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Autore: MoonLilith    01/08/2012    14 recensioni
[...]
I miei occhi verdi si spalancano, e le parole mi muoiono in gola.
Davanti a me, c'è un ragazzo. Un ragazzo con la pelle ambrata, proprio come Makena. Ha i capelli scuri, corti e scompigliati. È un bel po' più alto di me, e i lineamenti sono squadrati, eppure non riescono ad essere duri, aggressivi. Gli occhi hanno un taglio a mandorla, anch'essi sono scuri e profondamente, terribilmente penetranti.
Mi sta guardando, e mi sento sotto inquisizione.
Io resto ormai a boccheggiare in silenzio, non so che dire.
Temo di aver fatto un errore. Forse Makena non ha un fratellino, ma un fratellone. Un fratellone che mi è decisamente familiare. E mi basta fare due più due: sapevo che il cognome di Makena fosse Lautner... Ma io non avrei mai pensato a quella famiglia Lautner.
È la prima volta che il mio sguardo incrocia il suo, e se ho avuto fatica a scostarlo dalla sua foto da bambino, mi è totalmente impossibile farlo ora, che ce l'ho a meno di un metro di distanza.
[...]
« Che razza di faccia di... » inizio a dire io, poi mi blocco. Lo sorpasso, scalpitando con gli anfibi sulla moquette. Makena inizia a seguirmi, da parte di lui mi pare solo di sentire una risata divertita, il che mi fa innervosire ancora di più. Entro in camera, raccolgo la borsa, ritorno verso il corridoio. Non do retta alla ragazzina che cerca di fermarmi.
« Che poi, a me Twilight fa pure cagare! »
[...]
Io gliel'avevo detto a mia mamma che tutto questo non era una buona idea.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X - Close to me

I've waited hours for this,
I've made myself so sick.
I wish I'd stayed asleep today,
I never thought this day would end.
I never thought tonight could ever be
This close to me.

Just try to see in the dark,
Just try to make it work,
To feel the fear before you're here.
I make the shapes come much too close,
I pull my eyes out,
Hold my breath,
And wait until I shake.


{ The Cure - Close to me }

 

« Nate. » rispondo al telefono. La voce strascicata, arrochita dal sonno da cui il trillo del telefono mi ha svegliata, come uno scossone poco cortese. « Che diavolo vuoi. » aggiungo, e non è una domanda. E' una minaccia.

« Ben svegliato, fiorellino! » esclama lui, allegro, dall'altra parte.

In risposta, io ringhio.

Ho dormito male, ho pensato tanto.

A Taylor, a Nate, ma soprattutto alle parole di Taylor.

Al suo comportamento, al cambiamento d'umore, d'espressione.

Alle domande dolci, alle carezze, e alle coltellate davanti alla gente.

Alla presenza di Nate, il suo giocare con questa situazione, e la mia impossibilità di allontanarlo con decisione.

E sono giunta ad una conclusione.

Una conclusione a cui sarei dovuta arrivare già un po' di tempo fa, suppongo.

Mi sono rotta i coglioni.

E sono incazzata.

Se Taylor pensa di mettermi a cuccia così, si è sbagliato di grosso.

Se pensa che io accetti quello che lui mi dice senza protestare e senza ribellarmi, allora non ha capito un cazzo di me.

È ora di svegliarsi, di smetterla di rimuginare come una emo depressa.

« Ti fa di fare una passeggiata in riva al fiume oggi? » mi chiede entusiasta.

« Nate, io ci lavoro in questa casa. » gli ricordo, a mezza voce, mentre passo una mano sul viso. Non sto mica qua a pettinar le bambole.

« Ma oggi è domenica! Non mi dire che ti fanno lavorare anche di domenica pomeriggio, è sfruttamento! » esclama, protestando.

Dio, è domenica? Sono davvero fuori dal mondo ormai.

Temo di non avere scelta.

Alla fine s'è fatto più di duemila chilometri per venire qui.

E devo sbrigarmi a convincerlo a farseli di nuovo per tornare da dov'è venuto, finchè ancora ho un po' di forza mentale per respingerlo.

Non posso cedere al suo sorriso, e alle sue piccole, dolci attenzioni.

Io lo conosco.

È un bastardo e sa recitare bene, io lo so.

« Facciamo dopo pranzo? » mi sforzo di chiedere io, come una ragazza normale. Senza ringhiare.

Devo parlare con Taylor.

Penso solo a quello, è un tormento.

Devo parlare con Taylor.

« Ma no, dai, pranziamo insieme fuori! » propone, intraprendente.

« E poi? Vuoi anche un polmone? » borbotto io a denti stretti, mentre vado ad alzarmi dal letto.

Devo assolutamente fare un discorso con Taylor. Assolutamente.

Devo chiedergli il perchè di tutto questo.

E dirgli in faccia quanto lo odio.

Sopratutto.

« Cos'hai detto? » chiede lui, che purtroppo si è fatto sfuggire questa mia uscita di spiccata ironia.

« Niente. Allora fra un'ora, un'ora e mezza giù al portone della villa. Ti va bene? » gli dico, spicciola.

« Va bene. A dopo, fiorellino! » esclama lui, cinguettando.

Gli chiudo il telefono in faccia, con una smorfia.

Mi vesto in fretta, semplici shorts di jeans che lasciano libere le gambe, calze a rete dalla trama larga, nere, i soliti New Rock e una canotta a bretelle, rosso fragola, come i miei capelli. Che oggi lascio sciolti, ribelli. Con la canotta così scollata, si vede fuoriuscire una porzione del mio tattoo che arriva fino alla spalla, prendendo tutta la scapola: dei rami di ciliegio in fiore. Il resto, la parte più importante di quel tattoo per me, non è visibile, quasi a nessuno. Infilo vari bracciali tintinnanti ai polsi, una collanina con un ciondolo a forma di orologio, nero, in stile vittoriano.

Questa è Lily.

Mi fiondo in bagno, non trovando nessuno nel corridoio.

La porta di Taylor è ancora chiusa.

Ho quasi l'istinto di bussare, ma preferisco evitare. Già ha deciso di non parlarmi più, e quando lo fa provoca solo danni, figurarsi andare a rompergli le scatole mentre dorme. Anche se son le undici. Nella distrazione però, mentre svolto l'angolo per il bagno davanti alla sua porta, vado a beccare con una spallata lo spigolo del muro.

« Ouch! Cacchio! » sbotto ad alta voce, prima di trattenere subito il respiro e portare una mano sulla bocca.

Okay, se l'ho svegliato adesso avrò tutto il suo odio per sempre.

Corro in bagno, dileguandomi velocemente.

Sospiro, mi avvicino al lavandino, inizio a lavare lentamente il viso, dopo aver legato i capelli in un uno chignon scomposto.

Chiudo gli occhi, l'acqua va a rinfrescarmi il viso, lo insapono e lo risciacquo. All'improvviso sento un brivido lungo la spina dorsale.

Apro gli occhi, e al lavandino di fianco a me c'è chinato Taylor, che nel mentre dev'essere arrivato in bagno e che anche lui si sta lavando.

Se si è svegliato per colpa mia, sarà la mia fine.

Resto ferma a guardarlo, inspirando a fondo, le mani che mi coprono la bocca, mentre i suoi addominali vanno contraendosi mentre si abbassa. Perchè sì, è a torso nudo.

Dalla sera della cena non ci siamo più detti mezza parola.

Mi ignora deliberatamente, mentre anche lui va ad avvicinare i palmi per riempirli d'acqua da portare sul viso. Indossa solo dei pantaloni da tuta grigio scuro, a vita bassissima, tanto che riesco ad intravedere l'intimo nero.

Mi ritrovo ad osservare alcune gocce d'acqua che lentamente vanno a percorrere la linea del suo collo, delineandolo e scendendo placide verso le clavicole.

Osservo i suoi muscoli, gli addominali che si contraggono mentre si china, i bicipiti che si gonfiano quando piega le braccia.

Ah, perfetto.

Sono diventata una guardona.

No, no, va benissimo.

Tanto io mica ce li ho gli ormoni in esplosione!

Mi costringo con tutta la buona volontà che riesco ad accumulare di voltarmi e prendere distrattamente un asciugamano, che porto a coprire tutto il viso, più che altro per non cedere alla tentazione di guardarlo ancora.

« Ehi. » sento mormorare, da parte sua. Con un tono roco, anche lui per il sonno recente. Sarà la prima parola che dice questa mattina.

Io abbasso l'asciugamano, lasciando uscire solo gli occhi, per guardarlo. Leggermente chinato sul lavabo, il viso gocciolante d'acqua, si volta un attimo a guardarmi.

« Mi passi il mio asciugamano? » mi chiede, piatto.

Io annuisco, prendo l'asciugamano avorio – perchè non penso che il suo sia il rosa shocking – e glielo porgo.

Ho la mano che trema, mi fa male il petto.

Eppure mi accontenterei di stargli affianco così, sentire questo strano e piacevole fastidio nello stomaco. Guardarlo, senza dire nulla.

« Grazie. » mi dice, a mezza voce, mentre prende l'asciugamano dalla mia mano.

Si solleva dritto accanto a me, i muscoli della schiena si tendono, il nostro sguardo s'incrocia un attimo sul riflesso dello specchio.

Per solo un attimo, per la prima volta, il mio istinto è quello di abbracciarlo e baciarlo.

Baciarlo.

Sì.

Come una cascata di acqua gelida, come una devastante consapevolezza, uno schiaffo deciso alla mia ottusaggine, mi rendo conto che tutto quello che vorrei ora è poterlo baciare.

E che in realtà è quello che voglio da parecchio, parecchio tempo.

Poggio l'asciugamano, e mi afferro stringendo forte il bordo del lavabo.

Inspiro a fondo, e in uno slancio di coraggio apro la bocca per parlare.

Ma questa non emette suono, perchè prorompe in bagno Makena.

« Shoppiiiing! » esclama allegra, trotterellando verso il lavandino, spintonando appena Taylor. « Fratellino, oggi mi porti a fare shopping, vero? » chiede lei, sorridendogli amorevolmente.

Anche lui accenna un sorriso, quindi annuisce. Era da un po' che non lo vedevo sorridere.

« Tu vieni con noi, vero, Lily? » mi chiede Makena, voltandosi verso di me.

Io guardo Taylor un istante, giusto per vedere scomparire il suo sorriso, prima di voltarsi a prendere lo spazzolino per lavare i denti. Quindi chino lo sguardo, con un mezzo sospiro, prendendo dal mio piccolo beauty case la matita nera. Mi sporgo verso lo specchio, guardando ora dritto davanti a me, e iniziando a tracciare sicura una linea nella rima interna dell'occhio.

« No Makie, mi dispiace. » commento, a labbra strette, per essere precisa col trucco. « Ho un appuntamento. » mi limito a dire, con una scrollata di spalle.

Improvvisamente Taylor scoppia a tossire, affogandosi probabilmente col dentifricio, facendomi sobbalzare e trattenere il fiato. Lo guardo sgranando gli occhi, insieme a Makena. Lui va ad afferrare subito l'asciugamano e a coprirsi la bocca, per soffocare i colpi di tosse, voltandoci le spalle.

Makena aggrotta la fronte, prima di tornare a parlare con me. « Un appuntamento?! E chi è? » mi chiede curiosa la ragazzina.

Il mio sguardo si sposta veloce su Taylor, prima che io risponda.

Non sono mica scema.

Ottusa sì, ma scema no.

Assottiglio appena le palpebre, quindi di nuovo con noncuranza rispondo a Makie.

« Ah, è il mio ex ragazzo. E' venuto qui da San Francisco per convincermi a tornare con lui. » le spiego, aggiungendo vari dettagli non richiesti, cosa che solitamente non faccio mai.

« Makena, ti aspetto sotto. » sento sbottare improvvisamente.

Taylor butta l'asciugamano con poca cortesia sul lavabo, il viso arrossato e gli occhi lucidi per lo sforzo della tosse, uscendo velocemente dal bagno. Dopo pochi istanti, sento la porta della sua camera sbattere.

Faccio finta di nulla.

Eppure queste sue reazioni mi fanno pensare.

Che mi stia solo autosuggestionando?

« Ma che gli prende a quell'altro? » sbotta la ragazza, prendendo a sua volta lo spazzolino, scuotendo il capino scompigliato. « E' nervosissimo da quand'è tornato! » esclama, iniziando poi a lavare i denti.

Mi limito a fare altrettanto, con una scrollata di spalle.

Devo parlare con Taylor.

Devo trovare il modo di parlargli da sola.


*


Quando io e Makie scendiamo per fare colazione, Taylor sta finendo di bere il suo caffè.

Appena ci vede arrivare, si rivolge alla sorella.

« Vado a mettere in moto la macchina, ti aspetto. » le dice semplicemente, senza degnarmi di uno sguardo. Si volta e va via, uscendo sul retro. E mentre si allontana posso osservarlo. I jeans che abbracciano senza avvolgere eccessivamente le forme del suo corpo. Il suo sedere. La t-shirt di un blu spento, con ampio scollo tondeggiante, che spicca incredibilmente in contrasto con la sua carnagione scura, e le cui pieghe si muovono morbidamente seguendo i muscoli del suo corpo.

Per l'ennesima volta, mi ritrovo a poterlo osservare liberamente solo mentre è di schiena.

Questo mi fa innervosire, da morire.

« Vado anch'io, Makie. A stasera. » le dico, accennando un sorriso. Lei ricambia il saluto mentre mangia un po' di frutta, agitando la mano a mezz'aria. Quindi mi volto e mi dirigo velocemente verso l'entrata principale.

Percorro il viale più grande, tanto oggi non credo di aver nulla da temere.

Arrivata nei pressi del cancello, vedo questo iniziare ad aprirsi da solo. Mi volto indietro e la Chevrolet nera di Taylor è a poca distanza da me, e avanza anch'essa verso l'uscita della villa. È mentre io attraverso il portone aperto che la macchina mi raggiunge, passando lentamente accanto a me.

Vedo Nate poggiato sul muretto qui di fianco, e lo saluto accennando un sorrisino poco convinto e sollevando la mano a mezz'aria.

« Fiorellino! » esclama lui, allegramente, sorridendo apertamente, avvicinandosi veloce e abbracciandomi.

« Nate! » sibilo a denti stretti, minacciosa.

« Buon appuntamento, ragazzi! » sento cinguettare alle mie spalle.

Restando nelle braccia di Nate, che nonostante le spinte non ne vuole sapere di allontanarsi, mi volto indietro col capo e mi ritrovo a pochissima distanza il finestrino dell'auto di Taylor.

Per forza di cose i nostri sguardi vanno ad incontrarsi, e il suo è terribile. Mi guarda con le sopracciglia corrugate, le palpebre mezze chiuse, i muscoli contratti. Lo vedo anche dalla sua mano, che stringe convulsamente il volante. Alterna per pochi istanti lo sguardo tra me e Nate, che gli sorride affabile, mentre mi accarezza distrattamente la schiena.

Nate, odioso figlio di puttana.

Come se non lo conoscessi bene.

Non faccio in tempo a rispondere a Makena che Taylor accelera velocemente e sgomma via.

Osservo la macchina allontanarsi, prima di voltarmi di scatto verso Nate.

Lui molla subito la presa dell'abbraccio, appena vede il mio sguardo incandescente.

« L'hai fatto apposta. » asserisco, acidamente.

« E anche se fosse? » chiede lui, mettendosi le mani in tasca, mentre iniziamo a camminare. « Quel ragazzo è antipatico. »

« Taylor non è antipatico. » mi sbrigo a sibilare io.

Lui mi guarda qualche istante, camminando.

Tira fuori il pacchetto di Lucky Strike dalla tasca, lo avvicina alla bocca, prendendone una tra le labbra, quindi va ad accenderla, inspirando subito una boccata di nicotina.

« Sei patetica, lo sai? » mi chiede retoricamente, rimettendo il tutto nei jeans sgualciti. Sopra indossa una camicia a maniche corte, con fantasia scozzese sul rosso, sopra ad una canotta bianca che s'intravede appena.

Mi volto a guardarlo, strabuzzando gli occhi.

« Cosa? » chiedo, allibita.

« Sei terribilmente patetica. » ripete lui, senza guardarmi.

Signori e signore, ecco il vero Nate.

Nate il testa di cazzo.

« Hai visto come ti tratta? L'altra sera non ti ha neanche salutato, quando è andato via, e ti voleva tirare dentro casa neanche fossi il suo animale domestico. Ti guarda male. Sembra un mastino. Perchè tu continui a difenderlo? »

Stringo le labbra qualche istante.

« Nate, tu non sai nulla di questa faccenda. Non sai nulla del perchè siamo arrivati a questo punto. Tieniti le tue considerazioni del cazzo per te, per piacere. » sbotto io, terribilmente sulla difensiva.

Lui resta in silenzio. Continuiamo a camminare, arrivando alla fermata del bus. Fuma taciturno, sento solo i sospiri che emette per cacciar fuori le quantità di nicotina aspirate.

Neanche io dico più nulla.

L'avrò zittito, grazie al cielo.

« Come hai fatto ad innamorarti di un tipo così? » mi chiede improvvisamente, con la sua voce solita, strascicata. Noncurante.

Io sento come se mi avessero tirato addosso una secchiata di acqua gelida.

Il cuore che sprofonda nei meandri del mio stomaco.

« I-io non sono innamorata di lui. » affermo, con un lieve tremore della voce, guardando Nate con gli occhi spalancati.

Sto avvampando.

Mi fa male lo stomaco.

Cos'ha detto?

Innamorata?

Io? Di Taylor?!

Non scherziamo.

« Lily, ti prego... possibile che devi essere sempre così testarda? Perchè devi negare l'evidenza? » chiede ancora lui, sedendosi intanto sulla panchina sotto la tettoia della fermata del bus. « Si vede. E' palese. Si vede da come lo guardi. » continua lui, sospirando. Solleva il viso verso di me, quello sguardo azzurro, cristallino. Mi sorride appena. « Io lo so bene come guardi una persona quando sei innamorata. » aggiunge, con un velo di tristezza nella voce.

Lo guardo, il mio respiro è lievemente più veloce. Mi limito a scuotere il capo.

Sono confusa.

Le parole che ha usato Nate piombano su di me come un macigno, su cui vi è scalpita a grandi lettere una sola parola: consapevolezza.

Devo parlare con Taylor.

Devo parlare con Taylor.

Al più presto.


*


L'appuntamento, o quello che è, va abbastanza tranquillo.

O meglio, più che tranquillo, dovrei dire piatto.

Dopo un po' riesco a parlare con Nate quasi come una persona normale. Mi aggiorna su quello che succede a San Francisco, sulla nostra cerchia di amici.

Mangiamo tranquilli un panino al Bridge Park della sesta strada, affacciati sul fiume.

Sporta proprio a poca distanza dal Grand River, ascolto i racconti di Nate in silenzio. A volte mi fa quasi ridere.

Nate sapeva come farmi ridere.

Oh, sì, io e lui ci divertivamo un mondo.

Prima che andasse a letto con una delle mie più care amiche, s'intende.

Rifletto su quanto fosse diventata monotona la mia vita, prima di conoscere Taylor.

Su quanto lo fosse sempre stata, in realtà, a parte quel periodo con Nate, che ora considero sono un mucchio di belle bugie, un ricordo sfocato di una vita che mi è scivolata tra le mani in un modo troppo veloce e troppo doloroso.

Taylor è stato davvero un uragano.

Da quando lo conosco, queste farfalle non ne vogliono sapere di andare via dallo stomaco.

Dio, Nate ha ragione, sono davvero patetica.

Sospiro, silenziosa, mentre lancio le briciole restanti del panino ai piccioni vicino alla nostra panchina.

La giornata passa così, tranquilla. A chiacchierare in riva al fiume. Mi sento distesa, ma non riesco a scansare del tutto i mille pensieri che mi frullano in testa.

E' verso le sei del pomeriggio che decidiamo di andarcene.

In realtà Nate mi porta ancora in giro per la città, che dai colori aranciati del tramonto volge alla sera.

Continuiamo a parlare del più e del meno.

Quando vedi il tuo ex ragazzo dopo un anno e mezzo, quel “più e meno” basta e avanza per riempire una giornata, un pranzo e una cena.

« Perchè l'hai fatto, Nate? » gli chiedo ad un certo punto, calma, davanti ad una pizza in un piccolo ristorante in centro.

Lui solleva lo sguardo su di me, per qualche istante, quindi va a lasciarsi cadere contro lo schienale della sedia, sospirando.

« Non lo so. Quella sera... Non sono andato lì per quello. Te lo giuro. » mi dice lui, ripetendomi parole già dette. Milioni di volte.

« Ti ho chiesto perchè l'hai fatto. » ripeto io, lenta, sollevando gli occhi verdi su di lui. « L'hai trovato eccitante? Hai pensato che sarebbe stato figo farlo con lei? Ti è sempre piaciuta tanto da arrivare ad andarci a letto? Pensavi che non l'avrei scoperto? O meglio... pensavi che lei non ne avrebbe approfittato per sbandierarlo a tutti, me in primis? » continuo a chiedergli, inarcando appena un sopracciglio.

« No, no, no... niente del genere! » esclama lui, scuotendo il capo, portando poi la mano tra i capelli, a scompigliarli appena. « Avevamo fumato, le ho portato un po' d'erba per farla calmare. E' stata solo una serie di gesti, e di parole. Volevo solo consolarla, una carezza ha tirato l'altra e... insomma, è stato un errore, ma è successo solo quella sera. Pensavo davvero che volesse ammazzarsi. Te lo giuro. »

« Smettila di giurare. » gli dico, io, a mezza voce. « Non serve. »

« Lily » incalza lui, poggiando veloce la sua mano sulla mia. « Io ti amo davvero. »

Lo guardo.

Dio.

Dio.

Sto impazzendo.

No, sono già impazzita!

Perchè la mia mente si sta sforzando di sostituire il suo viso con quello di Taylor?!

DIO!

Scosto velocemente lo sguardo, inspirando a fondo, e ritraendo la mano.

Ma lui l'afferra, tenendola stretta.

« Lily, lo so che è tardi. Che è passato tanto tempo. Che dopo quell'episodio tu non hai più voluto vedermi. Ma credimi » mi dice, con enfasi « non sarei mai venuto qui se non avessi ancora avuto il forte, fortissimo desiderio di stare con te. »

« Così forte che ti è servito vedermi abbracciata ad un altro ragazzo per ricordarti di me. » commento, annoiata.

« No, non è vero. Quando ho visto quella foto io mi sono solo preoccupato. Mi son chiesto “che diavolo ci fa Lily, la mia Lily su una rivista di adolescenti tra le braccia di uno scimmione di quelli che tanto odia”? » la sua Lily. Accenno un sorrisino divertito. Sentire quella possessività da parte sua... Non mi fa nessun effetto. Nessuno. « Quello non è il tuo mondo. La vita che fa quel ragazzo ti stancherebbe, ti stremerebbe. Quello non è il mondo in cui sei cresciuta, e non ti ha mai interessata. Lascialo perdere. » continua a dire.

Apro la bocca per replicare, ma non me lo lascia fare.

« Lascia perdere quel ragazzo. Ti fa stare male. Ti farà stare sempre male. Torna con me a San Francisco. » aggiunge infine.

Io lo guardo, poi chino lo sguardo verso la pizza, che si fredda.

Quello di Taylor non è il mio mondo, è vero.

Non lo sarà mai.

Ed è vero anche che starò male, sempre.

Devo togliermelo la mente, prima che quello che provo possa inevitabilmente peggiorare.

Adesso che ancora non è nulla.

Perchè non è ancora nulla, vero?

« Devo parlarci. Devo chiarire le cose. » mi limito a sussurrare.

Non gli ho detto di sì. Ma non gli ho detto neanche di no.

Questo sembra bastargli, tant'è che mi sorride fiducioso, e poi riprende a mangiare la sua pizza.

Terminiamo la cena ritornando su discorsi inutili, senza senso.

Per me ora non ce l'hanno.

Ritorno pensierosa, e lui sembra capirlo.

Mi riaccompagna alla villa dei Lautner senza fare ulteriori riferimenti a Taylor, almeno finchè non arriviamo al cancello.

Mando un messaggio a Makie, per chiederle di aprirmi senza dover suonare il campanello. E' quasi mezzanotte.

Intanto, d'un tratto, mi ritrovo la mano di Nate sulla guancia, che l'accarezza lentamente, solo col pollice.

Sollevo lo sguardo verso di lui.

« Non vorrei mai vederti soffrire, Lily. Ma se è necessario per farti aprire gli occhi e farti tornare alla realtà, spero che parli presto con quel tipo e ti metti il cuore in pace su di lui. Ti parlerà male, ti scaricherà, e al solo pensiero io m'incazzo, te lo giuro. Ma devi farlo. Per te... per noi. Parlaci, e fammi sapere. » mi dice, prima di avvicinarsi e darmi un bacio sulla fronte.

Il suo dolce bacio della buonanotte.

Dovrei essere contenta?

Dovrei sentire qualcosa?

Gratitudine, magari, per queste belle parole?

No, davvero, grazie tante.

Lo saluto con la mano, in silenzio, e poi attraverso il cancelletto che Makie ha aperto per me.

L'erba è fresca, gli idranti sono in funzione, e ogni tanto mi arrivano degli schizzi d'acqua a rinfrescarmi le gambe.

Entro in casa dal retro, salgo velocemente nella mia camera.

In giro non c'è nessuno. Saranno tutti a letto, o comunque nelle loro stanze.

Entrata nella mia, mi butto sul letto, con tutta la borsa addosso.

Porto a coprirmi gli occhi con il braccio.

Sento una morsa alla bocca dello stomaco.

Non posso andare a parlarci ora. E' tardi.

Ma quando? Non riesco mai a beccarlo da solo.

Devo parlargli.

Voglio almeno vederlo.

Dio, se voglio vederlo.

« Non sono innamorata. Non sono innamorata. » mormoro, schiudendo appena le labbra in un mormorio sommesso, mentre l'altra mano, adagiata sul letto, va a stringere le coperte. « Io non sono innamorata di Taylor Lautner. » continuo a dirmi.

Come se fosse un mantra, cerco di scolpire nella mia mente quelle parole.

Ma non funziona, non funziona per niente.

Al nominare il suo nome, il mio stesso sussurro trema appena.

Mi basta pensarlo per provocare un'ondata di emozioni che neanche il bacio che mi ha dato Nate è stato in grado di fare.

E' assurdo.

Io lo odio.

Lui incarna tutto quello che io odio.

Mi sollevo a sedere, lentamente, togliendo la borsa dalla spalla e poggiandola a terra.

In questo momento il mio sguardo cade sul comodino accanto al letto.

Resto immobile, spalancando appena gli occhi. Mi avvicino.

Sulla superficie di legno chiaro del comodino vi è adagiato un Lilium.

Ha i petali grandi, rigogliosi. Bianchi, con l'interno rosa, screziati da macchioline più scure.

Lo prendo delicatamente tra le mani, lo porto vicino al naso, mi riempio le narici del suo profumo, socchiudendo gli occhi.

Lo rigiro tra le dita, osservando le antere di un colore giallo intenso.

Ad un tratto, il bussare alla mia porta mi fa trasalire.

Chi è a quest'ora?

Lascio il fiore sul comodino, mi avvicino e apro la porta.

Makena è aldilà di essa, già in camicia da notte.

« Makie, dimmi. » mormoro io, per non far rumore. « Grazie mille per il fiore, è davvero bellissimo. » aggiungo subito, accennando un sorrisino.

Lei mi guarda qualche istante, aggrottando appena la fronte, prima di far schioccare la lingua contro il palato, e inspirare. E' stranamente seria.

« Lily, io lo so che spesso do l'idea della ragazzina un po' svampita, e oltretutto il fatto che io sia più piccola di te e Tay non vi permette di prendermi sul serio quando devo dire qualcosa d'importante » inizia a dire lei, a bassa voce. Io la guardo, interrogativa, le sopracciglia appena corrugate. « Ma, Lily, volevo solo dirti che... Si vede. E' palese. Smettetela di prendervi in giro. » continua a dire lei. Io chiudo le labbra, strette. Deglutisco.

« A... a cosa ti riferisci? » chiedo io, titubante.

Lei mi guarda qualche istante, poi sbuffa, scuotendo appena il capo.

« Taylor è nella sua stanza. E' sicuramente sveglio. » mi dice, semplicemente, prima di iniziare a voltarsi verso la sua camera. Poi si ferma, di nuovo torna a guardarmi. « Ah... » inizia a dire, e mi pare di vedere un accenno di sorriso sul suo volto. O forse la sua espressione è solo dannatamente eloquente. « Il Lilium non te l'ho lasciato io, in camera. » aggiunge, e io ci metto solo qualche secondo prima di realizzare cosa voglia dire. Sgrano gli occhi, mentre lei mi fa “ciao ciao” con la manina.

Non aspetto neanche che si chiuda in camera.

Esco, lasciando anche la porta aperta della mia, dirigendomi velocemente verso la fine del corridoio.

Basta.

Makie ha ragione.

Bisogna smetterla di prendersi in giro.

Devo parlare con Taylor.

Devo parlare con Taylor.

Devo parlare con...

Arrivo davanti alla sua porta chiusa.

Resto ferma, immobile, ad osservarla. Mi sento una cretina.

Poi scuoto il capo, velocemente, e vado a bussare prima che qualsiasi altro stupido fattore possa impedirmi di farlo.

Ho bussato. Timidamente, ma l'ho fatto.

Il mio cuore sta per esplodere.

Sento delle voci sommesse, i suoi passi che si avvicinano. Sto già avvampando.

Apre la porta, di pochi centimetri.

Vedo il suo viso vicino al mio, come non lo era ormai da tempo.

Lo guardo, lui mi guarda. Sembra stupito di vedermi. Ha un'espressione sofferta. Sembra quasi... Trattenersi.

Non dice nulla.

« Dobbiamo parlare. » mormoro, cercando di mantenere la mia voce il più ferma possibile.

« E' tardi, vai a dormire. » risponde lui, in un soffio.

E chiude la porta.

Resto immobile, lo sguardo allucinato.

Sbatto le palpebre più volte, confusa, frastornata.

Ha davvero chiuso la porta?

Mi ha davvero chiuso la porta in faccia?!

Inizio a respirare in modo veloce, e irregolare.

Calmati Lily, calmati.

Stringo le labbra, e le mani in due pugni, spasmodicamente.

Calmati Lily. Vuoi solo ucciderlo.

Calmati.

Conta fino a dieci.

Uno, due, tre... fanculo!

Altrochè emozione. Altrochè batticuore.

Questo ragazzo mi fa girare i coglioni a trecentosessanta gradi!

Busso di nuovo, tre volte secche, più forte.

Sto tremando per il nervoso.

Lo sento avvicinarsi di nuovo alla porta.

« Ho detto che devi andare a-- » inizia a dire lui, mentre la apre. Ma non gliene do modo.

Nel momento in cui la sta aprendo, mi fiondo sulla porta con tutto il mio peso, buttandomici all'interno.

« E io ho detto che dobbiamo parlare! » esclamo, aggressiva, ad alta voce.

A questo punto possono svegliarsi tutti. Non me ne frega niente.

Gli arrivo praticamente addosso.

Indietreggiando, lui inciampa sulla sua valigia, e cade all'indietro.

E io con lui.

Lancio un urlo, mentre perdiamo l'equilibrio, proteggendomi contro di lui, involontariamente.

Con un tonfo ci ritroviamo sul suo letto. Taylor è steso sotto di me, t-shirt nera semplicissima e i soliti pantaloni da tuta con cui dorme, e mi guarda con gli occhi sgranati. Io prendo fiato, e solo dopo poco mi rendo conto di essere mezza a cavalcioni su di lui.

Apro gli occhi, i nostri sguardi s'incrociano. Sento il suo calore.

Sento il suo respiro.

Di nuovo.

Tutto questo mi agita, terribilmente. Mi fa diventare paonazza.

Ma dall'altro lato mi piace, mi piace da morire.

Mi piace guardarlo da vicino, osservare le sue labbra, la fossetta sul mento, l'espressione di puro sconcerto che ha ora stampata in faccia.

I suoi avambracci restano sollevati in verticale, le mani aperte, per non rischiare di toccarmi suppongo.

Resto immobile così. Cosa devo fare? Come posso iniziare? Dovrei cambiare posizione, no? Non possiamo parlare così, no?! Non riesco a muovermi!

« Ehi... Tay-Tay, ma che succede? Che furia! » sento una voce rompere il silenzio.

Mi volto, e sulla sua scrivania vedo il portatile aperto, e il viso di una ragazza che ci osserva con fare interessato. E divertito.

Mi scosto di botto da lui, crollando seduta di fianco.

La conosco.

Il suo viso mi è familiarissimo.

« Niente, Kris, chiudi la chiamata. » dice lui, in difficoltà.

« Rob! Vieni qua! » sento dire dalla ragazza, a qualcuno che è con lei, con un tono palesemente divertito, prima di voltarsi di nuovo verso di noi. « Ma sei fighissima! Ma che colore di capelli hai?! Sono magenta?! Wow! » chiede sorridendo con entusiasmo.

Coi capelli castani sciolti morbidamente sulle spalle, l'incarnato chiarissimo, penetranti occhi verdi.

Ah, l'attrice di Bella - com'è che si chiama? Kristen qualcosa? - mi ha appena fatto i complimenti per i miei capelli. Mi sembra così assurdo che mi dimentico di ringraziarla.

Mi dimentico proprio di parlare.

Dopo poco, sbuca dal lato della camera anche un altro ragazzo, accanto a Kristen. Anche lui, lo riconosco all'istante. Alto, slanciato, capelli castano chiaro scompigliati verso l'alto, pelle chiara, sorrisetto ironico, la barba rossiccia vecchia già di qualche giorno. Edward. Cioè, Robert.

Sgrano gli occhi.

« Ehi ehi ehi, ma chi è quella bella figliola? » chiede lui, arricciando le labbra in un sorrisino, mentre porge una tazza a Kristen e va a sorseggiare dalla sua.

« ROB! » sbottano in coro Taylor e la ragazza. Lui ridacchia, divertito. Ha uno sguardo furbo, sornione. Io resto immobile ad alternare lo sguardo tra i tre. Sono terrorizzata. Vedere tre volti del genere insieme in una situazione così normale, così... mortale, è troppo alienante per me.

Lei resta qualche istante ad osservarmi, riflettendo. Poi improvvisamente sgrana gli occhi. « Ehi Tay, non dirmi che lei è la ragazza che ti-- »

« OKAY » urla lui, alzandosi velocemente dal letto. « Basta così, ci sentiamo dopo eh?! » aggiunge, velocemente, e senza dare il tempo ai due di ribattere chiude il portatile con poca cura.

Resta immobile qualche istante, senza guardarmi. Vedo il suo torace che si alza e si abbassa, velocemente. Contrae i muscoli della mascella. È teso. Forse quasi quanto me.

Siamo soli. Chiusi in camera, soli.

Senza interruzioni.

Senza altra gente.

Io e lui.

« Lily, cosa sei venuta a fare qui? » sbotta improvvisamente, guardandomi, restando però in piedi vicino alla sua scrivania.

Come se avesse paura di avvicinarsi.

« Sono venuta a parlati. » rispondo prontamente io.

« Non c'è nulla da dire. »

« E invece sì, tante cose. »

« No, vattene. »

« No, devi parlarmi, devi dirmi-- »

« Vattene. »

« NO! » la mia ultima risposta prorompe aggressiva, prepotente.

Mi alzo in piedi, e mi avvicino di qualche passo.

« Perchè? Dimmelo! Perchè da un momento all'altro hai deciso che io e te non dovevamo più dividere nulla, neanche quel briciolo di quotidianità?! » chiedo, stringendo le mani in due pugni. « Cos'è scattato nella tua mente?! Cos'è cambiato? Perchè sei diventato scontroso e aggressivo?! » continuo, avvicinandomi. « Ti sei rotto? Hai capito che avere una comune mortale che ti gironzola intorno è solo una palla al piede?! » chiedo, sarcasticamente.

Lui si volta a guardarmi, spalancando appena gli occhi, colpito.

« Assolutamente no! » esclama in risposta.

« Allora cosa? Cosa, Taylor?! Lo so che non c'entriamo nulla, io e te. L'ho sempre saputo. » gli dico, chinando appena lo sguardo. « Sapevo che io e te non saremmo potuti essere neanche amici, ne ero consapevole, ma... addirittura non parlarmi?! Ignorarmi?! Dirmi tutte quelle cose cattive?! Andartene via per due settimane senza neanche salutarmi?! » continuo a chiedergli, a inondarlo di domande.

Devo essere paonazza.

Resta qualche istante in silenzio, respirando veloce, gli occhi socchiusi verso il basso, prima di ritornare a rispondermi.

« Questa è la mia vita, Lily. Posso dover partire anche da qui a cinque minuti. E' tutto inaspettato, è tutto inevitabile. Lo vedi? Non lo capisci! » esclama in risposta, esasperato, avvicinandosi anche lui di un passo. « La persona che tu hai conosciuto, il ragazzo con cui hai parlato, è una parte di me che non può esistere più. Non ne ho il tempo, non ne ho la possibilità. Non posso illuderti. Non voglio che pensi che puoi avere un rapporto normale con me. Hai visto cosa ti è successo a stare accanto a me, no? »

Porta la mano tra i capelli corvini, a massaggiarsi la testa, in difficoltà.

« Non te l'ho mai chiesto! » rispondo io, inspirando a fondo. « E non è vero. Non è vero! Il ragazzo che mi ha portato a vedere le luci, quello con cui mi sono confidata... Quello sei tu! E' una parte che tu hai deciso di accantonare. Sei tu che la vuoi soffocare! E non riesco a capirne il motivo! »

« No, no, no. Io e te non possiamo avere un rapporto normale. Smettila, devi convincertene. »

« Cos'è un rapporto normale, per te? Non so cosa intendi. Non capisco cosa vuoi dire! Quello che abbiamo avuto finora era un rapporto anormale?! Era qualcosa di strano?! A me stava benissimo così, qualsiasi cosa fosse. » rispondo, confusa. Non lo capisco.

« E' un rapporto che non può andare avanti. L'hai detto tu stessa, tante volte. Io e te facciamo parte di mondi diversi. Tu, a tue spese, hai assaporato cosa significa vivere nel mio. Sei stata male, stai male. E so che non è quello che tu vuoi. Non è quello che voglio neanche io. Io... volevo solo allontanarti, per proteggerti. Da me e dal mio mondo. » risponde, serio, confessando quelle parole con uno sforzo incredibile, e con un'espressione sofferente.

Esattamente come la mia.

Inspiro. Una, due, tre volte.

Non mi vuole nel suo mondo.

Non mi vuole.

Lui ha deciso che io potrei star male, accanto a lui.

Lui ha deciso di allontanarmi, per proteggermi dalla sua vita.

Ha fatto tutto da solo.

Come se io non fossi in grado di decidere cosa fare, con chi stare, chi volere di fianco a me.

I miei occhi si velano di lacrime di rabbia, di tristezza, di dolorosa consapevolezza.

Una consapevolezza che ho tenuto dentro per troppo tempo.

« Sai qual è la novità, Taylor? Che tu sei un egoista di merda. » dico improvvisamente io. La mia voce è completamente incrinata dalle lacrime che sto cercando di trattenere. Sollevo lo sguardo, verso di lui.

Ad incrociare i suoi occhi tremendamente belli.

Fa male guardarti.

Sei così bello che fa male guardarti.

« Tu... Tu con le tue parole, i tuoi gesti, la tua gentilezza... » continuo a dire, in un modo forse un po' sconclusionato. « Io un po' mi sentivo già parte del tuo mondo. E' questa la verità. » mormoro, tremante. « Tu mi hai fatta entrare nella tua vita... E poi mi hai cacciata via. Dici che volevi proteggermi... Proteggermi da qualcosa che tu hai iniziato a farmi piacere. Hai deciso da solo tutto quanto. Per questo sei egoista, e crudele. » concludo, sempre guardandolo.

Lui stringe le labbra, sgrana gli occhi. E' in difficoltà.

Inizio ad arretrare verso la porta, lo sguardo basso. Ricaccio indietro le lacrime.

« E sai ora qual è il problema? » aggiungo, posando la mano sulla maniglia. Torno a guardarlo. Voglio quantomeno andarmene senza piangere. « Che adesso per me è praticamente impossibile immaginarmi in un mondo in cui non ci sei tu. » concludo.

Con una voce che non pensavo di poter mantenere così tranquilla.

Eppure dentro di me sta avvenendo il finimondo.

Sì, è la fine del mondo.

Nel momento in cui pronuncio quelle parole, la realtà che mi ostinavo a nascondere esplode come una bomba nucleare dentro di me.

Lui trattiene il fiato, o almeno è quello che sembra. Sgrana ancora di più gli occhi. Schiude le labbra, forse per parlare, ma non dice nulla infine.

Lo guardo pochi istanti, prima di mormorare un “buona notte”, che alle mie orecchie sa tanto di “addio”.

Mentre me ne vado, non voglio che veda il mio viso stravolto dalle lacrime, o dalla tristezza.

Voglio che veda la ragazza fiera che è venuta ad ammettere di essere totalmente caduta vittima di quel sogno che la spaventava così tanto, e che l'ha puntualmente delusa come c'era da aspettarsi. Ma che rimane sicura di quello che pensa. Delle sue scelte, delle sue parole.

Non so se sono riuscita nell'intento, però.

Lui resta immobile. Mi richiudo la porta della sua camera alle spalle.

Lentamente inizio a percorrere il corridoio, buio e silenzioso, verso la mia camera.

Sento solo i miei stessi passi lenti sulla moquette.

E' tutto annebbiato. La mia vista, la mia mente.

Come se il mio corpo stesse tornando nella mia camera da solo, e io, la mia anima e la mia coscienza lo stessimo guardando dall'esterno.

Sospiro.

Fanculo i soldi. Fanculo il lavoro.

Devo andarmene.

Devo andarmene domani, altrimenti questa... questa malattia, non guarirà più.

Il silenzio però dura il tempo di percorrere qualche passo.

Sento la sua porta aprirsi di nuovo.

Il tempo di sollevare lo sguardo, e voltarmi indietro, che mi ritrovo improvvisamente sbattuta contro il muro.

Trattengo un'esclamazione di sofferenza poco simpatica, come al mio solito, quindi apro gli occhi.

La prima cosa che vedo, e anche l'unica, è il volto di Taylor a poca, pochissima distanza dal mio.

Le sue mani tengono ferme le mie, inchiodate contro il muro.

Mi sta sovrastando col suo corpo.

È serio, mentre mi guarda.

Il suo profumo mi sta fottendo la testa. Perfetto.

« Dimmelo chiaro, Lily. » mormora lui, in un soffio carezzevole sulla mia pelle.

Ho i brividi.

« Cosa? » gli chiedo, a bassa voce.

Dio, siamo nel corridoio.

« Dillo chiaro che sei irrimediabilmente attratta da me. » mormora ancora, arricciando le labbra in un sorrisino divertito, che rende i suoi occhi due mezzelune lucenti, ironiche. Non lo vedevo sorridere in un modo così sfrontato da un po'.

Mi tremano le gambe.

Mi basta quel sorriso.

Quel sorriso è tutto, è abbastanza.

Sento di nuovo il mio cuore leggero, scivolare fuori dal sacchetto di plastica, pompare forte e vigoroso.

La tossica nuvola dell'angoscia si sta dissipando, velocemente.

Sta uscendo di nuovo il sole.

È bastato un sorriso.

E io mi sto sciogliendo, come un cubetto di ghiaccio sotto la luce potente dei raggi solari.

« Sei uno stronzo. » rispondo io, in un flebile mormorio, tremante.

Lo guardo. Il respiro è corto, irregolare.

Il cuore galoppa.

E io faccio una cosa che non avrei mai pensato di poter fare.

Socchiudo gli occhi, allungo il viso quel che basta per annullare totalmente la distanza tra noi. Poggio le mie labbra sulle sue, assaporandole, e carezzandole con la lingua, in un gesto veloce, ma che mi fa avvampare.

Sento il suo respiro arrestarsi, prima di farsi più veloce.

Mentre il sapore di quelle labbra mi ricorda qualcosa, come se mi fosse già familiare.

Sanno di buono, qualcosa di terribilmente buono.

Riapro gli occhi, lo guardo. Adesso sono io che accenno un sorrisetto compiaciuto.

« Te l'ho sempre detto di non montarti la testa, Taylor Lautner. » mormoro languida, a una distanza pericolosissima dalle sue labbra, che sembrano attrarmi come una calamita.

Le guardo, mordicchiandomi il labbro inferiore, stuzzicandolo col canino.

Sono buone. Sono troppo buone.

Resisti.

Non posso. Le voglio.

Aspetta.

« Ah, c'è una domanda in sospeso, alla quale devo ancora rispondere. » continuo a mormorare, chinando appena il capino rosso di lato. Assottiglio le palpebre, lo guardo, con aria da sfida, sorridendo appena. « No, non ho paura neanche dei lupi. »

Neanche il tempo di finire la frase, che lui si avventa su di me, facendo sussultare il mio cuore.

È vorace.

Le mie labbra incontrano le sue, per pochi, ardenti istanti. Anche lui usa la lingua, abilmente, giocando per stuzzicarmi. Inspiro forte, osservo per quei momenti i suoi occhi chiudersi su di me, sento esplodere un piacevole seppur sofferente calore nella zona del basso ventre.

Si allontana, a fatica sembrerebbe.

Stiamo tremando.

I nostri toraci si muovono veloci, ansanti, contemporaneamente. Sento il suo fiato sulla mia pelle.

« Sei davvero una stupida. » mormora lui, in un soffio che solo io, a quella distanza, potrei udire. E che mi fa tremare, come una carezza carica di desiderio.

Di nuovo sembro essere attirata da quelle labbra, su cui mi fiondo in un attimo. Io sono una piccola ape svolazzante, e quelle labbra sono il succulento miele che voglio assaporare. Suggello il suo labbro inferiore. Sono morbide, sono tremendamente invitanti, queste labbra. Le sue mani intanto allentano la stretta sulle mie, il necessario perchè io possa andarle ad aprire, ed intrecciarle con le sue. Le nostre dita vanno ad avvilupparsi, strette. Ma mi tiene ancora contro il muro, bloccata. Mi allontano, con una fatica immane.

Stiamo giocando.

Abbiamo giocato fin dal primo momento.

Solo che questo gioco si è fatto bollente.

« Ti odio. » rispondo dopo essermi allontanata. Di poco stavolta, pochissimo.

Tanto che le nostre labbra si sfiorano.

Sto ansimando.

Di tanto in tanto mi ricordo che sono bloccata tra lui e il muro del corridoio, dove chiunque potrebbe arrivare all'improvviso e beccarci in pieno.

« Dicono che l'odio sia il sentimento più vicino all'amore. » mormora lui, posando la fronte contro la mia, e accennando un sorrisino divertito, scoprendo appena la fila di denti bianchi e perfetti, prima di avvicinarsi ancora ad assaporare le mie labbra.

E ancora.

E ancora.

« Ti piacerebbe. Stronzate. » mormoro, praticamente accarezzando la sua bocca mentre muovo la mia. Non riesco a staccarmi più.

Voglio ancora le sue labbra.

Voglio ancora la sua lingua.

È una droga.

Una dolce, ardente droga.

Le sue mani lasciano la presa che teneva fisse le mie al muro, e vanno a posarsi sulla mia vita.

Veloci, bramose, scendono e accarezzano ogni parte del mio corpo che trovano, con movimenti esperti. I fianchi, il sedere, le cosce. Il suo tocco mi fa trasalire.

È bravo, e sa quello che fa.

Si scosta appena, per parlare. Mi guarda.

« Non dovevi farlo, Lily. Non dovevi avvicinarti così. » mormora lui, mentre lento ora scende ancora. « Adesso non riesco più a trattenermi. » conclude, veloce.

E altrettanto veloce, con uno strattone, mi solleva dalle gambe, con una facilità assurda, costringendomi a divaricarle e facendo in modo che vadano ad agganciarsi ai suoi fianchi.

Ecco perchè non mi toccava.

Ecco perchè si teneva a distanza.

Le mani sollevate a mezz'aria, la sua espressione sofferente quando mi avvicinavo, le sue richieste d'allontanarmi da lui.

Mi tiene ancora ferma al muro, ora con tutto il suo corpo.

Sento il suo bacino spingere contro il mio.

Non ho possibilità di fuga.

Non ho la minima intenzione di fuggire.

Le mie mani s'insinuano tra i suoi capelli, mentre ci abbandoniamo completamente.

La mia bocca si apre, affamata, insieme alla sua, mentre entrambi chiniamo appena il capo di lato, per incontrarci.

Le nostre lingue si trovano, finalmente, iniziano a scontrarsi, e poi a danzare. Il mio cuore, il mio corpo, il mio cervello, impazziscono.

Cantano vittoria.

Le narici si dilatano, spinte da un respiro ansante. Le mie labbra vanno a congiungersi con le sue, voluttuose.

Ancora, e ancora.

Nel corridoio si sentono solo i nostri respiri sconnessi, il fruscio dei nostri corpi che si cercano e si scontrano dolcemente, il rumore del nostro bacio, delle nostre labbra umide che fanno l'amore.

Dio, Dio, Dio... siamo nel corridoio.

Potrebbe sbucare sua mamma, sua sorella, chiunque.

E non m'importerebbe nulla, perchè adesso la mia mente è totalmente focalizzata su questo bacio.

La vocina fastidiosa che mi dava della bugiarda quando mi ostinavo a non pensare a lui, a non dargli importanza, ora sembra urlare alla vittoria.

I suoi bicipiti sono gonfi, tesi, sodi, mentre mi tengono su, imprigionata contro la parete fredda. Le sue dita affondano nella pelle morbida delle mie cosce, con bramosia. Sembrerebbero quasi artigli, che vogliono dilaniarmi la carne.

Ed effettivamente ad un tratto, sotto la tensione provocata dalle sue dita, sento uno strappo secco.

Mi allontano un attimo, prendo fiato, lo guardo scocciata.

« Mi hai appena strappato le calze. » gli faccio constatare, la voce arrochita, una punta d'ironia, le mie mani sulle sue guance, il pollice destro che gli accarezza le labbra arrossate.

Lui ricambia lo sguardo. La sua pelle è lievemente imperlata di sudore.

« Chi se ne frega. » risponde con voce bassa e vibrante, con uno sguardo di puro, istintivo desiderio verso la mia bocca, prima di avventarsi di nuovo su di me.

Ancora ci baciamo, in modo quasi famelico, prima che lui sposti le sue labbra ardenti sul mio collo.

Mi aggrappo alla sua maglia all'altezza delle scapole, tendo la stoffa nera tra le dita, mordendomi il labbro inferiore per non lasciarmi sfuggire qualche gemito.

Sento la sua eccitazione contro di me, visto che i pantaloni di cotone della tuta celano ben poco.

Sono così calda da sentirmi febbricitante.

Di nuovo spalanca la bocca sull'incavo tra il collo e la spalla, ghermendo un lembo di pelle. Ma non si discosta, questa volta. No, insiste, su quel punto. Ci passa la lingua, i denti, succhia con le labbra.

La barbetta incolta mi fa il solletico.

Ho la pelle d'oca.

Mi sento avvampare.

Reclino la testa indietro, andando a poggiarla contro il muro, mentre sono percorsa da milioni di brividi lungo il corpo.

E sono seriamente, dannosamente eccitata.

D'un tratto lui mi scosta dal muro, improvvisamente. Tenendomi in braccio, e tornando a baciarmi, inizia a camminare lentamente.

Non lo so dove mi porta.

Non lo capisco.

Non capisco niente.

Mi tiene tra le sue braccia come fossi una bambolina.

D'un tratto mi molla a terra, facendomi compiere un piccolo balzo.

Di nuovo si china sul mio collo, dove poco prima ha lasciato quel morso ardente, lasciandoci un altro bacio. Intanto le sue mani percorrono la schiena, dal basso verso l'alto, sollevando la stoffa della mia canotta.

« Questo è per quel cretino che spera di portarti via. » mormora appena, sollevando il capo, le labbra lievemente gonfie e arrossate, come le mie. Lo sguardo è languido. « E altrochè principesse. Io ti preferisco con gli anfibi. » ammette, lentamente.

Mi guarda, serio, e sembra un animale desideroso della sua preda.

Un animale che sta trattenendo i suoi istinti, per non travolgermi.

Mi fa eccitare solo guardarlo con quell'espressione.

« E tu... per favore... Chiuditi in camera per questa sera, okay? » mi dice ancora, in un soffio, accennando poi una risatina. Sommessa e calda. Sono completamente fottuta. « Potrei davvero non rispondere più delle mie azioni. »

Annuisco, più volte, velocemente.

« Buona notte. » mormoro, confusa. Sembro drogata. Sembro su un altro pianeta.

« 'Notte. » risponde lui, prima di chinarsi veloce di nuovo, a suggellare le mie labbra tra le sue, inspirando a fondo.

Sollevo appena le mani, a carezzarlo veloce, quasi in un istinto di volerlo trattenere.

Ma poi lui si allontana, mi sorride apertamente, e si chiude dietro la porta della mia camera, lasciandomi sola qui dentro.

Mi guardo qualche istante intorno.

E' successo davvero?

Sì, vero?

Vero?!

Mi avvicino allo specchio, accendendo la luce.

Tremo come una foglia.

Con gli occhi cerco il punto in cui lui s'è soffermato più a lungo, poco fa.

Un vivido marchio rosso è impresso sulla mia pelle.

Il suo marchio.

E' successo davvero.

 

*-*-*

Dai che oggi mi amate! x°

Buongiornooo! :D

Allora, vi è piaciuto questo capitolo? Lo so, lo so... "era ora"! Ehh!

Questo è solo l'inizio, in realtà. In tanti sensi. Taylor ha detto quello che pensa a Lily, ma forse non proprio tutto.

E Lily sarà ancora più confusa di prima, se possibile.

Ma vi avverto, da questo capitolo in poi le scene più spinte saranno molto più frequenti. Spero che le mie descrizioni non scendano mai nel volgare, ma se non siete amanti del genere vi consiglio di star attente per questi pezzetti qui, appunto.

Ringrazio ancora tutte le splendide fanciulle che mi sostengono ad ogni capitolo, in particolar modo PennyRose che è davvero un tesoro.

Vi lascio giusto qualche link interessante:

La fanfiction su Taylor della mia amica postergirl84, Benzina sul Fuoco (preparate ventagli, climatizzatori, ventilatori e chi più ne ha, più ne metta!)

La fanfiction di She's Strange, Rebirth Dawn (cioè come sarebbe davvero dovuta andare a finire la storia tra Jacob e Bella. Questa ragazza è... semplicemente perfetta. Date una sbirciata alla sua storia, non ve ne pentirete!)

Il mio profilo Facebook, dedicato a EFP, nel caso abbiate voglia di aggiungermi, dove posto immagini varie su Brighter Than The Sun :3

Grazie mille a chi è arrivato a leggere fin qui.

Vi adoro!

   
 
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