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Autore: F l a n    07/08/2012    6 recensioni
What If sulla 4°stagione | Klaine | Faberry/Finchel| Pezberry friendship | Hummelberry/Kurtana friendship
Kurt Hummel può finalmente realizzare il suo sogno ed andare a NY dove un futuro a Vogue, nel mondo della moda, lo aspetta. Ma oltre a questo, ci saranno molte altre novità ad invadere la sua vita e qualche questione sentimentale da risolvere.
"Non era stato facile dire addio a Lima e non era stata una bella giornata. Kurt odiava gli addii ed i saluti, odiava dover fare promesse che sapeva di non poter mantenere.
Kurt odiava l’idea di essere lontano da tutta la sua famiglia ed odiava l’idea di essere lontano da Blaine."
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Titolo: (I've had) The time of my life
Betareader: nessie_sun
Rating:
dal G al R+ (possibili variazioni) (ergo: dal verde all'arancione)
Pairing:
Klaine, Finchel, Faberry, Pezberry (probabilmente friendship), accenni Brittana.
Avvertimenti:
Spoiler sulla 4° stagione, break-up iniziale, angst
Note:
ebbene sì! Sono tornata con una nuova fanfiction. Il titolo viene dalla celebre canzone del musical "Dirty Dancing". C'è bisogno che ve la linki? chi non la conosce?
Questa fic infatti - credo - avrà "una canzone a capitolo", o meglio, ci sono canzoni che mi ispirano, le quali daranno i titoli ai capitoli.
Mi ero ripromessa di pubblicarne 3 diverse prima di questa (che stanno tutte scritte nel mio pc, perlomeno parzialmente) ma gli ultimi spoiler mi hanno dato l'impulso per cominciare questa nuova long che sento molto "libera" e grazie alla quale sono uscita dal mio periodo di blocco-scrittura.
Mi ero ripromessa di tornare con una commedia, ma purtroppo questa fanfiction perlomeno inizialmente di commedia ha ben poco.
Ci terrei a sottolineare che questa è una mia personale e molto libera interpretazione degli spoiler sulla quarta stagione, non ho una linea precisissima da seguire ma so più o meno dove andare a parare.
Spero che comunque gradiate la fanfiction e vi godrete la lettura.

Ci vediamo a fine capitolo!


Chapter 1: I Walk Alone


"My shadow's the only one that walks beside me

My shallow hearts the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there would find me
'Til then I'll walk alone..."




Il cielo di New York era plumbeo sopra la testa di Kurt e piuttosto fastidioso per gli occhi, ma sembrava rappresentare il suo stato d’animo alla perfezione.
Non c’era niente di meraviglioso in quella giornata: né gli imponenti palazzi intorno a lui, né le pubblicità a schermo appese su ogni palazzo e nemmeno i poster dei musical di Broadway.
Provava solo un forte senso di malinconia mentre si trascinava dietro i suoi trolley neri e lucidi con aria stanca, carichi di abiti e nuove responsabilità.

Il suo sogno era sempre stato quello di andare a New York e di avere successo. Ci aveva provato una volta ed aveva fallito senza nemmeno sapere il perché, ci aveva provato una seconda volta con meno grinta e c’era riuscito: un po’ per fortuna - che a quanto pareva aveva deciso di esser dalla sua parte,- un po’ per merito.
Aveva cambiato obiettivo quasi senza rendersene conto ed aveva trovato la propria strada nel mondo della moda: mondo che alla fin fine era sempre stato suo ed era ciò che lo aveva reso un po’ più speciale oltre alla propria voce.
Non era stata la sua prima scelta, ma almeno era pur sempre una scelta.

Non era stato facile dire addio a Lima e non era stata una bella giornata. Kurt odiava gli addii ed i saluti, odiava dover fare promesse che sapeva di non poter mantenere.
Kurt odiava l’idea di essere lontano da tutta la sua famiglia ed odiava l’idea di essere lontano da Blaine.

Ed ancor più di questo, odiava l’idea di non stare più con Blaine.


***


Era successo qualche ora prima, fuori dall’aeroporto. C’era qualcosa che non andava da un po’ di tempo e Kurt lo sapeva, ma si era sempre ripromesso che sarebbe andato tutto bene, che la loro relazione sarebbe durata nonostante la distanza.
C’erano un sacco di persone che decidevano di basare le loro relazioni su un rapporto a distanza, perché loro avrebbero dovuto avere problemi? Kurt non riusciva proprio a capire, non riusciva a capire lo sguardo ferito di Blaine, non riusciva a capire tutto il suo dolore.
Lo amava e proprio perché lo amava così tanto non voleva minimamente pensare ad una rottura. Il loro rapporto era troppo forte anche solo per esser spezzato dalla distanza.

Ma piuttosto, l’amore stesso era ciò per cui si erano dovuti dividere.

“Ti amo troppo,” sussurrò Blaine nel suo orecchio, con dolcezza mista a tristezza nella voce mentre lo stringeva di fronte all’aeroporto.

Poteva essere una dannata scusa? Cristo, sembrava una dichiarazione degna di Finn Hudson, Kurt sapeva che il suo fidanzato non era Finn Hudson, ma Blaine Anderson e sapeva anche che Blaine Anderson aveva un briciolo di intelligenza in più.

“Ti amo da morire anch’io,” rispose Kurt, stringendolo di più.
“Ti prego non dirmelo,” ansimò l’altro, con la voce rotta dal pianto. Kurt aggrottò la fronte.
“Perch-“
“Perché… perché la distanza è troppa e mi fa male l’idea che non potremo vederci. Lo sai, ho fiducia nel nostro amore, ma conosco questo genere di cose. Io… non vorrei mai perderti in qualche modo orrendo, dopo un sms o attraverso un pc, non voglio che per qualche motivo le nostre strade si dividano in modo brutale. Voglio… che possiamo ricordarci di questo momento e dei nostri momenti assieme, voglio restare con te per sempre e… voglio che tu vada a New York sereno. Incontrerai tante… nuove persone, nuovi amici e nuovi ragazzi. Non voglio che ci siano tradimenti tra di noi,” concluse Blaine con voce spezzata, allontanandosi un poco da Kurt.

Kurt fece un passo indietro.

“Cosa… cosa stai dicendo, Blaine?” il suo tono era basso, praticamente ferito. Cosa stava insinuando? Lo stava lasciando?
“Sto dicendo che… voglio lasciarti, ma con una promessa. Noi torneremo assieme, torneremo assieme il prossimo anno, non appena verrò lì, a New York. Andremo… prenderemo un appartamento assieme, e no… no Kurt non piangere,” Blaine gli prese immediatamente le mani racchiudendole nelle proprie, “Non piangere, il mio cuore si spezza quando piangi,” ansimò, con voce tremula, mentre Kurt sembrava incapace di reagire in qualsiasi modo.
“Ti si spezza il cuore?! Tu hai… hai appena spezzato il mio! Tu non credi… non mi credi,” gridò Kurt, finché la sua voce non si affievolì di nuovo, “non mi credi.”
“Ti credo. Ti credo e ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Ma ci aspettano troppi cambiamenti, troppi mesi di distanza ed io non voglio perderti,” sussurrò Blaine, avvicinandosi a lui, poggiando la propria fronte contro la sua.
“Noi non dobbiamo perderci… io ti ho promesso che non mi avresti perso e noi… noi ci stiamo lasciando,” singhiozzò Kurt, contro di lui, stringendolo a sé.
Perché quell’abbraccio era tutto ciò che aveva, era la sua casa, era il suo legame con Blaine, era ciò che lo faceva stare Blaine.
Blaine era una delle cose migliori che la vita gli avesse mai dato, la sua fortuna, il suo amore.
“Torneremo assieme… se saremo ancora liberi, torneremo assieme. Continueremo a sentirci questi mesi, continueremo a mandarci messaggi magari, solo… non avremo impegni l’uno verso l’altro. Sarà l’unico modo per capire se siamo davvero destinati a rimanere assieme.”
Kurt continuò a piangere e singhiozzare, incapace di trattenere le lacrime mentre anche gli occhi di Blaine se ne riempivano.
“Non fare così Kurt…”
“È ingiusto,” mugugnò, “È ingiusto che dobbiamo dividerci, che non possiamo… stare assieme ancora.”
“Ma noi torneremo assieme. Possiamo promettercelo, possiamo prometterci di voler tornare assieme,” gli tenne le mani, stringendole così tanto da fargli quasi male.
Era tutto così inutile e drammatico, perché Kurt sapeva che non ce n’era davvero bisogno: non dovevano lasciarsi, non era… produttivo in alcun modo e non avrebbe giovato alla loro relazione. Sarebbe stato solo un inutile stallo.
Avrebbe voluto dire mille cose, urlargli di no, dirgli che non l’avrebbe lasciato così, senza un motivo preciso e senza nemmeno aver provato a stare assieme, ma dalle sue labbra non uscì niente, se non un sospiro.
Si buttò nuovamente tra le sue braccia e gli strappò un bacio intenso, carico di emozioni.

Le labbra di Blaine erano perfette come sempre, calde e morbide, ma per una volta erano un po’ più amare.

Kurt aveva deciso di entrare nell’aeroporto da solo, aveva salutato tutti, aveva salutato Blaine piangendo come un bambino ed aveva dato un ultimo abbraccio a suo padre, doveva essergli grato perché lo aveva sempre sostenuto ed aveva sempre appoggiato ogni sua scelta, aiutandolo a non smettere mai di credere nelle proprie capacità.

Doveva essere un giorno felice per lui, ma mentre si trascinava verso l’aereo e saliva le scalette, sentiva un pezzo di se stesso cadere e rimanere lì, ben ancorato alla piattaforma di quell’aeroporto.

Ricostruirsi non sarebbe stato facile.

***


Quando arrivò nel proprio appartamento a New York, fu assaltato letteralmente da Rachel e Santana: già, le due nemesi nel Glee Club sarebbero state le sue compagne di stanza fino a che non avrebbe trovato qualcosa di più confortevole.
Il progetto iniziale di Kurt era andare a vivere lì fino a quando Blaine non si sarebbe diplomato, per poi aspettarlo ed andare a vivere con lui: ma da quel giorno forse Kurt avrebbe dovuto rivedere tutto, perché ormai non c’era più nessuna certezza per lui e Blaine e per quanto potesse essere frustrante la verità.

Aveva voglia di lanciare i propri bagagli nel primo spazio disponibile ed accasciarsi sul letto, invece avrebbe dovuto dedicarsi alle mille domande delle due ragazze.

“Com’è andato il viaggio?” la voce di Rachel fu la prima ad arrivare alle sue orecchie mentre cercava di posizionare i bagagli nella nuova e piccola stanza. Era minuscola rispetto alla sua solita camera, ma alla fine andava bene, si sarebbe adattato: almeno l’armadio era piuttosto grande, sarebbe stato un disastro il contrario.

“Non sembri molto felice,” commentò Santana, appoggiandosi allo stipite della porta. Kurt le rivolse un’occhiata; “non lo sono,” ammise, senza troppe spiegazioni.
“Non sembrava così fino a qualche giorno fa, chiamavi la Berry con una vocina da unicorno nel paese degli zuccherini ed oggi sembra che ti sia caduto il mondo addosso,” disse, con un po’ di acidità: in fondo era Santana, perciò Kurt non si stupì.
“Blaine ed io ci siamo lasciati,” rispose Kurt lapidario, senza fornire ulteriori spiegazioni mentre cominciava a disfare la valigia.
“Tu e Blaine COSA?!” Rachel Berry apparve nella stanza inchiodandosi sulla porta, facendosi spazio e spingendo Santana da un lato - che era rimasta a bocca aperta.
“Non lo ripeterò un’altra volta,” mugugnò Kurt, come se quelle parole fossero veleno.
“Tu… e l’hobbit? E per quale motivo? Fino a qualche giorno fa non eravate a giurarvi amore eterno?” chiese, allargando le braccia in un gesto vagamente plateale.
L’altro tirò su col naso e si sedette sul letto, cupo.
“Più o meno.”

Il cielo di New York in quel momento sembrava quasi più limpido di lui.


***


Blaine riusciva soltanto a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta, se fosse stato il modo migliore di salvare la loro relazione.
Avrebbero evitato qualunque tipo di tradimento o qualunque disagio a causa della lontananza: non riusciva a vedere una soluzione più promettente di quella che aveva trovato. Amava così tanto Kurt che la sua unica e vera paura era quello di perderlo veramente e quel pensiero si era insinuato nella sua testa da troppo tempo per ignorarlo.
Aveva deciso che la cosa migliore era una pausa, in modo tale che se Kurt avesse deciso di cambiare direzione o avesse trovato qualcuno di migliore di lui, non sarebbe stato un tradimento.
Forse era un po’ egoistico, ma Blaine credeva che fosse anche la scelta più saggia, nonostante facesse male, tremendamente male.

Kurt gli mancava già da morire e sapeva che non si sarebbe abituato molto presto all’idea di rimanere senza di lui: provava già un profondo senso di solitudine rimarcato dal ricordo delle ultime parole che gli aveva detto. Doveva cercare di ricordarsi che l’aveva fatto per amore e che un giorno, se fosse stato destino, sarebbero tornati assieme.

Si sedette su una sedia del Lima Bean con un cappuccino caldo tra le mani e si rannicchiò su se stesso, fissando fuori dalle ampie vetrate del caffè.
Non faceva freddo, ma provava qualcosa di molto simile,una sorta di disagio interiore che lo portava a stare lì, mentre dei ricordi si riaffacciavano alla sua mente.

Il loro primo caffè assieme, il loro primo San Valentino da non fidanzati trascorso lì, i loro dopo-scuola e le loro chiacchiere. Il Lima Bean era sicuramente uno dei luoghi più significativi per la loro relazione e stare seduto al loro tavolo proprio il giorno in cui aveva dovuto dire ‘arrivederci’ a Kurt era in qualche modo consolatorio e frustrante al tempo stesso.
Si portò le mani al viso, strusciandoselo con nervosismo: voleva liberarsi di ogni emozione e lasciare che la ragione si impossessasse di nuovo di lui. Purtroppo, però, Blaine sapeva che non era esattamente così facile.

Ci sarebbe voluto tempo e non avrebbe nemmeno saputo immaginare quanto.


***


Burt aveva tenuto stretto il più possibile suo figlio prima di doverlo lasciar andare. Si sentiva tremendamente vuoto senza di lui a casa, con Finn nell’esercito e Carole che preparava una misera cena per due.
Si era messo sul divano ed aveva cominciato a girare i canali alla tv: non c’era niente che riuscisse ad attirare la sua attenzione.
Avrebbe soltanto voluto chiamare suo figlio, sentire come stava, ma non voleva essere troppo assillante o protettivo. In fondo stava soltanto proseguendo la sua strada e lui non gli avrebbe messo ansia, era sicuro che Kurt fosse già abbastanza malinconico di suo. Aveva pur sempre dovuto lasciare tutto ciò che aveva.

“Ti manca, non è vero?” la voce di Carole lo fece sussultare, la donna stava finendo di apparecchiare la tavola, “è normale, sai? Ma prima o poi bisogna lasciarli andare.”
Burt sbuffò.
“Questo è vero… soltanto, è così diverso non vederlo qui per l’ora di cena, mentre tenta di cucinarmi qualcosa di estremamente dietetico e privo di calorie,” abbozzò un sorriso e Carole gli accarezzò una spalla.
“Sento ogni giorno la mancanza di Finn… è normale. Ma prima o poi ci si abitua. Sono sicura che Kurt avrà successo a New York ed avrai modo di essere orgoglioso di lui…”
“Ma io lo sono già,” rispose Burt, piuttosto sicuro di quell’affermazione.

Carole si limitò ad annuire. Chi non era orgoglioso del proprio figlio?
Lei lo era, nonostante si preoccupasse ogni giorno per Finn e controllasse ansiosamente la casella delle lettere. Certo, Finn non era in guerra, ma la paura che potesse rimaner ferito durante qualche esercitazione la pervadeva ogni giorno ed era come rivivere un film già vissuto in passato.
Ma Finn era grande e non avrebbe commesso gli stessi errori del padre, perché lui era più maturo ed era suo figlio. Magari non era una spiegazione molto valida, ma a Carole bastava.


***


Kurt appese al muro un quadretto di Wicked identico a quello che aveva anche Rachel in camera e con quello finì di arredare la propria stanza.
Lo aveva fatto con aria mogia, senza un reale entusiasmo; la cosa lo aveva fatto quasi sentire ancora più triste perché solitamente quando stava male moralmente sentiva il bisogno di fare qualcosa che lo rilassasse e solitamente arredare la propria stanza o dedicarsi alla moda riuscivano a farlo calmare.
In verità, il suo più grande calmate era parlare per ore al telefono con Blaine, anche di cose stupide, mentre se ne stava tutto rannicchiato sul letto. Ma cosa poteva fare quando la causa della sua tristezza era proprio l’unico che riusciva ad alleviarla?

Aprì un cassetto del comodino e prese una scatolina rossa; la aprì lentamente per poi fissarne il contenuto: era l’anellino che Blaine gli aveva regalato a Natale, quello fatto con le cartine delle sue caramelle preferite. Sorrise, osservandolo e togliendolo dalla scatolina. Ricordava benissimo quel momento ed ogni volta che si sentiva solo o triste non faceva che scaldargli il cuore, ma improvvisamente quell’anello racchiudeva solo ricordi di qualcosa che forse non avrebbe potuto recuperare e l’idea gli faceva più male di quanto non avesse voluto in realtà.

Lo aveva lasciato con una promessa, ma anche quell’anello a suo tempo stata una promessa: gli aveva promesso di rimanergli sempre vicino, di baciarlo dove avrebbe voluto e quando, di cucinare biscotti e… quell’anello aveva così tante promesse in sé per essere solo un insieme di piccoli pezzi di carta.

Chiuse la scatolina e se la strinse al petto, lasciandosi andare completamente sul letto morbido e chiudendo gli occhi.
Era stanco di piangere, era stanco di pensare e di ricordare le parole di Blaine.

Voleva soltanto dormire.



Note di fine capitolo:

La canzone ad inizio capitolo è dei Green Day, (I Walk Alone) Boulevard Of Broken Dreams *cliccami tutta* infatti questa fic è nata essenzialmente da questa canzone, mentre ero con una mia cara amica a Roma, in auto (e la stavamo ascoltando.=
Non mi ucciderete vero? perché ho un cartello con scritto "KLAINE" grosso quanto una casa da poter sventagliarvi in faccia in mia difesa!
Scherzi a parte, l'angst iniziale è necessario per lo sviluppo della fic, e siccome ho preso come ispirazione gli spoiler, direi che questo è un capitolo abbastanza ovvio. Alla fin fine li ho re-interpretati come preferivo, però quelli sono.
A parte questo, in realtà io sono una sostenitrice della Klaine e questa fic è nata per sfogare la mia malinconia, ma voglio assicurarvi che sono una fan dei finali felici, quindi vi lascio interpretare la mia frase ;)

Se vi va, fatemi sapere se vi è piaciuta o magari ditemi - perché no - le vostre congetture sulla 4° stagione.

Sto già preparando il secondo capitolo e spero di poterlo pubblicare a breve! Per informazioni o per seguirmi, vi consiglio la mia pagina Facebook *QUI*

Alla prossima!

Flan
   
 
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