Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: 31luglio    02/08/2012    6 recensioni
Scusa mamma, scusa papà, scusa Jonah.
E scusa anche a te, Justin.
Non ce l'ho fatta.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   prologo / summer.

La campanella di fine lezioni suonò ed io mi precipitai fuori dalla classe di storia e, successivamente, dalla scuola. Un altro maledetto giorno era finito e si avvicinava sempre di più l'estate, o meglio, quella che sarebbe stata la mia estate. Non sapevo perché la definivo tale, solo... avevo un buon presentimento, una cosa molto strana dentro di me, poiché la mia vita non era mai stata rose e fiori.

Salii sulla mia macchina e misi in moto, per poi accendere una sigaretta. La portai alla bocca ed inspirai, lasciando che il fumo riempisse i miei polmoni, poi espirai. Scacciai indietro le lacrime, cercando di non pensare a tutti gli insulti, le offese e le spinte che mi ero presa anche quel giorno e partii, dirigendomi verso casa. Accesi lo stereo e, insieme a Katy Perry, iniziai a cantare Part of Me, con tutta la forza che avevo nel corpo.

Parcheggiai nel vialetto, come ogni pomeriggio, e mi avviai verso la porta principale della mia abitazione. Prima di entrare, però, notai che qualcuno stava traslocando nella villa di fianco alla mia. Per una frazione di secondo, sperai che in quella famiglia – perché doveva essere una famiglia – ci fosse un ragazzo della mia età, qualcuno che non conoscesse nulla della nostra città, del nostro quartiere. Qualcuno che non conoscesse me e che non avesse paura o disgusto ad avermi come amica, o che mi odiasse, come tutti gli altri.

Entrai in casa e mi diressi in camera senza salutare... salutare chi, poi? In casa mia non c'era mai nessuno. Mio padre aveva lasciato me e mio fratello con mamma quando avevamo solo 4 e 7 anni, senza un motivo, una lettera, un biglietto, nulla. Mia madre era sempre via per lavoro, come ogni hostess che si rispetti e mio fratello studiava ingegneria a Stanford. In pratica, vivevo sempre da sola. Ah no, c'erano i miei animali e il vario personale che mia madre aveva assunto, quali donne delle pulizie, cuochi, giardinieri e pulisci animali. Da questo punto di vista, avevo la vita facile.

Entrai in camera mia e lanciai il mio zaino da qualche parte, poi mi lasciai cadere sul letto e tutto quello che avevo subito a scuola si fece vivo nella mia mente.

«Sei sola, nessuno ti vuole».

«Sfigata, perché sei ancora tra noi? Devi morire».

«Una di queste volte ti sfondo, contro il muro, davanti a tutti».

Tutto questo era troppo per me. Non avevo un carattere debole, ma non ero nemmeno forte. Queste frasi andavano avanti dalla terza elementare, quando avevo fatto per la prima ed ultima volta nella mia vita l'errore di fidarmi di qualcuno. Avevo raccontato a Cheryl che mio padre ci aveva lasciati e, quando avevamo litigato, lei l'aveva spifferato a tutti e avevano cominciato a prendermi in giro e, man mano che crescevamo, le parole si facevano sempre più affilate e piene di odio.

Da allora, la mia scuola era divisa a metà: una metà mi odiava, mi picchiava e mi insultava e l'altra mi evitava, per paura di essere presa di mira. Non avevo nessuno, se non la musica. Musica vera, non la roba uscita da Disney Channel e cazzate varie. Io vivevo di rock, metal e sì, anche qualcosa di commerciale, ma davvero poco.

Era il sette di giugno e dopo due giorni sarebbe finita la scuola; dopo tre, sarebbe stato il mio compleanno, il sedicesimo. E da lì avrei potuto guidare senza la paura di essere arrestata perché ero troppo piccola. Finalmente.

Mi alzai dal letto e mi asciugai le lacrime, poi accesi lo stereo e feci partire l'album Thriller del re del pop. Invece di cantare, però, mi infilai sotto la doccia, lasciando che il getto caldo e forte d'acqua lavasse tutte le brutte frasi che mi ero sentita dire e, quando ne fui uscita, indossai un paio di skinny jeans azzurri, una canottiera bianca con l'immagine di un teschio sopra, un paio di Converse basse bianche e una collanina che aveva come ciondolo una croce. Quella sera sarei uscita, sì o sì. Per avere un assaggio della mia estate.
































buongiorno a tutti (?)
ho deciso di iniziare questa nuova fan fiction perché...
beh, perché mi sono sentita ispirata.
bene, fatemi sapere cosa ne pensate.
#note: questo capitolo è corto solo perché è il prologo.
gli altri saranno più lunghi.
bene, mi dileguo.
peace & love,
ands.

 

   
 
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