, anche se gli
amici
lo fanno, i doveri vengono prima di tutto.
« Soprattutto prima di se stessi. » Due paia di
occhi viola
incontrarono altri due di colore blu. Le parole erano sgorgate naturali
dalle
labbra di entrambi, seguendo lo stesso filone di pensiero. Si sorrisero
senza
dir più nulla; pur senza rendersene conto, erano compatibili.
Minako si appoggiò con la schiena al tronco
dell’albero e
chiuse gli occhi. Era stranamente tranquilla e mai, come in quel
momento, si
sentiva in simbiosi col mondo. Provava un dolce sentimento e, per una
volta
nella vita, riusciva a percepirsi come una semplice adolescente e non
come una
guerriera. Voleva godersi quel momento fino in fondo, avrebbero pensato
in
seguito al domani. Alle conseguenze.
Una folata di vento più forte delle altre spazzò
via tante
foglie cadute, alcuni chicchi di riso, la sua gonna e i suoi
capelli… che
incontrarono una strana resistenza. Così come le sue labbra
percepirono
qualcosa di morbido, caldo e umido. Aprì gli occhi di scatto
e dei ciuffi
bianchi le accarezzarono le guance.
Demand si scostò leggermente, permettendo alla fanciulla di
respingerlo qualora volesse, cosa che lei non fece. Arrossì
visibilmente mentre
lo stupore si trasformava in lieve imbarazzo che fioriva con un
sorriso. Anche
lui sorrise prima di riappoggiare nuovamente le sue labbra su quelle di
Minako.
Fu dapprima un contatto leggero, un semplice sfiorarsi, mentre
assaporava prima
il labbro superiore e poi quello inferiore. Un lento scoprirsi che si
perse
nell’aria e nel momento. Un istante dopo, la ragazza schiuse
spontaneamente le
labbra con un tacito invito e permettendo all’altro di
invaderla con la sua
lingua calda. Entrambe s’incontrarono con la stessa calma di
prima,
assaggiandosi, cercando di scoprire il reciproco sapore mentre il senso
del
tatto, sensibilissimo in quel momento, permetteva nuove e sorprendenti
percezioni.
Una mano bianca, tiepida e forte, andò ad accarezzare una
guancia calda d’imbarazzo e piacere, con la stessa
delicatezza con cui avrebbe
sfiorato un bambino. Il suo tocco era così diverso dai
precedenti.
Pelle rosa su pelle pallida, le dita di Minako sfiorarono
quelle del principe mentre l’altra mano dell’uomo
andava a sfiorare il suo
fianco con perizia e devozione. Pur percependo quel contatto
là dove nessun
uomo era mai arrivato, non lo fermò. Anche quando
sentì una corporatura robusta
abbandonarsi sulla propria, sentendosi piacevolmente schiacciata contro
la
corteccia ma senza alcun fastidio.
Quanto durò quel momento non seppero dirlo neanche loro. Un
bacio può protrarsi per trenta secondi così come
delle ore intere, tutto sta
nell’abbandono di chi lo da’ e di chi lo riceve con
altrettanto trasporto.
Quando la fanciulla percepì la mano di Demand scendere sino
al ginocchio e scostare lievemente la gonna per farsi spazio al suo
interno,
capì che era il momento di fermarsi. Non potevano andare
oltre ignorando spudoratamente
le conseguenze. Non quel giorno, almeno. Si erano spinti anche troppo
in là.
Poggiò entrambi palmi sul petto solido dell’uomo e
lo scostò
delicatamente da sé. Captando il messaggio implicito in quel
gesto, lui si
spostò senza opporre resistenza. Le sue mani,
così come le sue labbra, si
allontanarono dalla giovane tornando, non con fatica, al suo posto.
Si udirono solo lievi respiri che cercavano di
regolarizzarsi, battiti inquieti e il frusciare delle foglie che il
vento,
complice del loro gesto d’amore, stava smuovendo.
« Io… »
« Ascolta… » Sia lei che lui tentarono
di parlare, ma una
terza voce le sovrastò entrambe in uno strano
dejà vu.
« Oni-sama, devi tornare. C’è bisogno di
te. » Subito lui si
fece attento e, rimettendosi in piedi, rispose al fratello uscendo da
sotto la
copertura discreta dei rami dell’albero.
« Arrivo. » Anche Aino si era rialzata guardando il
principe
con una mano sul petto e senza dire niente.
« Bene, ti aspetto. » l’ologramma si
dissolse.
« Devo andare. » Fu il suo istantaneo congedo. Il
tempo per
loro, almeno per quel giorno, era finito.
« Tornerai? » Si percepiva una forte nota di
speranza e di
convinzione, pur essendo solo una domanda.
« Sì, se i miei impegni me lo permettono.
» Mandò uno
sguardo stizzito al cielo e uno più malizioso alla sua
interlocutrice che
ricambiò.
« Ti aspetterò. » sussurrò
con velata dolcezza, poi la sua
consueta allegria tornò onnipresente. «
Porterò un cestino del pranzo anche per
te. » e così dicendo gli mostrò il suo.
« Oh. Cucinerai tu? » la ragazza si
irrigidì all’istante,
con una strana espressione di paura, mentre tante goccioline scendevano
sul suo
volto.
« Credo sia meglio di no. » “Non voglio
avvelenarti, ti ho
appena conosciuto”. Ovviamente non lo avrebbe mai messo al
corrente di tali
pensieri, soprattutto perché sarebbe morta piuttosto che
dirgli che era
incapace di cucinare decentemente. Si sarebbe fatta dare lezioni da
Makoto, si
ripeté convinta. Per quanto potessero aiutarla.
« Ora devo andare, a presto. » Lentamente si
alzò in volo,
senza mai perderla di vista. Continuò a fissarla fino a
quando non scomparve
completamente dalla sua vista.
« A presto, Principe Demand. » Chiuse gli occhi con
una
strana pace nel cuore. Quando li riaprì, li
lasciò vagare per la scuola. Il
posto dove si erano conosciuti. I muri di mattoni, i corridoi bianchi,
le
finestre lucide e pulite, il cancello di metallo, il grande
orologio…
« Aaaaahhhhh! » strillò a pieni polmoni
quando si rese conto
che la pausa pranzo era terminata da un pezzo. Raccolse le sue cose e
si fiondò
in classe come se fosse stata inseguita dal demonio.
Demand, dall’alto della sua onnipotente posizione, ovvero
infossato
nel suo trono, rise di gusto, divertito come non mai.
« Pensavo che lei e Neo-Queen Serenity si
somigliassero… che
razza di idea. » si disse, incurante delle disgrazie a cui
sarebbe andata in
contro la ragazza per colpa sua.
Sapphire, che aveva osservato la scena accanto al fratello,
scosse la testa perplesso.
« E’ proprio vero che l’amore rende
cechi. » Con
quest’ultima perla di saggezza diede le spalle alla sala e se
ne tornò al suo
lavoro.
Eccovi una bella
MinakoxDemand.
Questa fiction era
nata per un concorso ma, dato che sembrava piacere molto, ho deciso che
ne farò
un seguito prima o poi. Magari approfondirò la conoscenza
dei due farlocchi
anche a livello fisico. Non ho mai scritto una lemon etero, quindi
sarà un buon
allenamento per me.
Per evitare equivoci
tengo a precisare che Sapphire non sa nulla degli incontri del fratello
con
Minako. La sua ultima battuta è dovuta alla sua convinzione
che Demand sia
ancora innamorato di Neo-Queen Serenity.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1020431&i=1
Questo è il mio cross
over tra Sailor Moon & Saint Seiya. ^^
Qui, invece, la pagina
facebook inerente il crossover con immagini, altro e qualche domanda
idiota per
divertici un po’. Ce ne è giusto una. XD
Mia pagina facebook
in generale. ^^