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Autore: uchihagirl    31/07/2012    9 recensioni
“Tutto bene, Lou?” gli chiede Eleanor, dopo essere riemersa senza più tracce di dentifricio attorno alla bocca - tutto bene un cazzo, è la risposta che gli sale dal cuore. Assolutamente un cazzo di nulla. Perché in quel messaggio così scarno, schietto e anonimo, Harry ci ha incanalato tutta l’amarezza possibile – il risentimento è così palpabile, in quelle poche parole, che gli toglie il respiro -; perché riesce a leggere tra le righe la gelosia, acutissima. [...] Tutto bene un cazzo.
MicroLong fic Larry Stylinson troppo angst e superintrospettiva - con aggiunta di sentimenti incasinati e relazioni complicate. Scene Louis/Eleanor e Ziam. A vostro rischio!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno neppure una fava sputata, in ogni caso e blablabla. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato


Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - quella che segue, per esempio. Per di più qua Eleanor è tutto tranne che bistrattata. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un po' di Angst e tantissima introspezione, oltre che multipli flashback. Io ve l'ho detto.





Shattered
Capitolo Terzo





Eleanor.



It was not your fault but mine/and it was your heart on the line/i really fucked it up this time/didn't I, my dear?
Little Lion Man – Mumford and Sons



È di nuovo mattina, e a Louis sembra di rivivere il giorno precedente: si sveglia nella stessa stanza, con la stessa, adorabile ragazza – la sua - nuda accanto, e quel mal di testa incessante. Un déjà-vus tradito da un solo particolare: la sensazione che gli permea le ossa non è più di disagio, ma di dolore acuto – come se lo avessero riempito di botte, si sente indolenzito, fatica a muoversi e ad alzarsi dal letto. Una morsa ferrea gli stringe le tempie, una ancora più serrata lo stomaco: gli viene da vomitare e ha probabilmente la faccia di uno che ha passato la nottata a non fare altro.
Sono quasi le dieci e, in cucina, Eleanor sta preparando la colazione; Louis la osserva, appoggiato allo stipite della porta, mentre, capelli tirati su alla bell’e meglio con un mollettone e la solita maglietta della Guinness addosso, fruga nella dispensa, alla ricerca dei cereali che gli piacciono tanto. Per quanto si senta uno straccio – e l’espressione tradita di Harry abbia tormentato i suoi sogni, così come non abbandona i suoi pensieri -, Louis non riesce a trattenersi dal sorridere: è un amore. Da ieri, dall’esatto momento in cui si è presentato a casa sua più sconvolto che mai, Eleanor non ha fatto altro che prendersi cura di lui, senza chiedere spiegazioni, accogliendolo tra le sue braccia in un rispettoso silenzio. Hanno passato il pomeriggio guardandosi le repliche de “The Inbetweeners”, abbracciati sul divano, fino al the delle cinque – lo Yorkshire Tea, il preferito di Louis, che El è andata appositamente a prendere al supermercato sotto casa, mentre lui, stravolto, dormiva. Poi si sono fatti portare cinese take away dal negozio all’angolo e, con immensa delicatezza, hanno fatto l’amore – Eleanor gli ha asciugato le lacrime con mille baci, senza una parola, e se lo è stretto a sé per tutta la notte, da perfetta fidanzata qual è.
Il problema, però – e ammetterlo lo fa stare ancora peggio, perché non è colpa sua, ma allo stesso tempo è tutta, soltanto colpa sua - è che lei a Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di Harry si fa minuto dopo minuto sempre più incalzante. Si sta comportando da egoista bastardo, lo sa bene: da una parte ha Eleanor, che è probabilmente la ragazza più meravigliosa che abbia avuto la fortuna di incontrare, con la sua schiettezza e la sua risata e le sue attenzioni – e stare con lei lo fa essere una persona migliore. Dall’altra ha Harry, che è, in sintesi, tutta la parte di mondo che lui stesso non è: quando è con lui, Louis è se stesso all’ennesima potenza, completo e libero e felice – collimano alla perfezione e anche quelli che sono i piccoli screzi quotidiani, li vivono come parte di un disegno più grande.
Nonostante non sia sua intenzione farlo – anzi, non riesce proprio a trattenersi dal provare quel casino nel cuore -, Louis sta tenendo il piede in due scarpe. Non solo questo non è un atteggiamento corretto, né nei confronti di Harry - che (se ci pensa, gli vengono i brividi), conscio di quello che succede, sarà distrutto -, né tantomeno nei confronti di Eleanor, che, ignara, lo ama per quello che è; il punto è che sta prendendo in giro due delle migliori persone che lui conosca – e nessuno dei due se lo merita. Louis si fa schifo, perché ieri sera, baciando Eleanor, ha iniziato a piangere come un bambino, pensando a Harry. Louis si fa schifo, perché tre giorni fa, accarezzando i ricci indomabili di Styles, li ha confusi con i capelli setosi, per quanto ondulati, della sua ragazza. Louis si fa ancora più schifo perché non riesce a fingere, in quel momento, davanti al cipiglio preoccupato di Eleanor, che vada tutto bene – e perché non riesce neppure ad essere sincero.
Il sorriso che gli rivolge, passandogli la tazza di cereali e il cartone del latte, è troppo bello per essere vero – confortante, affettuoso -, e a Louis l’incipit di quello che sarà probabilmente il discorso più difficile della sua vita sorge spontaneo dal cuore: “El, scusami, ti prego; ti ho rovinato tutta la giornata, ieri, e non ti ho neppure spiegato che cosa sia successo…” Eleanor rinnova il sorriso, mentre alza la mano per interromperlo. “Non dire stupidaggini, Lou, lo sai che non mi hai rovinato nulla. Sapendo che stai così male, non vorrei essere da nessuna parte se non vicino a te.”
Lo sguardo di Louis s'illumina di gratitudine, nel mezzo del grigiore del suo viso; poi però lui si schiarisce la voce e, raccogliendo quel coraggio che, di solito, non gli manca, sillaba, piano: “Ho litigato con Harry.”
Lo dice tenendo il viso verso il basso – colpevole -, e non riesce a esalare che un sussurro: ammetterlo ad alta voce, anche se attraverso un mero eufemismo – non è che abbia “litigato con Harry”: ha spezzato il cuore alla persona più importante della sua vita –, lo rende più consapevole di ciò che è accaduto; se possibile, si fa ancora più schifo di prima. È necessario che intervenga Eleanor, una mano delicata che si posa sulla sua, per fargli alzare lo sguardo: gli occhi scuri di lei, così caldi e rassicuranti, si fissano nei suoi, mentre gli incisivi vanno a tormentare il labbro inferiore – e nella mente di Louis alla sua bocca si sovrappone per un attimo di troppo quella più rossa di Hazza -, in attesa.
“Dimmi qualcosa che non avevo già capito.” È il commento a mezza voce della ragazza; al che può darsi che sopra la testa di Louis compaia un gigantesco punto interrogativo, perché la sua espressione non potrebbe esprimere una perplessità maggiore. “Come?”
Eleanor sorride di nuovo, dolce: “Credo che lui sia l’unica persona per cui ti permetteresti di distruggerti così.” Gli accarezza la mano, per poi continuare: “Sai, voi due siete un mistero; credo che nessuno vi capirà mai fino in fondo – io di sicuro non ci riesco neppure superficialmente. Quello che è certo è che tu e Harry avete bisogno l’uno dell’altro: mi è stato chiaro sin dalla prima volta che vi ho visto insieme, la sera che ci siamo conosciuti.”
Louis si ricorda quella serata campale come fosse ieri; erano settimane che Harry lo prendeva in giro, dicendogli che ormai era da talmente tanto tempo che scopava soltanto con lui, che si era dimenticato come si faceva con una ragazza. Poi, dopo un pomeriggio piuttosto interessante trascorso sul divano di casa loro – durante il quale avevano fatto di tutto, tranne guardare la televisione -, erano andati a ballare con un gruppo di amici di Harry – e Louis aveva incontrato Eleanor. Le prime due ore di conoscenza l’avevano trascorse ridendo, ballando come due idioti a un lato della pista – El aveva imparato subito il mitico “Stop the traffic, let them through” e si erano divertiti a impressionare il resto del locale con un passo a due improvvisato. Poi avevano scoperto una comune passione per “The Inbetweeners” e, sui divanetti, avevano cominciato a parlare. “Scommetto che anche oggi vai in bianco, Boo.” Aveva riso Harry, lo sguardo annebbiato dall’alcool e una ragazza carina al braccio. Louis se li ricorda ancora, i lineamenti induriti di Styles, quando gli aveva risposto. “E chissenefrega.” Effettivamente, al contrario di Harry, Louis aveva concluso la serata con un nulla di fatto, ma il numero di Eleanor nella rubrica del cellulare era stato per lui una conquista sufficiente – arrivato a casa, le aveva mandato un messaggio, sorridendo come un ebete e ignorando i gemiti provenienti dalla stanza accanto. Quando la “botta-e-via” di Hazza se ne era andata, lui si era infilato nel letto di Louis, i suoi piedi gelidi incollati ai polpacci dell’altro, le loro gambe intrecciate. “Fammi spazio, Lou, che non riesco a dormire da solo, ho freddo.” Gli aveva sussurrato all’orecchio, appoggiando la testa al suo braccio; avevano dormito così, Hazza su un fianco, aggrappato al suo pigiama, Tommo con una mano tra i quei capelli ricci e il sorriso di Eleanor ancora impresso nella testa.
Una serata davvero indimenticabile - l’inizio di qualcosa e la frattura di qualcos’altro: il primissimo segnale della sua ormai palese dicotomia –, per Louis, il quale, alle parole di Eleanor, annuisce, senza però perdere quell’espressione perplessa: “Ma di cosa…?”
“Non vi perdete mai di vista, l’uno sa sempre dov’è l’altro e cosa sta facendo. Voi non parlate, vi capite e basta.” Louis fa per interromperla, cercando quasi di giustificarsi, ma lei glielo impedisce.
“All’inizio pensavo fosse solo una forte amicizia, una simbiosi totale come quella che ho io con Sana. Poi però io e te abbiamo iniziato a frequentarci e, beh, ho conosciuto anche gli altri tuoi amici.” Sospira, sfiorandosi una tempia scoperta con i polpastrelli; è bellissima, con quell’espressione malinconica, e Louis non riesce a staccarle gli occhi di dosso. “Vedere il tipo di rapporto che hai con Liam, o con Stan, mi ha fatto aprire gli occhi: non provi quel tipo di…” si inumidisce le labbra, cercando la parola adatta “devozione per nessun altro. Tantomeno per me.” Sorride, con una punta di amarezza, e Louis trattiene il respiro: esattamente come Harry, Eleanor sa – e questo accresce soltanto il disgusto che prova verso se stesso. L’espressione che ha sul viso deve tradire il suo stato d’animo, perché lei sorride di nuovo, mentre scuote piano la testa. “Non fare così: non è colpa tua. Sai, subito dopo che l’ho capito, ci sono stata male, e anche tanto. Hai presente quel weekend a marzo, quando sono tornata a Manchester di sabato mattina, di tutta fretta?” Eccome, se Louis ha presente. Venerdì sera lui e Hazza avevano invitato un po’ di gente a casa loro, giusto per fare un po’ di casino: c’erano i ragazzi – Liam era diventato improvvisamente di cattivo umore, sul divano accanto a Danielle, nel vedere lo schianto di ragazza che era riuscito a rimorchiare Zayn. In realtà Malik aveva bevuto tantissimo, quindi risultava quasi impossibile da avvicinare - ruttava come un animale e puzzava di vomito – eppure era riuscito nella straordinaria impresa di trovarsene una. E dire che era ubriachissimo, persino più di Ed Sheeran, che, dopo un doppio turno a Birra Pong contro Niall, era immobile nella stessa posizione da circa mezz’ora, seduto al tavolo della cucina, con la testa tra le mani: piuttosto inquietante, tanto che ogni dieci minuti Louis si sentiva in dovere di controllare che non fosse morto – non muoveva un muscolo. C’erano un bel po’ di amici di Harry, con appresso uno stormo di “amiche” di Harry, che facevano a gara a chi ci provava di più con il padrone di casa: Louis si ricorda gli sguardi maliziosi che Hazza gli lanciava, insieme a un sorriso un po’ brillo, un po’ di sfida, con il braccio destro intorno alla vita di una bionda. Louis si ricorda anche le fitte di gelosia nel vederlo sistemare una ciocca di capelli dietro l’orecchio di una ragazza, per poi avvicinarsi e sussurrarle qualcosa: dopo questa scena, Tommo aveva tracannato a goccia quello che rimaneva del suo drink.
Ovviamente, c’era anche El; se Louis chiude gli occhi, riesce ancora a visualizzarla, stupenda nel suo vestitino verde, con i capelli raccolti, mentre scambia due parole con un Harry più meraviglioso che mai, con la camicia blu scuro semiaperta e i ricci scompigliati – Louis crede di non aver mai visto niente di più bello di loro due insieme. Certo che ha presente: guardarli chiacchierare, le sue due persone, anche se per poco, lo ha reso più felice che mai – forse allora è possibile. Poi però Eleanor se ne era andata, dicendo che aveva ricevuto una telefonata dalla sua coinquilina e che era urgentissimo e che non poteva aspettare fino a lunedì. Aveva persino rifiutato un passaggio a casa da Louis, dicendogli di aver già chiamato un taxi e di non preoccuparsi che andava tutto bene. Il giorno dopo si erano sentiti per messaggio – e la preoccupazione di Louis cresceva, mentre, seduto sul letto, smanettava con il suo Blackberry – e Harry, da dietro, gli baciava languido il collo. Quella domenica lei lo aveva chiamato e lo aveva rassicurato, parlando di Tanya e di idraulici e tubi e di cose a cui Louis non aveva prestato troppa attenzione, perché Hazza gli sorrideva invitante dalla vasca da bagno: tutto si era sistemato, e andava bene così, senza porre troppe domande, per evitare di intuire la verità. Ovvio che se lo ricorda, Louis: uno dei weekend di sesso migliori della sua vita. Così annuisce, inorridendo al pensiero di quello che deve aver pianto El in quelle 48 ore che lui ha passato tra le lenzuola con Hazza – il paradiso.
“Sai, non è facile capire che il ragazzo che ami in realtà ama un’altra persona.” La malinconia negli occhi di Eleanor trabocca, e Louis non riesce più a stare zitto. “El, ma io ti amo.” Questa dichiarazione gli esce dalla bocca come un gemito, carico di sofferenza.
El distende le labbra in un sorriso sempre più triste, quando gli dice: “No, Louis: sarai magari forse  innamorato di me, ma la verità è che ami Harry.” Lo guarda seria negli occhi, e Louis sa che cosa intende: il fatto che dipenda da Hazza nella quotidianità, che sia insopportabile la sua assenza, che non varrebbe la pena alzarsi dal letto ogni mattina, se poi non potesse tornare a casa la sera e raccontargli la sua giornata. Eleanor è riuscita a cogliere molto più di quanto Louis stesso abbia mai razionalizzato: lui non esisterebbe, senza Harry, né tantomeno vorrebbe farlo. Non solo ha capito, ma lo ha anche accettato, in quanto parte integrante di cioè che Louis è. “Non te ne ho parlato prima perché andava tutto bene: a me basta che tu sia felice e finché io sono parte della tua felicità, mi sta bene anche se non mi ami. Evidentemente, però, io posso solo renderti meno triste; quindi basta storie e vai da lui, adesso.”
Louis fissa quegli occhi scuri che lo trapassano da parte a parte – e lui non ha mai avuto così tanta voglia di baciarla come adesso. Lo fa, in uno scatto che fa scontrare le loro bocche – un bacio pieno di dolore. Quando si staccano – e Louis deve riprendersi dalle farfalle che vorticano furiose nel suo stomaco -, la sua fidanzata ripete: “Vai da lui, adesso. Vi siete fatti del male abbastanza, è ora di risolvere le cose.” Louis protesta piano: “Non è così semplice…” “Cazzate.” El è secca – lo sta ancora fissando negli occhi, risoluta come non mai – e gli stringe la mano. “Louis, dovete parlare, chiarirvi, perché non potete permettervi di perdervi a vicenda: vi distruggereste inutilmente, e poi a me toccherebbe raccoglierti con il cucchiaino. Inoltre, se alla fine devo rinunciare a te, tu devi promettermi di fare di tutto per essere felice con Harry.”
Me lo devi – sottintende la sua espressione, più determinata e dura di quanto Louis l’abbia mai vista. Per quanto sappia di non meritarsela, bacia di nuovo la sua ragazza, il petto gonfio di affetto, con più delicatezza, indugiando sulle labbra – per imprimere quell’addio con dolcezza tra le pieghe della sua pelle.
“Muoviti, va’.” El ridacchia, guardandolo negli occhi – e Louis sente quanto lei lo ami e non potrebbe esserle più grato -, poi gli dà una spintarella: “Dai, che poi va a finire che arrivi tardi come tuo solito e non lo trovi.” Tommo non se lo fa ripetere due volte, e, una doccia e un abbraccio lunghissimo dopo, esce da quella casa, diretto, con il cuore in gola, verso Harry.





I'm on the road/To who knows where?/Look ahead, not behind/I keep saying/There's no place to go/Where you're not there
One Republic - Prodigal



“Dai, cretino, rispondi al telefono, che lo so che mi stai ignorando apposta.” Borbotta tra sé e sé Louis - incapace di stare zitto anche quando è da solo -, mentre schiaccia a caso tasti del Blackberry, cercando di chiamare Harry per l’ennesima volta e, allo stesso tempo, di non schiantarsi con la Porsche contro qualche bus di Londra. Di nuovo, sono solo le parole gracchianti della segreteria telefonica a rispondergli: “Ehm, sono Harry. Se avete qualcosa di importante da dirmi… beh… fatelo dopo il beep. Ciao!”
Frustrato, Louis lancia il cellulare sul sedile accanto al suo, in un gesto di rabbia; non è soltanto l’impossibilità di parlare con Harry a renderlo nervoso, contribuiscono anche i semafori rossi – troppi, a separarlo da lui. E per di più quella schifosa voce metallica, un’imitazione fin troppo pallida dell’originale, non fa altro che accrescere la sua voglia di parlargli, anche soltanto per sentire il suo accento e quel tono profondo e il modo in cui scandisce le parole e vaffanculo non riesce a non pensarci neppure per mezzo secondo. Si passa una mano sulla fronte, togliendosi il cappello che gli ha messo in testa El prima di lasciarlo uscire - “È di Harry, vero? Ho sempre pensato stesse meglio a lui: devi restituirglielo.” – e scagliandolo accanto al Blackberry. Quello stupido orgoglioso di uno Styles, perché non la pianta di far finta di nulla? Alla decima telefonata senza risposta, uno potrebbe anche pensare, magari, che chi sta chiamando sia una minima preoccupato, no? Evidentemente, o Harry non lo capisce, o se ne sbatte del tutto. Più probabile la seconda. Come direbbe Liam, Harry in questo momento è “uno spreco totale di neuroni”. Louis ridacchia: quante volte si è sentito appellare in quel modo! Quando è arrivato un’ora e mezza in ritardo in studio registrazione, o quel pomeriggio in cui ha dormito fino alle tre e mezza, dimenticandosi dell’intervista che avrebbero dovuto tenere alle quattro. La situazione era così grave – la suoneria del cellulare non lo scalfiva neppure un millimetro - che era dovuto intervenire Paul, scortato da uno sconsolato Liam, che sorrideva scuotendo la testa: “Sei sempre il solito spreco di neuroni, Tommo.” Un’ottima definizione, in effetti, anche se ora i ruoli sembrano essersi invertiti – o almeno, lui si sente un po’ Payne  in quel momento, così in fibrillazione: il proprio cipiglio che ha intravisto per un attimo nello specchietto laterale era uguale a quello di Daddy Direction nel suo massimo splendore di mamma preoccupata/incazzata nera. È quel pensiero che gli fa scattare la molla nel cervello, a dimostrare che, in realtà, le sue cellule cerebrali non sempre vanno sprecate –  perlomeno non del tutto: Liam.
Louis agguanta il telefono e cerca il suo nome nella rubrica – un paio di tuuu tuuu a vuoto, e poi eccolo lì, il suo monorene preferito.
“Louis.” Ed eccolo lì, il tono di rimprovero che si aspettava – e, altrettanto previsto, il commento di Zayn in sottofondo, con la sua sempre efficace sintesi. “È Tommo? Mandalo a cagare da parte mia, che si è comportato da schifo.”
Louis non fa neppure in tempo a dire: “Ehi, Liam.” che questo ha già attaccato a parlare, sciorinandogli una serie di insulti in stile Payne – ovvero, tutti i modi per darti del bastardo stronzo orribile senza cadere nel volgare e riuscendo quindi ancora di più a farti sentire una pessima persona.
“Alla buon ora, Louis, quanto ancora pensavi di aspettare prima di chiamare? Sono passate più di ventiquattro ore da quando si è presentato a casa mia, così sconvolto che sembrava…  sembrava…” si ingarbuglia nelle parole, cercando un termine di paragone che renda giustizia all’espressione tormentata e affranta di Harry. Louis, nonostante le fitte al petto al pensare quanto dolore sia riuscito a causare in appena una giornata – e la tristezza di Eleanor questa mattina si aggiunge alla lista -, per poco non scoppia a ridere, quando Liam completa la frase: “Sembrava un cucciolo abbandonato!” – e l’immagine flash di Harry in stile Gatto con gli Stivali di Shrek lo distrae per un attimo dal discorso del suo amico. “ …mai visto in questo stato, non ha detto praticamente mezza parola fino a stamattina, non ha mangiato – se escludi un quintale di Haribo davanti alla televisione – e ha voluto persino dormire con Niall!” Louis aggrotta le sopracciglia nel sentire l’ultima informazione: questo sì che è grave. Nessuno vuole mai dormire con Niall, dato che è un disastro: russa, scalcia e, soprattutto, sbava sul cuscino peggio di un bulldog.
Liam prende fiato e Louis ne approfitta per fermare la sua arringa: “Liam, lo so, sono stato un codardo: non mi sono fatto sentire perché avevo paura, ok?” Fatica a pronunciare queste parole, che gli grattano la gola come carta vetrata, facendogli istantaneamente inumidire gli occhi.
Nel sentirlo così, Liam si addolcisce – Tommo lo capisce dal modo in cui ha trattenuto il respiro, e può quasi vedere le sue folte sopracciglia allungarsi verso il basso dal dispiacere. Il rimprovero è sostituito dalla delicatezza, nella sua voce, mentre gli chiede piano: “Paura di cosa?”
Louis fa un bel respiro, mentre la coda di macchine in cui si è imbottigliato procede a passo d’uomo: “Gli ho fatto male, Liam. Non sono stato del tutto sincero con lui, perché ero confuso e perché c’erano troppe cose in ballo e perché non capivo niente. Sentirlo ieri sera, o stamattina, avrebbe significato soltanto sentire quanto sta soffrendo, perché non sarei stato in grado di dargli spiegazioni o di confortarlo. E non sarei riuscito a reggerlo. Avevo paura di toccare con mano quanto sta di merda, perché è solo colpa mia se sta di merda. Non volevo sentirmi più in colpa di quanto già non mi sentissi.” Espira profondamente, quasi si sia liberato di un peso, mentre qualche lacrima gli sfugge dalle ciglia.
La voce di Liam è ancora più calda e più rassicurante di prima, mentre dice: “E allora perché lo stai chiamando adesso? Cosa è cambiato, Tommo?”
A Louis scappa un sorriso triste: “Eleanor mi ha fatto capire un paio di cose.” Ora sono sicuro di quello che provo, omette, perché sa che Payne non ha bisogno che lui lo confessi ad alta voce.
A Liam, invece, scappa un piccolo sospiro di sollievo, cogliendo l’implicazione: “Meno male. Ora è a casa vostra – visto che avevi chiamato per saperlo. Muoviti, se vuoi riuscire a beccarlo prima che finisca di imballare la sua roba.”
“Imballare…?” Gli si congela l’aria nei polmoni: cosa?
Improvvisamente, Zayn si intromette nella conversazione: “Scemo, se ne sta andando. Vuole stare fuori di casa per un po’, capisci? Quindi muovi il culo e cerca di raggiungerlo, prima che si trasferisca da Niall.”
“Io non…” Louis è shockato, non riesce a collegare le parole di Zayn e dar loro un senso compiuto. Quando lo fa, smette del tutto di respirare: non può essere. Hazza non può non voler più vivere con lui, non condividere con lui la colazione, il frigo, i vestiti, il letto, i baci, il sesso, l’odore. Non può succedere.
“Louis? Lou, sei ancora lì?” Liam, apprensivo, lo richiama alla realtà.
“In ogni caso, se ne è andato da appena un’oretta, per cui dovresti fare in tempo. Dove sei?”
Louis deglutisce, poi gracchia: “Sto parcheggiando.” “Bene.”
Ed è con l’abbraccio telefonico di Liam e il commento motivazionale di Zayn che tira giù la serranda del garage e corre verso l’ascensore del suo palazzo, pregando tutti i santi di tutte le religioni che Harry non sia già uscito.












Chiedo scusa per il terribile, tremendo, terrificante (ecc.) ritardo, ma mi è successa, purtroppo, la maturità e sono riuscita a riprendere la storia solo dopo giugno. Questo non giustifica il fatto che siamo ad Agosto, quindi mi scuso immensamente :D In ogni caso, beh, il capitolo è più lungo degli altri ed è anche stato il più difficile da scrivere: la parte di Eleanor, soprattutto, mi ha fatto sudare sangue, in quanto ho cercato di farla sembrare plausibile. In parte è evidente che io non ci sia riuscita - come direbbe la mia amica Ludovica, la maggior parte della gente NON reagirebbe in quel modo -, ma io credo che se si ama davvero qualcuno, si spera nella sua felicità, non nella propria, e la mia Eleanor ama sinceramente Louis. Spero di essere stata chiara all'interno del capitolo, e che le ragioni sia di Eleanor che di Louis siano espresse bene.
Ah, Harry Styles tipo Gatto di Shrek mi è venuto in mente guardando il mio gatto (che ha gli occhi verdi) mentre piangeva disperato perché voleva mangiare... e Niall sbava veramente nel sonno, lo ha ammesso lui stesso su Twitter tempo fa (ah quanto lo amo! <3)
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, ed è già in fase di elaborazione, anche se non sono sicura quando riuscirò a postarlo: tra poco parto per le vacanze :)
Detto ciò - e ringraziata come al solito il mio angelo personale, il mio Castiel in miniatura, Ludovica - , aspetto i vostri pareri^^ Let me know!
Elena

Ps: per qualsiasi cosa, contattatemi se volete su Twitter: @stormofthoughts
   
 
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