Lo
smoking
«Oggi è il grande giorno! Spero che
tu sia già vestito, Harry! ... Harry?»
Ron aveva varcato la soglia di Grimmauld Place con un gran
sorriso d'euforia a solcargli il viso, ma questo si era affievolito nel momento
in cui si era reso conto che dello sposo sembrava
non esserci alcuna traccia.
«Harry? Ci sei?» Girò su se stesso più volte, invano, alla
ricerca di un qualsiasi segno di vita.
Poi si passò una mano in mezzo ai capelli, ormai preso dal panico, ed iniziò a
percorrere il salone avanti e indietro.
Proprio quando stava per avere il timore che l'amico se la
fosse data a gambe, sentì un'imprecazione provenire da una camera del piano di
sopra.
Ron tirò un sospiro di puro sollievo. Grazie al cielo
non avrebbe dovuto impugnare il microfono ed intrattenere gli invitati,
inventandosi di sana pianta una stupidissima scusa per giustificare la
sparizione dello sposo.
Il miserabile compito del testimone.
Salì con cautela le scale che portavano al piano superiore,
pronto al peggio.
Aveva già proiettato nella propria mente un'immagine di Harry, letteralmente
terrorizzato, che lo pregava in ginocchio di aiutarlo a fuggire.
A quel punto che diavolo avrebbe dovuto fare? Divenire il suo
complice o ucciderlo?
Miseriaccia, perché toccava sempre a lui
trovarsi in simili, spiacevoli situazioni?
La porta era socchiusa, ma non abbastanza da scorgere cosa ci
fosse al suo interno.
Così Ron, presosi di coraggio, decise saggiamente di
spalancarla in un gesto repentino.
Non appena la visuale della camera fu completa, l'uomo si arrestò al centro
della stanza con la mano ancora chiusa attorno alla maniglia, gli occhi
spalancati e le labbra tremolanti nel tentativo di reprimere una risata.
«Non osare dire una parola, Ron» lo
avvertì Harry. Ron vide il suo sguardo minaccioso
riflesso nello specchio, il quale mostrava il suo migliore amico avvolto in uno
smoking di un colore improponibile.
Tutte le buone intenzioni di Ron Weasley crollarono di fronte a quell'immagine: si accasciò
contro la porta, incapace di trattenersi, e diede libero sfogo alle proprie
risate sguaiate, alimentando l'irritabilità di Harry.
«C'è stato un malinteso, ok? Non è quello che io avevo
commissionato! Questo è ... è ...» Harry non riusciva a trovare le parole, lo
sdegno nei suoi occhi era più che sufficiente ad esprimere ciò che provava.
Quel giorno, che doveva essere il più bello della sua vita, si stava tramutando
in un incubo! E la colpa era solamente di quel maledetto smoking.
«È fucsia! Nemmeno la Umbridge
avrebbe osato tanto!» completò Ron per lui, a corto
di fiato per il troppo ridere.
«Dannazione, non posso sposarmi così!» Harry indicò se
stesso, disgustato.
«Hai provato a trasfigurarlo?» suggerì il rosso, ricomponendosi.
Harry lo fulminò, quasi offeso.
«Credi che non ci abbia già provato? Madama McClan
deve aver utilizzato un incantesimo che impedisce in qualsiasi modo di
trasformarlo o ... distruggerlo» Il bambino sopravvissuto si lasciò cadere sul
letto, imprigionandosi il capo tra le mani.
«Possiamo andare da lei e risolvere il problema, no?» Ron si grattò la nuca, non aveva altre idee.
«Non faremo mai in tempo!» la voce di Harry era alterata dalle mani che
gli coprivano la bocca, ma risultò ugualmente chiara.
«Abbiamo due ore a disposizione! Lo cambiamo e in meno di un'ora saremo a casa
mia, che ci vuole?» Ron riuscì a convincerlo.
Ma sì, sarebbero tornati sicuramente in tempo. Avrebbe avuto
il suo dannatissimo smoking nero e sarebbe corso alla Tana, si persuase Harry,
che cosa sarebbe mai potuto andare storto?
***
"Oggi siamo chiusi"
«Maledizione!» Harry prese a calci un vaso colmo di fiori d'arancio
all'ingresso del negozio, incurante dei cocci sparsi sull'uscio.
«Mi sa che dovrai sposarti con quell'affare,
amico» le parole di Ron non lo aiutarono per nulla,
così come la sua amichevole pacca di solidarietà sulla spalla.
«Di fronte al Ministro della Magia e alla Gazzetta del Profeta. Fantastico» commentò Harry con l'entusiasmo
pari a quello di un condannato a morte.
«Aspetta, ma quella non è Madama McClan?»
Ron indicò una coppia di attempati passeggiare mano
nella mano, senza tralasciare una smorfia.
«E quello con lei è ... Olivander?»
aggiunse Harry, sconvolto, intercettando lo sguardo disgustato dell'amico.
Sollevarono entrambi le spalle, scrollando il capo per togliersi quell'immagine
orripilante che voleva i due anziani avvinghiati in un bacio appassionato dalla
mente, poi, armati di (im)pazienza, raggiunsero i due piccioncini, intenti ad ammirare la vetrina
di un negozio.
«Madama McClan!» la chiamò Harry a
gran voce con lo scopo di richiamare la sua attenzione, che tutta era fuorché
rivolta a lui. «Madama McClan, per fortuna l'ho
trovata. Lei deve aiutarmi!»
«Il negozio è chiuso, caro. Puoi tornare domani» Il sorriso zuccheroso della
donna mostrò i denti impiastricciati di rossetto: Harry fece violenza a se
stesso per non vomitare.
«Signor Potter, sembra sia stato ieri che è venuto nel mio
negozio a comprare la sua prima bacchetta!» lo salutò calorosamente Olivander, dimostrando di avere un repertorio povero di
battute.
Harry ricambiò con un cenno del capo e, riluttante all'idea
di perder dell'altro tempo prezioso, si volse di nuovo verso la donna.
Chissà se la prossima frase del signor Olivander
sarebbe stata qualcosa come "è
l'abito a scegliere il mago". Harry non l'avrebbe mai saputo.
«Signora, questo non è lo smoking che ho ordinato qualche
settimana fa, deve esserci stato uno sbaglio» raccontò tutto d'un fiato,
sollevando il braccio con cui teneva il completo, piegato all'interno di un
involucro di nylon; seppur in modo parziale celato da quello, il colore
sgargiante era ben visibile agli occhi di chiunque, persino di un cieco.
«Oh no, caro, nessuno sbaglio. Ho pensato che il fucsia
avrebbe risaltato molto di più i tuoi occhi» gli confidò la donna, compiaciuta
della sua brillantissima idea, frutto di anni e anni di esperienza.
«No, no. Lei deve darmene un altro» la supplicò,
reprimendo la voglia di strozzarla.
«Mi dispiace, figliolo, temo proprio che non sia possibile! Stai
tranquillo, farai un figurone!» lo rassicurò, sdolcinata, pizzicandogli le
guance come se fosse stato un marmocchio di due anni.
«Lei non capisce! Devo sposarmi tra meno di un'ora, non posso
presentarmi così di fronte alla donna che amo!» farla ragionare sembrava
impossibile, la donna non aveva nessuna intenzione di risolvere quella
situazione, anzi, il suo disappunto per quell'ignobile insistenza era cresciuto
a dismisura. Come poteva rifiutare e criticare in questo modo un suo capo? Era
semplicemente oltraggioso!
«Signor Potter, se non gradisce il mio lavoro, può dirlo chiaramente!»
Madama McClan adesso lo guardava dall'alto in basso
con aria inviperita, scarlatta in viso.
«Io non ... non volevo dire ... »
Ron, che finora si era limitato ad assistere
alla scena ridacchiando, afferrò Harry per una spalla e lo trascinò via prima
che potesse aggiungere altro.
Se c'era una cosa che aveva imparato quell'estate passata a casa della sua
prozia Tess, era che non bisognava mai criticare i
gusti di una donna anziana, soprattutto quando questa era convinta di averli
dei più raffinati.
***
«Ron, devi darmi il tuo smoking»
Harry giunse a questa conclusione, dopo una lunga e ponderata riflessione.
Si erano Materializzati alla Tana, facendo bene attenzione ad
eludere la Signora Weasley e il resto degli invitati,
che aspettavano comodamente seduti in giardino su seggiole di legno bianco.
«Cosa?! No!» protestò l'amico, stringendosi istintivamente come a
volersi proteggere.
«Ron, ti prego! Sei la mia unica speranza!»
Harry congiunse entrambe le mani a mo' di preghiera, fissandolo supplicante.
Ron incrociò le braccia al petto e alzò
il mento con fare orgoglioso.
«Tu non hai voluto far cambio con me al Ballo del Ceppo! Ho dovuto
indossare quell'abito orribile e puzzolente!» gli rinfacciò, imbronciato,
ancora memore dell'umiliazione.
«Farò qualsiasi cosa, te lo giuro»
«Qualsiasi?»
«Qualsiasi»
«Ok. Affare fatto».
***
«Ma che diavolo si è messo?» mormorò Ginny
alla madre, che a sua volta squadrava il figlio con tanto d'occhi in
un'espressione di pura perplessità.
«Ron, la Umbridge rivuole il suo vestito!» Fred e George
non persero l'occasione di farlo sentire ulteriormente in imbarazzo.
Ron ricorse a tutta la sua buona volontà
per sorridere e restare impassibile, anche se avrebbe preferito di gran lunga
scavarsi una fossa e rimanerci per tutto il resto della sua vita.
Affermare che i suoi capelli rossi, abbinati a quel fucsia acceso, fossero un
pugno in un occhio sarebbe stato un eufemismo.
«Mi devi un favore enorme, Harry, enorme» sibilò al suo orecchio,
tenendo una mano a coprirsi la bocca.
Harry non fece in tempo a replicare, venne zittito dalla
paradisiaca visione di Hermione che, fasciata in un
meraviglioso abito bianco panna, stava giusto facendo la sua elegante entrata
al braccio del signor Granger.
Il corpetto era merlettato di rose, le avvolgeva il busto come una seconda
pelle, e la gonna ampia di tulle, lunga fino ai piedi, le donava l'aspetto di
una principessa. I suoi ricci erano acconciati in un elegante chignon,
appuntato da fermagli a forma di fiore.
Harry non aveva mai visto qualcosa di più bello, il sorriso
radioso di Hermione gli scaldò il cuore, facendolo
emozionare come la prima volta che si erano baciati.
Quando le loro dita si intrecciarono, sentì di esser completo, ricongiunto
all'altra metà della sua anima.
Si guardarono in silenzio, quasi fossero timorosi di scalfire
la perfezione di quel loro dialogo misterioso
che non contemplava parole.
Il silenzio più eloquente è quello di due
bocche che si baciano, aveva letto Harry da qualche parte, e non a
caso gli era tornato alla mente proprio in quel momento. Erano solo i loro
occhi a baciarsi.
Si azzardò a pensare che stessero facendo l'amore, nonostante sapesse
perfettamente che la loro prima volta sarebbe stata quella stessa notte.
Hermione consegnò il bouquet, dal quale aveva
estratto un fiore per sistemarlo sul taschino di Harry, alla sua damigella
d'onore, che non era Ginny, come qualcuno si sarebbe
aspettato, bensì Luna Lovegood, detta Lunatica.
Curioso che Hermione avesse scelto
proprio quella damigella, o forse no?
Lei era un po' bizzarra, proprio come Luna.
Non l'aveva mai ammesso, ma c'erano degli aspetti di Luna che le ricordavano se
stessa da bambina, quando veniva considerata strana e tenuta alla larga dai
propri compagni di classe delle elementari.
Harry e Ron conoscevano solo Hermione
la strega, non sapevano nulla della sua vita prima di Hogwarts,
non ufficialmente perlomeno, ma Harry non ci aveva messo tanto a capire che
quella bambina non aveva nessun amico, proprio come lui, nel mondo dei Babbani.
Era intelligente, assetata di conoscenza, e i bambini normali,
si sa, non sono molto tolleranti nei confronti dei diversi.
«Harry, perché Ron ha uno smoking
fucsia?»
«Ha detto che si intona bene ai suoi occhi».
***
«Come testimone di nozze e migliore amico degli sposi, credo
sia opportuno fare un brindisi» annunciò Ron,
sollevandosi in piedi con una coppa di Vino Elfico in mano, un tantino brillo.
«Harry, fermalo» Hermione tirò la
manica del neo marito, lanciando un'eloquente occhiata nella direzione di Ron.
«Ormai è troppo tardi» rispose Harry, pronto a coprirsi il viso per la
vergogna.
«Hermione era la mia ragazza, sì,
siamo stati insieme più o meno...»ridacchiò, «un mese!
Ma era impossibile non accorgersi della loro complicità: Harry e Hermione riescono a comprendersi con un solo sguardo, tra
loro non servono parole. C'era una tale passione, un profondo tormento e
desiderio nel modo in cui si guardavano ... il giorno in cui l'ho capito ero
arrabbiato, lo ammetto, insomma, gli ho detto "Amico, quella è la mia
ragazza, non puoi guardarla così!"»gonfiò
la voce per apparire più minaccioso. «Ma poi ho capito.
Io non provavo per Hermione le stesse cose che Harry
provava, e prova, per lei: non la guardavo affatto in quel modo. Non ci siamo
mai fermati a guardarci negli occhi, in silenzio, come fanno loro, tra noi le
parole erano troppe, e la maggior parte di esse venivano spese a litigare su
qualsiasi sciocchezza. Ero arrabbiato con loro, perché avevo paura di restare
escluso, che non ci sarebbe stato più posto per me nelle loro vite... e sono
stato davvero stupido a pensarlo. Nulla è cambiato, siamo ancora qui, insieme,
al loro matrimonio» si aprì in un largo sorriso. «Anche se sono stato costretto
ad indossare questo tremendo smoking fucsia e penso che sia da pazzi sposarsi a
vent'anni, ma questo è dannatamente da Harry e Hermione:
loro sono pazzi. A Harry e Hermione, i migliori amici che avessi mai potuto
desiderare» batté le mani, seguito dal resto degli invitati e dai fischi
d'apprezzamento dei gemelli.
A Hermione scappò una lacrima, che
Harry lavò via col pollice.
«Non è stato poi così male» le sussurrò all'orecchio con un sorriso
divertito.
«Piango per il suo smoking, cosa credi» scherzò lei, accoccolandosi fra le sue
braccia.
***
«È stato proprio un bel discorso, Ron»
Luna gli si era avvicinata di soppiatto, facendolo sobbalzare.
Ron fu felice nel constatare che il vestito di lei,
pieno di piume e brillantini, color arancione fosforescente, fosse persino
peggiore del suo.
Si sentì decisamente meglio.
«Ti ringrazio, Luna» rispose, dando un'occhiata di sfuggita agli sposi che
danzavano.
«Per quel che vale, penso che il tuo smoking sia stupendo» sorrise Luna, col
suo tipico sguardo trasognato che sembrava proiettato lontano.
«Oh ...» le orecchie di Ron divennero più rosse dei
suoi capelli.
***
«Che ne pensi di Ron e Luna?»
esordì Harry all'improvviso, mentre faceva girare Hermione
su se stessa.
«Ron e Luna?» Hermione
lo guardò, confusa.
«Coppia bizzarra, non trovi?»
si volse verso i protagonisti della discussione con un sorrisetto malizioso, imitato
da Hermione, che venne fulminata da un'idea.
***
La stragrande maggioranza delle donne single - che fossero
ultratrentenni o meno non era certo rilevante - spintonava e assestava gomitate
con più ferocia di quella che avrebbero avuto delle donne Babbane
per entrare in un negozio Babbano nel giorno dei
saldi.
La causa di un tale trambusto altro non poteva essere che il famigerato lancio
del bouquet.
Quello che le povere invitate ignoravano era che la sposa aveva pensato bene di
incantare il mazzo di fiori, affinché capitolasse magicamente nelle mani della
persona da lei designata.
Ron afferrò il mazzo al volo,
terrorizzato dallo sguardo truce che ogni donna gli stava rivolgendo.
«I fiori d'arancio sono i miei preferiti. Sapevi che sono il simbolo
dell'amore puro?» lo informò Luna, traendo una zagara dal mazzo e incastrandola
con spontaneità tra i capelli.
Quello che Ron non sapeva era che l'etimologia della
parola zagara derivasse da un
termine che in arabo significava splendere.
E Luna, con quel fiore tra i capelli, stava risplendendo adesso ai suoi occhi.
***
Harry e Hermione avevano lasciato
il giardino della Tana qualche ora dopo e, in groppa ad una scopa volante,
avevano raggiunto Grimmauld Place,
la temporanea dimora che li avrebbe ospitati.
Come la tradizione Babbana insegnava, Harry l'aveva
sollevata in braccio e in tal modo l'aveva condotta fino alla camera da letto.
Seppur fossero due maghi potentissimi, i cuori che battevano nel petto di
entrambi erano sempre per metà Babbani.
«Benvenuta, signora Potter».
Il profumo delle candele solleticò le narici di Hermione, che non si era mai sentita più ansiosa e felice
come in quel momento.
Si baciarono con trasporto, assaporando ogni attimo di quella
dolce e agognata attesa, sorridenti per la difficoltà incontrata nel liberare Hermione dall'abito, che sembrava le si fosse incollato al
corpo.
Non potevano certo immaginare che quella notte qualcosa sarebbe andato
diversamente da ciò che avevano prospettato. Qualcosa di assolutamente
imprevisto e che Harry avrebbe maledetto per il resto dei suoi giorni.
***
«Oddio, che cosa ho fatto?! Santo cielo, Hermione,
non volevo, cioè doveva succedere, ma non così, c'è troppo sangue! L'ho ... si è
rotto?!»
«Harry...»
«Vado a prendere la bacchetta? Ha-hai bisogno di aiuto?»
«Harry...»
«Cosa - cosa c'è? Ti fa male?»
«Harry, ti vuoi calmare?»
«Mi dispiace, non sai quanto mi dispiace!»
«Non hai rotto nulla. Mi sono
venute, in anticipo»
« ... Ah»
«Non avevo programmato di rimanere vergine la prima notte di nozze, ma ... date
le circostanze» il tono frustrato di Hermione fu
piuttosto chiaro: il suo ciclo aveva un pessimo tempismo, davvero pessimo.
«Be', possiamo fare altro» propose Harry, spettinandosi i
capelli, ancor più afflitto di lei.
Hermione abbozzò un sorriso, poi corse in bagno con
il lenzuolo malamente avvolto attorno al corpo.
Il ragazzo gettò il capo sul cuscino, trattenendo un gemito di delusione, con
la speranza che, prima o poi, gli spiriti
bollenti si sarebbero assopiti.
***
«Avremmo dovuto approfittare di quella tenda, tre anni fa»
disse Harry, imbronciato, poggiando il mento sulla spalla nuda di Hermione.
«Harry, non dire sciocchezze. Sai bene che non era quello il nostro
momento» Hermione non poté fare a meno di sorridere
al ricordo di quei giorni e stringersi a lui, che le circondava la vita con il
braccio.
Harry assunse un'espressione sofferente, socchiudendo gli occhi.
«Non farlo più, altrimenti potrei decidere di ignorare il tuo piccolo
problema»
«Ma sentitelo! Lo stesso ragazzo che ha definito il bacio di Cho Chang "umido" adesso è diventato uno
sfacciato!» lo canzonò lei, lasciandogli il segno violaceo di un leggero
pizzicotto sul braccio.
«E tu non eri per niente gelosa
di lei» la provocò l'altro.
«Era lei ad esser gelosa di me,
a dirla tutta» gli ricordò, compiaciuta.
«Che zuccone sono stato. Non mi ci è voluto molto per capire che tenevo molto
di più alla mia Firebolt che a lei» ammise,
sogghignando.
Hermione si ricordò all'improvviso di
qualcosa a cui non aveva badato, troppo presa dall'euforia di quel magnifico
giorno: con quale scopa erano arrivati fin lì?
«Harry, che fine ha fatto la tua Firebolt?».
E che tenevo molto di più a te che
alla mia Firebolt.
***
Fred e George si erano intrufolati con passo felpato nella
stanza di Ron con l'intenzione di provare uno dei
nuovi esperimenti targati Tiri Vispi Weasley, ma,
quando dinnanzi a loro si presentò la scena di un Ron
placidamente addormentato, che teneva gelosamente tra le braccia una Firebolt, restarono talmente basiti che vi rinunciarono.
«Dove diamine avrà preso quella Firebolt?» si
chiesero all'unisono, pervasi da una logorante invidia.
THE
END
La storia si è classificata prima al
Contest "Harmony ... e di coppia!"
di Stellalontana sul forum di Efp. Vincitrice del "Premio Stile".
Prima Classificata - Labyrinthum
con "Lo smoking"
Premio speciale "Premio Stile"
Grammatica e sintassi - 15/15
Stile e lessico 15/15
Uso del prompt
11,5/12
Caratterizzazione dei personaggi 5/5
Gradimento personale 5/5
TOT 51,5/52
Giudizio: leggasi anche: quanto mi è piaciuta
questa storia! Ehm... scusa, ma sono a dir poco entusiasta, mi è piaciuta
tantissimo, e avrei voluto darti 100 punti al gradimento personale. Vorrei
farti soltanto tanti complimenti, ma forse dovrei scrivere qualcosa di
costruttivo. Dunque... in primis non avevo mai letto una storia del genere,
molto originale, ben costruita, mai noiosa, quindi praticamente perfetta. E
adesso dirai: e quel mezzo punto in meno? Per il semplice fatto che i fiori
appaiono soltanto per uno sporadico momento, però ho apprezzato moltissimo
l’insieme quindi nel complesso non avrei potuto davvero apprezzare di più la
combinazione tra il significato, il fiore e il colore. Decisamente fresca,
originale, caratterizzata alla perfezione. Ho adorato Harry e Ron, complici fino alla fine, e Ron...
oh, Ron è stato decisamente perfetto, l’ho amato
dall’inizio alla fine, soprattutto il suo discorso, è stato molto dolce e mi ha
fatto salire la glicemia alle stelle. Per non parlare poi di Luna e Hermione. Mentre leggevo mi immaginavo la scena finale
“problematica”, ovviamente Harry rimarrà sempre lo stesso. Niente da segnalare
nella grammatica e sintassi, a parte una H mancante a una Hermione,
ma non ha nessuna importanza. Il tuo stile lo adoro, mi piace un sacco, e sono
già andata a spulciare il tuo account. Sarà un piacere leggere le altre tue
storie! Diciamo solo che non ho altro da aggiungere, solo che è perfetta, e
bellissima. Complimenti!