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Autore: Elena Waters    12/08/2012    9 recensioni
Liam e Karen si conoscono da tre anni, sono vicini di casa e vanno a scuola insieme. La loro amicizia sembra solidissima, tuttavia basta pochissimo a mettere in discussione tutto.
Avere dodici anni è strano; si inizia a crescere, si cerca di guardare oltre le apparenze e di capire, la consapevolezza di essersi sempre illusi si fa lentamente strada nell'anima. E se oltre le apparenze ci fosse solo disperazione?
2° classificata nel “Golden Friendship Contest” di VietnamGlam
5° classificata nel contest “Vecchie Storie” di Jo_gio17
Partecipante al contest "Dentro all'anima fino a farsi male" di S.Elric_
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In quei tre anni, Karen non ricordava di averlo mai visto piangere, né tantomeno si aspettava che l’avrebbe fatto per qualcosa di insignificante come un voto mediocre su un tema di italiano.
Guardando gli occhi lucidi di Liam, tutta la classe era restata ammutolita. Lei stessa aveva trattenuto il fiato per un po’, almeno fino a quando la professoressa non aveva freddamente invitato il ragazzo ad andare a lavarsi la faccia. Al delicato suono della porta che si chiudeva era stato come se l’intera classe, compresa la professoressa, avesse tirato un respiro di sollievo. Karen si vergognava intimamente della figura patetica che il suo migliore amico aveva fatto davanti a tutti, ma si era sentita pervadere lo stesso da un’ondata di disprezzo quando aveva sentito due ragazze dietro al suo banco parlottare tra loro e ridacchiare sommessamente di qualcosa che lei non era riuscita a comprendere, ma che certamente riguardava lui.
La professoressa aveva fatto finta di niente e aveva continuato a chiamare alla cattedra un ragazzo alla volta per dare spiegazioni sul voto assegnato, ora con una nota di dispiacere nella voce che Karen aveva pensato di essere stata l’unica a cogliere.
Aveva aspettato con il cuore in gola che il ragazzo tornasse in classe, tentando con tutte le sue forze di resistere alla tentazione di chiedere alla professoressa se poteva andarlo a cercare, convinta che questa richiesta sarebbe stata presa come una scusa per perdere tempo. Aveva guardato il voto sul suo tema - un otto e mezzo scritto con una matita blu - e se n’era vergognata tantissimo, sapendo che Liam avrebbe pensato che lei non potesse capire.
"Christian, vai a vedere perché Liam ci mette tanto.”
Aveva chiesto la professoressa a un ragazzo del primo banco, rimettendo distrattamente i temi a posto.
Christian si era alzato lentamente, con un sorrisetto beffardo stampato sulla faccia, e si era avviato verso la porta.
Karen non aveva avuto il coraggio di proporre di andare lei e adesso sapeva che Liam non gliel’avrebbe mai perdonato.
Non sapeva esattamente cosa fosse successo, cosa Christian avesse detto a Liam in quei pochi minuti,  fatto stava che la bidella li aveva riportati in classe dopo averli visti mentre si azzuffavano nel corridoio.
Guardava esterrefatta Liam tamponarsi il labbro spaccato con aria colpevole, mentre Christian affermava che era stato lui il primo ad alzare le mani. Liam non aveva replicato.
Alla fine della giornata era tornato a casa senza dirle niente, rivolgendole un unico sguardo carico di disapprovazione, di tristezza, di lacrime che minacciavano di cadere di nuovo.
Seduta sulle scalette polverose del suo giardino, con lo sguardo perso tra i rami spogli che si tendevano verso la pallida luce del sole di novembre, Karen tentava ancora di trovare una spiegazione a quel comportamento assurdo, senza riuscirci.
Decise di cercarlo a casa. Forse stava ancora studiando - Karen sperò che fosse così - o forse sua madre aveva deciso di metterlo in punizione perché aveva saputo cos’era successo.
Suonò il campanello con il cuore che le martellava nel petto e pochi secondi dopo le aprì la madre di Liam. Aveva un’espressione che lei non le aveva mai visto in viso - Mary era una donna allegra, piacevole, Karen non si aspettava che la guardasse in modo così freddo.
“Mi dispiace, ma Liam oggi non può uscire a giocare. È in punizione.”
Le disse la donna, cercando di mantenere un tono gentile, ma Karen capì che quel tremolio nella sua voce non era altro che la voglia di urlare, di sbatterle la porta in faccia, di dirle che Liam l’aveva delusa sotto tutti i fronti e che anche lei, per qualche motivo che nessuna delle due riusciva a spiegarsi, aveva colpa di questo. Karen, con uno sforzo immane, riuscì a mantenersi calma. Rispose semplicemente che non faceva nulla, che magari più tardi gli avrebbe mandato un messaggio e fece per andarsene, non prima di aver rivolto una fugace occhiata alla pianta che si arrampicava su un lato dell’edificio che si trovava accanto alla casa di Liam.
Da piccola vedeva quei grandi fiori arancioni e ne restava estasiata, chiedendosi come facessero le persone a vivere con quelle piante enormi che riempivano loro la casa tanto da essere costrette a cercarsi dello spazio anche fuori. Soltanto adesso capiva, anche se una parte di lei l’aveva sempre saputo, che quei fiori arancioni non spuntavano dalle finestre e che non erano affatto di intralcio per gli abitanti dell’edificio, dal momento che si aggrappavano semplicemente alla facciata esterna, permettendo alle mura nascoste di sgretolarsi e marcire in pace.
La sua mente tornò a tre anni prima, quando si era appena trasferita nella casa in cui viveva adesso. Era un tiepido pomeriggio di fine maggio e lei non aveva ancora compiuto nove anni.
Mary aveva visto sua madre che ritirava le lenzuola pulite dal giardino e, senza neanche pensarci - o almeno così era sembrato a Karen in quel momento - si era offerta di aiutarla. Che cosa ci fosse stato di davvero diverso quel giorno, nell’aria, Karen non avrebbe saputo dirlo. Probabilmente si trattava della brezza che profumava di limone sollevata dalle lenzuola immacolate, della luce del sole di maggio che illuminava il viso delle due donne e il prato appena tagliato.
Poi era arrivato Liam. Aveva la sua stessa età, la stessa magrezza impressionante propria solo dei bambini, due occhi nerissimi. La sua pelle era di un colore che ricordava a Karen i bastoncini di cannella che sua madre usava per decorare la tavola il giorno di Natale, o che lei stessa, ridotti in polvere, lasciava sciogliere nel tè. Le era quasi sembrato di sentirlo anche in quel momento, un leggero odore di cannella. Poi era svanito, come sono destinate a svanire tutte le illusioni.

***

Era passato più di un mese da quella tiepida giornata di novembre e nessuno parlava più della scenata che Liam aveva fatto per quel quattro e mezzo sul tema di italiano. A nessuno interessava più, nessuno sembrava notare come quell’esperienza l’avesse segnato, distruggendo dalle fondamenta ogni sua convinzione.
Non sapeva nemmeno lui, esattamente, che cosa fosse riuscito a ferirlo così tanto. Si vergognava, si vergognava come non gli era mai capitato in vita sua, e non gli importava quale fosse l’opinione che avevano gli altri di lui, né del fatto che nessuno lo considerasse colpevole di quella scazzottata nel corridoio, dal momento che erano state le parole di Christian a provocargli una reazione così violenta. Era un po’ di tempo che provava a riappacificarsi con Karen, ma non era mai riuscito a parlarle davvero. Sembrava che nemmeno lei si interessasse dell’accaduto, che avesse persino dimenticato il giorno in cui Mary le aveva praticamente sbattuto la porta in faccia. Sembrava che si fosse fatta una ragione dei giorni in cui Liam -anche non essendo più in punizione - l’aveva evitata, che ci avesse messo una pietra sopra, che l’avesse considerati un invito a capire che quell’amicizia non era stata che un’illusione, un effimero, qualcosa che sarebbe svanito senza lasciare traccia.
Liam non aveva il coraggio di esporsi e chiederle esplicitamente scusa, di farle capire che si trattava soltanto di un momento che sarebbe passato e a Karen la situazione sembrava già definita, quando in realtà di definito non c’era praticamente nulla, così quella decisione sarebbe passata al tempo, al silenzio, alle loro vite che sarebbero cambiate completamente senza il loro consenso né la loro piena consapevolezza.
Soltanto successivamente Liam avrebbe capito che sarebbe bastato un po’ di coraggio a salvare entrambi e che, nonostante tutto, nonostante la vigliaccheria da cui si era lasciato sopraffare, niente avrebbe potuto spezzare un legame così forte, nemmeno la freddezza che ostentavano entrambi.
Arrivarono le vacanze di Natale, poi la neve che entrambi avevano guardato scendere silenziosa nei propri giardini.
Il 28 dicembre, Liam decise finalmente di andare a suonare alla porta di Karen. Ascoltando i consigli di sua madre, indossò un cappellino e una sciarpa di lana e si fece prestare da suo fratello Alex dei guanti impermeabili, nel caso Karen avesse accettato di scendere per una battaglia a palle di neve.
Guardò i suoi scarponcini affondare nella spessa coltre di neve fino ad arrivare davanti alla casa di lei. Vedendo le tendine chiuse, seppe prima ancora di suonare il campanello che non gli avrebbe aperto nessuno. Aveva anche notato il fatto che mancava una delle automobili, quindi dovevano essere usciti. Aspettò ancora qualche istante, prima di voltarsi verso casa sua, sentendosi più afflitto e pesante che mai. Salì immediatamente in camera sua, dopo aver detto a Mary che Karen non era in casa. La donna, intenta a preparare il dolce per una cena con alcuni amici, non ebbe nemmeno occasione di vedere l’espressione accigliata del ragazzino.
Liam salì in camera sua in calzini, ansioso di mettersi addosso qualcosa di più comodo dei pantaloni della tuta da sci. Si annoiava da morire e l’unica cosa che gli venne in mente di fare fu iniziare i compiti delle vacanze. Scelse di partire dagli esercizi di matematica, che risultandogli meno impegnativi dell’analisi logica o dei brani di inglese da tradurre permettevano alla sua mente di fantasticare su cosa avrebbe fatto se Karen fosse stata in casa. Probabilmente non sarebbero stati ancora stanchi di rincorrersi in mezzo alla neve e non sarebbe stato nemmeno così freddo da spingere Christine, la madre di Karen, a temere che si prendessero una bronchite che li avrebbe costretti a letto per giorni. Così sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che dovessero risalire a casa di Karen, lasciare gli scarponcini bagnati in un angolo e sedersi davanti a una tazza di tè fumante, alla quale sapeva che Karen avrebbe aggiunto un po’ di cannella.

***

Karen appoggiò stancamente la testa al finestrino, lasciando che le immagini recenti le attraversassero la mente. I locali che traboccavano di gente, l’esaltazione quasi palpabile che tremolava su quei volti illuminati dalla luce giallastra delle lampade, le voci che si fondevano una nell’altra fino a creare un frastuono indefinibile, quasi inumano, dal quale ogni tanto emergeva qualche frase apparentemente senza significato. L’aria era gelida nella macchina con l’aria condizionata al minimo, ma queste immagini riuscivano a scaldarle il sangue, a farla arrossire senza ragione. Forse perché sapeva che si sarebbe ritrovata esattamente come quegli sconosciuti, che avrebbe riso e gridato e barcollato anche lei nella pallida luce della luna, con le gambe rese insensibili dall’alcool, dalla stanchezza o da entrambi.
Karen si rese davvero conto soltanto in quel momento che non avrebbe avuto per sempre dodici anni, che sarebbe cresciuta esattamente come quella marea di ragazzi che aveva visto, che anche lei avrebbe cercato delle braccia tra cui potersi gettare.
Al sollevarsi improvviso di una brezza che sapeva di aghi di pino bagnati, Karen si era sentita come se il suo cuore pulsasse a vuoto. Un’immagine risalente a circa un anno prima le era sfilata davanti agli occhi increduli, incastrandosi da qualche parte dentro di lei.
Lei e Liam seduti nel suo salotto, gli scarponcini abbandonati in un angolo del corridoio in mezzo a una pozza di neve sciolta, il calore rassicurante della coperta di lana sulle sue braccia, la profumata tazza di tè che stringeva tra le dita. La luce di una candela che sfavillava negli scurissimi occhi di Liam, ora acquietandosi, ora riprendendo vigore con insistenza. Il sorriso incerto del ragazzo, che si era accorto di come lo stesse guardando, la sua espressione timida e stupita. Soltanto adesso quel particolare le tornava in mente, dopo che per tutto quel tempo l’aveva ignorato. Karen sentì qualcosa che si scindeva dalla sua anima, si allontanava per non fare più ritorno, scivolando via per sempre. E improvvisamente comprese.
Era sempre stata convinta che le cose finissero nel giro di un istante, che i tagli fossero netti e che la fine di un’amicizia fosse qualcosa di veloce e indolore e che dopo - se anche le fosse successa una cosa del genere - si sarebbe ritrovata senza esitazione con lo sguardo rivolto a un domani che si presentava come una magnifica speranza. Per lei tutto compariva dal nulla e nel nulla sprofondava alla fine; non contemplava ancora la possibilità di cambiare, di sgretolarsi lentamente, magari dietro l’ombra di un ricordo. Karen aveva visto per la prima volta il riflesso di questa realtà nello sguardo confuso di Liam, in quegli stessi occhi neri che aveva visto gonfiarsi di lacrime per una sciocchezza che aveva segnato la fine della loro amicizia. Quel sentimento, per la prima volta, le si era presentato in tutta la sua fragilità e si era rivelato qualcosa di instabile, ingestibile… perfino spaventoso. Liam si sentiva allo stesso modo, solo che ancora non era arrivato a capirlo, e per nessuna ragione avrebbe voluto farglielo capire lei. L’unico motivo per cui erano amici era il bisogno spasmodico che avevano l’uno dell’altra, anche non amandosi, anche non avendo la più pallida idea di cosa fosse veramente l’amore. Era bastato così poco a spezzare il loro legame, così poco!
E l’amore non era nulla di così fragile, giusto? L’amore durava per sempre, sopravviveva a qualsiasi cosa, non si lasciava certo intimidire dalle prime difficoltà, no?
I suoi occhi si riempirono di lacrime e la paura le paralizzò le gambe. I suoi genitori, distratti dalla locandina di uno spettacolo teatrale, se ne accorsero a stento. Ma Karen non lo dimenticò più.
La prima volta che si era sentita vacillare, la prima volta che una delle poche cose in cui ritenesse fosse giusto credere le si sgretolava tra le dita. Così si decise a non credere più in nulla, a non sforzarsi troppo per recuperare la sua amicizia con Liam, dal momento che avrebbe significato sentirsi così di nuovo. Non si accorse nemmeno di essersi addormentata, nella macchina che scivolava silenziosamente nella notte. Probabilmente aveva soltanto sognato di pensare queste cose, forse no, ma non aveva importanza. Karen aveva già deciso.







2° classificata nel contest “Golden Friendship Contest” di VietnamGlam



5° classificata nel contest “Vecchie Storie” di Jo_gio17 




   
 
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