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Autore: IShallWearMidnight    14/02/2007    11 recensioni
La Tokyo di oggi. La città che incarna i sogni e le speranze di molti, giovani o adulti che siano. Che invece, quando ogni faro effimero si è spento, non rimanga che il buio? Che, dietro alle vicende quotidiane che attraversano ogni giorno, un gruppo di adolescenti ben noti nascondano dentro di sé disillusione e disgusto? Ancora una volta, non avere nulla. Ancora una volta, non essere schiavo di nessuno. Ancora una volta, non avere legami. Ma vivere semplicemente per la tua vita è possibile se, quando chiudi gli occhi, qualcosa o qualcuno bisbiglia dal passato, o forse dal presente? O forse non puoi ignorare quei frammenti che ti trapassano il cuore, provenienti da quello specchio rotto che è il passato? La vita, alla fine, è davvero solo un inutile e disperato tentativo di resistenza?
@Iniziata la revisione dei capitoli. Capitoli rivisitati: 1/6, 11/13, 30/39@
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Nuovo Personaggio, Sha Gojio, Son Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ci stiamo avvicinando verso la fine

Capitolo 50 – Hallelujah

 

Ci stiamo avviando verso la fine.
Ci reincarneremo. Almeno, è quello che immagino. Forse l’ha mormorato Tenpou, forse Gojuin, chissà. Uno dei due sicuramente, ma avevo la mente troppo annebbiata per ricordarmi quale.
Eppure…

Sono scampato alla morte o è proprio a morire che sto andando?
Non lo so più.
Non so più niente…
Avverto
un’oppressione al petto.

Fitte incredibilmente dolorose.

L’ignoranza genera speranza, avevo pensato quando l’ho mandata via.

E lei l’ha fatto, mi ha sempre dato retta. Mi ha sempre seguito ciecamente.

Davvero ho sempre pensato al suo bene?

O in fondo, era al mio che pensavo, quando l’ho convinta ad accettare i suoi sentimenti per me?

Persino quando le ho intimato di seguire Konzen?

Vorrei non essere un dio, in questo momento.

Perché se non lo fossi…

…avrei qualcuno da pregare perché sia ancora viva.

 

Kenren, i polsi scorticati e sanguinanti, si trascinava a stento verso il banco imputati. In realtà, in casi normali non sarebbe nemmeno riuscito a camminare: aveva trascorso quarantott’ore gettato in cella, incatenato fino al collo, in uno stato di torpore mentale, quasi di delirio incosciente; le ferite gli avevano divorato il corpo; la febbre gli aveva divorato la nitidezza mentale; ma la preoccupazione che lo abbrancava, simile ad una morsa silente e totale, annullava tutto il resto.

Gojyo non poté far altro che osservare, inerme. Non seppe se vide tutto questo nella sua mente, o se l’ombra di Kenren l’avesse materializzato davanti a lui. Ma non aveva molta importanza, in quel momento.
Si sfiorò i polsi quasi senza accorgersene. Anche lui provava un vago disagio fisico, non così nitido da riconoscervi il dolore, ma…

Tenpou veniva dietro Kenren, Gojuin chiudeva la fila. Nessuno di loro verteva in condizioni molto migliori di quelle del generale, quelle che un tempo erano nobili divise militari ormai laceri cenci insanguinati. Pallidi fantasmi dei fieri e imponenti militari che erano stati, parevano.
Ognuno era scortato da un numero impressionante di guardie armate. Buona parte di quelle che erano rimaste in vita, almeno.

Avevano fatto strage di milizie la cui unica colpa era quella di trovarsi dall’altra parte della trincea.
Al momento però, il rimorso verso le vite spezzate era l’ultimo dei pensieri di Kenren. E, ci scommetteva, anche degli altri due.
“Maresciallo dell’armata dell’ovest Ryuu Ou Sekai Gojuin. Maresciallo dell’armata dell’est Tenpou Gensui. Generale dell’armata dell’ovest Kenren Taisho

Al sentirsi nominare, ognuno di loro chinò il capo in un leggero, dignitoso, cenno di assenso.

La voce del dio, delegato dall’imperatore celeste per rappresentarlo al processo, tremava leggermente. “Non ci sono parole per qualificare la carneficina che avete commesso. Non c’è pena adeguata per i vostri crimini. Non si è mai verificata un’…azione…simile da che si ha memoria”. L’espressione della divinità si contorse in una maschera di disgusto, o forse rabbia; o magari paura.  “E tuttavia, ci è negata qualsiasi azione violenta. Questo è uno dei casi in cui l’intero mondo celeste vorrebbe non essere così puro come gli è riconosciuto. Questo è un momento in cui ognuno vorrebbe correre alle armi e prendersi la sua vendetta. Questo…”
Non continuò. Kenren abbassò la testa, per quanto lo squarcio alla spalla gli consentisse di muoversi, e riuscì a trattenere a stento un’acre risata, che rimpiazzò con un sorriso altrettanto asprigno. Erano riusciti a far perdere la calma all’intero regno celeste. 
“Il dio della guerra Nataku Taishi è morto. Al momento…non ci è possibile…”

Spazientito, l’imperatore celeste prese la parola, interrompendo l’arringatore.
“Basta. Non è momento, questo, di confusione. E’ il momento della condanna”
Il dio si ricompose
, impallidito. “Non essendoci un dio della guerra, ci è impossibile eseguire la vostra condanna. Le leggi del mondo celeste ci vengono meno, persino per punire degli…assassini quali siete
La stanza risuonò di grida furiose. ‘Assassini’, ‘Traditori’, ‘Sterminatori’, ‘Esseri impuri’, ‘A morte’.
“Basta! Silenzio!”, tuonò la voce dell’imperatore celeste. Prese nuovamente la parola.

“La prigionia eterna sarebbe la giusta punizione. Sì, un eterno esistere in catene, oppressi da dolore fisico e morale. Ma…”

E lì tacque.
…ma avete paura di noi. Nessuna prigione sarebbe abbastanza sicura per gli sterminatori di dei.  

“Non potete ucciderli perché vi macchiereste di una colpa pari alla loro. Non potete imprigionarli perché li temete. Non potete farli uccidere perché nessuno adesso può farlo. Non sapete prendere una decisione nemmeno in un momento come questo. Siete patetici…”

Gojyo si strinse nelle spalle, tentando di escludere le fitte di apprensione che lo opprimevano.

Nondimeno, lui sapeva benissimo che fine avesse fatto Shioka.

Shinobu l’aveva raccontato quel giorno con occhi lucidi, ma com’era prevedibile, la sua reazione non aveva superato lo stadio della mera depressione mentale. Era solo adesso che riusciva a capire cosa dovesse aver provato Kenren. Come se si fosse rotta una diga e fosse stato travolto dall’acqua, senza riuscire più a stare in piedi né a trovare un appiglio.

Verrete condotti al cospetto dello Specchio Trascendentale. Lì abbandonerete le vostre spoglie divine, ma pur sempre mortali, e la vostra anima inizierà un viaggio che allontanerà per sempre il vostro cammino dalla nostra esistenza. A proposito di ciò…”, e nel pronunciare tali parole il volto  dell’imperatore celeste tradì una nota di sollievo e soddisfazione, “…la donna eretica e il nipote della dea Kanzeon Bosatsu, Konzen Douji…hanno trovato la morte”

Gojyo fu costretto quasi a piegarsi in due, senza fiato.

Kenren cadde in ginocchio, improvvisamente svuotato da qualunque forza e pensiero, le labbra che articolavano un nome senza voce.

Il dio fu rimesso brutalmente in piedi dalle guardie armate, che lo gettarono in avanti. Kenren si accasciò sul banco imputati, un fiotto di sangue misto a bile che gli scivolava dalle labbra.

Si sforzò di distogliere lo sguardo dall’imperatore celeste, concentrandosi su Tenpou. Al maresciallo era impossibile accorrere in suo soccorso, non poté che riflettere il suo sguardo.

Negli occhi suoi e di Gojuin lesse un sentimento simile al suo.

Dolore?

No…troppo poco…

Strazio.

Shioka…e Konzen…

“Siamo stati informati…che la donna eretica e il bambino hanno combattuto tra di loro uno scontro che ha portato la donna alla morte. Konzen Douji è rimasto ucciso in circostanze confuse”. Altre grida, questa volta più soddisfatte, risuonarono per il salone, ma Kenren non le udì, né vennero messe a tacere. Il volto dell’imperatore celeste si illuminò leggermente.
Il dolore delle ferite fisiche esplose in tutta la sua interezza, mozzandogli il fiato, annebbiandogli la mente. Non riusciva a pensare a nulla che non fosse il viso di Shioka, il suo ultimo abbraccio prima che lui la mandasse a morire.

Sì. Era stato lui. Qualunque cosa avesse portato Shioka a combattere contro Goku, lui ne era stato la causa. Non voleva vederla morire, aveva sperato che riuscisse a trovare una via di fuga. Sapeva che i suoi ragionamenti erano dettati dal dolore, ma non gliene importava nulla.

Anzi, a dirla tutta, non gli importava più di niente.

Riusciva solo a biasimare se stesso. Per non averla protetta, per averla anzi mandata alla morte con la sua sconsideratezza.

Chissà…magari…se non le avesse detto di seguire Konzen, in quel momento sarebbe stata lì, accanto a lui. In catene, forse. Ma viva.
Un groppo alla gola rischiò seriamente di far accadere ciò che non era mai accaduto prima ad un dio.
Kenren usò tutta la lucidità residua per non lasciarsi sfuggire una lacrima.

Gojyo si accasciò, sfinito. A lui sì, era scivolata una lacrima lungo uno zigomo. Se la asciugò con aria colpevole.

Non mi riguarda, tutto ciò che è qui non mi riguarda.

Quello non sono io, quella non è Shinobu.
Sì. Non c’è ragione…non devo…
Ma
non riuscì a trattenerne una seconda. Non c’era nulla da fare.

In quel luogo, in quel momento, lui e Kenren erano una cosa sola.
Kenren…lasciami andare.

L’annuncio di ciò che era stato di Konzen e Shioka parve soddisfare, e anzi, rallegrare, tutta la popolazione divina che assisteva al processo.
Dov’è l’altro mostro?”, si stagliò una voce più nitida delle altre.

Cosa ne sarà di lui?”, tuonò un’altra.
All’imperatore celeste bastò un cenno della mano per ottenere il silenzio. “Non vi sono dubbi”, dichiarò, “che verrà imprigionato. Esistono kekkai molto potenti per contenere gli esseri eretici, una volta che i loro poteri siano contenuti da dispositivi di controllo. Sarà portato nel mondo sottostante, e sigillato con un incantesimo tale che nessuno potrà scioglierlo per l’eternità”
Si udirono voci e plausi.
Kenren non ascoltava già più. Se dovevano condurlo a reincarnarsi, sperava che avvenisse nel più breve tempo possibile. Si morse un labbro immediatamente dopo, dandosi dell’egoista. Goku…non era in sé. Non era stato lui ad uccidere Shioka, bensì il Seitentaisei. Non si meritava la prigionia. Una parte di lui, bruciante di umiliazione, insorse: sapeva vagamente che, se si fosse trovato in sé, in quel momento avrebbe affrontato nuovamente l’intero impero celeste per salvare Goku.

Se mai potesse salvare davvero qualcuno.

Il dio abbassò la testa verso la spalla sana per tergersi il sangue.

Ormai erano al capolinea.

Non avevano più forze né armi. A giudicare dalle ferite, se anche non fossero stati condannati alla reincarnazione, non sarebbero di certo sopravvissuti a lungo.
Guardò a lungo, ancora, Tenpou, che rispose al suo sguardo stanco.
Erano al capolinea, ripeté a sé stesso.

“Aspettate un momento!”

Una voce tuonò in sala, imperiosa, profonda.
Kenren alzò appena lo sguardo, giusto in tempo per vedere Kanzeon Bosatsu che avanzava per il corridoio interno, un passo dopo l’altro, l’atteggiamento fiero.

Eppure, non poté mancare di notare che la dea sembrava profondamente stanca. Era seguita a pochi passi dal fido Jiroushin.
“Sommo imperatore degli dei…”; la dea s’inginocchiò, tra il visibile stupore del dio che la seguiva, e quello di tutti i presenti. Mai, la dea Kanzeon Bosatsu si era inginocchiata dinnanzi all’imperatore celeste.
“Kanzeon Bosatsu…”. Il dio chinò leggermente il capo, poi ritrovò la sua imperiosità. “Per quale motivo interrompete un così importante processo?”
La dea alzò lo sguardo, rialzandosi con un gesto fluido ed elegante. I capelli le scivolarono dietro le spalle, scoprendo lo sguardo fiero.

“Sommo imperatore Tentei, chiedo che la sorte dell’essere eretico sia pari a quella dei traditori che l’hanno protetto”
La sala esplose di esclamazioni contrarie, fischi e grida furiose.
Silenzio, ho detto!”, tuonò l’imperatore. Poi si rivolse alla dea. “Kanzeon Bosatsu, ho ragione di credere che siate mossa semplicemente da spirito di pietà verso il protetto di vostro nipote. Ditemi, come potete provare compassione per un mostro simile? Vi rendete conto che la metà della gente qui presente ha perso fratelli, padri, figli, per opera del mostro che mi state chiedendo di graziare con la condanna alla reincarnazione?”
Kanzeon Bosatsu aveva ascoltato in silenzio. “Sommo imperatore Tentei. Non parlo mossa da compassione, né pietà. Mio nipote era un traditore, e il ragazzino che proteggeva merita la peggior pena possibile”. Fissò gli occhi in quelli dell’imperatore, probabilmente certa che, mancando il sostegno del viscido Li Touten, l’avrebbe trovato più malleabile.
“Dunque, perché state parlando in suo favore?”
“Non fraintendetemi. Il mio scopo non è privare il regno celeste della peggior vendetta che possa ottenere, ma proteggerlo. Cosa ci assicura, infatti, che il kekkai messo a protezione della prigione dell’essere eretico sarà davvero così infrangibile?”
“Il kekkai…”
Kanzeon non gli consentì di finire. “Cosa ci assicura che, riprese le forze, l’essere eretico non trovi nuovamente modo di attaccare il mondo celeste? Sommo imperatore, sapete bene, come me, che è impossibile ucciderlo. Le leggi di questo mondo, che i traditori hanno profanato, hanno ancora una valenza per noi. Non possediamo un essere impuro che possa operare al posto nostro. E tuttavia, molti dei militanti capaci di creare un valido kekkai sono morti. Io stessa non potrei giurare di saper creare una barriera incorruttibile per l’eternità. Cosa ne sarebbe dell’impero celeste se l’essere eretico si liberasse e commettesse nuovamente una simile strage?”
Kenren sorrise amaramente, appoggiato al proprio banco imputati.
La vecchia se lo sta lavorando bene…
Le voci furiose, intanto, si erano
placate, sostituite da un mormorio nervoso. Gli animi degli dei sopravvissuti erano ancora troppo turbati perché non trovassero spaventosamente possibile una simile opzione.
Il tono di voce dell’imperatore celeste si indebolì. “Cosa consigliate di fare dunque, Kanzeon Bosatsu?”
Un rapido sorriso apparve sulle labbra della dea, ma sparì così com’era venuto.
“L’ho già suggerito, sommo imperatore: di applicare la pena prevista per gli altri traditori. L’anima dell’essere eretico inizierà un naturale ciclo di reincarnazioni, riapparendo su questo mondo tra centinaia o migliaia di anni. Non sarà più un problema per il regno celeste”
La volontà dell’imperatore vacillò
. “Ma…non è mai successa una cosa simile prima d’ora…un’anima eretica, portatrice dello yin, non può…”
“Non ci sono precedenti nemmeno per negare che ciò sia possibile, sommo imperatore”, fece notare con un sorrisetto malizioso Kanzeon Bosatsu.
L’imperatore tacque. Un sospiro stanco gli scivolò via dalle labbra.
Probabilmente, se fosse stato ancora vivo, in quel momento avrebbe chiesto consiglio a Li Touten.
“…vigilate voi sulla condanna, che sia eseguita immantinente. Prima che l’essere eretico riprenda i sensi, esigo che lui e i tre traditori siano condotti davanti allo Specchio Trascendentale”
Kanzeon s’inchinò. “Sarà fatto, sommo imperatore”
Kenren riuscì a vedere una gocciolina di sudore scivolare via sul collo della dea.

Gojyo sospirò
di sollievo. La tensione si era un po’ allentata, il contatto con Kenren non era così nitido come poco prima.
Adesso che riusciva a pensare lucidamente, iniziava a capire perché Kenren avesse tentato di tenerlo lontano da Shinobu.
In un turbinio d’immagini, vide la pronuncia ufficiale della condanna contro i quattro. Vide portare dentro, a braccia, il piccolo Goku, privo di sensi. Vide lo Specchio Trascendentale, sentì la sgradevole - e fortunatamente breve- sensazione della vita che gli veniva risucchiata dal corpo.
Poco prima che tutto svanisse in un turbinio indistinto, vide Kanzeon avvicinarsi a Kenren, sfiorandogli una spalla. E sentì nitidamente dirgli:

“Le sue ultime parole, che non ha completato, erano per te”
Un’esplosione di tristezza.

Poi, il nulla.

 

 

Shinobu mugugnò nel dormiveglia, deglutendo. Con un sospiro, si decise ad aprire leggermente gli occhi, sollevando contemporaneamente il polso dal cuscino per controllare l’orologio. Le dieci e venti.

Inarcò la schiena, sollevandosi dal materasso e guardandosi intorno. Gli avvenimenti di quella notte le sovvennero ben presto, spiegandole perché Gojyo non si trovava accanto a lei, nel letto.
Si diresse dunque verso il saloncino, sorpresa dalla mancanza del russare di lui. E infatti, la poltrona era vuota. Appoggiò il mento allo schienale, sbadigliando, e chiedendosi stolidamente dove potesse essere. In casa non aleggiava alcun rumore, se non gli schiamazzi cittadini che provenivano dalla strada di sotto.
Nessuno nemmeno in cucina, naturalmente.
Un biglietto sul tavolo, fermato da una biro nera. Shinobu lo lesse velocemente, trattenendo un sorriso alla vista dello stupido cuoricino che quell’idiota aveva disegnato. E corrugando le sopracciglia al veder messe in discussione le sue doti culinarie.
Esco per un po’. Bene, concesso. Però poteva scrivere anche dove stava andando. Non preoccuparti, ci vediamo per pranzo.
Era quello che sperava. Perché non ci voleva un grande sforzo d’immaginazione per sapere dove il rosso si fosse rifugiato – e, dunque, dove avrebbe potuto trovarlo allo scadere di tale termine. Il perché, quello era un altro paio di maniche.
Ora che la quasi sbornia era passata, lasciandole solo un lieve e sordo pulsare alle tempie come souvenir, i ricordi si facevano più nitidi. E si chiese, non senza un filo di vergogna, perché avesse permesso a Gojyo di aggirare la discussione più di una volta, la sera precedente. Perché avesse lasciato perdere così in fretta l’assenza di spiegazioni sul suo comportamento evidentemente anormale.
Scostò una sedia dal tavolo, appoggiando i gomiti sul ripiano in legno, e rileggendo più volte il biglietto, nonostante le avesse già comunicato tutto ciò che doveva comunicarle.
Era sabato, e dunque niente lezioni. Oh, non che si sarebbe ricordata di mettere la sveglia, alticcia com’era la sera prima. Era già tanto che si fosse ricordata di avvertire a casa che non sarebbe tornata. Ormai tale notizia era accolta con una sorta di tacita rassegnazione. Meglio così.
Shinobu arricciò le labbra, seccata. Non le piaceva quando aveva la sensazione che altrove prendessero vita chissà quali arcani progetti che la riguardavano, senza che lei ne venisse messa al corrente. Ed aveva la stramaledetta impressione che, in quel momento, a casa di Hakkai si stesse svolgendo un’edificante chiacchierata su argomenti a lei sconosciuti ma che, ci scommetteva, la toccavano da vicino.

In realtà, non c’era nessun apparentemente plausibile motivo per cui Gojyo dovesse evitarla. A meno che non volesse lasciarla, ovvio, ma in quel caso non c’era bisogno di una simile sceneggiata, quella notte. Non si trattava nemmeno di rancore, e dunque era superfluo interrogarsi su eventuali sue pecche nei confronti del rosso, ultimamente.

Scartate le ipotesi razionali, tutto ciò che restava era l’irrazionale, lo sconosciuto.
E tutto ciò che di irrazionale e assurdo era avvenuto in quegli ultimi tempi aveva una matrice comune: il Tenkai.

Si chiese se Gojyo in realtà non sapesse qualcosa che lei non sapesse e non volesse farle sapere.

Beh, concluse controllando nuovamente l’orologio, che segnava le dieci e quaranta. Avrebbe aspettato l’ora di pranzo. Cucinando anche, perché no? Non si sa mai, magari Gojyo sarebbe rientrato davvero per quell’orario. E magari con una soluzione a qualunque cosa lo tormentasse.
Altrimenti irromperò a casa di Hakkai con un blitz che farebbe impallidire la miglior squadra antidroga.

 

 

Gojyo si ritrovò disteso sul prato. Stranamente, non era sudato, né provato. Si sentiva praticamente svuotato da ogni emozione, adesso.

Dopo aver provato quelle intensissime di Kenren, non riusciva quasi a sentire le proprie.

L’ombra di Kenren era ancora lì, appoggiata al ciliegio in fiore, più evanescente che mai. Forse era proprio quell’albero a rappresentare la sua anima.

Il ragazzo si alzò, leggermente frastornato. Si avvicinò all’ombra, le braccia inerti lungo i fianchi.

Kenren aveva sofferto.

Kenren tentava di agire per il bene di Shioka.

Ma doveva fargli capire, a qualsiasi costo, che adesso toccava a lui.
Perché non c’era solo Shioka, c’era anche Shinobu.

Tentò di placare ogni spirito aggressivo. Tentò di placare qualunque spirito, in effetti. Se mai nella sua vita ci fosse stato un momento in cui era fondamentale mantenere la calma più completa, era quello.

Le sue labbra si schiusero in un sussurro.

“Io…la proteggerò, Kenren. E’ una promessa”

L’ombra scosse la testa.

Era quello che credevo di fare anch’io. Come fai ad essere così sicuro che tu, che voi tutti, non la trascinerete di nuovo in un baratro?
L’irritazione di Gojyo iniziò a fremere. Mantenere la calma era più difficile del previsto.

E lui non era mai stato bravo nel restare calmo, per quello c’era Hakkai.

“Tu non puoi capire! Tu non puoi costringermi…!”

Kenren inclinò la testa di lato. Non sono io a costringerti, Gojyo. Tu e io condividiamo la stessa anima. E’ una parte di te, quella che contiene i ricordi e i sentimenti di Kenren, che ti impedisce di toccarla.

L’ombra alzò un braccio. E fu di nuovo buio.

Gojyo si guardò intorno, chiedendosi, questa volta, cosa gli avrebbe mostrato per convincerlo.

E vide se stesso.

Se stesso bambino, in macchina, mentre i suoi genitori morivano.

Se stesso affidato alla famiglia della donna che chiamava ‘madre’.

Vide l’indifferenza, il dolore, la violenza.

Vide Jien, l’amore e l’odio che provava per lui. L’amore verso un fratello, l’odio verso il figlio amato da quella donna da cui lui voleva essere amato.

Vide ancora l’odio, sfogato verso il mondo esterno, dopo la morte della madre. Sfogato verso il cugino, sfogato verso chiunque passasse per la sua strada.

La violenza di un bambino verso un mondo che non l’aveva amato.

La calma di Gojyo si infranse come un’onda sul bagnasciuga. Si sentiva nuovamente un ramoscello inerme ai piedi di una diga rotta.

Ma questa volta i sentimenti erano pienamente suoi.

Si circondò il viso con le mani per non guardare, per non sentire.

Questo è il baratro in cui la trascinerai, Gojyo, mormorò la voce secca e profonda di Kenren, così fastidiosamente simile alla sua. Cazzo, gli sembrava di star parlando a se stesso, e forse era esattamente quello che stava succedendo. Forse stava semplicemente impazzendo.

E probabilmente era la soluzione più comoda.

Le immagini cambiarono ancora. Questa volta era il passato di Hakkai. Kanan, il desiderio carnale verso di lei. Il senso di colpa. La morte, il sangue. L’odio verso se stesso. La voglia di morire. La voglia di vivere per espiare.

Tu, Tenpou…e persino gli altri…ci siamo tutti reincarnati, ma tutti continuiamo ad arrancare in una palude. Non importa quante volte ci reincarniamo, non importa quante volte abbiamo la possibilità di rimediare…finiamo sempre per fare la cosa sbagliata. Non c’è pace duratura per noi, Gojyo. E siamo destinati a coinvolgere anche le persone che ci sono vicine, com’è successo a Kanan. Lascia che almeno lei viva in pace.
Gojyo cadde nuovamente in ginocchio. Stava cedendo, lo sentiva. I sentimenti di Kenren, uniti ai suoi, lo stavano facendo impazzire. Troppi pensieri, troppe sensazioni per una mente sola.

 

 

“Hakkai, ciao.”

Shinobu forzò un sorriso, appoggiandosi allo stipite mentre si sfilava le scarpe. Eppure, la sua voce risuonava tranquilla, ragionevole.
Il ragazzo la salutò con un cenno del capo, un lieve sorriso preoccupato. “Dimmi”, sussurrò quindi, scostandosi per farla entrare.

“E’ qui, vero?”
L’altro tacque un momento, poi assentì. “E’ di là. Sta dormendo”

Le sopracciglia di Shinobu ebbero una repentina contrazione. “Come sarebbe, sta dormendo?”. La ragazza sospirò, riabbassando la voce.  Cosa sta succedendo, Hakkai? Lo so che tu ne sei al corrente. Dimmelo, per favore”
Hakkai s’inumidì
le labbra. “Adesso sta…per favore, so che sembra strano, ma…”

Shinobu inclinò la testa di lato, attendendo una spiegazione di senso compiuto. Di fronte al silenzio impacciato di Hakkai, che tentava di trovare le parole giuste, alzò gli occhi al cielo e si diresse verso il salone. Hakkai le tenne dietro.

“Non svegliarlo”

La ragazza si avvicinò al divano, chinandosi. Gojyo aveva il sonno agitato, sudava e si muoveva in continuazione.
“Non lo farò”, sussurrò, allungando una mano per liberargli la fronte da un ciuffo di capelli. Le sue dita gli percorsero la cicatrice dell’incidente.

“Allora”, mormorò, con tranquillità, ma con la voce di una persona che non ammetteva repliche. “Mi spieghi cosa sta succedendo, o ti ha proibito di parlarmene?”
Accomodandosi sulla poltrona lì vicino, Hakkai sospirò e appoggiò il viso ad una mano.
“No, non è questo. E’ che è difficile da spiegare, non conosco di preciso la situazione. Gojyo è venuto qui stamattina, in stato un po’ confusionale. Ha detto di aver comunicato con Kenren, stanotte. Ecco…Kenren…”

“C’entra in qualche modo col fatto che Gojyo da ieri sera evita qualunque contatto fisico con me?”

Hakkai annuì. “Così pare. Non ne conosco esattamente la ragione, Gojyo non è stato molto chiaro. Kenren crede di aver fatto torto a Shioka, penso di aver capito. E per questo si era ripromesso di non interferire più nella vita di Shinobu. Allontanando Gojyo da te, naturalmente. Ha detto lui…di provare un intenso dolore alla testa nel contatto con te”

Shinobu, che intanto si era seduta, gambe incrociate, ai piedi del divano, sul pavimento, si schiaffò una mano sugli occhi, in un gesto sconsolato. “Hakkai, stai scherzando?”, mormorò.

La voce del ragazzo vibrò, decisa. “Ti sembra momento per gli scherzi? Certo, non sai quanto mi sto divertendo. Tra un attimo Gojyo si alzerà dal divano ed entrambi rideremo di te”
Shinobu sospirò.

“Scusami”, bisbigliò la ragazza con voce contrita. “Ma…è assurdo…cioè, non tanto il fatto in sé, ma…che torto avrebbe fatto a Shioka?”. Si fece scivolare la mano dal viso fino a ricongiungerla con l’altra, in grembo. La voce le tremò.

“Kenren ha cercato di proteggerla con le sue forze fino alla fine…l’ha persino allontanata per tentare di metterla in salvo. L’ha accolta con affetto, come pure Tenpou, anzi, di più, l’ha tirata fuori dall’apatia in cui viveva e…”

L’altro si sfilò gli occhiali e iniziò a ripulirli con un lembo della maglietta, con gesti nervosi. “…e crede di averla messa lui nella situazione che l’ha portata alla morte”

La ragazza tacque, chinando il capo. Scoccò un’occhiata preoccupata al rosso, che, intanto, si era fatto stranamente tranquillo.

“Non è possibile…non può…”

Hakkai si alzò e le andò davanti. S’inginocchiò davanti a lei, poggiandole le mani sulle ginocchia.

“Ascolta. Penso che Gojyo stia combattendo. Sono sicuro che sta tentando di convincere Kenren. O meglio, di convincere se stesso”
Shinobu continuò a tacere, lo sguardo basso.
Era una situazione in cui non aveva nessun peso, nessuna possibilità di intervenire. Era una questione tra Gojyo e Gojyo, o meglio, tra Gojyo e Kenren.
Se lo conosco, Shinobu…non mollerà, finchè non gli sarà dato di agire di testa sua”

 

“Kenren…”

Gojyo risollevò testardamente la testa, ancora una volta, sfinito.

“Lasciami libero di decidere”

Kenren lo guardò ancora con sguardo compassionevole.

Prima la calma. Poi l’irritazione. Poi la disperazione. I sentimenti di Gojyo si trasformarono improvvisamente in rabbia, cieca, bruciante.

“Non hai nemmeno le palle di prenderti le tue responsabilità, Kenren…Le azioni passate non si guardano con rammarico e desiderio di cancellarle, ma con la consapevolezza di avere imparato una lezione…”

L’ombra si scompose leggermente.

Cosa credi di capire, tu? Non hai vissuto un centesimo di quanto ho vissuto io!
Gojyo arrancò verso Kenren, ormai totalmente furioso per la supponenza del dio. “Cosa credi di aver capito tu, presuntuoso arrogante del cazzo? Stai solo persistendo nei tuoi errori! L’hai spinta ad accettare i tuoi sentimenti per te, poi l’hai persuasa ad andare via, e ora vorresti proibirle di starti vicino? Ma chi credi di essere, per poter disporre così della sua vita? Shioka era una persona con le palle. Sapeva badare a se stessa, sapeva a cosa andava incontro quando ha preso, man mano, tutte quelle scelte. E ora pretendi di ‘lasciarla libera’, di ‘restituirle tutto ciò che le hai sottratto’ quando l’hai ‘trascinata con te nella palude’? Ebbene! Lascia che ti parli da Gojyo, stronzo: sono solo parole del cazzo!”

Sferrò un pugno al tronco del ciliegio, che lasciò ricadere i petali dei fiori, quasi deridendolo.
“E ora pretendi che io non stia con la mia ragazza a causa delle tue idiotissime seghe mentali? Bene, sai cosa ti dico? A costo di farmi esplodere la testa, io starò con lei. La toccherò, la bacerò, ci farò sesso quando mi aggraderà. Chiaro? Non mi interessa se io ero Kenren e se Shinobu era Shioka. Non mi interessano tutti questi sogni di merda. Voglio vivere la mia vita come voglio, e non sarà una stupida ombra nella mia testa ad impedirmelo!”

Ansimò, senza fiato, appoggiandosi allo stesso albero che aveva colpito. Si impose un minimo di controllo, ma era difficile fermarsi quando aveva finalmente trovato un modo di sfogarsi.



Shinobu appoggiò la nuca sul cuscino del divano, allungando una mano per prendere quella di Gojyo.

“La verità…è che vorrei solo che lui stesse bene. Non mi piace quando non è tranquillo, e non si accorge che mi trasmette ogni sentimento che prova. Che sia triste o felice”
Sorrise
. “Kenren ha fatto molto per Shioka. E Gojyo…ha fatto moltissimo per me”

Strinse la mano del rosso.

“Mi piacerebbe…se riuscisse a comunicare a Kenren che Shioka, per quel po’ di tempo che hanno passato insieme, non avrebbe esitato a dare la vita. Cosa che, alla fine, è un po’ successa”

Ed è lo stesso per me.

 

“Ho trascorso…più di diciott’anni a cercare qualcuno che mi accettasse veramente. Qualcuno che potesse darmi calore”. Tese con violenza una mano verso Kenren ma, dopo aver stretto vigorosamente il pugno per la rabbia, spiegò le dita verso di lui. “Sono certo che mi capisci. E anche per lei era così, Kenren. Non c’è abisso, non c’è palude. Vi siete salvati a vicenda”

Ripensò al calore di Shinobu: quando stava per morire, quando si era distesa accanto a lui su quel letto d’ospedale. Quando l’aveva baciata. Quando era stata con lui nel magazzino dei ricordi. Quando l’aveva tenuta stretta tra le braccia.

“Sì”, confermò ad alta voce Gojyo. “Se tornassi indietro, sarei disposto a qualunque cosa, per rivivere quei momenti. E sono sicuro che anche per Shioka è stato così”

Impercettibilmente, fu sicuro di riuscir a sfiorare Kenren, con la mano tesa, fu sicuro che questa volta non avrebbe attraversato la sua ombra.

“Kenren, vieni. Riuscirai a sentire anche tu la voce di Shioka, in quella di Shinobu”

E finalmente l’ombra si dissolse. Anzi, Gojyo giurò di averla vista entrare in sé.


Shinobu si sentì stringere la mano di rimando. Gli occhi di Gojyo si riaprirono lentamente.

Gli sorrise, alzandosi, mentre sentiva Hakkai avvicinarsi a lei.

“Bentornato”

Gojyo socchiuse le labbra, sorridendo. In realtà, non fu troppo stupito dal vederla lì.

“Non hai bruciato il riso, vero?”
Shinobu gli mostrò la lingua. “No, ma ormai sarà una gelida massa informe”
Si guardarono per un momento, prima che il rosso le tendesse le braccia e Shinobu ci si gettasse a capofitto.

 

 

 

 

 

~Epilogo~

 

Sanzo, sbrigati!”

Goku trotterellava allegro, col viso rivolto verso Sanzo, che camminava senza fretta lungo il viale.

“Si può sapere cos’è tutta questa fretta?”
“Siamo in ritardo, uffa!”
Il biondo scosse la testa, borbottando seccato uno ‘tsk!’. Goku si fermò, irritato. Sanzo, che aveva lo sguardo basso perché stava cercando con lentezza snervante accendino e sigarette, non lo vide e quasi gli andò a sbattere contro.

Il ragazzino si sollevò sulle punte dei piedi e, un sorriso furbetto in volto, gli posò un veloce bacio sulle labbra. Sanzo si fece indietro di scatto, strofinandosi la bocca col dorso della mano.

“Scimmia, giuro che se ti prendo è la fine dei tuoi giorni!”
Ridendo, il ragazzino si slanciò in avanti di corsa, seguito da Sanzo – che improvvisamente aveva velocizzato il passo, chissà come mai?
“Finalmente!”, lo provocò ancora un po’ Goku, continuando a ridere e a correre.
I due si rincorsero fino alla collina, scivolosa per i petali di ciliegio, che quell’anno si prospettavano bellissimi. Erano fioriti molto prima dell’inizio di marzo. Sanzo riuscì ad afferrare Goku, ma entrambi scivolarono per il pendio, riducendosi ad una posizione molto poco consona a due ragazzi.

“Ehi, le oscenità a casa vostra, grazie!”, cinguettò Gojyo con un capiente bicchiere di sakè in mano.

“Posso unirmi a voi?”, si unì al coro Shinobu, anche lei palesemente brilla.

Sanzo si affrettò a togliersi da sopra Goku, spolverandosi la giacca e borbottando insulti. Hakkai scoppiò a ridere, seguito a ruota da Gojuin, che si ricompose immediatamente.

“Allora!”, gridò Goku raggiungendoli e gettandosi nuovamente sul suolo ricoperto di petali.

“Esigo che mi comunichiate i risultati!”

Hakkai mostrò la V della vittoria. “Ammesso! Per un attimo avevo creduto di non farcela, ma…”

“Hakkai, Hakkai, non sparare cazzate!”, abbaiò Gojyo ridendo sguaiatamente. “Eri talmente sicuro di non farcela, che non solo sei entrato a medicina, ma pure con il punteggio più alto tra tutte le matricole”
Per un attimo, avevo detto”, fece notare l’altro.

Gojuin? Giurisprudenza, vero?”

“Passato anch’io”, rispose modestamente l’albino, riempiendosi dignitosamente il bicchiere di sakè.

E anche Sanzo, abbiamo visto sui tabelloni”, osservò Shinobu. “Lettere, giusto?”
Tsk!”, commentò il biondo – che nel frattempo si era spolverato minuziosamente la giacca - raggiungendoli infine e strappando un bicchiere di sakè dalle mani di Hakkai.   

“A questo punto…”, Goku si voltò scodinzolante verso Gojyo. “Com’è andata?”

”, fece per dire Gojyo.

Shinobu gesticolò selvaggiamente.

“…poteva il futuro genio della musica non entrare al conservatorio più rinomato di Tokyo?”, esclamò il rosso scattando in piedi e continuando a ridere in maniera sguaiata.

Goooooooooooku!”, piagnucolò Shinobu, versandosi per consolazione dell’altro sakè, mentre il rosso prolungava il suo ‘oh oh oh’. “Sta vantandosi da stamattina, non c’è bisogno di gonfiare ulteriormente il suo smisurato ego!”

Goku chiuse gli occhi in una smorfia, non smettendo però di ridacchiare. “Basta, ho capito, zitto!”
Gojyo si strinse nelle spalle in un gesto di falsa modestia.

“Un medico, un musicista, un avvocato, un professore di lettere e due sfaccendati…conquisteremo il mondo, ragazzi!”

“Tzè, vedi di non farti buttare fuori, invece!”, fu il commento sarcastico di Shinobu.


Il pomeriggio trascorse sereno tra piccoli litigi, propositi per il futuro, ricordi, chiacchiere senza senso. La sera li sorprese decisamente alticci, distesi al suolo a poca distanza l’uno dall’altro. Il tramonto rosso illuminò gradualmente i loro visi, lasciando pian piano spazio alla luce serale che sfumava delicatamente l’arancio degli ultimi barlumi di luce.

Gojyo aprì gli occhi, soddisfatto. Iniziavano già a vedersi le prime stelle, così lontane eppure così scintillanti; avvertiva il peso di Shinobu, addormentata con la testa appoggiata sul suo petto. Non c’era più nessuno, nel parco: dovevano essere andati via tutti, l’immagine dei ciliegi illuminati dalla luna che iniziava a fare capolino era tutta per loro. Si sentiva il lieve russare di Goku.

“Hakkai…”, mormorò, certo che l’amico fosse sveglio.

Mh?”

Ricordi quando ti ho detto…che per me vivere era una punizione?”
L’amico si distese di fianco, per distinguere il suo viso nella penombra. “Sì, certo”

Gojyo sorrise al cielo.
“Peccherei ancora e ancora…pur di ricevere altrettante volte una punizione simile”
Chiuse gli occhi, carezzando distrattamente la testa di Shinobu. Distesi fianco a fianco, le labbra di Hakkai, Sanzo e Gojuin si piegarono in un accenno di sorriso.

 

Fine


 

Bene…

Cioè, non va bene.

Vorrei saper cosa dire. Vorrei chiudere questa nota in allegria. Ma temo che, se dessi libero spazio ai miei pensieri come sempre sono solita fare in questa sede, scriverei un papello che arriverebbe addirittura a superare il capitolo stesso, e non avrebbe molti toni allegri.

Quindi misurerò le mie parole per non farvi perdere altro tempo.
Non c’è nulla che non vi abbia già detto altrove, non aggiungerò altri ringraziamenti (anche se ve li meritereste per essermi ‘state dietro’ per due anni e mezzo) né altri commenti mielosi. Però sappiate che continuo ad essere grata a tutte voi.
Sono contenta di come si sia evoluta Rebirth, anche se penso ci siano dei punti deboli qua e là, che non è troppo tardi per sistemare. Lo farò a tempo debito. E dovrò anche metterla NC 17, credo.

Continuate a tenerla d’occhio ogni tanto, se vi va. Vi assicuro che continuerò a rimaneggiarla.

17-10-2004 / 14-02-2007


Ciao, ragazze.
Alla prossima.

*Simona*

 

Doveroso PS:

In ordine alfabetico, grazie a…
Allegoria, Ange81, Barbara, Bibi, BlackMoody, BonJovi86, cappellaiomatto, Chibimiao (Devy mogliettina!), Cleochan, DeepDerk, Didiblack, Duff, Eirinya, Elisapuchu, Eyesice, Fracchan, Francesca Akira89, Hakki-chan, Jastine, Kairi84, Kakashi, Kano_chan, Kialinus, Kiana, Koraen, Lady Snape, Larab, Lorusgra, Lyla, Megumi, Melchan, Mewrobby, MikiG, Miyuk, Nadia Sakura Kan, Nasty86, nobu, Palanmelen, PoisonApple, Ria, Rikachan, Sanzina89, Shine no kami, Shippo, Verena, Witchchild, Xiyouji, Yoshie, Yucchan, Yuri.

…che, chi una, chi più, chi tantissime volte, hanno commentato.
Spero di non aver dimenticato nessuna. Nel qual caso, fatemelo sapere, e farò ammenda ^^”
 

 

   
 
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