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Autore: Kumiko_Walker    31/07/2012    3 recensioni
- Signorina Bell, cosa ci fa da queste parti? - chiese sorridendole e mettendo una mano su quello che nascondeva la giacca.
- Dovrei chiederlo io a lei, non crede, Signor Wenham? Non dovrebbe essere al lavoro? - rispose la donna, che non si chinò perché altrimenti avrebbe bagnato la sua spesa.
[Lulu BellxReever Wenham] [AU] [Slice of Life]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cats


Lulu Bell era una donna molto bella di ventiquattro anni. Aveva i capelli biondi lunghi, legati ad una coda bassa, la carnagione chiara ma non troppo, piuttosto alta e magra, con delle forme fenomenali, tanto da far girare i ragazzi quando camminava per strada o per i parchi. Aveva delle mani bellissime: le dita erano lunghe e snelle, ma le unghie erano sempre curate e perfette, davvero bellissime. Si truccava poco: metteva il rossetto rosso sempre ed usava la matita per accentuare gli occhi, ma erano quelli la particolarità della donna. Nessuno aveva mai visto cosa si nascondeva sotto a quegli occhiali dalla montatura rossa e dalle spesse lenti nere. Infatti lei aveva degli strani occhi: erano gialli, non di quel magnifico oro che caratterizzava tutta la sua famiglia adottiva, ma di un colore mais spento, veramente orribile secondo Lulu, ma la cosa che era più strana erano le pupille, allungate come quelli dei gatti, mentre le ciglia erano nere e lunghe. Era un peccato non far vedere i suoi occhi, ma molti li riteneva strani, allora lei li nascondeva.
Era una donna di nobile famiglia, suo padre era un uomo ricco e potente, ed anche i suoi fratellastri erano molto famosi. Lulu era un avvocato di successo, con una carriera brillante e moltissimi casi vinti alla spalle, sempre più richiesta dalle persone che volevano vincere un caso. Ma lei aveva anche una particolarità: capiva chi mentiva e chi diceva il vero, per questo aiutava solo chi le si rivolgeva solamente mossa dal far sapere la verità. Amava il suo lavoro, moltissimo, ed aveva moltissimi corteggiatori, ma nessuno la soddisfava. Non aveva trovato ancora l’uomo giusto per lei, aveva cercato, ma senza un risultato concreto. Che fosse stata sola per il resto dei suoi giorni intrattenendosi con uomini per una notte e per poi buttarli via? No, non era così che voleva essere. Lulu aveva ben chiari i suoi desideri: voleva sposarsi e forse avere dei figli, voleva stare per sempre con l’uomo che amava fino alla fine dei suoi giorni. Purtroppo i sogni erano duri a realizzarsi, quindi era ancora sola, ma continuava a cercare e cercare, bilanciandosi alla perfezione tra lavoro e vita privata.
La donna viveva in una villetta nella periferia di Tokyo, un regalo di suo padre per la sua laurea, perché non amante della vita caotica del centro. Non sopportava la città, ma per il suo lavoro doveva per forza stare lì, anche se era costretta a prendere il treno tutte le mattine alle sei per arrivare nel suo ufficio in tempo. Ovviamente la sua segretaria, una ragazza carina appena entrata all’università di cui nome era Linalee, la salutava sempre educatamente e le faceva trovare tutte le richieste in ordine sulla sua scrivania in ordine alfabetico. Lulu ancora non si capacitava di come Linalee ci riusciva, era un mistero, ma faceva sempre un lavoro eccellente e perfetto.
La donna usciva poco di casa, magari il pomeriggio tardi faceva una passeggiata oppure andava al supermercato, ma per il resto restava nella sua villa a rispondere ai clienti tramite il computer od il telefono, e va sempre a letto alle undici per svegliarsi alle cinque e sistemarsi per bene.
Reever Wenham era un uomo di ventisette anni, dai capelli anti-gravità di color biondo/castano secondo la luce, gli occhi di colore verde acqua, un pizzetto sul mento, molto alto e più o meno robusto. Ogni tanto portava gli occhiali per leggere i caratteri più piccoli. Amava molto gli animali, erano carini e coccolosi, ma adorava soprattutto i gatti, quegli adorabili felini.
Era un uomo normale, se non fosse che si era laureato a pieni voti in un’università di chimica e fosse finito a fare un lavoro part-time come commesso del supermercato sotto casa. Viveva nella periferia di Tokyo, in un piccolo appartamento un po’ messo male, ma l’unico che non chiedeva troppi soldi per l’affitto. Reever si era trasferito quando era piccolo dall’Australia al Giappone, per questo non si ricordava molto della sua terra nativa.
Lulu e Reever si erano incontrati un po’ di volte, forse perché quando la donna andava a fare la spesa nel supermercato a due passi da casa sua, l’uomo era sempre di turno. Si parlavano poco e si dicevano cose del tipo “Come stai?” o “Tutto bene al lavoro?”, ognuno di loro aveva scoperto il nome dell’altro così per caso. Reever lo aveva sentito quando la segretaria della donna l’aveva salutata, mentre Lulu lo aveva letto sulla targhetta che l’altro aveva sul petto, e dopo averla avuta sotto gli occhi per un po’ di tempo, aveva imparato a memoria il suo nome.
A parte l’essere entrambi laureati a pieni voti e l‘amore per i gatti, non avevano altro in comune, nessuno se li immaginava insieme, ma neanche loro due, eppure un giorno successe qualcosa, un qualcosa che cambiò tutto.
Era una giornata d’autunno, le foglie si coloravano di rosso, di giallo e di marrone, con ancora qualche sfumatura di verde, mentre quelle più deboli già cadevano al suolo. Era tutto così colorato di ocra, e c’era un po’ di freddo, quindi le persone non uscivano, soprattutto perché degli enormi nuvoloni neri minacciavano di far cadere la pioggia da un momento all’altro. Fortunatamente la donna aveva portato con sé il suo ombrello nero e si muoveva a passi lenti ed eleganti, per gustarsi tutto il mondo che la circondava. Le piaceva passeggiare in tranquillità, senza dover subire gli sguardi fastidiosi delle persone.
Una goccia d’acqua le colpì la testa e Lulu alzò gli occhi al cielo, capendo che stava per incominciare a piovere, così aprì il suo ombrello e se lo portò alla testa, continuando a camminare mentre la pioggia si faceva più forte. Le gocce d’acqua che cadevano sul tessuto dell’ombrello suonavano una bellissima melodia alle orecchie della donna, anche le sue scarpe con i tacchi schioccavano nelle pozzanghere che si erano appena formate a terra, dandole una bella sensazione, quasi infantile. Continuava a cadere la pioggia, ormai le macchine che passavano erano costantemente bersagliate dalle gocce d’acqua che cadevano dal cielo, creando un rumore simile a quello che avrebbe fatto una mitragliatrice. Lulu abbozzò un sorriso felino a quella musica melodiosa che si stava creando in quella piccola via di periferia.
Si addentrò nel supermercato e cominciò a vagare per tutte quei “sentieri”. In realtà lei doveva prendere poche cose, ma le piaceva guardare se c’era qualcosa di nuovo o di interessante, anche se di solito Lulu non prendeva nulla, era una vera bellezza poter osservare in santa pace tutti quei prodotti colorati e carini. Tanto lei aveva tutto il tempo che voleva, non aveva fretta e a quell’ora c’erano solo poche persone che passavano.
Lulu era dentro da mezz’ora, e la pioggia continuava a cadere, non la smetteva. La donna aveva preso cinque cartoni di latte fresco, tanto lo avrebbe finito presto siccome non beveva altro, una scatoletta di acciughe, una confezione di cotolette che ne conteneva due ed un pacchetto di caramelle per Allen, un inserviente di quasi diciassette anni che lavorava nel suo ufficio che aveva perennemente fame.
Andò alla cassa con tutta la sua roba ed il commesso di turno si sbrigò a mettere tutto in una borsina di plastica e di far scorrere la spesa di Lulu. Ma qualcosa non le tornava. In tutto il supermercato c’era solo una cassa e quel giorno era il turno di Reever, ormai se lo ricordava a memoria. Eppure non c’era… al suo posto vi era un ragazzo dai capelli blu con gli occhi del colore del mare che sembrava veramente arrabbiato, non diceva nulla, aveva un’espressione di chi aveva costantemente una brutta giornata, ma era un bel ragazzo. Purtroppo era troppo giovane, altrimenti Lulu ci avrebbe provato di sicuro, per vedere com’era stare al fianco di qualcuno che sembrava un samurai d’altri tempi. “Yu Kanda” c’era scritto sulla targhetta sul petto, che cercava in tutti i modi di nascondere.
- Che. Sono milleseicento yen - disse lui, aspettando che la donna gli desse i soldi, con un sopracciglio alzato e cercando di non ringhiare.
Lulu prese il portafoglio e pagò tutto, senza dire una parola e dando i soldi esatti, ricevendo poi dal ragazzo lo scontrino accompagnato da un sussurro che diceva “Buona giornata”. La donna annuì e chinò il capo, facendo intendere che anche lei gli augurava altrettanto.
Intanto la pioggia si era intensificata, così come il volume della melodia. Lulu aprì l’ombrello e cominciò a camminare verso casa. Era veramente un bel paesaggio, tutte le case erano sfuocate a causa delle gocce d’acqua che cadevano dal cielo, creando dei bellissimi quadri colorati e un po’ freddi, ma sempre con quel loro fascino misterioso. La donna sorrise leggermente a quello spettacolo e, mentre i suoi passi si udivano infrangersi contro le pozzanghere, si guardava intorno muovendo leggermente la testa a destra ed a sinistra, non preoccupandosi di scontrarsi con qualcuno, tanto i marciapiedi erano deserti e di macchine ne passavano veramente poche.
Fu grazie a quelle occhiate fugaci che notò una sagoma accovacciata in un vicolo, senza giacca e completamente fradicio. Era un uomo, piuttosto alto, le punte dei piedi sostenevano tutto il suo peso per evitare di bagnarsi il fondoschiena, mentre il suo soprabito era messo la suo fianco, con un grosso rigonfiamento come se volesse nascondere qualcosa. Lulu, nonostante i suoi occhiali da sole, riconobbe Reever, il commesso del supermercato che quel giorno non c’era al suo posto di lavoro.
La donna si avvicinò a lui, era curiosa di sapere perché un uomo come l’australiano si stava beccando la pioggia per vegliare su qualcosa e quel qualcosa era sotto il soprabito.
Si avvicinò lentamente, ma Reever non sembrava essersi accorto della sua presenza, infatti continuava ad osservare la sua giacca, come una mamma con i suoi bambini. All’inizio Lulu non capì il perché ma avvicinandosi sentì i lievi miagolii di due o più gattini.
Portò l’ombrello sulla testa dell’australiano, che finalmente si accorse della donna bionda. Era sinceramente stupito, non credeva che una persona come Lulu Bell, un avvocato di successo come lei, si fermasse a dare un aiuto ad un povero commesso come lui.
- Signorina Bell, cosa ci fa da queste parti? - chiese sorridendole e mettendo una mano su quello che nascondeva la giacca.
- Dovrei chiederlo io a lei, non crede, Signor Wenham? Non dovrebbe essere al lavoro? - rispose la donna, che non si chinò perché altrimenti avrebbe bagnato la sua spesa.
Reever si meravigliò che la bionda si ricordasse il suo nome, dopotutto l’unico momento in cui si vedevano era quando lui faceva il commesso, e si stupì ancora di più quando Lulu lo incalzò dicendogli che doveva essere al lavoro in quel momento. In effetti era vero, poi l’uomo spostò la sua attenzione verso il sacchetto che la bionda teneva in mano, capendo che lì teneva la sua spesa. Allora lei era già andata al supermercato, il che significava che aveva già incontrato quel burbero di Kanda, sperava solo che lui non l’avesse trattata troppo male.
- Mi dispiace Signorina Bell, ma volevo star al fianco di questi due fino a che la pioggia non si fosse fermata - rispose lui, spostando lievemente la giacca e mostrando uno scatolone fradicio che cadeva a pezzi, con dentro due piccoli gattini che piangevano perché avevano fame oppure erano solo infastiditi dalla pioggia. Erano piccoli e carini, due palle di pelo diverse tra loro: uno era nero e l’altro era giallo, ed entrambi avevano gli occhi con le pupille nere allungate e le iridi d’oro. Erano veramente graziosi, a Lulu facevano tenerezza, un po’ perché lei adorava i gatti, le ricordavano un po’ sé stessa. Quei due gattini le portarono alla mentre anche due dei suoi tanti fratellastri, quei due pazzi di Jasdero e Debit, gemelli assolutamente diversi nell’aspetto ma nel carattere erano molto simili, per non dire uguali.
Lulu non fu affatto impietosita per Reever, ma per quei due gattini, così decise di aiutarli e l’uomo poteva essere utile.
- Portali a casa mia - disse, mostrando una calma straordinaria e perfetta.
- Eh? Oh… ehm… va bene… - rispose l’australiano, alzandosi in piedi e prendendo lo scatole, ovviamente prima lo coprì come meglio poteva con la sua giacca molto fradicia, quasi inutilizzabile.
Stette spiccicato più che poteva alla donna, che aveva preso l’ombrello con due mani per alzarlo più che poteva perché l’australiano era nettamente più alto di lei. Agli occhi della gente apparivano come una tenera coppietta che si godeva la pioggia e stava tutto il tempo assieme, cosa che non erano.
Lulu sentì la pesantezza della spesa sulla piegatura del braccio, anche se non aveva comprato molto era difficile mantenere dritto l’ombrello con un peso a darle fastidio. Reever, per aiutarla, si faceva sempre più vicino a lei, cercando di non toccarla.
L’uomo era molto affascinato dalla donna: non solo perché lei aveva una brillante carriera come avvocato, ma anche perché nessuno sapeva cosa nascondeva sotto quei occhiali dalla montatura rossa che, da quel che sentiva vociferare dalle anziane signore, non si toglieva neanche in aula. Era avvolta dal mistero e sinceramente lui voleva sapere dove una persona del genere abitasse. Con il suo fidanzato in una piccola casa? Oppure in un piccolo appartamento sudicio e a qualche passo dalla demolizione come il suo? Nah, l’ultima opzione era veramente improbabile, dopotutto lui era l’unico sfigato in quella disastrosa situazione.
Lulu si fermò di scatto, cominciando a cercare la chiave nei suoi pantaloni in pelle neri, anche se con parecchie difficoltà a causa della spesa che rischiava di cadere ad ogni momento che passava, ma sul suo viso non trasparì nessuna emozione, anche se mentalmente era irritata e lanciava maledizioni a destra e manca contro i suoi fratellastri, tanto per diminuire la tensione.
- Signorina Bell… è questa la sua casa? - chiese Reever, non credendo ai suoi occhi, stupendosi ancora di più quando l‘altra annuì. Era una villa enorme: erano due piani, con finestre qua e là, la porta era di un legno pregiato, si vedeva da lontano, l’esterno era colorato di bianco, senza neanche una macchia od una crepatura, un vero capolavoro!
L’australiano non riuscì a far altro che aprire leggermente la bocca, era la prima volta che vedeva da vicino qualcosa del genere!
- Le entreranno le mosche in bocca se continua a tenerla spalancata, Signor Wenham - disse con la massima tranquillità Lulu, trovando finalmente la chiave del cancello verdognolo, che aprì spingendolo con il piede, perché una folata improvvisa di vento la costrinse a prendere l’ombrello con entrambe le mani. L’uomo storse lievemente la bocca in un sorriso a quella piccola battuta. La Signorina Bell era un po’ divertente e sapeva che molte persone la dicevano che era una donna noiosa, senza di vita sociale e con un unico amore: il suo lavoro. Beh, non era del tutto errato, ma non era affatto noiosa.
Il giardino era ben curato, senza un filo d’erba più lungo degli altri, tutti simmetrici e di un verde brillante. Era proprio ricca se poteva permettere una casa.
- Signor Wenham, forza, entri - disse la donna, che intanto aveva aperto la porta di casa, mettendo l’ombrello in un angolo per evitare di bagnare il pavimento.
- Ah, certo - rispose lui, un po’ imbarazzato di essere stato fermo come un baccalà. - Allora permesso - nonostante non c’era nessuno in quella villetta, Reever era abituato a dire “Permesso” ogni volta che varcava la porta di una casa, lo faceva sempre, era come un tic nervoso per lui.
Si tolse le scarpe fradice e restò in calze bianche, osservandosi intorno e mettendosi da parte per far entrare anche la padrona di casa.
Le pareti erano bianche, rese un po’ colorate dai quadri sparsi qua e là, mentre alcuni mobili davano un po’ di vita in quelle monotone stanze. Il pavimento era fatto con mattonelle marroncine a forma quadrata, senza neanche un granello di polvere su di esse.
Lulu lo accompagnò in cucina dove mise sul tavolo la spesa e aiutò Reever a togliere la giacca dallo scatolone, sentendo i miagolii spaventati dei due gattini che avevano fame.
La donna prese uno straccio che aveva pensato di buttare via, ma che adesso serviva per appoggiare i gattini, che Reever prese e posò lì sopra, ovviamente questi si dibatterono e graffiarono a più non posso le mani dell’australiano, il quale si ritrovò ferite lunghe e strette su ogni parte delle dita e del polso. Facevano un male, ma in quel momento non è che gli importasse molto, perché prestò molta attenzione a come Lulu prese due piattini e ci mise dentro il latte fresco appena comprato al supermercato. In seguito prese due ciotole di plastica rossa ed aprì la scatoletta di acciughe, per darle a quei piccoli gattini. Questi miagolarono in risposta e cominciarono a bere ed a mangiare, si vedeva che non avevano avuto né acqua né cibo da un po’, era un miracolo che fossero ancora vivi. Erano molto affilati, sempre insieme e quando il giallino non riuscì a prendere un’acciuga, l’altro lo aiutò e se la divisero. Erano così carini insieme.
- Jasdero e Debit - sussurrò Lulu, guardando come si accanivano insieme sulle dita di Reever che tentava di farli giocare, con il risultato di vedere su tutta la pelle graffi rossi e violacei.
- Cosa? - chiese l’uomo, alzando la testa mentre il gattino nero gli azzannava con tutte le sue forze il polso, facendo sibilare dal dolore l’australiano, che nonostante tutto non spostò la mano.
- Mi ricordano i miei fratellastri: Jasdero e Debit - disse la donna, indicando prima il gattino biondo e poi quello nero nello stesso momento in cui pronunciò i due nomi.
- Allora perché non li chiamiamo così? - propose Reever, ridendo ai balzi di Jasdero che provava in tutti i modi di addentare il suo dito ben alzato in aria. L’australiano amava gli animali, ma pareva che loro, al contrario, lo odiassero con tutto il cuore e cercavano di dargli più disgrazie che potevano.
Lulu annuì, voleva bene ai gatti, le piacevano e si sentiva un po’ sola in quella grande casa, quindi avere due piccole palle di pelo graziose intorno non le dava affatto fastidio, anzi, le faceva piacere preoccuparsi per qualcuno, animale o persona che sia (meglio animale).
- Se per lei non è un problema li posso tenere io - disse la donna, accarezzando la testa di Debit che non si ritrasse al tocco, al contrario, cominciò a fare le fusa, strusciandosi più che poteva sul palmo.
- Ma certo che mi va bene - sorrise Reever accarezzando a sua volta Jasdero, che però parve non apprezzare e cominciò a graffiarlo nuovamente.
- La prego di smetterla di darmi del lei, mi fa sentire molto più vecchio di quello che sono, mi dia pure del tu e mi chiami Reever - disse mantenendo quel sorriso dolce e gentile che lo caratterizzava. Notando che la donna non aveva più spiccicato parola si affrettò ad aggiungere un “sempre se lei vuole” balbettato e quasi incomprensibile.
- Va bene, Reever, allora chiamami anche tu con il mio nome - rispose Lulu. Non perché le piacesse od altro, ma solo per il semplice fatto che se voleva dare del “tu” ad una persona anche l’altra lo doveva fare, altrimenti si sentiva strana parlare con qualcuno che le dava del “lei” mentre la donna gli dava del “tu”.
- Certo, Lulu - suonava bene il suo nome, senza l’accento finale pronunciato era una melodia amichevole, molto dolce da sentire, ma soprattutto da dire.
La donna sparì un attimo senza pronunciare la benché minima sillaba, per poi tornare dopo pochi minuti con una cassetta del pronto soccorso, per cercare di curare quei graffi e quei morsi.
- Dovresti andare all’ospedale a farti vedere, non si sa mai cosa hanno questi gatti, li porterò domani dal veterinario - disse, cominciando ad applicare cerotti sul polso e sul dorso, senza dimenticare le dita. L’uomo ne approfittò per osservarle le mani: erano bellissime, le aveva già notate prima, ma vederle così vicino era fantastico, erano tutte ben curate e perfette, come solo le modelle potevano avere!
Passarono tutto il resto del tempo a giocare con i gattini e parlare ogni tanto del più e del meno. Solo verso le undici Reever salutò e se ne andò , promettendo di tornare a trovarla per vedere Jasdero e Debit.
E così successe nei due mesi successivi. In questi l’australiano si presentò svariate volte a casa di Lulu, con qualche scatoletta di cibo o qualche gioco per i due gattini, che sembravano essersi affezionati e lui, nonostante ogni tanto lo graffiavano ancora. Anche se la bionda cercava di nasconderlo, non vedeva l’ora di incontrare Reever, di parlarci insieme e di prendersi cura dei due gattini. Lo stesso valeva per l’uomo, che cominciava a sentire uno strano calore nel petto quando la incontrava, poi aveva scoperto molte cose su di lei: Lulu era nata in Francia, ma i suoi genitori morirono quando aveva solo cinque anni e la mandarono in un orfanotrofio, un giorno un certo Adam si presentò e l’adottò come sua undicesima ed ultima figlia. Si vedeva lontano un miglio che la donna era molto grata a quel uomo per averla presa con sé, chiamandolo anche Lord quando si riferiva a lui. Scoprì che aveva otto fratelli maggiori (tutti maschi), due fratelli minori (Jasdero e Debit) e due nipotini (un maschio ed una femmina) entrambi adottati dal suo quarto fratellone. Aveva anche una domestica di venti anni che quando lei non c’era faceva tutte le pulizie e si chiamava Mimi. Reever non l’aveva mai incontrata, ma da quello che poteva vedere dalla casa era molto brava. Una volta la bionda si era tolta gli occhiali e l’uomo aveva potuto osservare i suoi occhi da gatto. Aveva commentato con un “bellissimi” ed alla donna le si imporporarono le guance di un lieve rosa. Solo in quel occasione arrossì, ma in seguito si fece sempre vedere da Reever senza occhiali, perché le piaceva sentirsi dire che erano belli, nessuno glielo aveva mai detto, quindi era una bella sensazione.
Era un giorno come tanti, cioè un giorno in cui l’australiano andava a visitare Lulu con in mano due cartoni di latte, però aveva la faccia un po’ abbattuta. La donna se ne accorse subito, ormai per lei era diventato come l’aria e capiva quando era giù oppure quando era felice.
- Cosa c’è? - chiese, stufa di sentire tutti quei sospiri da parte del uomo.
- Te ne sei accorta, eh? Beh… tra poco verrò buttato fuori di casa, quindi sono un po’ giù… dovrò trovarmi un nuovo appartamento - ancora un altro sospiro pesante, mentre con le dita sfiorava Debit, che sembrava essersi ormai affezionato a lui.
Lulu restò in silenzio, lei non aveva mai patito una cosa del genere e vederlo così giù le dava una strana sensazione alla pancia, non le piaceva essere così, le dava fastidio.
- Beh, ora devo andare, vado a cercare una nuova casa - disse Reever alzandosi ed andando verso la porta.
Ma si fermò quando sentì la giacca venir trattenuta dalla bionda.
- Prendi le valigie e vieni a stare qua idiota - non se ne era accorta fino in quel momento, ma lei si sentiva bene quando c’era l’australiano in giro e non che se ne andasse. Vedendo che non si muoveva di un millimetro tanto era scioccato, la donna lo prese per il bavero della camicia e con una calma innaturale posò le labbra sulle sue in un bacio casto e dolce.
- Sbrigati se vuoi che non cambi idea - lo minacciò Lulu ringhiando come un gatto.
- Sì… certo… - rispose Reever imbambolato e cominciò correre velocemente. Che emozione! Era sicuro di avere ancora il rossetto sulle labbra, ma non se ne curò, perché quel bacio gli aveva fatto realizzare molte cose, tra le quali che lui stravedeva per la donna e se ne era innamorato, ma non se nera accorto, però quel contatto che aveva creato moltissime emozioni in lui, tanto che il cuore rischiava da uscirgli dal petto.
Così iniziò una strana convivenza ed una bizzarra relazione, che nessuno si era mai immaginato, ma né Lulu né Reever se ne preoccuparono perché loro stavano bene, insieme ai loro due gattini Jasdero e Debit.



Note dell'autrice: credo di essere la prima persona al mondo ad aver fatto una LuluxReever. Sinceramente io li vedo bene insieme, non stanno male se ci si pensa. La coppia mi è venuta in mente una notte quando non riuscivo a dormire e ho pensato: perché non fare una One-Shot?!
Mi si stringe il cuore ogni volta che vedo che Allen viene accoppiato con tutte le persone del manga (non che la cosa mi dispiaccia) e lasciando da soli i personaggi secondari che NON devono essere dimenticati e quindi bisogna dargli giustizia!
Una piccola domanda dalla sottoscritta: sono andata OOC? Se sì ditemelo che io lo metterò tra gli avvisi, grazie
   
 
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