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Autore: MusicInTheAir    05/08/2012    6 recensioni
FANFICTION INTERROTTA.
I rami degli alti alberi si intrecciavano sopra la sua testa, impedendo anche al più sottile filo di luce di penetrare in quella barriera che di rassicurante aveva ben poco.
(...)
Anche se era tutto merito del suo angelo custode, che lo aveva sempre guidato.
Quando una lieve brezza fresca gli accarezzo i capelli, si accorse di aver perso il cappello.
Maledì quel demone parlante, perché gli aveva rovinato il vestiario, e continuò a camminare.
Arrivò dopo poco all’ uscita, e quando poté guardare in viso quell’ ombra, sussultò impercettibilmente e serrò i pugni.
Era un corno, come quelli che si disegnano per rappresentare il diavolo.
Genere: Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: G-Dragon, T.O.P., Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1

 

 

 Una brezza leggera e fredda faceva cadere le gocce di pioggia dai lampioni. Il cielo oscuro si stava schiarendo, mostrando la luna piena e luminosa, che avrebbe permesso all’ uomo di poter vedere meglio senza dover usare troppo il suo udito.

Un’ ombra saettò in un vicolo, emettendo uno strano grugnito misto ad un ringhio.

L’ uomo camminò tranquillamente, svoltando nel medesimo punto. Il mantello elegante si mosse con lui, senza emettere alcun suono.

Quando arrivò alla fine della strada, quella strana bestia che stava inseguendo da giorni, grattava con i suoi affilati e neri artigli sulla parete. Il suo respiro affannoso ricordava il suono che emettono i cani quando starnutiscono.

-Sei in trappola.-

Gli disse, nonostante sapesse che non poteva capirlo.

Quella creatura rivoltante si voltò nella sua direzione, lentamente, poggiando le zampe anteriori sul pavimento sassoso ed umido.

Dal labbro inferiore sbucavano due zanne consumate e non più appuntite come una volta, mentre quella che una volta doveva essere una inquietante criniera, ora era solo un matassa spelacchiata dove si riusciva ad intravedere la muscolatura sotto la pelle.

-Non ci credo che una merda come te sia riuscita a sfuggirgli.-

Sussurrò, estraendo dalla cintura una pistola argentata e puntandola verso di lui.

La bestia emise un urlo disumano, come se avesse trattenuto la sua voce per troppi anni. Era come ascoltare uno stereo rotto.

Il cacciatore socchiuse per un attimo gli occhi, ringraziando il cielo del fatto che nessun altro potesse sentirlo, altrimenti la polizia sarebbe già accorsa e lo avrebbero scoperto.

 Attese con sadica pazienza l’ attacco di quella vecchia creatura, che tardò leggermente di arrivare.

Ogni volta la stessa storia.

Le stesse sensazioni.

Il brivido di pura adrenalina che gli ripercuoteva l’ umanità, quello schizzo di pazzia di un secondo che gli rendeva lumino quell’ occhio luminoso e glaciale.

Eccolo.

Il mostro era saltato verso di lui.

La mano che teneva saldamente la pistola era ferma, puntata su quell’ orrida bestia, seguendo ogni minima azione come un saggio e spietato cecchino.

E quando si trovavano a qualche battito d’ ala di distanza, il dito sul grilletto si mosse.

Il colpo partì, e l’ essere, contorcendosi nel nulla, prese fuoco ed in un attimo divenne cenere rossa, che cadde a terra.

L’ uomo sbatté un po’ le palpebre, guardando un piccolo rivolo di luce ai suoi piedi.

-E’ l’ alba.-

Lo avvertì una voce profonda e familiare dietro di lui.

Si girò lentamente, incontrando i suoi occhi ed il suo solito ed inimitabile sorriso.

-Non dovresti essere qui.-

Lo ammonì, incamminandosi verso di lui.

-Si, me lo dici da sette anni.-

Rise, sollevando appena il mento, in modo da indicare le poche ceneri rimaste a sporcare il pavimento.

-Hai aspettato parecchio, prima di farlo fuori.-

Sussurrò, staccandosi dalla parete sudicia a cui era appoggiato con una spalla per seguirlo fuori da quel vicolo buio ed angusto.

-Mi piace aspettare fino all’ ultimo.-

-Sei sadico, puoi morire così.-

-Ci sei sempre tu che mi riporti in vita, no?-

Chiese, atono, come sempre.

Appena fu sotto la luce dell’ alba, iniziò a guardarsi intorno, e non riconobbe una singola foglia di quel posto.

Un tram molto piccolo passò davanti a lui, stridendo sulle rotaie incastonate sulla strada ripida e bagnata.

Guardò alla sua destra, intravedendo la città sottostante, dove alcune luci si stavano già accendendo tra le finestre di legno.

L’ atmosfera che creava quel panorama era rilassante e romantico, e lui lo odiava. Gli dava l’ impressione che tutte quelle case di legni, quegli alberi allineati lungo il marciapiede con precisione, le strade perfettamente asfaltate, fossero costruiti su una falsa tranquillità, su qualcosa che non esisteva, una grande bugia che lui contribuiva a sostenere, eliminando quelle creature invisibile al comune occhio umano, nascosto dalle tenebre nei suoi vestiti scuri.

-Dove siamo?-

-San Francisco.-

-E’ piuttosto lontano.-

Il ragazzo dai capelli biondi lo affiancò, intrecciando le mani dietro la schiena.

-Quel demone è scappato fin qui, dopo aver ucciso tuo padre.-

Il cacciatore annuì, serio e composto, come sempre.

Mai un’ emozione avrebbe mai oltrepassato il suo volto ed i suoi occhi, proprio come suo padre.

Era un lato che odiava di lui, ma non poteva farci nulla, era stato cresciuto così.

Qualcosa di soffice e tiepido gli accarezzò una guancia, posandosi lentamente sulla sua spalla.

Abbassò lo sguardo, vedendo la piuma candida e lucente spegnersi poco a poco.

-Ti piace?-

Gi chiese, sorridendogli.

-Andiamo, Daesung.-

Disse, incamminandosi verso una meta imprecisa.

In fondo, era sempre la stessa storia, non importava dove andasse, lui l’ avrebbe sempre portato sulla strada di casa.

O su quella di un demone, a seconda delle circostanze.

Un uomo gli passò accanto, vestito di nero e con in mano una valigetta.

Il cacciatore abbassò la testa, lasciando che il cappello dalla visiera larga gli coprisse quegli occhi tanto particolare.

Daesung gli sorrise, nonostante non potesse vederlo, e si scostò per farlo passare, ritirando completamente dietro la schiena le sue ali.

L’ uomo con la valigetta continuò il suo tragitto, salendo poi su uno di quei piccoli treni.

-Sarebbe bello vivere qui. Questo panorama non ti sembra romantico?-

-No, è stupido.-

-Lo dici solo perché sei un asociale apatico, dovresti cercare di socializzare di più.-

-Se lo facessi, diventerei debole. Tutti i sentimenti rendono deboli.-

Daesung fece una smorfia poco convinta, tuttavia non disse nulla.

Gli era accanto da quando era nato, in quanto suo angelo custode, e lo conosceva meglio di quanto lui non si conoscesse, e sapeva che non credeva davvero alle sue parole.

E glielo confermava quella strana aura chiara che gli aleggiava intorno, ma che solo un angelo poteva vedere.

La sua anima era bellissima, di un color dorato, come il sole al tramonto, ma piuttosto opaca, di chi rinnega tutto ciò che prova.

Il suolo asfaltato fu sostituito da qualcosa di più secco e morbido.

Il cacciatore si guardò alle spalle.

San Francisco era sparita.

La sua aria umida ed ancora dormiente era stata sostituita da una più pacata e solitaria.

Davanti a lui il pigro paesaggio che caratterizzava il luogo che Daesung chiamava “casa”.

Lui non ci riusciva, aveva sempre pensato che una casa fosse un posto in cui ti aspetta la persona che ami, ma quel posto era vuoto, al suo interno c’ erano solo due, per mangiare e dormire, a volte, o per curare le ferite troppo gravi.

L’ angelo corse verso la porta di quel vecchio castello abbandonato ed in rovina e la aprì facendo una piccola pressione. Sulla soglia, si girò e sorrise al cacciatore che, naturalmente, non ricambiò.

Volse lo sguardo alla sua destra, verso il bosco, e si fermò a contemplarlo.

Non lo ricordava così oscuro.

-Seunghyun, non entri?-

Lo chiamò, vedendolo fermo  tra quell’ erba secca ed ingiallita.

L’ uomo lo guardò per un attimo, e subito dopo avvertì lo scricchiolio inconfondibile di zoccoli si un rametto secco in lontananza.

-Non ti muovere, questa volta devi rimanere qui.-

-Perché?-

-Fa come ti ho detto.-

Daesung annuì, con un sorriso rassegnato e chiuse la porta, osservandolo dalla finestra avventurarsi in quel boschetto lontano dalla loro abitazione. Aveva una brutta sensazione, ma non gli diede eccessivo peso.

Se gli fosse accaduto qualcosa, lo avrebbe percepito  immediatamente.

Non correva pericoli.

O, almeno, era quello che sperava.

 

***

 

Attorno a lui sembrava essere calata la notte.

I rami degli alti alberi si intrecciavano sopra la sua testa, impedendo anche al più sottile filo di luce di penetrare in quella barriera che di rassicurante aveva ben poco.

Camminava a passi lenti e misurati, con la testa bassa, in modo che la visiera del cappello gli coprisse quel tanto da non far intravedere la luce fioca che emetteva il suo occhio e di poter controllare la situazione.

Un fruscio, appena percettibile, soffiò alle sue spalle, ed il cacciatore si girò di scatto, impugnando la pistola e puntandola nella direzione dove aveva sentito quel rumore, eppure non c’ era nessuno.

Ridusse gli occhi a due fessure, mentre rendeva il respiro controllato e pesante, perché l’ aria stava iniziando stranamente a mancargli.

Abbassò il braccio, la cui mano stringeva l’ arma, e fece un passo avanti oramai certo che non ci fosse nessuno.

Non appena alzò anche l’ altro piede, qualcosa alle sue spalle ringhiò e gli saltò sulla schiena, mordendolo ad una spalla e facendogli care la pistola.

Seunghyun afferrò la testa dell’ essere informe e se lo strappò di dosso, ricavandone vari graffi ai fianchi ed alla schiena, dato che lo teneva stretto con i suoi artigli, e lo lanciò contro un tronco, facendogli emettere un verso acuto e talmente stridulo che, per una attimo, la testa gli aveva girato, costringendolo a muovere qualche passo indietro e, di conseguenza, farlo allontanare dalla sua fidata arma.

Il demone si rimise in piedi, fissandolo con quelle fessure vuote che dovevano essere i suo occhi e piegando la testa di lato, come se non sapesse chi fosse.

Eppure, tutti quei mostri lo temevano e fuggivano da lui.

-Che cazzo ti guardi?-

Ringhiò, alzando la testa e guardandolo.

Il suo occhio azzurro brillava dolcemente, come quando si vede la luce del sole penetrare nel mare.

L’ essere piegò il collo all’ indietro e spalancò le fauci come poteva, dato che le sue labbra sembravano essersi sciolte, e la sua bocca era il risultato della pelle strappata con ferocia nella vana ricerca d’ ossigeno.

Dai sui fianchi uscirono fuori un altro paio di braccia.

-Che schifo.-

Commentò, trattenendo un conato di vomito.

Non aveva mai visto una cosa del genere, era la prima volta che un demone gli mostrasse appieno la sua forma.

-Cacciatore...-

Sibilò, stupendolo, perché, da quando era entrato in quell’ ambiente, nessuno di loro aveva mai parlato, anzi, sembravano non capire il linguaggio umano.

-...Tu non eri nei piani, ma farò un eccezione per levarti dai piedi.-

Seunghyun lo fissò.

Non era da lui temporeggiare in quel modo, ma c’ era qualcosa che gli impediva di attaccare liberamente.

Un’ ombra, dietro all’ albero alle spalle del demone, ed aveva fattezza umane.

Si morse il labbro inferiore.

Non avrebbe mai voluto far del male ad un innocente.

Mosse impercettibilmente il piede sinistro in avanti, ed attese.

I minuti non erano mai stati più lenti.

Il demone si abbassò, camminando sulle sei zampe e strisciando velocemente verso di lui come una serpe.

Seunghyun saltò verso di lui, schiacciandogli la schiena e correndo verso la pistola, che brillava tristemente sul suolo coperto di foglie secche e terra bagnata.

Non fece in tempo a girarsi, che l’ essere gli morse il polso con ferocia, affondando le zanne anche nelle ossa, sentendo la cartilagine aprirsi sotto i denti.

Il cacciatore mugugnò di dolore e, girando su se stesso, lo fece sbattere contro il tronco di un albero, immobilizzandolo. Con l’ altra mano corse ad afferrare l’ arma e gliela puntò alla testa, ma il demone strappò improvvisamente le fauci dalla sua carne ed emise quell’ urlo acuto che gli si infilò nella testa.

Barcollò all’ indietro, premendosi i palmi sulle orecchie.

All’ improvviso tutto gli sembrava confuso.

-Muori, cacciatore.-

Lo sentì sibilare, mentre sbatteva la schiena su uno dei tronchi.

Lo vide saltare verso di lui con un artiglio alzato, e quando stava per colpirlo, l’ ombra dalle sembianze umane gli si parò davanti.

Il sangue scuro bagnò il punto in cui si accasciò.

Seunghyun guardò per qualche istante il corpo morto, notando una acuminata protuberanza sulla testa poi, ringraziandolo dal profondo del cuore con un sussurro, impugnò la pistola e la puntò verso il demone, che guardava il cadavere.

Il proiettile attraversò la canna dell’ arma e volò come un razzo fino alla testa del mostro, che inarcò il collo e prese fuoco.

Il silenzio più assoluto calò nel bosco.

Riusciva ad udire solo il suo respiro ed il suo battito cardiaco accelerato più del dovuto.

Ripresosi dalla sorpresa, infilò la pistola nella cintura e si chinò sull’ ombra.

Respirava molto debolmente, e sarebbe sicuramente morto.

Ma gli doveva la vita, e se Daesung faceva miracoli con lui, che non era del tutto umano, figuriamoci con un essere umano.

Lo prese in braccio e camminò verso l’ uscita a passo svelto.

Con tutte le volte che era scappato in quel boschetto, quando era bambino, lo conosceva a memoria.

Anche se era tutto merito del suo angelo custode, che lo aveva sempre guidato.

Quando una lieve brezza fresca gli accarezzo i capelli, si accorse di aver perso il cappello.

Maledì quel demone parlante, perché gli aveva rovinato il vestiario, e continuò a camminare.

Arrivò dopo poco all’ uscita, e quando poté guardare in viso quell’ ombra, sussultò impercettibilmente e serrò i pugni.

Era un ragazzo dal viso angelico e dalla folta chioma rossa, vestito di scuro, ma quello che lo colpì di più era la protuberanza che aveva notato prima.

Era un corno, come quelli che si disegnano per rappresentare il diavolo.

Seunghyun lo fissò a lungo, concentrandosi sul profondo tagli che andava dalla spalla destra al fianco sinistro, e dal quale sgorgava un fiume di sangue scarlatto ed acceso, come un fiume di lava.

Ed in effetti, mentre quel sangue gli colava sulle mani, gli sembrava scottasse.

Sospirò, indeciso sul da farsi.

Non sapeva se Daesung fosse in grado di guarire i demoni.

Non sapeva se quel demone, una volta svegliato, avrebbe tentato di ucciderlo.

Ma di una cosa era certo: lui non voleva avere debiti con nessuno.

Fece saettare lo sguardo sulla sua testa.

Prima c’ era anche l’ altro corno, ma era stato staccato via.

Riprese a camminare vero la sua dimora, mentre il demone, con un braccio e le gambe penzoloni e la testa piegata all’ indietro, respirava sempre più piano.

Se si concentrava, riusciva a sentire il suo battito debole e stanco, di chi non si arrende alla morte.

Lo conosceva, quel tipo di battito, era uguale al suo, quella notte.

Quando aveva trovato sua madre.

Non ora, Seunghyun...Non ci devi pensare, ora...

Pensò, stringendo il demone con un braccio e prendendo a pugni la porta, pregando che Daesung concedesse aiuto ad una creatura nata per le sue opposte ragioni.

-Arrivo! Cosa è succes...-

Si interruppe, non appena aprì la porta e notò quell’ essere quasi cadavere.

-Ho bisogno del tuo aiuto.-

 

 

+Manicomio+

Ehm...Salve! Questa è la mia prima long su i Big Bang ^-^ ho già scritto su di loro, e sono cose anche abbastanza depresse *ride* comunque spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito ^^ Ok, detto questo, vo lascio, fatemi sapere cosa ne pensate, ALLA PROSSIMAAA!!

  
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