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Autore: alister_    08/08/2012    2 recensioni
"Mi racconti com'ero prima delle... mani blu?"
Missing moment su Simon e River, dedicato a Manasama!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: River Tam, Simon Tam
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N/A: Scritta per la Maratona In Piscina di piscinadiprompt, con prompt (stupendo ) Firefly, River&Simon, “Mi racconti com'ero prima delle... mani blu?”, lanciato da Manasama, alla quale dedico questa storia :3

Il titolo è tratto da No, I don't remember di Anna Ternheim, colonna sonora di un altro show di Whedon, Dollhouse.



Remind me of how I used to feel




Oggi è un buon giorno.

E' uno di quei giorni in cui le medicine fanno effetto, la tranquillizzano, le permettono di addormentarsi quasi serena, anche se quella serenità forse durerà soltanto un paio d'ore e sarà presto rimpiazzata da urla e incubi terrificanti.

Ora, però, è tranquilla. Le rimbocca le coperte come faceva quando era solo una bambina, e i loro genitori erano troppo impegnati con la loro vita sociale per farlo al posto suo; le scosta i capelli dalla fronte sudata, guardandola chiudere gli occhi e respirare piano.

Vorrebbe che fosse sempre così, la sua sorellina. Baratterebbe senza indugio la sua genialità per una mediocre ignoranza in grado di offrirle sonni tranquilli ogni notte. Purtroppo, per quanto ci provi, non c'è modo per spegnere il cervello di River. Il massimo che riesca a fare, con i giusti farmaci – farmaci difficili da procurarsi, che stanno per finire – è alleviare per qualche ora le sue pene, ridarle per poco l'innocenza di cui l'hanno privata troppo presto.

Digrigna i denti, e si alza per lasciare la cabina. Kaylee e gli altri lo aspettano in cucina per una tarda cena, piena di racconti dell'ultima missione portata a termine dal Capitano, Jayne e Zoe.

“Simon?”

La voce di River lo fa bloccare sulla soglia.

Si volta lentamente: sua sorella è ancora sdraiata a letto, con gli occhi chiusi, eppure ha perfettamente idea di dove lui sia.

Le si avvicina di nuovo, a passi cauti.

“Non riesci a dormire, River?”

Lei sbatte piano le palpebre, aprendo e richiudendo gli occhi, assorta nella contemplazione dei giochi d'ombre che le luci al neon disegnano sul soffitto.

Simon si siede sul letto, le prende cautamente una mano tra le sue: non vuole che si perda di nuovo, non questa sera. Questa sera si meritano entrambi un po' di pace.

“Simon...” ripete, piano. “Mi racconti com'ero prima delle... mani blu?”

Quelle parole escono a fatica dalle sue labbra, con tutto il peso che si portano dietro: è difficile per lei pronunciarle, e questa è una delle poche volte in cui parla di quel periodo con tanta lucidità.

La domanda coglie Simon alla sprovvista.

Credeva – sperava – che River ricordasse da sola com'era la vita prima di quel periodo buio. Che i ricordi della loro infanzia felice fossero ancora intatti, sotto lo strato di allucinazioni e follie che la tormenta ora.

“Non te lo ricordi?” domanda, attento a non far trapelare la delusione che sente crescergli in petto.

“Io...” River richiude gli occhi, rimane con le labbra dischiuse per qualche istante, alla ricerca delle parole. “E' così difficile distinguere. E' buio, e non so se le luci sono vere o artificiali. Per favore, Simon, raccontamelo tu, così saprò che è vero”.

Simon le stringe la mano. Non sa neppure da che parte cominciare. Ci sono tanti momenti che hanno condiviso di cui vorrebbe renderla partecipe, ma nella sua mente vorticano solo immagini spezzate che ritraggono sua sorella nelle circostanze più svariate. Tutte hanno un denominatore comune: River che sorride

“Eri...”

Si schiarisce la voce, scoprendola tremula, quasi sopraffatta dall'emozione.

“Eri la ragazza più speciale del mondo”, dice. River inclina leggermente il capo, lo guarda interessata. “Non stavi mai ferma un attimo. Ti piaceva ballare, non solo durante le tue lezioni di danza, ma anche a casa, per strada, nei corridoi della scuola. E neanche la tua mente stava ferma un attimo: non ricordo giorno in cui tu non avessi una domanda pronta sulle labbra. Ogni minuzia attirava la tua curiosità e avevi così voglia di imparare che facevi sempre domande a tutti”.

“E tu rispondevi sempre. Vero, Simon?”

Il tono di sua sorella è dolce, musicale. Lo fa sorridere, perché è così bello vederla stare bene, e lo è ancora di più sapendo di essere responsabile di quel benessere.

“Sì, ti rispondevo sempre. Anche se non sapevo le risposte, e me le dovevo inventare, perché credo che nessun bambino di sette anni sappia descrivere in maniera efficace una supernova... Eccetto te, ovvio”.

River ride. E' una risata veloce, che si spegne tanto in fretta quanto si è accesa, eppure basta a far sussultare il cuore di Simon. Sua sorella ride – ne è ancora capace, nonostante tutto quello che le hanno fatto.

“E, soprattutto, sorridevi, sorridevi sempre”, dice, cercando di tenere il tono della voce fermo, nonostante l'emozione.

Vorrei vederti sorridere più spesso, pensa, ma non dice nulla, perché non vuole incrinare quel momento di spensieratezza.

River si fa seria. Stringe gli occhi pensosa, concentrata su qualche concetto per lui inafferrabile.

“Simon” dice, poi. Lui le si fa più vicino, solerte. “Simon, sono ancora la ragazza più speciale del mondo?”

Simon sorride, nel notare gli occhi scuri della sorella fissarlo colmi di serietà.

“Certo che lo sei. Lo sarai per sempre”.

Le accarezza i capelli. River chiude gli occhi al passare della sua mano delicata, sulle labbra un accenno di sorriso.

“Ora riposa”.

Dopo averle augurato la buonanotte, Simon non si alza. Resta seduto a guardarla addormentarsi, con il respiro regolare e il viso rilassato.

E' sicuro che, almeno per quella notte, nessun incubo infesterà il sonno della sua sorellina.

   
 
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