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Autore: keyOfIceDxG    07/08/2012    6 recensioni
Ebbene, si tratta di un mio primo esperimento, spero possa attirare la vostra curiosità.
La storia è ambientata, sino ad ora, all'inferno, abitato da Demoni. I protagonisti saranno Gwen e Duncan, perché li amo incondizionatamente. Il resto dei personaggi sarà perlopiù frutto della mia mentolina.
Cito alcune frasi, prese dal capitolo del loro incontro (il secondo):
"Comincio a ripercorrere la strada verso casa mia, avvolto nei miei pensieri dubbiosi, con le mani affondate in tasca. Finché non sento qualcosa. L’odore di vaniglia di prima s’è fatto più intenso. Mi giro con la velocità di un ghepardo e mi guardo intorno, sperando di trovare qualcosa di nuovo o non so neanch'io cosa.(...)"
[TITOLO MODIFICATO: Ex "paradiso AMORE inferno"]
{. Gwuncan .}
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Voglio raccontarvi una storia, la mia. E’ una storia molto speciale, non credo l’abbiate mai sentita prima d’ora.
Parla di me. Parla di un amore impossibile.
Chi sono io? Oh lo scoprirete a tempo debito. Da dove vogliamo cominciare?

Le serate al pub non mi sono mai piaciute, mi annoiavo a fare i soliti scherzi con i soliti amici idioti. Falsi, tutti falsi. Mi stavano intorno soltanto perché sapevano che io ero almeno una decina di gradi sopra di loro, soltanto perché non volevano contraddire la mia volontà. Così facendo avrebbero infastidito anche mio padre.
Non sono tagliato per stare in un posto del genere, mi sento diverso. Sono nato nel posto sbagliato. E ora, steso sul letto della mia camera, allungo le mani per afferrare qualcosa che non c’è. E’ una strana sensazione, quasi di vuoto. E’ come un mancato abbraccio, sentire quel bisogno di riempire le proprie braccia con qualcosa. Qualcosa che non mi era mai stato dato.
Eppure è li me lo sento, da qualche parte, più vicino di quanto creda. Forse devo solo rinnovarmi e far dipingere la mia camera di un altro colore al posto del rosso fuoco, una tinta più allegra forse mi avrebbe risollevato il morale.
Nah. Che diamine sto pensando? Non è certo qualcosa di materiale quel che mi serve. C’è un vuoto dentro al mio stomaco che devo colmare. Mi alzo dal letto e comincio a sgranchirmi le braccia e le gambe, che producono uno strano scricchiolio.
Alzo gli occhi e guardo l’orologio rosso come tutto il resto della mia camera. Però ogni rosso è una tonalità diversa, sembra di dormire dentro ad falò.
Le tre e mezza.
Prendo il cellulare stranamente nero posato sulla scrivania e guardo lo schermo illuminato da uno sfondo di un azzurro mare.
Tre chiamate perse. La prima è di Blood, un mio compagno di scuola nonché amico d’infanzia che mi ha chiamato durante il pranzo mentre avevo il silenzioso. La seconda invece è Fire, quella ragazza non smetterà mai di tormentarmi. Tanto mi ha tradito una volta, non ci cascherò anche una seconda. La terza chiamata invece è Jess. Altro amico d’infanzia che non finirà mai di immergermi di stupidi soprannomi.
Sicuramente volevano solo che uscissi un po’, come al solito. Per poi andarsene tutti e tre per i fatti loro e dimenticarmi per sbaglio da qualche parte.
–Duuncaan!- La voce di mia madre ripercorre tutta la casa.
E’ piuttosto dolce rispetto a quell’odioso di mio padre. Lei mi capisce e mi comprende. Non rimprovera i miei errori, cerca solo di aiutarmi in qualsiasi modo possibile. Quando mi chiama ha sempre quel tono un po’ squittente da madre che rimprovera.
–Arrivo mamma…- Infilo il cellulare in tasca e mi do una rapida occhiata allo specchio.
Presentabile tutto sommato. I capelli neri sono a posto dopo quel poco di gel che ho messo alla mia cresta poco fa, invece i miei occhi rossi come due rubini risplendono di un’insolita luce speranzosa. Già, speravo di trovare qualcosa che riempisse il mio vuoto. I jeans e la canottiera nera sono a posto. Non fa mai freddo da queste parti.
–Può andare così.—Dico, guardando la mia immagine riflessa nello specchio.
Mi avvicino alla porta e comincio a scendere lentamente le scale, soffermandomi a guardare le vecchie foto di famiglia.
–Duncan Devil... non sta bene far aspettare i tuoi amici.—Mi rimprovera mamma guardandomi scendere le scale.
Io alzo un sopracciglio facendo una smorfia. –Che amici?
Lei mi guarda facendo uno strano sorrisetto.
Apre la porta ed eccoli. I tre dell’apocalisse che sono venuti a pescarmi fuori di casa pure oggi puntuali come un orologio svizzero.
Maledizione, penso che dovrei costruire una via di fuga dalla finestra della mia camera.
Eccoli li, Blood, Fire e Jess. Blood sempre al solito vestito firmato e capelli impeccabili. Per essere un ragazzo ci tiene parecchio al suo aspetto fisico. Capelli castano scuro e occhi di un colore verde foresta, oggi ha un’acconciatura diversa dal solito. S’è fatto un mini codino dietro la testa. Io faccio un cenno di saluto con la mano.
A differenza sua Fire come al solito ci tiene ad attirare l’attenzione di tutti. Capelli castano chiaro al vento, con qualche ciuffo ribelle qua e la, soliti occhi color nocciola. Mini top nero con altrettanto mini gonna che arriva sopra al ginocchio di jeans, naturalmente ci mettiamo anche un paio di stivali tacco a spillo ed eccola là.
Fire. La mia ex fidanzata. Scoperta a baciarsi con il playboy di turno Alex. Uno dei ragazzi che più mi sta fra le scatole dell’intero Inferno. Dopo il suo tradimento ha pure cercato di rimettersi con me e ci prova ancora.
Che rottura.
Ci sta anche l’immancabile lecca lecca sulla bocca per sembrare più sexy. No, non fa colpo su di me.
Jess invece è li vicino, strano come suo solito, sputtaniere come pochi. Basta girarsi e lui ha qualcosa da ridire sul conto degli altri. Nuovo soprannome per me. “Asociale” visto che ogni volta che esco con quei tre idioti mi porto sempre dietro da leggere, annoiandomi a sentire i loro discorsi senza alcun senso.
Lui non ci tiene proprio a fare bella figura. Capelli marroni lasciati alla cavolo di cane. Sembra che l’abbia leccato una mucca. I vestiti poi…pantaloni strappati anche sul didietro, sembra quasi che glieli abbia mangiati un drago di passaggio. Intanto la maglia marrone stona con qualsiasi cosa che ha addosso, per fino la sua faccia.
Immancabile nel braccio destro dei miei tre “amici” il nero tatuaggio a forma di fiamma che confermava il nostro essere demoni. Si, noi siamo demoni infernali.
Io sarei il “demone maggiore” una specie di principe del casato reale. Perché io sono il figlio del demone più malvagio dell’inferno. Io sono il figlio di Satana, colui che è stato cacciato dal paradiso dai nostri mortali nemici, gli angeli, soltanto perché voleva essere il migliore. A me della sua storia non me ne importava nulla. Sapevo soltanto che era lui che aveva progettato l’inferno e perciò finalmente aveva un posto dove comandare tutti a bacchetta come tanto desiderava. Aveva conosciuto mia madre, demone minore, cacciata pure lei dal paradiso perché schieratosi dalla parte di mio padre.
Poi sono arrivato io, Duncan Devil. Il figlio di Satana, detto Lucifero. Destinato a prendere il posto di mio padre quando crescerò. Ancora ho soltanto diciassette anni, non devo preoccuparmi di certe cose. Fisso Blood per due secondi e poi apro la bocca per parlare.
–Che fate di bello tutti e tre alla reggia reale?—chiedo, cercando di assumere un tono ironico.
Fire si intromette nella discussione e entra leggermente in casa.
–Siamo venuti a prenderti per uscire un po’, principino. Senza di te non ci si diverte.
Io fulmino Blood con lo sguardo. Doveva essere stato lui l’idiota a portarmi quest’altra imbecille davanti. A lui basta essere in compagnia, non gli importa di chi. Io rivolgo lo sguardo a mia madre.
–Io esco allora, mamma.
Lei fa un cenno di si con la testa e io comincio a camminare fuori dalla porta, che si chiude dietro il mio passaggio. Metto le mani in tasca e comincio a camminare avanti alla banda degli idioti con un’espressione alquanto seccata.
–Hey, asociale. Che c’è? Volevi startene chiuso in casa anche oggi?—Io mi giro e lo incenerisco con lo sguardo.
–Ti ho detto mille volte di non darmi soprannomi.
Blood si intromette nella discussione, mettendomi una mano sulla spalla.
–Non siamo qui per litigare ragazzi, soltanto per fare un giretto assieme. Io stringo i denti e gli tolgo la mano dalla mia spalla.
–E’ colpa tua se quella traditrice mi sta sempre incollata. Accelero il passo fino ad avere fuori traiettoria i loro discorsi. Probabilmente stavano parlando di me e di quanto dovessi abbassare la cresta (non in senso letterale) quel giorno.
Non mi avrebbero mai capito, mai.
Sono solo tre teste di rapa. Alzo il braccio destro dove c’era il mio tatuaggio e porto la mano sulla mia testa, tastando le mie piccole corna. Mi sono spuntate l’anno scorso. E’ l’unica cosa che mi differenzia dagli altri demoni minori. Io e mio padre abbiamo le corna. Certo lui ce l’ha più lunghe delle mie e più appuntite. Io non le voglio, sono ingombranti e anche da cretino.
Certe volte penso di essere nato nel posto sbagliato.
–Hey tu, signorino. Non mi devi qualcosa?—Fire mi raggiunge con una corsetta e mi prende un lembo della canottiera.
–Che dovrei a te, scusa?—Alzo un sopracciglio e la guardo male.
–Non mi hai neanche salutata come si deve e ora ti isoli come al solito. Devil eppure una volta eri così... malvagio.
E’ vero, una volta partecipavo molto più volentieri a queste scorribande idiote fra noi tre. Al tempo però ero ancora il ragazzo di Fire. Ero molto più dispettoso e anche molto più…cattivo. Era l’influenza di quella ragazza che mi stava facendo bere il cervello. Da quando l’ho vista pomiciare con un altro ragazzo l’ho lasciata subito.
Un bel taglio netto.
I miei amici sapevano che quella sgualdrinella mi stava tradendo eppure avevano preferito tacere, facendomi fare la figura dell’idiota innamorato.
Da allora non mi sono molto più fidato di loro e mi sono rinchiuso in casa. La compagnia dei libri mi piace molto di più della compagnia di tre traditori svitati. Blood è quello che ha fatto meno casino. Era l’unico ignaro del fatto che mi stava tradendo. Però lui ha fatto finta di nulla e ha continuato a comportarsi al solito con Fire, pur sapendo che mi aveva fatto star male come un cerbero a cui hanno mozzato una delle teste. Avevo la mia chimera in casa, lei mi faceva compagnia quando leggevo.
Mi bastava. L’avevo chiamata Black, essendo completamente nera come la pece.
Al sapeva del tradimento. Però non voleva dirmelo per vedere come sarebbe andata a finire quella storia. Traditore.
–Lo ero, hai detto bene. Peccato che qualcuno mi ha fatto cambiare completamente opinione sulla mia vecchia compagnia.—Affermo, cercando di accelerare il passo, però lei mi stava sempre dietro, seguita da Blood e Jess.
–Ce l’hai ancora con me per quella storia? Ma ormai è acqua passata, Devil! Non puoi odiarmi per sempre!
Fece un finto sguardo pentito, io sorrisi ironico.
–Non siamo qui apposta per odiare?
Non posso contare più su nessuno. Non ho amici. Non ho nulla. Mio padre…odio pure lui. Le uniche due persone che sopporto sono mia madre e la mia chimera. Il resto possono anche andare a quel paese.
Jess si avvicina a noi con tono prepotente e parla a Blood.
–Blood, dov’è Hate? Con quella ragazza si che ci si diverte!
Fa un segno di vittoria con la mano. Io tiro un sospiro seccato.
–E’ agli allenamenti di calcio femminile. Mia sorella fa un sacco di sport. E’ un’imbecille.
Mai quanto te Blood…
-Oh…peccato. Sarà per un’altra volta.
Hate è la gemella di Blood. L’unica cosa diversa che hanno però è l’altezza. Blood è anche più alto di me, invece Hate sembra uno di quei puffi usciti dai sogni di Gargamella. Agli inferi tutti hanno gli occhi "normali" verdi, marroni... tranne me, che li ho rossi. Altra cosa che mi distingue dagli altri e altra cosa che ho ereditato da mio padre.
Infondo quelli mi piacciono, almeno non mi mescolo alla massa.
Blood fatica per prendere un sei oppure un sette a scuola, al contrario di Hate, che legge una cosa e la ricorda a memoria. Lei fa un sacco di battute idiote e litiga ogni santo giorno con il gemello.
Sono come una chimera e un cerbero quei due. Non andranno mai d’accordo.
–Allora, invece di stare ad annoiarci qua andiamo al parco del vulcano? Li si che ci si diverte! Cola un sacco di lava ogni giorno! È davvero rilassante…- Afferma Fire, mentre sicuramente pensa all’ultimo bagno nella lava che ha fatto.
Lei lo fa solo per sfoggiare i suoi mini costumi davanti a qualche demone con gli ormoni a sbalzo.
–Si, certo, con la poca voglia che ho di andare a casa a cambiarmi...- Afferma Blood, che sicuramente per trovare quell’abbinamento di vestiti era stato dentro l’armadio per un’ora.
Vuole essere il migliore, adora vestirsi con le firme.
–Io andrei volentieri a farmi un salto al pub.—Si intromette Jess, che comincia a fare l’idiota come suo solito.
–Ci siamo stati due giorni fa.—Replico io, sbuffando.
–L’inferno è piccolo Devil, non ci sono tanti posti dove andare. E poi nel pub ci sono tante di quelle fighe.
Io lo fermo con un gesto della mano.
–Hai rotto con questa storia. Maledizione trovati una ragazza!
Gli mollo un pugno in piena guancia. E’ il nostro modo di parlare quello di picchiarci.
–Non siamo mica tutti come te, Devil! Tu hai quello che vuoi soltanto dicendo che sei il figlio di Satana. Non tutti abbiamo questa fortuna.—Esclama Fire, guardando il segno viola sulla guancia di Blood.
Jess mi prende una mano e cerca di storcerla. Oh giusto, Blood è il suo migliore amico nessuno lo tocca.
–Stai fermo oppure ti strappo quel tatuaggio a morsi.—Fisso il marchio che ha sulla spalla destra e sorrido maligno.
Jess mi toglie subito le mani dal braccio.
–Non puoi arrivare a questi vantaggi, Devil. Lo sai che sei più forte di me.
Io lo guardo continuando a sorridere maligno.
–Dovrò pur sfruttare quel che ho. Non sopravvivo soltanto perché sono il figlio del pezzo grosso.
Giro i tacchi e prendo la direzione che va verso il campo infuocato. Sento la voce di Blood in lontananza.
–Se ci cerchi noi siamo al Pub.
Io mi giro lentamente verso di loro, alzo il braccio sinistro e mostro il dito medio. Li ho mandati a farsi fottere a tutti e tre. Per la quarantesima volta.
Peccato che loro lo prendono come uno scherzo ogni qualvolta succede. Infatti fanno una risatina in coro tutti e tre.
Rimango un secondo a fissare il segno viola del mio pugno sulla guancia di Blood, che ormai stava diventando nero. La prossima volta gli spacco la mascella.
Mi giro un’altra volta e continuo da solo per la mia strada verso il campo infuocato.
  
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