Anime & Manga > X delle Clamp
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Autore: Wren    26/02/2007    3 recensioni
La fine del mondo non è mai avvenuta, è stata fermata prima che cancellasse Tokyo e la Terra. Ora la città sta risorgendo e Subaru la osserva dalla finestra buia della sua casa. (Scritta per il secondo concorso di True Colors)
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Subaru Sumeragi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Seas invite in the evening sun
Questa fic è per e di diverse persone, prima che mia.
Yan-Mazu mi ha fatto conoscere la bellissima canzone, fonte primaria della fic.
Li Wei mi ha ricordato, con la sua storia, quanto amassi Subaru e quanto fosse un personaggio splendido.
Harriet e i suoi nervi mi ha incoraggiata e sostenuta fino all’esaurimento perché la finissi per tempo. 
Shu perché è stata gentilissima e non si è minimamente arrabbiata anche se ho lasciato il thé in infusione per troppo
 tempo ed anzi me l’ha addirittura lasciato squeeeezzare! 
Il mio prof di Cinema mi ha fatto conoscere Resnais, un regista forse un po’ datato, ma che ha ispirato il titolo e lo
 spirito di questa storia (se ve lo state chiedendo... sì, questo conta come disclaimer! XD).
 
NOTA: La fic è post- serie. Dato che X non è finito, io immagino che finisca con un nulla di fatto per la distruzione del mondo… le Clamp non possono
 mica essere così stronze, no? XD
… O___O
 


 


 
#17. Tra le rovine

 
 
 
Tokyo mon amour
 
 
 
Seas invite in the evening sun
to light the somber abyss.
Clouds dance up with the heavens' stars,
chanting an air of joyous bliss.
 
Tokyo risorgeva.
Gigantesche macchine di metallo lucente lavoravano frenetiche attorno alle cicatrici del disastro, mentre il sole si accucciava
 dietro alla linea irregolare dei grattacieli. Nell’istante in cui la sua luce prese a dissolversi oltre l’orizzonte, la città si accese,
 come se per magia il giorno fosse stato imbrigliato e sparso in una miriade di frammenti di luce artificiale. In alcune zone la
 corrente elettrica ancora non era stata ripristinata, i danni alle strutture ancora troppo ingenti, e a chi avesse guardato il
 paesaggio dall’altro in quelle sere, Tokyo avrebbe dato l’impressione di un cielo stellato attraversato squarci di nubi scure.
Nonostante tutto la città risorgeva dalle proprie macerie, di case e di anime. Perché c’erano stati giorni in cui il sole non
 tramontava più e non lasciava più posto alla pacifica sera illuminata dall’elettricità, semplicemente perché aveva smesso di
 sorgere. Ora che i segni nel cemento di palazzi e strade cominciavano a riempirsi di altro cemento ed a sparire, la gente
 aveva iniziato a dimenticare. Si chiedevano se non fosse stato tutto il frutto di una strana allucinazione, perché certe cose
 sono troppo orribili per poter accadere davvero. 
La vita tornava a scorrere nelle vene di Tokyo ed era sfolgorante come lo era sempre stata.
 
Water fades back from blue to jade,
guiding young rainbows high.
Flowers bloom into red and whites,
quenching our hearts when they run dry.
 
Il ragazzo che portava il nome dei Sakurazukamori osservava dalla finestra buia dell’appartamento le rovine della sua città
 che si rimettevano in piedi.  Era stato uno dei primi fortunati ad ottenere di nuovo le comodità della vita civilizzata, avrebbe
 potuto accendere la luce , ma stava molto meglio così. Un puntino nero nella costellazione delle luci della città.
Sul golfo di Tokyo davanti a lui, i lavori di ricostruzione proseguivano, incuranti che la sera stesse scendendo. I potenti fari
 puntanti sul cantiere impedivano a chiunque di notare la differenza tra giorno e notte, mentre l’intensità dei loro raggi e il loro
 riverbero sull’acqua giungevano fino allo sciamano, rischiarando forse fin troppo la stanza in cui stava.
Era un ponte. O per meglio dire, lo era stato.
Prima che il cataclisma si abbattesse su Tokyo, era uno dei simboli della città, un gioiello irrinunciabile, tanto che ne era stata
 subito disposta l’immediata ricostruzione.  Sarebbe stato identico al suo predecessore, aveva sentito dire, forse addirittura più
 bello e grande.
Il Rainbow Bridge.
Il Sakurazukamori osservava le macchine sollevare cemento e ferro e modellarli ad immagine e somiglianza di ciò che il vecchio
 ponte era stato, ma non capiva. Non gli riusciva di dare un senso a tutto quell’affannarsi per cancellare dalla memoria del
 mondo le tracce di ciò che era stato.
Indietro non si può tornare.
Non importava con quanto impegno la città sarebbe stata ricostruita, né quanto presto sarebbe tornata ad assomigliare alla
 vecchia sé stessa. Alcune cose, le più importanti, non si potevano far tornare con altrettanta leggerezza e tanto bastava a
 rendere le cose completamente diverse. 
Tutti l’avevano visto.
Avevano visto le enormi macerie dei palazzi schiacciare le vite delle persone come se fossero state inermi formichine alla mercé
 di un bambino prepotente e capriccioso. 
Avevano visto i corpi sfigurati di chi era a stento sopravvissuto, chissà per cosa poi… 
E i loro volti… avevano visto lo sguardo vuoto di chi aveva perso tutto, anche la speranza.
Eppure non avevano visto nulla.
Non sapevano nulla, quindi non capivano nulla. E non avevano potuto veramente vedere.
Non importava quanto sforzo la gente ci avrebbe messo, la città, la loro città, si era spezzata e non poteva più essere quella di
 prima. Non ci sarebbe più stata quell’anziana signora a sorseggiare il thé in veranda, non il distinto dirigente che imprecava
 per il traffico, non la bambina che correva verso scuola perché la sveglia non era suonata e stava facendo davvero tardi. 
 loro né molti altri, troppi altri. 
Come poteva, chi era sopravvissuto, chiamare ancora quella nuova città con lo stesso nome?
Tokyo era morta e sepolta, come un ponte che era crollato sotto una pioggia di petali rosati. 
 
Angels chained by a beast locked in slumber.
Sin washed away by the swift flow of time.
 
Non l’avrebbe vista così, una volta.
Sarebbe stato commosso nell’assistere alla rinascita della città, grazie alle energie congiunte di così tante persone. Se si
 sforzava di ricordare poteva quasi sentirlo ancora, il tuffo al cuore che lo afferrava, quando era solo un ragazzino, ogni volta
 che gli pareva di scorgere il buono della gente venire in superficie e mostrarsi al mondo. Era quello che gli faceva amare Tokyo,
 ed in fondo non poteva proprio dire di aver mai smesso di amare quella città, nonostante il suo punto di vista fosse cambiato.
Tokyo, una volta, era per lui colorata e sgargiante, piena di vita e a volte troppo rumorosa, proprio come Hokuto. Quella Tokyo
 aveva un volto sorridente e misterioso, qualcosa che trasmetteva un vago senso di pericolo ed inspiegabilmente anche una
 tenera sicurezza, esattamente come Seishiro. Ed anche se un giorno aveva scoperto che la città poteva essere spietata,
 restava un luogo insostituibile a cui appartenere. 
Tokyo era stata tutto per lui.
Come poteva chiamare sua la città che si ricostruiva dalle ceneri della vecchia? Non era più un ragazzino, non voleva illudersi
 che quella sarebbe stata ancora Tokyo e che tutto sarebbe tornato come prima, perché l’ingenuità non è una virtù e si paga
 molto cara.
 
I may know the answers.
Journeys over snow and sand.
What twist in fate has brought us
to tread upon this land?
 
Sulle strade di un bell’asfalto scuro e nuovo alcune macchine sfrecciavano già attraverso il ponte, con le luci spalancate
 come gli occhi di un animale vispo e sveglio, e seguiti, probabilmente, da una musica indefinibile di cui si coglieva qualche
 nota se un esuberante guidatore teneva il finestrino abbassato.
Perché?
Ovunque posasse lo sguardo, c’era vita, speranza e voglia di ricominciare e lo sciamano non se ne capacitava. Sembrava il
 solo a  tenersi stretta la consapevolezza che le proprie persone care erano morte.
“E’ perché sei un musone!” lo rimbeccò Hokuto attraverso la voce dei ricordi.
Era veramente solo per questo? 
Quanti là fuori avevano passato quello che aveva passato lui e quanti sarebbero sopravvissuti al suo posto? Quanti avevano
 vissuto la sua vita, nato come Subaru Sumeragi, capofamiglia troppo giovane e troppo debole della più importante famiglia
 sciamanica del mondo, morto e rinato come Sakurazukamori il giorno che aveva ucciso il suo predecessore?
Il Sakurazukamori che aveva ucciso sua sorella e cambiato la sua vita, l’uomo che doveva odiare.
Seishiro, la persona a lui più cara, per quanto il ragazzo si odiasse per questo pensiero. Il motivo per cui aveva continuato ad
 amare Tokyo, al di là del dolore, delle perdite, di ogni cosa.
 
Blessed by light and the burden of shadow.
Souls abide to an endless desire.
 
Amare da morire.
Quante volte l’aveva sentito! Era una frase romantica, forse un po’ romanzesca, usata e ripetuta fino alla nausea, fino a
 renderla banale e priva di significato.
Si può davvero amare tanto da morirne?
Sicuramente si può arrivare ad amare fino ad uccidere.
Era ridicolo.
Aveva desiderato la morte per tanto tempo ed invece era stato Seishiro, la sola persona di cui gli fosse mai importato
 veramente, a morire.
Avrebbe dovuto odiarlo per questo. Se non per tutto il male che aveva fatto, almeno per quest’ultimo scherzo meschino ed
 egoista che gli aveva fatto, per quelle due parole che proprio in quel dannato momento gli aveva dovuto dire.
Per come aveva sorriso, tutto soddisfatto di sé, morendo.
Avrebbe davvero dovuto… voluto odiarlo.
 
I may know the answers
though one question I still hear.
What twist in fate has brought us
to roads that run so near?
 
Amore e Odio.
Vita e Morte.
Si era chiesto spesso se non sarebbe potuta andare diversamente, se si sarebbe ripetuto tutto quanto, in un altro mondo, in
 un’altra vita, ancora ed ancora.
Perché proprio loro? Perché in questo modo?
Se l’era chiesto troppe volte per non aver raccapezzato una risposta, ma non era piacevole, non gli dava pace accettarla.
Non poteva che andare così. Non poteva che essere lui ad incontrare Seishiro, quel giorno sotto il ciliegio. Lui era nato per
 Seishiro, lui soltanto, nessun altro.
Era triste e così assurdo che quasi gli venne da ridere.
Se le loro vite erano su questa terra per incrociarsi, perché doveva finire così?
 
Distant worlds together.
Miracles from realms beyond.
The lifelight burns inside me
to sing to you this song.
To sing with you this song.
To sing to you your song.

Tokyo continuava a riformarsi, imperterrita, cieca e sorda in un grande miracolo testardo di resurrezione e Subaru si sfiorò

inconsciamente l’occhio destro, che avrebbe dovuto sembrargli estraneo eppure era stato accettato come parte di lui con

una semplicità disarmante.

Se Seishiro era Tokyo, quella di un tempo, quella di prima, lui era questa nuova Tokyo, che aveva perso tutto ciò che aveva di

importante, ma che tentava comunque di non scomparire, di rimettersi in piedi appoggiandosi al poco che restava. Seishiro

non c’era più eppure in qualche modo sarebbe per sempre rimasto con lui, nell’occhio che gli aveva lasciato, nel nome che lui

aveva accettato.

Sotto la nuova Tokyo ci sarebbero sempre state le macerie della vecchia, accanto al cuore pulsante della città rinata, che

avrebbe battuto per entrambe.

To sing to you this song.
To sing with you this song.
To sing to you your song.

Distant Worlds

Izumi Masuda, Nobuo Uematsu

Chains of Promathia ending song (Final Fantasy XI)

  
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