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Autore: Cottage    03/08/2012    0 recensioni
Mallory Whitner non desiderava altro che vincere un mazzo di carte.
Quali apocalittici delitti avesse commesso, poi, nelle sue vite precedenti, non lo sapeva. Ma se non era per il karma, allora per quale motivo era stata rapita, solo per essere poi mollata in un impianto governativo dove verrà sorvegliata giorno e notte? Cos’hanno di tanto speciale lei e gli altri ragazzi imprigionati in quella trappola mortale?
Non ci sono che due scelte: sottomettersi al governo, o combatterlo.
E Mallory, cosa deciderà di fare?
[Rating arancione, perché è meglio stare sul sicuro]
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Abducted

 

Mission failed. Insert a coin to replay.”

Come comparve la scritta a caratteri cubitali al centro della console, mi lasciai scappare un ringhio di stizza. Cercai con la mano nella tasca destra dei jeans, sperando di trovare qualche spicciolo. Cosa che ovviamente non avevo. D’altronde, non era esattamente quello il motivo per cui mi trovavo in una sala giochi?

“Whitner.”

Lanciai un’occhiata dietro le mie spalle, per accertare i miei sospetti: Lizzie stava sghignazzando per il mio completo fallimento. Mi misi sulla difensiva.

“Mi avevano circondato! Come potevo sopravvivere con solo un coltellino svizzero?” Cercai di farla ragionare. Non ero tanto male, nei videogiochi. Per questo non riuscivo a capire cosa fosse andato storto.

“Sì, sì, come dici tu.” Alzò gli occhi verso il cielo, prima di ritornare seria. “Senti, io devo andare. Sono le sei passate e fra poco mia madre avrà preparato la cena. Sarebbe meglio che te ne tornassi a casa anche tu …”

“Oh-oh! Liz, ti stai preoccupando per me? Aww, che tenera ~” Liz incrociò le braccia.

“No, idiota. Cerco solo di mettere un po’ di sale in quella tua zucca vuota!” Fece un piccolo sbuffo. “Sai benissimo che questa strada non è molto sicura, di notte. Piena di ubriaconi e senzatetto.”

Lizzie non era mia amica. Piuttosto, era una conoscente. Un’alleata da avere al mio fianco per non essere sopraffatta da quell’enorme mondo che era la sala giochi. O almeno, questo era quello che all’inizio mi ero aspettata da lei, non immaginandomi che saremmo diventate acerrime rivali. Lei mi batteva a Metal Slug ed io la stracciavo Bust a Move - era ovvio che non volesse familiarizzare con il nemico.

“Ovviamente.” Scrollai le spalle, ritornando all’arcade game. “Ecco perché me ne tornerò a casa non appena riuscirò a vincere i punti che mi servono.” Sul display si vedeva il video di esempio che spiegava come si svolgeva il gioco.

“A proposito, ce l’hai una moneta? Sono al verde!” Dissi con tono innocente, pigiando i tasti colorati senza scopo. La mia interlocutrice si passò una mano fra i capelli, abituata alla mia caparbietà.

“… con te è impossibile ragionare, eh?” Liz sospirò, raccogliendo la sua borsa dal suolo e mettendosela in spalla. “Ci vediamo domani alla stessa ora. Ricordati che mi devi dei soldi!”

“E dopo questa tua minaccia, chi ti assicura che tornerò?” Le chiesi in modo beffardo, mentre lei si avviava verso l’uscita della sala giochi.

“So dove abiti, Whitner. E mio fratello ha un’esagerata collezione di mazze da baseball. Scommetto che non gli dispiacerà se gliene prenderò una in prestito …” Fece capolino sul suo volto un piccolo sogghigno che sicuramente avrebbe potuto inquietare non pochi. Un’espressione degna della regina dei videogame splatter.

S’irritò molto, perciò, quando le ridacchiai in faccia, infischiandomene della provocazione. “Promettimi solo di ripulire il mio sangue, ‘kay? Mamma è ossessionata dalla pulizia.”

“Buonanotte!” Sbottò uscendo, arrabbiata per la mia reazione pacifica. Solo quando fu sparita dal mio campo visivo, potei permettermi un lungo e tormentato sospiro: Lizzie Primrose era sempre così gentile!

Lanciai uno sguardo al bancone alla mia destra, facendo passare i miei occhi sui vari premi che si potevano scambiare per dei tickets finché non trovai quello che stavo cercando di vincere da quattro ore: un mazzo di carte da bridge lindo e pulito. Ma non importava quanto mi sforzassi, non ero ancora riuscita a vincere un solo gioco. Feci una smorfia, gonfiando le guance come avrebbe fatto una bambina di quattro anni, e non una di quindici: le stupide macchinette dovevano essersi guastate, non c’era altra spiegazione.

Ad un tratto mi colpì un forte attacco di nausea. Deglutì insistentemente, cercando di mettere a tacere il mio stomaco in subbuglio. Frustrata, mi alzai dallo sgabello e mi affrettai verso l’uscita, diversi pensieri che vorticavano nella mia testa.

“Accidenti, non di nuovo!” Volevo solamente vincere il mazzo di carte, andare a casa, depredare il frigo e rinchiudermi nella mia stanza come un vampiro. Che cosa sarebbe successo stavolta?!

L’esperienza mi aveva insegnato che, ogni qualvolta avessi avuto un voltastomaco, sarebbero sopraggiunti stati guai in vista. Funzionava un po’ come sesto senso, insomma. Un fastidiosissimo segnale di pericolo. E il fatto che più mi avvicinavo all’uscita, più esso si faceva forte, non mi rallegrava per niente.

Quindi mi diedi dell’idiota, per essermi lasciata coinvolgere emotivamente da questioni che non mi riguardavano: fuori? Sarebbe avvenuto all’esterno? E allora, tanto valeva restarsene nella sala e aspettare che l’impiccio si concludesse da sé. Più sollevata, sorrisi debolmente.

Proprio mentre mi stavo voltando per tornare alla mia postazione, vidi con la coda nell’occhio una scia di lunghissimi capelli di color biondo candido. Inconfondibili. Spalancai gli occhi, salendo gli scalini e aprendo la porta di scatto. La vidi mentre cercava far entrare la sua borsa ricolma di premi sotto il sellino dello scooter. Così imparava a vincere sempre, la maled-

Una nuova ondata di nausea mi ricordò il motivo della mia preoccupazione. Frettolosa, cercai di attirare la sua attenzione.

“Lizzie, vieni subito qui!”

La ragazza parve avermi notato, perché dopo essersi ripresa la borsa, s’incamminò tranquillamente nella mia direzione. Un po’ troppo tranquillamente. E il pericolo era sempre più forte.

“Veloce, lumaca!”

Mancavano ancora tre metri quando Lizzie, scorbuticamente, ribatté: “Che vuoi ancora? Non ho altri gettoni, quindi puoi benissimo-“

Non riuscì a completare la frase poiché il suo viso fu colto alla sprovvista da una luce accecante. Mi voltai in preda al puro terrore: pezzi di veicoli che saltavano in aria attorno ad un camion dei trasporti. Immersa nella mia impotenza, non riuscivo a fare a meno di pensare a quanto fossero leggiadri; parevano compiere una piccola danza macabra. E mentre io mi ero incantata come un’alloca, il sei ruote aveva schiacciato lo scooter di Lizzie da un pezzo, pronto per farci fare la sua stessa fine in meno di dieci secondi.

 Un tempo sufficiente, se mi davo una mossa. Afferrai Lizzie per un braccio, estremamente consapevole della mia rudezza, e la tirai verso di me con uno sforzo immane: era rigida come un blocco di cemento. Cademmo all’indietro dentro il palazzo, precipitando per la bellezza di cinque scalini. Mentre cadevo, vidi il camion cozzare radente al muro, producendo scintille e facendo tremare l’edificio. Il contatto della mia schiena contro il pavimento mi strozzò il respiro, mentre il colpo che ricevetti alla testa mi oscurò momentaneamente la vista.

Rimasi immobile per diversi minuti, in stato confusionale. Aprii gli occhi solo quando il dolore pulsante che mi martellava il cervello si fece più sopportabile. Lizzie si era rannicchiata in posizione fetale di fianco a me, sicuramente in stato di shock. Pareva estraniata dal mondo.

Povera … dev’essere traumatizzata! Pensai, massaggiandomi la testa. Scrollai le spalle.

Oh beh, chissenefrega! Facendo leva sul suo corpo – sì, ero una sfruttatrice orgogliosa – riuscii a sollevarmi in posizione eretta. Ero io che ondeggiavo, o la stanza si muoveva?

Speravo che il pazzo al volante si fosse perlomeno fratturato una decina di ossa. Sennò, ci avrei volentieri pensato io stessa. Non appena le vertigini si fossero fermate, certo.

Scossi la testa, ma, al posto di metterle a tacere, riuscii solo a peggiorare la situazione. Quel che era peggio, però, era che la nausea non se n’era ancora andata. Silenziosamente, mi guardai attorno, non capendo dove fosse il problema.

Fu allora che notai l’anormalità: io e Lizzie eravamo le uniche nell’opprimente oscurità della sala giochi. Faceva venire i brividi. C’era seriamente qualcosa di sbagliato in quel posto!

Mi stropicciai gli occhi con le mani, ansiosa di aggiustare la mia visuale appannata: se non mi fossi ripresa in fretta, chissà che altro sarebbe successo! Provai a fare un passo, ma un capogiro mi costrinse ad aggrapparmi alla ringhiera delle scale.

“Ho capito, la vita del geek non fa per me!” Esclamai, in preda all’apprensione. “Stupidi arcade, stupida Lizzie, stupido camionista e stup—“

Fui agguantata da dietro le spalle da un individuo piuttosto forzuto e rozzo. Mi mancò il fiato.

“Dopo il volo che hai fatto, credevo saresti rimasta svenuta per un po’.” Borbottò, afferrandomi le braccia e chiudendole in una morsa, schiacciate contro la mia schiena. “Ma a quanto pare sei più cocciuta di quel che pensavo.” Non riuscivo a vederlo in volto. Non sapevo chi diamine era. Ciò che m’importava veramente, però, era quello che mi sarebbe capitato se avessi fatto il suo gioco.

“Brutto pedofilo figlio di…!“ Cercai di ribellarmi tirando qualche calcio, ma la forza dell’uomo era incontrastabile. Era davvero così irremovibile, oppure ero io che, non nella mia forma migliore, gli facevo il solletico? “Cazz-!” I miei urli furono soffocati da ciò che sembrava, al tatto, un fazzoletto di stoffa.

“Dovrei essere io quello a lamentarmi! Hai la minima idea di quanto tempo ho passato a pedinarti, cercando di capire il tuo potere?” Mi schiacciò il panno contro il naso e la bocca, facendomi male. Fece un grugnito compiaciuto. “Ma alla fine, il mio impegno ha dato i suoi frutti! Mi pagheranno a bizzeffe, quegli sfruttatori!”

Mi sentivo soffocare. Sapevo che se avessi respirato, sarei morta – o almeno svenuta. Sapevo che questo tizio doveva essere uno psicopatico scampato alla sedia elettrica. I polmoni urlavano per avere aria, la mia mente ormai era intrappolata in un limbo fra veglia e incoscienza.

Così, alla fine, dovetti riprendere fiato e respirare quello schifo di odore dolciastro. Mentre i polmoni ringraziavano sentitamente la mia scelta, la mia consapevolezza era diventata un ammasso di pensieri confusi.

“Oh, vedo che hai deciso di collaborare.” Percepii l’uomo rilasciarmi. Cercai con ogni mio straccio di volontà rimasta di sfruttare quell’occasione per scappare, ma il mio corpo era intorpidito e immobile.

“Però … cerca di sopravvivere, ok, Sybyl?” Sussurrò in un modo alquanto rattristato, prima di buttarmi come un sacco di patate sopra la sua spalla. Provava pietà per quello che mi sarebbe successo?

Le mie palpebre si erano fatte così pesanti, che si chiusero di forza mentre fissavo il corpo di Lizzie, svenuta. Rannicchiata. Indifesa.

Lizzie … meno male che non ti hanno fatto niente …

Poco prima di sprofondare nel baratro, riuscii a formulare un ultimo, ingenuo pensiero.

… così potrò io stessa a riempirti di botte, per non aver mosso un dito per aiutarmi. Crepa, bastarda!

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Author’s Corner ~

Che dire, voglio tentare un’altra fan fiction originale. L’inizio fa pena, e non so bene come il resto della storia procederà, ma vedrò di migliorare. Anche perché per ora non si capisce un tubo di quel che è successo. Spero di non aver creato un altro fallimento ^^;

Grazie per chiunque si prenda la briga di leggere sto proemio :’D

GloGlo ~

   
 
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