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Autore: Ortensia_    31/07/2012    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
La calma di casa Vargas verrà improvvisamente sconvolta, quando Feliciano riuscirà a convincere Lovino ad adottare una bambina.
Una bambina particolare, però.
«Se proprio vuoi un bambino facciamo qualcosa di buono e non adottiamo uno di questi casinisti qui sotto, porca puttana.»
Feliciano si sorprese delle parole del fratello: dunque lo aveva convinto?
Gli rivolse un sorriso allegro, grato che avesse acconsentito davvero «veh, qualcosa di buono? Ad esempio?»
Senza alcuna esitazione, Lovino, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un opuscolo sui paesi dell’Europa dell’Est, sbattendoglielo sulla faccia.

[Accenni Itacest]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I N T E R N A T
__☭ dalla Bielorussia con furore ☭__




Lui e Feliciano abitavano sotto lo stesso tetto da un paio di anni, ormai.
Una convivenza piuttosto tranquilla, tranne quando il minore aveva i suoi exploit di idiozia e il maggiore quelli di eccessiva irascibilità.
Lovino di certo non si sarebbe mai aspettato che da quel giorno, ogni cosa, sarebbe cambiata.
E non si sarebbe neppure mai aspettato di riuscire ad acconsentire una decisione così bizzarra e importante, sia per lui che per suo fratello.

«Adottiamo un bambino!»
Quelle parole parvero quasi pugnalarlo in pieno petto, per come sobbalzò il meridionale, rivolgendo un’occhiata attonita al minore.
Non stava prestando attenzione alla tv, ma piuttosto ad un vecchio archivio di documenti che occupava solo spazio e che stava seriamente pensando di buttare nella spazzatura, ma aveva catturato i suoni alle sue spalle, e la scena, a giudicare dalle urla scassa cazzo di una donna e dai vagiti di un bambino, riguardava quasi sicuramente un parto.
«Porca puttana Feliciano, spegni la tv. Quella roba ti dà alla testa-» bofonchiò nervoso, sperando che le parole del settentrionale fossero solo una proposta a caldo, causata dall’insensata gioia del momento. Non che per Lovino non vi fosse felicità, visto che quella rompi coglioni aveva finalmente smesso di urlare.
Feliciano la spense davvero la tv, senza più scostare i propri occhi dal maggiore, e non per accontentare una sua richiesta e cercare fin da subito di dimenticare quella pazza idea che gli era balzata in testa.
Se l’aveva spenta, facendo calare il silenzio in tutta la casa, era perché riteneva che un discorso così serio non dovesse essere disturbato da alcun rumore.
«Ecco, bravo.» Lovino tornò soddisfatto ad osservare i vecchi documenti fra le sue mani, convinto che Feliciano lo avesse fatto per dargli ascolto e nient’altro.
«Ehm, dicevo: adottiamo un bambino?»
Feliciano si ripeté, e Lovino non poté credere alle sue orecchie.
«Ma che cazzo stai dicendo?
I-insomma, sei serio?!» il meridionale aggrottò confuso la fronte, alzandosi dalla poltrona per adagiare i vecchi documenti sul tavolino di legno al centro della sala e raggiungere la scrivania: era nervoso, e il fatto che stesse camminando avanti e indietro davanti alla mobilia della sala ne era la perfetta dimostrazione.
Loro due. Loro due con un bambino.
Feliciano doveva essere impazzito sul serio, e poi non era certo una cosa legale -come se l’incesto fosse permesso, invece-
Rimase in ascolto del suo silenzio per un po’, poi lo incalzò con lo sguardo, cercando di incitarlo nel dire qualcosa.
«Tutte le coppie hanno un bambino! Anche noi dovremmo!»
«Noi non siamo come tutte le altre coppie, Feli.»
«Appunto, io non posso avere un bambino-» lo sguardo languido di Feliciano lo mise inspiegabilmente alle strette: che il minore lo volesse davvero, un figlio, e fosse dispiaciuto di non poterlo avere a causa della sua relazione omosessuale? O che fosse tutta una bastardissima tattica per provare a convincerlo?
«Non potremo mai averne uno, non possiamo neanche sposarci …
Almeno provare con l’adozione …»
«Se è per questo la legge non ci concede neppure il diritto di fare del bene ed adottare un bambino.» il leggero sorriso che si dipinse sul viso del meridionale parve più una smorfia amareggiata, che sorprese il settentrionale: anche Lovino voleva un bambino, ma non voleva ammetterlo? Poteva essere qualcosa da aspettarsi da lui, effettivamente, e magari si era già arreso allo Stato e alle egoiste imposizioni che probabilmente pesavano sulle loro teste per colpa di un luogo ben preciso: il Vaticano.
Feliciano sospirò sonoramente, riportando il proprio sguardo sullo schermo nero e silenzioso della tv: vedeva riflessa l’immagine di un uomo al quale era appena permesso amarne un altro, ma al quale era negato l’essere padre.

«Se proprio vuoi un bambino facciamo qualcosa di buono e non adottiamo uno di questi casinisti qui sotto, porca puttana.»
Feliciano si sorprese delle parole del fratello: dunque lo aveva convinto? Gli rivolse un sorriso allegro, grato che avesse acconsentito davvero «veh, qualcosa di buono? Ad esempio?»
Senza alcuna esitazione, Lovino, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un opuscolo sui paesi dell’Europa dell’Est, sbattendoglielo sulla faccia.

«Oh?» Feliciano aprì l’opuscolo su una pagina a casaccio, rivolgendo una rapida occhiata al fratello «vuoi andare a Mosca per adottare un bambino?»
«No.
Non Mosca. Vai a pagina quindici.»
Il minore riportò il proprio sguardo sull’opuscolo, e si affrettò a raggiungere la pagina numero quindici: Bielorussia.
«I bambini qui sono senza genitori, ma stanno bene, lì, oltre a non avere una famiglia, non vengono trattati molto bene …»
Alle parole del fratello, il settentrionale, aggrottò la fronte confuso: perché Lovino sapeva quelle cose? Che avesse già fantasticato all’idea di un’adozione, ma l’avesse abbandonata per orgoglio e paura?
«Davvero?»
«Ci sono degli istituti che raccolgono bambini di diversa età, ma da quel che ho sentito sono trattati come bestie, non come persone.
Uno è a circa un centinaio di chilometri da Minsk.
Si chiamano Internat.»
«Internati …?» Feliciano parve bisbigliare, a fior di labbra.
«Più o meno una cazzata del genere, sì.»
Lovino voleva andarci, lì: lo vedeva dai suoi occhi.
«Allora andiamo!» il minore si sollevò dal divano, con quel vivace incitamento.
«Dimentichi che siamo due uomini.
Hai pensato che è illegale sia qui che in Bielorussia?»
«Ci presenteremo come fratelli! Dopotutto è quel che siamo, no?» Feliciano avrebbe trovato una soluzione per tutto.
«Mh, gli accenti Feli.
Insomma, un fratello con un evidente accento meridionale e l’altro con un perfetto accento veneziano …» e Lovino un problema.
«Sono bielorussi, magari non se ne accorgono.» alle parole del settentrionale, Lovino negò appena, per poi muoversi verso l’uscita della sala.
«Dove vai?»
«Tu aspetta e fammi la valigia, per la tua attendi il mio ritorno.»
«M-ma-»
«Tranquillo idiota, ho un’idea che ci metterà al sicuro da ogni eventuale problema.»

Inutile dire che il sorriso divertito sulle labbra del maggiore gli aveva appena provocato un intenso brivido lungo la schiena.
   
 
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