Ciao a tutte!!! Come vi avevo
promesso, visto che i commenti per “ Venga tu dal cielo o dall’inferno, cosa
importa?” sono stati veramente tanti e pure stupendi, ecco a voi il suo
seguito. Sarà che ogni volta che comincio una nuova fic mi sento euforica come
non mai, ma non vi nascondo che sono veramente soddisfatta delle idee che mi
sono venute in mente per questa nuova fanfiction. Tuttavia, visto che comunque
rimango bastarda fino al midollo, vale la stessa storia di“ Venga tu dal cielo
o dall’inferno, cosa importa?”, ovvero, sarà l’indice di gradimento che
decreterà se questa fic continuerà o meno…non è sadismo, ma visto che a rigor di logica si scrive affinché ci sia
qualcuno che legga, se non c’è nessuno che lo fa e che apprezza o critica è
inutile continuare, almeno secondo il mio modesto punto di vista. Quindi ora
sta a voi…LEGGETE E COMMENTATE!
1- PERFECT LIFE
Era umido quel pomeriggio di
novembre.
Tanto umido che il proprietario
del sontuoso maniero immerso nella campagna inglese aveva ordinato che tutti i
camini venissero accesi entro un minuto.
I piccoli elfi domestici, che
servivano quella casa e quella famiglia da diverse generazioni ormai, erano
schizzati da una parte e dall’altra come trottoline impazzite e, nel giro di
poco più di quel minuto che era stato loro concesso, tutti i camini
scoppiettavano allegri.
Qualche
istante più tardi, mentre il giovane padrone si godeva un bicchierino di wishky
incendiario strainvecchiato dell’annata migliore nel suo studio all’ultimo
piano del maniero, una voce femminile, imperiosa e allo stesso tempo po’
infantile, ordinò sempre a quegli stessi elfi di portarle il tè in camera il
più in fretta possibile.
Con i pasticcini al cioccolato,
si affrettò ad aggiungere.
Il padrone chiuse
immediatamente la porta del suo studio con un gesto seccato.
Quella voce lo infastidiva,
soprattutto quando stava facendo qualcosa d’importante.
E, dovette amaramente
ammettere, quegli stramaledetti conti lo stavano facendo impazzire.
Le scartoffie della Gringott
ricoprivano interamente la pregiata
scrivania d’ebano intarsiata con arabeschi dorati ed il giovane guardava le
carte con un misto di disperazione e confusione negli occhi chiari.
Lui non si era mai occupato di
certe cose prima che i suoi morissero e non poteva negare che ora l’aiuto di
suo padre gli sarebbe stato più che gradito.
Non che avesse poi così tanto
bisogno di aggiustare i conti, certo.
Solo che quando si hanno così
tanti soldi e proprietà ogni tanto è saggio controllare che ci siano ancora
tutti, non si sa mai.
Senza contare che se al ministero avessero trovato sospetti spostamenti di capitali od operazioni poco trasparenti sarebbero ricominciati i guai.
“ Non ci voglio neanche
pensare”
No di certo, non dopo tutto
quello che aveva fatto per ricostruirsi un’immagine di fronte all’opinione
pubblica.
Bella casa, bella moglie e,
cosa più importante, neanche una voce screditante in più di due anni della sua nuova
vita.
Aveva sempre lo stesso
carattere, come gli aveva fatto notare più di una persona, ma questo dettaglio
passava relativamente in secondo piano vista la sua brillante condotta,
pubblicamente riconosciuta e apprezzata.
Ed ora stava anche per tornare
in società.
Crogiolandosi in quei pensieri,
il bel giovane si rimirò per un secondo i gemelli con smeraldi che brillavano
sui polsini della sua camicia nera e che sua moglie gli aveva regalato per il
suo compleanno.
Li avrebbe sicuramente
indossati alla festa che aveva intenzione di organizzare a breve.
“ Faranno un’ottima figura”
Non poteva negare che fossero un po’ troppo appariscenti per i
suoi gusti, ma senza dubbio erano di qualità eccellente.
E poi il verde gli era sempre
piaciuto.
Verde come le banconote, verde
come simbolo della sua casa ad Hogwarts, verde come la speranza che il mondo là
fuori sarebbe tornato ad accettarlo e a stimarlo per quello che era.
Il giovane si abbandonò sulla
sedia dall’alto schienale e rilassò le ampie spalle.
C’era voluto tanto per arrivare
fin lì, davvero tanto per rinunciare a quel tipo di vita che gli era entrata
nel sangue come un veleno.
Ma adesso era pulito.
Draco Malfoy, agli occhi del
mondo magico era diventato un uomo onesto.
***********
Pansy Parkinson era sempre
stata bella.
Mora, voluttuosa, senza troppe
inibizioni, come aveva pienamente dimostrato durante il suo soggiorno ad
Hogwarts, e con ambizioni che non si era mai sforzata di nascondere.
Era ovviamente Purosangue fino
al midollo, caratteristica che l’aveva sempre resa un ottimo partito.
Ma purtroppo per gli altri, lei
era sold out.
Alla faccia del contratto matrimoniale,
era stata promessa in sposa praticamente già da prima che nascesse.
Niente di inderogabile
ovviamente, l’accordo tra le due famiglie poteva benissimo essere revocato ed
il matrimonio tra i due pupilli sarebbe rimasto solo un sogno dei genitori.
Per sua fortuna però, l’uomo
che Pansy era stata “costretta” a sposare era anche l’uomo di cui era
innamorata dall’età di tredici anni, cosa che aveva evidentemente facilitato le
cose.
Aveva dovuto rinunciare a diverse cose per lui, per lui che voleva mantenere la sua immagine perfetta ed impeccabile dopo un passato a dir poco torbido, ma n’era valsa indubbiamente la pena.
Malfoy e Parkinson, due nomi
una garanzia.
Garanzia di ricchezza, di
prestigio e di una discendenza che non avrebbe avuto nulla da invidiare ai
fondatori delle loro due casate.
In sintesi Pansy Parkinson
poteva dirsi felice.
Amava suo marito quanto bastava
per sopportarne i difetti, e amava ancora di più i vantaggi che le erano venuti
nel diventare la signora Malfoy.
Non soldi, quelli ne aveva
abbastanza anche lei, ma piuttosto quella dolce soddisfazione nel ritrovarsi la
notte nel letto di quello che era stato il rampollo di una delle famiglie più
illustri del mondo magico, nonché il braccio destro, anche se per brevissimo
tempo, di Lord Voldemort.
Pansy era dunque felice ma
purtroppo per lei, e per Draco, non abbastanza.
La sua, la loro, vecchia
vita un po’ le mancava.
Le missioni, i combattimenti…il
sangue.
Gioielli e abiti costosi erano
un bel passatempo ma a lungo andare sarebbero finiti per diventare noiosi.
E Voldemort era ancora lì,
nell’ombra, e non avrebbe di certo esitato a riaccoglierli, vista la scarsità
degli adepti che si ritrovava ad avere nell’ultimo periodo.
“ Non dovrei neanche pensarle
certe cose” si rimproverò tuttavia la giovane donna rimirandosi nell’enorme
specchio della sua stanza matrimoniale con sguardo indagatore.
“ Non dovrei proprio pensarle”
Si lisciò su fianco,
piacevolmente sinuoso, il vestito di seta lilla che creava un contrasto
stupefacente con gli ormai lunghi
capelli d’ebano e gli occhi scurissimi.
Sorrise.
Contemplarsi allo specchio era
sempre un’attività rilassante e contribuiva non poco a scacciarle via i cattivi
pensieri, come quelli che ancora le frullavano in testa.
“ Sono solo sciocchezze, infondo
adoro la mia vita…e Draco.”
Pansy sorrise compiaciuta di sé, del sua aspetto meraviglioso e del suo
invidiabile marito.
Il suono del campanello però
infranse il sogno idilliaco della giovane donna, che sbuffò molto poco
elegantemente prima di gettare un’occhiata al pendolo vicino alla porta.
Le cinque, ed era venerdì.
“ L’ispezione di controllo
settimanale…me ne ero dimenticata”
Si sarebbe persa il suo
abituale tè delle cinque.
Questa era decisamente una di
quelle cose che avrebbero potuto rovinarle il pomeriggio.
***********
Un piccolo e rugoso elfo
domestico, che sembrava insolitamente più vecchio degli altri, bussò
timorosamente alla porta dello studio di Draco che del campanello non aveva
sentito neppure l’eco.
- Avanti- ruggì il giovane
Malfoy.
L’elfo aprì la porta quel tanto
che bastava per permettergli di infilare la testa nello studio.
- Signore…?- farfugliò l’elfo.
- Si?- lo incitò Draco senza
neanche alzare gli occhi dalle carte.
- Ci sarebbe l’Auror per
l’ispezione…-
- E allora? C’è mia moglie per
questo o no?- lo interruppe bruscamente Draco alzando finalmente lo sguardo.
- è questo il problema
signore…la signora dice di non essere presentabile e chiede se possa andare lei
ad accogliere l’Auror…-
Draco trattenne a stento un
ringhio mentre sistemava, senza alcun risultato, le carte e i documenti.
-Scendo subito. Va’ pure-
L’elfo si dileguò.
Draco si alzò stancamente dalla
scrivania e si diede un’ultima veloce occhiata sul vetro della finestra prima
di scendere nell’ingresso.
Aveva appena ventiquattro anni
e più soldi della regina d’Inghilterra ma in quel momento avrebbe rinunciato
volentieri a metà del suo patrimonio per restarsene nel suo studio lontano da
qualsiasi scocciatura.
Tuttavia dicono che la libertà
abbia un prezzo.
Quello era il prezzo della
libertà di Draco Malfoy.
Ogni settimana, sempre lo
stesso giorno, sempre alla stessa ora, un Auror inviato dal Ministero arrivava
a casa sua per “l’ispezione”.
L’ispezione consisteva, a
seconda dei casi, nel perquisire il maniero da capo a piedi o semplicemente nel
servirsi di qualche incantesimo per trovare eventuali prove dei suoi possibili
contatti con Voldemort e i Mangiamorte.
Contatti che lui non aveva più
da diverso tempo, perciò Draco aveva accettato il compromesso di buon grado.
Tre anni prima, dopo essere
scampato per poco al Bacio dei Dissennatori, era fuggito all’estero e quando le
acque si erano calmate era tornato sotto mentite spoglie.
Era bastata qualche
informazione sui Mangiamorte rivelata al ministero, un bel pentimento pubblico,
e gli era stato concesso di vivere.
Qualche controllo ogni tanto
quindi, lo poteva benissimo accettare.
Draco arrivò dopo qualche
minuto nell’androne principale del maniero dove troneggiava un’imponente
lampadario di vetro murano nero e argento,
fatto arrivare direttamente da Venezia.
Sorrise tra sé al ricordo di
come si fosse infuriato quando gli era stato consegnato danneggiato.
Era talmente assorto che non si
accorse subito dell’Auror girato di spalle che attendeva rigidamente il suo
arrivo.
Draco si scosse e si lisciò sul
petto la camicia di seta nera, stampandosi in faccia il suo bel sorriso di
circostanza che però iniziò pericolosamente a vacillare non appena la figura di
spalle cominciò ad apparirgli familiare.
Troppo familiare.
Sentì poche parole brontolate
da lontano con un tono che conosceva bene.
- Ma quanto diavolo ci met…ah,
sei arrivato finalmente!-
Hermione Granger si era appena voltata mostrando a Draco la sua snella figura bardata nella divisa da Auror.
Austera e autorevole, la ragazza
lo guardava impassibile; nessuna traccia di passato, neanche una sbavatura di
ricordo. Niente.
Era Hermione Granger perché
richiamava vagamente alla memoria una ragazzina dai capelli cespugliosi e
dall’aria da saputella, ma per il resto poteva essere benissimo un’altra
persona.
Era cambiata, se in meglio o in
peggio questo era tutto da vedere, ed il padrone di casa se ne accorse subito.
- Cosa ci fai qui?- la
apostrofò Draco senza riuscire a controllare o tanto meno a nascondere
l’agitazione che era divampata violentemente in lui, tanto che il candore delle
sue guance aveva lasciato il posto ad un piacevole rosa pallido.
Un ghignò compiaciuto si
distese sul viso di Hermione.
Aveva ventiquattro anni, era a
capo di una delle squadre di Auror più efficienti in circolazione ed ora, senza neanche nasconderlo troppo,
stava godendo come non mai nel vedere Draco Malfoy in difficoltà.
-Tu sei Draco Malfoy ed
io un Auror, giusto?-
La voce invece era
sempre la sua. Inconfondibile.
Draco annuì senza capire dove
volesse andare a parare.
-Bene, allora sono qui per
l’ispezione-
Draco lasciò tranquillamente
che lo stupore prendesse il posto dell’ansia.
Si chiese se non fosse tutto uno scherzo. Di cattivissimo gusto,
ovviamente.
- Ma tu non puoi…- quasi
balbettò.
- Al bando i convenevoli,
Malfoy- lo interruppe Hermione avanzando con noncuranza verso di lui.
– Voglio cominciare con i
sotterranei, dove sono?-
- Sotto terra, mi pare ovvio-
ribatté Draco sagace, il sopracciglio alzato ed il sorriso affabile, falso come
una banconota da cento galeoni e graffiante come il pianto della mandragola.
Tutto sommato si era ripreso
piuttosto bene dallo shock iniziale.
-Molto spiritoso, dove è
l’ingresso?-
L’ostentata professionalità e
la calma che Draco lesse negli occhi di Hermione gli fecero ribollire il sangue
nelle vene.
Possibile che per lei fosse
tutto così semplice? Veniva lì, a casa sua, e con tutta la calma del mondo gli
chiedeva dove fossero i sotterranei.
Lui non era calmo. Non era
neanche lontanamente vicino ad uno stato di quiete.
Scherzarci su e far finta che
quel nervosismo fosse solo segno d’irritazione e sdegno era il massimo che
potesse fare.
[Mostrarsi forte, sempre. Anche
quando sai di non esserlo affatto.]
Dopo uno sguardo un po’ troppo
lungo, Draco si decise a girare il viso indicandole l’ala destra del palazzo,
felice soprattutto di avere una scusa per non guardarla in faccia.
-In fondo a quel corridoio, la
porta a destra. Io me ne vado, te guarda pure dove vuoi…- Draco si voltò
ritenendo il discorso finito, ma prima di imboccare le scale si girò di nuovo,
come se si fosse dimenticato di dirle qualcosa di estremamente importante.
-Se hai bisogno di me sono nel mio studio, chiedi agli elfi ti
guideranno loro- Detto questo, Draco si avviò su per le scale, con un po’ troppa
fretta in verità, le mani rigidamente infilate nelle tasche dei pantaloni
eleganti.
Hermione all’inizio lo guardò andare via in più assoluto silenzio.
Non aveva nulla da dirgli. Non
più.
Ma, si disse, infondo un occasione del genere non poteva proprio perdersela. Anche a costo di esporsi troppo.
-Non preoccuparti, non avrò
alcun bisogno di te- il tono di Hermione rasentava il beffardo con una
punta di rancore piuttosto esplicita.
Draco ghignò senza essere
visto.
Era quello che il bel padrone
di casa si aspettava da lei.
Una sfida. Quel gioco sottile
di frasi e parole di cui erano sempre stati entrambi ottimi artefici.
Se lo aspettava, vero, ma non
per questo era disposto a tollerarlo.
Il ghigno infatti si esaurì
subito.
Non aveva alcuna voglia di giocare.
Draco fece per girarsi e risponderle secco che quel tono ironico e quei giochetti squallidi poteva anche risparmiarseli.
“ Non è il momento e non sono
assolutamente dell’umore adatto per sopportarli”
Tuttavia, con molta nonchalance
ed assoluta indifferenza, come se non avesse sentito le parole di Hermione, o
meglio, come se non avesse capito il significato che c’era nascosto dietro, non
interruppe la sua camminata quasi marziale e finché non sentì i passi di
Hermione che si allontanavano, non tentennò neanche per un istante.
Solo poco dopo, quando fu
sicuro di non essere visto, si azzardò a guardare.
E non appena fissò i suoi occhi
cerulei sulla figura girata di spalle di Hermione capì che probabilmente né il
momento né l’umore adatto sarebbero mai bastati per affrontarla di nuovo.
“Teso,
ero
a pezzi ma un sorriso in superficie
nascondeva
i segni di ogni cicatrice,
nessun
dettaglio che nel rivederti
potesse svelare quanto c’ero stato male”
- Infinito, Raf-
Spazio autrice: Eccomi di nuovo qui belle fanciulle! Spero di
avervi incuriosito con questo primo capitolo e ancora di più spero di riuscire
ad appassionarvi come è stato con la one-shot che lo ha ispirato.
A questo proposito ringrazio di
cuore: SweetChocolate, ka_chan91, anfimissi ( avere
un tuo commento, così bello poi, è un grande onore! Cmq anche la fic con cui
hai partecipato te non era niente male!), VaniaLoVe, Cobwy23( tesoro mi
raccomando voglio sapere che ne pensi, anche i difetti!), white_tifa, Aysha,
marygenoana, julietta, Joe, costy black, B,
Rossellaura ( grazie millissime per averla inserita tra i preferiti!),
gemellina, camyxpink, nebula91, Erin, e Jane Gallagher( è veramente
gratificante sapere che una non appassionata delle draco/ hermione abbia
apprezzato la mia fic, spero che continuerai a seguire! Cmq ti piacciono gli
Oasis, vero?), Angelmorgana, sweet-inside, betta90, dakrin92 ed isabelblack.
È soltanto grazie a voi se esiste un
seguito di “ Venga tu dal cielo o
dall’inferno, cosa importa?”. Grazie
ancora ragazze!
A prestissimo!