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Autore: ShuraExorcist    13/08/2012    1 recensioni
Abraham è il figlio di due angeli, allevato da Padre Christoph, una notte una donna dai capelli biondi le viene in sogno, dicendogli di dare la caccia ai demoni. Abraham parla con padre Cristoph, e il povero padre capisce che per Abraham è arrivata l'ora di crescere da solo. In una notte, mentre di scontra con un bambino posseduto, incontra Ambra una ragazza egocentrica e scontrosa, proveniente da una famiglia di potenti esorcisti.
Lavoreranno insieme per dare la caccia ai demoni, ma tra i due non scorre buon sangue... finché la scoperta di una cruda verità e il piano dell'esercito di demoni pronto a massacrare tutto il mondo umano,costringe i due ad andare d'accordo e.. innamorarsi.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Salve a chi mi segue *si inchina* :)  In questo capitolo, comincio a far vedere un pò i personaggi principali della storia, avviso che nei prossimi capitoli come in questo renderò tutti partecipi facendo in modo che la storia non si concentri solo su Abraham, ma anche su gli altri e perché no anche sui demoni. Buona lettura :3








Capitolo 2.
L’alba dell’ultimo giorno
 

 
 
 

 




Abraham quella mattina si alzò presto per studiare. All’incirca dovevano essere le sei o le sei e trenta del mattino, quando decise di alzarsi. Era passato qualche giorno da quando quell’angelo, quelle fiamme, quell’orribile sogno tormentava le sue notti, ed ancora non aveva avuto il coraggio di decidere di partire.
Padre Cristoph continuava a pressarlo e più Abraham voleva riflettere, più si sentiva incapace di prendere una decisione. Così, rimase chiuso in camera sua, con la testa fra le mani a scontare la stanchezza provocata dalle sue notti tormentate.
Sbuffò, quel letto non gli era mai sembrato così comodo come quella mattina, ma si diresse verso la scrivania.
Assonnato, si sedette con gli occhi chiusi e un muso lungo, segno di chi non voleva saperne di affrontare la giornata.
Aprì il quaderno, cominciando distrattamente a trascrivere appunti da un grande libro alla sua sinistra. La penna tra le mani gli sembrava un masso pesante da sollevare con due dita. Era la volontà di studiare che gli mancava. La lettera che Padre Christoph gli fece leggere, l’aveva portata in camera. Era rimasta lì, tra la tazza verde piena di evidenziatori e la tazza grigia piena di penne blu e nere.
Gli diede un’occhiata superficiale, ma tornò a guardarla attentamente un istante dopo.
Gli tornarono in mente le fiamme alte attorno, quella collina.
Era un sogno troppo frequente per essere un semplice complesso che girovagava incessantemente nella sua testa.
Abraham sbatté una mano sul tavolo lanciando la penna in aria.
Uscì dalla stanza, con le mani in tasca. Nel corridoio del monastero, i suoi passi echeggiavano nel silenzio.
Sicuramente, Padre Cristoph e gli altri padri erano radunati nella chiesa per il vespro mattutino. Abraham decise di non disturbare nessuno e mettersi come sempre a guardare il sole sorgere dalla parte est del giardino.
Si rannicchiò con le ginocchia al petto, amava la solitudine. Abraham era sempre stato un tipo riservato, timido e introverso. Per quanto il suo aspetto attirasse parecchio le ragazze, lui era riuscito a far andare bene le cose solo tre anni prima per quasi un anno, con una compagna di scuola. Quando lo lasciò le disse che era un disastro e Abraham non le diede mai torto. Era un disastro in tutto, forse per questo preferiva non infierire in niente.
Qualsiasi cosa facesse, era destinata a finire nella spazzatura.
-Che idiota.- si disse.
 
 
Ambra era appena tornata, la sua casa era immersa nel silenzio. Le prime luci del mattino, illuminavano la piccola cucina e il lavello, dove vi erano i piatti sporchi della sera precedente ammassati l’uno sull’altro. Ogni parte del suo corpo le doleva. Non aveva neanche la forza di alzare le braccia per chiudere la porta di casa alle sue spalle.
I capelli lunghi e castani le ricadevano sulle spalle. L’orrore che aveva visto quella notte, traspariva dai suoi occhi sconvolti e glaciali. Si morse il labbro.
Aveva dovuto uccidere un essere umano. Era questo  il grande potere della sua famiglia?
Uccidere gli innocenti? Ambra ebbe una stretta al cuore. Fece scivolare la sua spada dietro il divano, il crocefisso lo ripose nella tasca dei jeans e andò dritta verso il frigorifero.
-Ben svegliata.-
La voce entusiasta di sua madre la fece sussultare, quasi da lanciare in aria il brik di succo di frutta alla mela verde.
-Ciao,mamma.-disse con un fil di voce.
-Duro lavoro stanotte.- le disse.
Non riusciva a capire come sua madre non notasse lo sgomento e l’orrore nel suo volto.
Non vedeva come guardava il vuoto davanti a sé? Forse loro erano più in gamba di lei, ma ne uccideva tanti ultimamente, troppi, non riusciva a salvarli, non riusciva a liberarli dai demoni che c’erano dentro ai loro corpi. Strinse il brik quasi da farlo esplodere.
-Ambra?- la chiamò sua madre.
Si avvicinò, stringendole le spalle. Ambra gemette un po’. Le ossa le scricchiolavano.
-Mamma, ho dovuto uccidere un pover’uomo indifeso.- disse, con orrore.
La madre di staccò da lei e si diresse verso la caffettiera e il contenitore del caffè.
-E’ il tuo lavoro, sei un’esorcista. Se non riesci a salvarlo devi ucciderlo e mi pare che ultimamente tu riesca più a uccidere che a salvare la gente.-
Nelle parole di sua madre, risaltava improvvisamente il sarcasmo acido che aveva sempre nei suoi confronti. Benché Ambra volesse un gran bene a sua madre, non sopportava il fatto che si rivolgesse a lei così. La faceva sentire una fallita, le diceva sempre che non era buona a nulla. L’unico dialogo che Ambra poteva avere con sua madre, era soltanto quando riusciva a combinare qualcosa di buono, evento che si ripeteva poche volte nel corso della sua vita. Sbuffò, annoiata.
-Io vado a dormire.-
-A dormire? Tu devi cercare l’angelo, Ambra. Se non vuoi essere spedita dall’altra parte del mondo, per quanto ancora tenti di infangare il nostro nome? Tuo padre non sopporterà ulteriori fallimenti da parte tua.-
Ambra chiuse il frigorifero, con violenza. Sentì sbattere le bottiglie di vetro all’interno, una contro l’altra e la guardò a pugni stretti.
-Mamma ho ventitré anni. Non sono una bambina né tantomeno felice di questo…- fece una pausa, per poi riprendere con sarcasmo il discorso:-Di questo gran nome che abbiamo.. volevo fare tante cose mamma, non volevo diventare…un’esorcista.-
Sua madre non si scompose. Rimase sempre glaciale, mescolando lo zucchero nel caffè.
-Che ti piaccia o no, sei una cacciatrice. Ti abituerai, come mi abituai anch’io.-
Ambra tagliò corto quella discussione. Afferrò la sua spada e salì al piano di sopra, nella sua stanza sbattendo la porta e facendo tremare qualsiasi cosa nella stanza.
Ambra era sempre stata dura, con tutti, con tutto. Estroversa, sicura di sé. Non aveva punti deboli, o forse il punto debole era proprio sé stessa. Non riusciva a prendersi cura di sé stessa, non riusciva a parlare con sé stessa. Il suo animo sembrava diviso in due parti che lottavano costantemente tra loro.
Ereditando il brutto carattere della madre –oltre al lavoro che facevano- era riuscita ad allontanare tutti dalla sua vita. Il suo lavoro di cacciatrice, o esorcista, aveva fatto allontanare tutte le persone che c’erano attorno a lei. Ambra aveva sempre quel dovere a chiamarla, quando si concedeva le serate con gli amici. Finché tutti decisero che Ambra doveva stare sola e anche Ambra decise di isolarsi.
Ora c’era la caccia all’angelo da completare. Dove doveva andare a cercare l’angelo?
Sentiva più presenze demoniache, che qualcosa di buono in giro.
Solo sangue, morte … apocalisse.
Gli Esorcisti avrebbero potuta bandirla e se i suoi genitori fossero stati costretti ad abbandonarla, Ambra doveva andar via a vivere sotto un ponte.
La vita da barbona, forse, era più sopportabile di quello scempio.
Si mise su un fianco stringendo la spada al petto. Squillò il telefono sul comodino.
Dannazione, pensò.
-Pronto?-
-Abby!- esclamò la voce squillante ed energica di Juliette.
Juliette, era la sua migliore amica, che viveva dall’altra parte del mondo ed anche lei conduceva la sua stessa vita.
-Ciao Juliette.-
Ambra era felice, felicissima di sentire la voce della sua migliore amica, tuttavia sembrava disturbata, non riuscendo a far uscire quel pizzico di felicità che rimaneva imprigionata nel suo cuore.
-Cos’hai? E’ da un po’ che non ci sentiamo, non vorrei che tu sia arrabbiata con me.-
-No,no di certo.. ho avuto un po’ di problemi stanotte. . .- fece una pausa, portandosi i capelli su una spalla . -come tutte le notti.-
-Ti ho chiamato perché ho sentito parlare di te in cattivo modo in questi giorni, mi chiedevo cosa stesse succedendo…-
Il tono di voce di Juliette era strano, sembrava fosse sul punto di piangere. Ambra si sentiva in torto, da un po’ di tempo si era dimenticata di lei.
Le altre Congreghe di Esorcisti evidentemente conoscevano Ambra come un’incapace e da buona amica, Juliette si era preoccupata e l’aveva chiamata.
A volte Ambra si chiedeva come potesse essere così svanita.
-Scusami, Juliette. Sono parecchio indaffarata e non riesco più a salvare nessuno.-
Dall’altro capo del telefono ci fu un attimo lungo di silenzio. Ambra ebbe l’impressione che anche Juliette la pensasse come gli altri. Poi parlò e Ambra tirò fuori un sospiro di sollievo.
-E’ dura anche qui, Ambra. Ci sono troppi demoni forti. Ecco perché ho cercato di difenderti. Trova in fretta l’angelo.-
-Non so dove si nasconda.-
-Ho delle informazioni.- sussurrò Juliette.
Ambra si chiese perché sussurrasse, ma in quel momento nel suo cuore apparve una piccola luce di speranza. Juliette era davvero grandiosa.
-Vive in un monastero fuori città.-
 
 
Il demone dagli occhi di ghiaccio,camminava per le fredde strade della città con il volto coperto. Non voleva far vedere quanto la sua cicatrice fosse profonda nel suo viso, tanto meno desiderava esporsi alla luce del giorno. Il suo  animo bramava divertimento, fame, sangue. Cercava qualcuno, qualcosa, voleva essere al centro dell’attenzione degli esorcisti e farli saltare fuori, uno dopo l’altro.
Il suo signore lo aveva avvertito: fai in modo che l’erede di Mikael ti senta.
Le mani gli tremavano e fu pervaso da un senso d’eccitazione che lo colpì nel profondo dell’anima, se ne avesse mai avuta una. Si leccò le labbra. La sua lunga lingua biforcuta era lunga fino al mento, sentì odore di sangue vivo e fresco nelle vicinanze.
-Non è ora di pranzo, Vladimir.-
Una voce alle sue spalle lo fece trasalire. La riconobbe.
-Ares.- mormorò.
Il demone di fronte a lui era alto, con un fisico robusto e forte. Le sue orecchie erano piene di piercing e i suoi occhi erano uguali a quelli dei felini,giallini, emanando la sua stessa luce accecante nella notte. I capelli invece erano ricci e gli ricadevano nella fronte.
-Siamo qui per cercare l’angelo, non per spassarcela.-
-Quanto cazzo sei noioso.-
Vladimir si alzò le maniche della felpa grigia,mostrando il suo tatuaggio a forma di serpente lungo il suo avambraccio, allungando le sue affilate unghie come gli artigli.
Nel viso di Ares apparve un sadico ghigno.
-Hai visto la donzella,laggiù.-
Ares indicò la donna davanti agli occhi di Vladimir. Qualcosa nel corpo di Vladimir cominciò a fremere, sentì la saliva scendere lungo la sua gola e la mandò giù deglutendo.
Ecco, cosa cercava.
-Possiamo cercare il moccioso dopo?-
Ares annuì. -Sbrigati.- gli disse.
Mentre Vladimir mangiava l’animo della donna, assorbendo di lei la linfa vitale, l’animo e il sangue Ares cominciò a sentire nell’aria qualcosa di diverso. Un forte potere si avvicinava, un corpo da prendere, una bella esca.
Una bambina castana e candida. Ares la vide avvicinarsi finché i loro sguardi si incontrarono. La bambina lo fissò, come ipnotizzata.
Si avvicinava, mentre gli occhi di Ares si illuminavano famelici.
Infine, anche Ares rubò l’anima della bambina, prendendo possesso del suo corpo della sua mente e di tutto quello che di buono e innocente ci fosse in una candida fanciulla.
 

 
 
  
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