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Autore: Christine23    09/08/2012    9 recensioni
C’erano momenti in cui Astoria si perdeva nei propri ricordi, ma, pian piano che il tempo passava, faceva sempre più fatica a ricordare come fosse se stessa prima di entrare nel labirinto.
Prima che arrivassero le voci a spingerla e chiuderla lì dentro.
In quel luogo le avevano portato via la bacchetta e la sua identità. Chi era Astoria Greengrass? Si sforzava di ricordare qualcosa di quella donna altera, bella e passionale, che una volta avrebbe potuto essere lei, senza successo; la sua mente le restituiva solo un’immagine sbiadita, dai contorni indefiniti, di questa.
Nei primi tempi si era domandata perché fosse in quella clinica, che cosa avesse fatto di male per meritare una punizione del genere; ben presto aveva smesso di chiederselo.
Era difficile credere che quella figura fatiscente avesse davvero avuto una vita prima, che fosse stata sana, un tempo.
Prima classificata al Contest “Welcome Home {Sanitarium}” di Sunflower Bright sul forum di Efp. Vincitrice del "Premio Sindrome" e "Premio Stile".
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Marcus Flint, Sorpresa | Coppie: Draco/Astoria
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nick Autore: Christine23 (forum); Labyrinthum (Efp)
TitoloLabyrinth of her mind
Sindrome scelta: Schizofrenia
Personaggi (ho utilizzato il pacchetto, aggiungendo un personaggio in più): Astoria Greengrass, Marcus FlittDraco Malfoy.
Genere: Drammatico, Mistero, Angst, Triste
Rating: Giallo
AvvertimentiOne-shot
Introduzione: C’erano momenti in cui Astoria si perdeva nei propri ricordi, ma, pian piano che il tempo passava, faceva sempre più fatica a ricordare come fosse se stessa prima di entrare nel labirinto.
Prima che arrivassero le voci a spingerla e chiuderla lì dentro.
 

 

 

Labyrinth Of  Her Mind


Fuori dalla finestra la pioggia cadeva, incessante, in una danza d'acqua e tuoni che riempiva l'animo di nostalgia.
Astoria lo sapeva bene. Da giorni non vedeva altro che pioggia dalla sua finestra, ad eccezione di qualche mago che usciva e riaccasava negli orari più disparati.
Quel giorno non era diverso dagli altri; Astoria era chiusa nella sua stanza, seduta al centro del proprio letto, inghiottita dal buio: non aveva ritenuto necessario accendere la lampada, perché la luce significava vita e, in quella camera, non c'era vita.
Fissava da ore un punto immaginario sul pavimento. Solamente il suono regolare del suo respiro, ogni tanto, le ricordava di essere viva, se davvero poteva definirsi vivo ciò che lei era.
Non parlava da mesi; ormai, stentava a ricordare che voce avesse, dimenticandosi persino come si componessero frasi e parole.
Il tempo lo trascorreva in quel modo; fissando il pavimento, oppure, nei momenti in cui si sentiva meglio, quando riusciva a trovare la forza di alzarsi dal letto, guardava fuori dalla finestra.
Soffermava lo sguardo sulle case del vicinato, fantasticando su quello che le persone stessero facendo al loro interno.
Non aveva mai rivolto parola a nessuno di loro, probabilmente non sapeva neppure come si chiamassero; però, il fatto che fossero esseri umani, reali, bastava a renderli terribilmente affascinanti ai suoi occhi. Talvolta, provava ad immaginare di essere uno di loro. 
Avrebbe volentieri scambiato se stessa per essere una qualunque
.
Erano quelle le poche cose che le consentivano di restare attaccata alla realtà, di non morire nel labirinto.
La sua pelle lattea, illuminata dai tenui raggi della luna, brillava sinistramente, accentuando la magrezza di quel corpo, che una volta era stato florido e in salute.
Una volta, tanto tempo fa.
Persino i suoi capelli, un tempo di un bellissimo nero corvino, adesso erano spenti, privi di ogni riflesso.
Astoria non sapeva che giorno fosse. Il tempo si era cristallizzato per lei.
Non usciva mai dalla sua stanza, neppure per mangiare; il cibo le veniva portato su un vassoio , insieme alle sue pillole – che aveva smesso di prendere da una settimana - da qualcuno del personale, ogni giorno, ma lei non lo aveva mai visto, lei non vedeva da tempo.
Era arrivata all'ultimo stadio della malattia, quello della catatonia e del mutismo, le avevano detto.
Prendeva qualche pezzo di pane per non far bruciare lo stomaco, ma niente di più: i sapori non destavano più il suo interesse. Un pezzo di pane o una torta al cioccolato non facevano nessuna differenza per lei.
C'erano momenti in cui Astoria si perdeva nei propri ricordi, ma, pian piano che il tempo passava, faceva sempre più fatica a ricordare come fosse prima di entrare nel labirinto.
Prima che arrivassero le voci a spingerla e chiuderla lì dentro.
In quel luogo le avevano portato via la bacchetta e la sua identità. Chi era Astoria Greengrass? Si sforzava di ricordare qualcosa di quella donna altera, bella e passionale, che una volta avrebbe potuto essere lei, senza successo; la sua mente le restituiva solo un'immagine sbiadita, dai contorni indefiniti, di questa.
Nei primi tempi si era domandata perché fosse in quella clinica, che cosa avesse fatto di male per meritare una punizione del genere; ben presto aveva smesso di chiederselo.
Era difficile credere che quella figura fatiscente avesse davvero avuto una vita prima, che fosse stata sana, un tempo.
Che avesse amato qualcuno talmente disperatamente da farle abbracciare il delirio.
La vita di Astoria era cambiata dall'oggi al domani, all'improvviso, senza pietà. 
Lei non era pazza. Si era solamente persa nel labirinto e non riusciva più a tornare a casa. Sapeva di non essere pazza, tuttavia c'erano volte in cui, quasi, lo credeva.
Non trovava l'uscita del labirinto.
Si era rassegnata a passeggiarci dentro, ponendo fine ad ogni tentativo di fuga.

«Sono state loro ad ordinarmelo. Lui mi ha tradita, sì, mi ha tradita. Dovevo farlo, sono stata costretta a farlo. Loro hanno ragione: andava fatto, non ho colpa» nei suoi occhi c'era la follia, buio all'interno delle orbite, che stavano sgranate, guardando qualcosa, senza vederla davvero.
Si aggirava nervosamente per il salotto, come un'anima in pena, con un misterioso ed inquietante furore nello sguardo.
 Come una matta.
Le voci le ordinavano quello che doveva fare, non aveva più il libero arbitrio; se le avessero chiesto di gettarsi da un ponte, lei l'avrebbe fatto, senza battere ciglio.
Astoria non sapeva quanto queste, che si erano improvvisate sue amiche, fossero pericolose. Erano diventate la sua guida, le uniche divinità in cui credere.
Astoria Greengrass si trovava nel limbo: la sottile linea che c'è tra realtà e finzione, tra verità e pazzia.
Il varco d'entrata del labirinto era aperto e aspettava solamente lei.
«
Chi? Chi è che ti ha tradita, Astoria?».
Draco
Malfoy era sull'orlo della disperazione. Era da un mese a quella parte che sua moglie urlava al vento parole senza senso, parole che lui si accaniva di capire.
Era divenuta paranoica, presa da maniacali ossessioni che avevano reso la loro vita un infinito tormento.
Un giorno, sussurrando febbricitante, col timore che qualcuno avesse potuto sentirla, gli aveva confidato che i loro Elfi Domestici avevano tentato di ucciderla.

In un altro, gli aveva giurato che erano state le posate riposte nella credenza a marchiarle la schiena con quei segni rossi.
«Marcus. Marcus Flitt». 
Aveva amato qualcuno talmente disperatamente da farle abbracciare il delirio. Ma quel qualcuno non era Draco Malfoy, suo marito.
Era trascorso un mese dalla morte di Marcus Flitt – quando Astoria si era persa per sempre.
La Gazzetta aveva riportato la notizia in prima pagina, e Astoria, quando l'aveva letta, era svenuta tra le braccia di Draco: deceduto in circostanze misteriose, avevano scritto.
Anche il cuore di un uomo innamorato, seppur tradito, continua a battere a causa di circostanze misteriose – crudeli.
Rassegnato, arrabbiato e inevitabilmente impotente.
Draco sapeva che il suo amore non sarebbe mai stato ricambiato. Nonostante lui avesse scoperto di amarla, col tempo, conoscendosi l'un l'altra, lo stesso non era accaduto alla donna.
Aveva amato e continuava ad amare un altro uomo. 
Il loro era stato un matrimonio combinato, voluto e ordinato dai loro genitori, secondo le usanze dei Purosangue.
Eppure, un giorno, Draco si era chiesto se, mescolare tutta quella purezza, non fosse pericoloso.
Astoria ne aveva pagato le conseguenze: matti si nasce, è questione di cromosomi.
Una catena lunghissima di sangue puro come aveva potuto generare una tale 
deformazione?

Due poli uguali non generano corrente. Questa è l'amara verità.

Era stata una cortese menzogna quella che voleva la nonna di Astoria morta per uno sfortunato incidente. Fatale ingenuità quella di confondere il sangue col veleno.
Astoria non sapeva che la sua discendenza fosse maledetta. Ben nascosta per anni, certo, ma la sua sciagura non aveva tardato molto a colpire anche lei.
Forse c'era una vena di pazzia nella sua famiglia e avevano aspettato che avesse toccato il fondo per lasciarglielo sospettare.
«Lui non ti ha mai tradita, Astoria» sussurrò Draco tra sé e sé, col tono di un peccatore, consapevole che lei non stesse ascoltando - lei non lo ascoltava da tempo - troppo presa dalle sue visioni, dalle sue allucinazioni ingannevoli.
Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è starci seduto vicino e sapere che non lo potrai avere mai.
Astoria sorrise alla parete che stava di fronte a lei, come se quella fosse stata una persona in carne e ossa.
 
«Marcus» sospirò lei, in tono affettuoso, accarezzando i mattoni.
Draco aveva scoperto di esser geloso di un fantasma.
Una sera, mentre dormiva, l'aveva sentita ridere, come non faceva da tempo.
Allora si era messo a sedere sul letto, con un sorriso sereno a solcargli il viso, che era svanito, quando si era reso conto che sua moglie stava baciando un fantasma.
Draco aveva pianto silenziosamente, premendo la guancia sul cuscino, quella notte.
Le lacrime bruciavano sul viso come gocce di limone.
Era sdraiato al suo fianco, ma sembrava non esistere per lei.
In quella stanza c'erano solo Astoria e il fantasma del suo amore perduto: non c'era posto per lui.
E se fosse entrato dentro la sua testa, uccidendo le voci, uccidendo il suo fantasma, ci sarebbe stato?
C'era stata un'altra notte in cui, invece, l'aveva sentita piangere in modo straziante.
«Ti ho ucciso! Ti ho ucciso! Perdonami, perdonami, amore mio!» aveva gridato, coprendosi gli occhi con le mani, schiacciata dal peso della colpa di cui si era macchiata.

At the time of my last pain 
I scream, so l can run away 
What I see in front of me 
Is only the reflection of my insanity


«Ci sono visite per te» un Guaritore entrò nella stanza di Astoria, interrompendo la conversazione che stavano tenendo le voci nella sua testa.
Astoria non si voltò a guardarlo; i suoi occhi erano dei baratri profondi, velati del nero più efferato, con lo sguardo fisso su ciò che c'era fuori dalla finestra.
I passi di qualcuno riecheggiarono sulla superficie del pavimento, facendo sobbalzare improvvisamente Astoria. 
«Marcus?» farfugliò con difficoltà, come se non ricordasse in che modo si parlasse, a causa dell'inutilizzo della voce.
«Ciao, tesoro» Draco poté scorgere la delusione nelle orbite vuote della moglie, che si volse di nuovo verso la finestra.
Quale atroce disperazione doveva provare un uomo per esser grato di aver letto finalmente un sentimento su quel viso, anche se di mera delusione.
Non parlava da tempo, quindi sentire la sua voce gli sembrò una cosa talmente sensazionale da poter cacciare via l'amarezza.
«Come stai oggi?» chiese Draco, stanco, andandole vicino e posandole sulla scarna guancia un delicato bacio, che lei nemmeno percepì.
«Non è venuto a trovarmi» protestò lei, col tono capriccioso di una bambina.
Draco strinse i pugni lungo i fianchi; si sentiva un debole, un patetico marito che aveva sopportato per anni la relazione extraconiugale della moglie senza dire una parola. In fondo, cosa avrebbe potuto dire? Lei era stata costretta a sposarlo, ciò non includeva che fosse anche costretta ad amarlo ed essergli fedele.
Eppure, lui l'amava. Come un elefante amava una farfalla.
«
Stai prendendo le medicine?» cercò di ignorare la sua rabbia, fingendo che tutto andasse bene.
Il suo cuore lacerato faceva meno male, se non si fermava a pensare.
I lividi sulle braccia di lei e i graffi sulle mani erano una risposta più che sufficiente.
Draco preferì essere cieco. Si sarebbe cavato gli occhi con le dita pur di non ammettere che fosse lei a farsi del male.
«
Ieri è stato qui, abbiamo parlato per ore» Astoria piegò le labbra fino a formare qualcosa che ricordava un sorriso.
Con le dita tracciava il percorso delle goccioline d'acqua che scivolavano sul vetro, lasciando dei piccoli serpenti immaginari sulla superficie, ormai impregnata di vapore acqueo.
Forse il fantasma era proprio lui, si disse Draco.
Invisibile, inesistente. Si trascinava sulla terra come uno di loro, in cerca di una pace che non sarebbe mai arrivata. Dannato per l'eternità.
Marcus Flitt, invece, era andato via da tempo. Il destino non l'aveva condannato a vagare sulla terra e a camminare tra la gente con la morte negli occhi.

Throwing me to the present 
Alone almost in despair 
My head throws itself against the 
Wall 
Making my blood flow free of me 
To be born again, it'll be a sad 
Destiny 
To seek death when it's inside of 
Myself 
I throw up trying to put it out 
I try to sleep sitting on the cold 
Ground


«Draco Malfoy è morto! È lui che è morto!».
Era morto, ma non per lei, chiaramente.
Astoria fece ruotare i suoi occhi vitrei verso di lui, con l'espressione di chi si era appena risvegliata da un coma profondo e aveva scoperto che tutte le sue certezze erano andate infrante.
Quando non prendeva le sue pillole, perdeva ogni barlume di lucidità - realtà. 
Quando non prendeva le sue pillole, non ricordava più niente.
Marcus era stato con lei la notte prima, avevano fatto l'amore e si erano promessi di non lasciarsi mai.
«Tu menti!» il suo urlo squarciò il silenzio della sera, coprendo lo scroscio della pioggia. 
Astoria s'avventò su Draco, con l'intenzione di ferirlo, posseduta dall'ira; il cuore dell'uomo sanguinò per l'ennesima volta.
«Sono io, sono vivo, sono reale, guardami, maledizione!» non si accorse di aver iniziato a piangere, mentre la implorava, trattenendole le braccia, che spingevano per colpirlo.
Astoria si dimenò, lo strattonò con tutte le sue forze, invocando il nome dell'uomo che amava.
«Non è vero!
Non può essere vero! Marcus! Marcus, dove sei?.

Reminders from the past 
Repulsion of the present 
Fear of the future 
Septic Schizo

E fu in quel momento che lo vide; poggiato di schiena al davanzale della finestra, con l'espressione contrita.
La sua essenza era fumosa, incorporea, ma, agli occhi di Astoria, appariva come un angelo.
La donna smise di lottare e, sorridendo di gioia, gli corse incontro, dimenticandosi di tutto il resto. 
Draco non poté che vedere, inerme, sua moglie correre verso il nulla e coprirsi il volto per non assistere a quella follia.
Dal suo cuore continuava a sgorgare sangue.
Astoria si arrestò con la mano in aria, nell'atto di accarezzare il viso di quello che per lei era Marcus; una mezza verità si prese improvvisamente gioco di lei.
«Mi hanno detto loro di ucciderti. Io non volevo!» piagnucolò, disperata, aggrappandosi alle sue mani – lei riusciva a sentirle lo stesso.
A Draco scappò un singhiozzo; fece di tutto per ricacciare indietro le lacrime, premendosi i palmi sugli occhi.
Marcus non le disse nulla, sul suo viso non c'era traccia di odio o rancore; l'accolse tra le sue braccia, cullandola come una bambina.
«Smettila di dirlo, smettila!» la supplicò Draco, stanco di sentirla delirare, logorato dal suo senso di impotenza.
Come ci si sente a non esser riconosciuto, a non esser ricordato, dalla persona che ami?
«Sono io Marcus! Sono io! Sono di fronte a te!» aggiunse poi, colpendosi il petto coi pugni.
Marcus Flitt era lì, di fronte a lei, vivo, ma lei non lo vedeva – non lo ricordava.
Da quando aveva cominciato a vederlo con il volto di Draco.
La raggiunse in poche falcate, facendo dissolvere in una nuvola argentea il fantasma del Marcus che lei aveva creato.
«
I tuoi genitori ti hanno obbligata a sposare Draco, ricordi? Ma tu amavi me, e un giorno abbiamo deciso di scappare insieme. Draco si suicidò poco dopo, quando apprese la notizia del nostro matrimonio» le raccontò, tentando di farle ricordare quello che aveva dimenticato da quando si era ammalata – dalla morte di Draco.
«
Tu sei Draco, non sei Marcus! Marcus è morto, sono stata io ad ucciderlo
E
l'aveva ucciso davvero. Nella sua mente, nel suo cuore, lui era morto.
La condanna di aver accanto a te l'uomo che hai sempre amato e non poterlo più vedere. La punizione per aver provocato la morte di un altro uomo.
«
Sono io, guardami! Guardami, guardami, guardami ...» ripeteva Marcus col viso rigato di lacrime, scuotendola per le spalle.
Ma lei vedeva il viso di Draco, vedeva le lacrime di Draco.
Era intrappolata nel labirinto dei suoi sensi di colpa.
Intrappolata nella sua mente, che la puniva ogni giorno per quello che aveva fatto.
Un uomo sarebbe stato ancora vivo, se lei non l'avesse tradito.
La mente, qualcosa di misterioso. Studiata da sempre per comprenderne i segreti più nascosti. Ma mai capita a fondo.
«
L'ho ucciso io» soffiò Astoria nuovamente, ma col tono della verità.
Lasciò scivolare un dito sulla fredda superficie del vetro, come a voler accarezzare la pioggia. Un timido saluto alla sua più cara amica.
Le sarebbe dispiaciuto non vederla più. Tuttavia, era necessario dirle addio, perché finalmente aveva trovato l'uscita del labirinto.
Bisognava perdersi per trovarsi realmente?

***

Astoria sorrideva quando le persone si radunarono in cerchio intorno al suo corpo.

Stained by blood on the face 
I see that my life goes by in front of 
Me 
As an old movie. I feel not proud of 
Anything 
I've done 
I scorn myself with anguish

Sentiva le proprie ossa rotte, maciullate, stanche di vivere.
Si era sempre chiesta che sensazione fosse quella di volare; finalmente l'aveva provato sulla sua pelle.
Aveva spiccato il volo dalla sua finestra, come un angelo. E come un angelo era caduta sulla terra.
Marcus non aveva potuto far niente per fermarla; era volata via, all'improvviso.
Era corso di sotto, con la patetica convinzione di poterla afferrare, di poterla salvare.
Invece, non ce l'aveva fatta; non era riuscito a salvarla.
«
Astoria!Astoria! Amore mio, apri gli occhi! Ti prego, non lasciarmi!» il viso premuto sul suo petto, che ormai era freddo e umido di lacrime mischiate a pioggia.
«
Marcus» esalò lei, accarezzandogli i capelli.
L'aveva riconosciuto. Vedeva di nuovo il suo viso.
«
Sì. Sono io, sono qui, tesoro» il cuore di Marcus smise di sanguinare, per un singolo attimo.
«
Mi dispiace» tossì lei, senza più fiato.
Prima di spirare Astoria vide una mano fumosa tendersi verso di lei.
«Ti perdono».
Draco Malfoy l'aveva perdonata.

Il labirinto non c'era più.

Ora state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati.



Fine.

 

 

Questa storia fu scritta in occasione del Contest "Welcome Home {Sanitarium}" di Sunflower Bright sul forum di EFP, a cui si classificò prima, vincendo anche il "Premio Sindrome" e "Premio Stile".

 

 

Note e Citazioni:

-"Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è starci seduto vicino e sapere che non lo potrai avere mai." (Marquez);
-
"Ora state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati." (The Prestige);
-
La canzone che ho utilizzato è "Septic Schizo"dei Sepultura;
- "
Forse c'era una vena di pazzia nella sua famiglia e avevano aspettato che avesse toccato il fondo per lasciarglielo sospettare", frase ispirata a una citazione di Chuck Palahniuk.

 

 

 

I classificata Christine23; Labyrinth of her mind

Grammatica e Stile:19,6/ 20

Caratterizzazione dei personaggi:10/10

Descrizione sindrome:9,5/10

Gradimento personale: 10/10

Punti bonus:3

Totale 52,1/53

 

La schizofrenia è una delle malattie più 'affascinanti' - dal punto di vista dell'eziologia, dei sintomi, e del quadro completo-, ma anche una delle più difficili da inquadrare e da 'descrivere'; ci sono così tanti aspetti della malattia in sé, che non si riuscirebbe mai a trattarli tutti in maniera approfondita. Inoltre il pacchetto di per sé non era proprio semplice: i personaggi erano entrambi 'complicati' per motivi diversi, e si poteva rischiare di cadere nel tranello delle Mary-SueGary Stu, o nel delineare i loro caratteri come delle belle copie di altri personaggi della saga. Tutto questo è naturalmente un mio pensiero, e mi serve soltanto per entrare nel 'vivo' della tua valutazione.
Come al solito parto dalla grammatica e dallo stile: non ci sono errori eclatanti, proprio a voler fare la pignola - cosa che mi riesce bene con le storie altrui, e fin troppo poco con le mie, l'unico errore che ho riscontrato è uno spazio mancato fra un parola e l'altra; chiaramente un errore di distrazione, ma visto che l'ho contato anche per le altre, mi sembrava 'di parte' non farlo anche con te. E qualche ripetizione di troppo.  Per il resto lo stile è perfetto, consono al tipo di narrazione, e ricercato. Grazie al tuo modo di scrivere riesci a catturare la mente del lettore, che si ritrova catapultato nel labirinto schizofrenico della protagonista, ma di questo parlerò più approfonditamente nella voce 'gradimento personale'.
Ineccepibile è anche la caratterizzazione dei personaggi; Astoria persa nel suo mondo fantastico, diversa da ciò che si presume fosse stata prima dell'esordio della malattia, ma che conserva un barlume di lucidità, che la porta a voler essere normale, come quei vicini che osserva dalla finestra della sua camera. Astoria che pensa di aver commesso un omicidio, che si colpevolizza  per una morta che è avvenuta, ma che in fin dei conti non è del tutto colpa sua. Astoria che per non sopperire del tutto alla realtà dolorosa, si inventa un mondo tutto suo, dove un dolore quasi sopportabile, prende il posto di un altro che l'avrebbe uccisa del tutto. Marcus che l'ama, ma che non viene riconosciuto. Marcus che indossa i panni di un'altra persona, che forse ha odiato, diventando in alcune parti una sorta di vittima designata dalla stessa Astoria. Ed infine Draco, che si uccide perché tradito; forse non è una cosa 'totalmente' da Draco, paradossalmente ci vuole 'coraggio' per un gesto simile, e lui ha dimostrato più volte di non averne. Ma l'amore può cambiare le carte in tavola, e quindi un simile comportamento ci può stare, decisamente. Il gesto finale di Astoria, il perdono, e tutto il resto danno ancor più credibilità ai due protagonisti.
I vari personaggi sono descritti alla perfezione, non credo di aver nulla da dire di più.
La sindrome c'è, ed è così 'forte' da impigliare il lettore stesso in una sorta di anello 'schizofrenico'. L'unico appunto che ho da farti è che la schizofrenia catatonica non è la fase 'finale' della malattia, ma uno dei tanti sottotipi della malattia stessa; la fase 'finale' della malattia è quella residua, ovvero il paziente continua ad avere qualche strascico dovuto alla malattia, ma non ha quelle fasi 'acute' in cui i sintomi deliranti si fanno prevalenti. Questo è l'unico neo nella descrizione.
Forse l'avrai capito dal modo in cui ho parlato fino ad ora, ma la tua storia mi è piaciuta moltissimo, fin dal principio. L'utilizzo della canzone è perfetto, i personaggi sono perfetti, è tutto perfetto!
Come
dici tu alcuni punti sono rimasti in sospeso, ma credo che se avessi rivelato anche quelli la magia di fondo si sarebbe spenta. Hai rinchiuso il lettore in quello che molti chiamano 'anello simbiotico', che non è nient'altro che l'universo creato dal soggetto schizofrenico, che lentamente ingloba il resto della famiglia, dei suoi amici, ed anche dell'equipe ospedaliera in una sorta di realtà parallela dove nessuno sa cosa stia realmente succedendo, e cosa invece sia il frutto delle loro fantasie. Durante la lettura è un costante chiedersi cosa sia reale o meno; cosa sia solo il frutto della fantasia dei personaggi, e cosa stia accadendo realmente. Un labirinto nel labirinto, e scusami il parallelo, ma è come in quel vecchio film con David Bowie! Complimenti!

 

   
 
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