L’assassina
del Club Flaubert
Watson
si mosse a disagio
all’ennesimo gemito che attraversò le pareti. Il
letto cigolò ambiguamente
sotto di lui, mentre parole che non avrebbe mai osato nemmeno pensare
seguivano
quei lamenti spingendolo a fissare la punta delle proprie scarpe con
crescente
ostinazione.
Holmes fumava la pipa appoggiato
contro il muro, lanciando di tanto in tanto un’occhiata
all’orologio o
sporgendosi nello spiraglio della porta. Sembrava non badare a quei
rumori,
anzi, per la verità pareva persino non udirli,
cosa che, se possibile, faceva innervosire Watson ancora di
più. Si allentò di
poco la cravatta resistendo all’impulso di toglierla come
aveva fatto col il
gilet ed arrotolando, invece, ulteriormente le maniche della camicia.
L’aria in
quella stanza era calda, soffocante, impregnata dell’odore
dolciastro dell’acqua
di colonia e del sesso. Se si toglieva l’elegante arredamento
e l’innegabile
gusto dei quadri, quello non era un bordello diverso dagli altri.
Un ultimo inequivocabile grido
ribadì la buona riuscita dell’incontro ed Holmes
lo accolse con un ghigno ed
una battuta che lo fece arrossire fino alla punta dei capelli. Si
alzò di
scatto, esasperato.
- Santo cielo, Holmes, mi vuole
dire cosa ci facciamo qui?! - sbottò, sperando che il suo
tono non tradisse
l’imbarazzo - È più di due ore che
aspettiamo in questa stanza e Dio solo sa
quanto io ne abbia abbastanza! -
Holmes lo guardò come se lo
vedesse per la prima volta.
- Mi pare più che chiaro, Watson,
stiamo risolvendo il caso del ladro-assassino di XXX- rispose tirando
una lungo
boccata di pipa.- E lo cerchiamo al Club
Flaubert? -
- Tutti gli indizi portano a
quest’unica ed inequivocabile soluzione, mio caro dottore. -
- Sappiamo solo che quattro
ricchi esponenti della borghesia, che peraltro non si conoscevano, sono
stati
ritrovati nel quartiere di XXX uccisi, pugnalati alla schiena e
derubati di
ogni oggetto di valore a poche vie di distanza l’uno
dall’altro. Sappiamo che
gli omicidi sono avvenuti a circa due o tre mesi di distanza
l’uno dall’altro e
solo ora son stati collegati. E sappiamo che l’assassino
è un uomo, un uomo,
Holmes! E un ladro.-
- Ma sappiamo anche che tutti
loro hanno frequentato il Club Flaubert. Questo non Le basta a mettere
insieme
i pezzi? -
- Mezza Londra lo frequenta,
praticamente chiunque possa permetterselo. -
- Ma solo alcuni possono vantare
il loro ultimo appuntamento in vita con Lady Isolde e questi sono i
nostri
defunti signori -
- E Lei come…? -
- Ho avuto il permesso si
sbirciare nel registro personale di Madame Bovary mentre fingevamo di
registrarci al bancone. Sapeva che saremmo venuti. Quando
l’ho informata del
caso, e della sua soluzione, ha deciso di permetterci accesso e
libertà
d’azione, a patto che le fornissi tutte le indicazioni
necessarie a farle
salvaguardare il club. Donna saggia, decisamente. E con un gran senso
degli
affari… Insomma, Watson, non si è chiesto come
mai nonostante l’aspetto
palesemente fuori luogo non ci siano state fatte domande ne chiesto
alcun
pagamento? Adesso per favore si sieda e La smetta di parlare ad alta
voce. Non
ci rimane molto tempo e c’è più di una
cosa che deve sapere. -
L’altro restò un attimo a
fissarlo in silenzio, indeciso se prenderlo a pugni o obbedirgli. Alla
fine
sospirò, tornando ad accomodarsi sul letto. Trovarsi
lì era la cosa più assurda
che gli fosse capitata.
Il Club Flaubert era uno dei più
conosciuti a Londra, ma anche dei più inaccessibili. Di
facciata, non era altro
che un club letterario, dove i gentiluomini londinesi più
abbienti potevano
trascorrere qualche serata a discutere di economia e di politica
lontano dal
popolo volgare, bevendo scotch servito da belle ragazze. Ma in
realtà c’era
molto di più. Per una somma più o meno alta,
ognuna delle ragazze poteva
diventare un’acuta compagna di conversazione o, al piano di
sopra, una compagna
di qualche ora. La mezzana, Madame Bovary, gestiva le sue ragazze con
la
migliore accortezza in modo che fossero pronte a sostenere qualunque
discorso
e, si sussurrava, qualunque fantasia dei suoi avventori. Ogni dettaglio
era ispirato
all’eleganza e alla moda più fine, perfino le
fanciulle avevano un nome d’arte
che richiamava alla letteratura o alla lirica. Solo i più
abbienti potevano
frequentare quel posto e non tutti potevano permettersi di trascorrere
più di
un’ora di conversazione con loro. Era un luogo unico.
- Posso almeno essere messo a
parte delle sue brillanti deduzioni? - chiese sarcastico.
Holmes parve non cogliere
l’ironia - Ma naturalmente - disse spegnendo la pipa.
- Per cominciare cosa l’ha
portata qui? - iniziò il dottore mentre lui si accomodava al
suo fianco, le
gambe accavallate e un sorrisetto irritante in faccia - E, secondo, sa
come
provarlo? Spero per Lei che la polizia sappia ciò che sta
facendo, perché se
qualcuno ci denunciasse saremmo… -
- Una questione per volta, Watson
- lo interruppe il detective - come le ho detto il tempo a nostra
disposizione
non è molto, quindi sarò breve. Da qualche tempo
mi ero convinto che sotto
questi assassinii ci fosse più che il semplice furto finito
in omicidio e non
mi ci è voluto molto per risalire a questo club
d’alto borgo. Ho scoperto che
ognuno di quei gentiluomini ne era un frequentatore e successivamente
che,
morendo, la loro consorte ha ereditato una somma più che
discreta. Così pochi
giorni fa mi sono travestito e presentato da ognuna delle signore ed ho
avuto
la conferma dei miei sospetti: sapevano delle frequentazioni del
marito. Il
quadro si è fatto ancora più chiaro quando Lei,
proprio l’altro giorno, mi ha
confermato che l’arma del delitto era la stessa in tutti i
corpi e che
l’aggressore doveva essere una persona forte, abituata a
trasportare pesi. Un
marinaio, con ogni probabilità! Le fibre di tela di sacco
che ho trovato
impigliate ad uno dei bottoni della vittima riesaminando i corpi hanno
tolto
quasi ogni dubbio. Mi è bastato parlare con Madame per
poterli fugare del
tutto. -
- Interessante, ma non mi ha
ancora detto cosa c’entra l’assassino con questo
posto. -
- L’assassina è Lady Isolde -
- Ma ha appena detto che era un…!
-
- Insieme a suo fratello. -
- Cosa?! Holmes la smetta coi
giochetti, questo è assurdo. -
- Au contraire, dottore.
È perfettamente logico e sequenziale, mi
troverei quasi ad ammirarlo nella sua semplicità, se non
avesse causato dei morti.
Partirò dal principio: ogni ragazza, come sa, serve ogni
sera ai tavoli finché
la sua presenza non è richiesta a un tavolo o in camera.
Ognuna di loro osserva
e cerca i clienti più ricchi da sedurre e di ciò
che guadagna una parte va a
Madame, un’altra la tiene per sé. Ma una di loro
si è fatta più furba e ha
capito che poteva avere di più, parecchio di più.
Watson, Lei sa quanto uno scandalo
possa mandare in rovina una famiglia? O, nello specifico, quanta
infamia
procuri alla moglie tradita? Ora provi a pensare che, un giorno, una di
queste
giovani bussi ad una casa e affermi che il marito è solito
frequentare il
bordello in cui lavora. All’inizio verrà
insultata, forse cacciata, ma alla
fine sarà inevitabile: la moglie vorrà delle
prove. E lei saprà dargliene.
Immagini per un secondo quanta rabbia possa seguire a quella scoperta.
Che fare
quindi? Far uscire la storia significherebbe uno scandalo e certamente
la
moglie finirebbe ripudiata dal marito furente, infamata a vita e forse
costretta a vivere di stenti… Ma la ragazza ha
già una soluzione: l’omicidio.
Sarà lei a sedurre e poi uccidere il marito, facendolo
sembrare un incidente, un
semplice furto andato storto. Per una somma cospicua,
vendicherà la moglie
tradita e le assicurerà gli agi
dell’eredità senza alcuna ritorsione. Quale
donna non accetterebbe? Ovviamente la nostra ragazza non è
sola. È lei ad
organizzare tutto, ma la mano che li uccide è quella del
fratello. È un
marinaio, probabilmente sbarcato qualche mese fa da una di quelle navi
francesi
attraccate nel porto. Esattamente poco prima che iniziassero gli
omicidi. Con
ogni probabilità ha un nascondiglio nella sua camera, guarda
caso la più vicina
all’uscita di servizio. Arrivato l’ospite, con la
sua complicità lo uccide per
poi liberarsi del cadavere attraverso l’uscita secondaria
usata dalle ragazze o
dagli avventori che non vogliono essere visti scendere dopo un
incontro. In
questo modo sono già riusciti ad accumulare una bella somma
e ho motivo di
credere che a breve tenteranno la fuga sulla stessa nave su cui lui
è arrivato.
Per questo dobbiamo fermarli stanotte. -
Watson lo fissava sorpreso e, suo
malgrado, sinceramente ammirato. Nonostante tutto quel tempo,
c’era sempre
qualcosa di sorprendente nel modo in cui Holmes metteva insieme i
pezzi, sommava
i dettagli e li ricuciva in un’unica trama innegabilmente
logica. Era qualcosa
di inspiegabile, affascinante, qualcosa a cui, malgrado tutto, sapeva
che non
sarebbe riuscito a rinunciare. Improvvisamente quel pensiero lo mise a
disagio.
Si affrettò ad annuire, tossendo
per dissimulare l’imbarazzo.
- Quindi come pensa di agire? -
Lo sguardo del detective si
illuminò, come se non aspettasse altro che quella domanda.
- Il piano è semplice, mio caro
Watson. Aspetteremo che Lady Isolde, attualmente in servizio di sotto,
salga
col suo ultimo cliente. Le ho lasciato un biglietto, circa mezzora fa,
in cui
ho scritto che so tutto e voglio incontrarla per parlare del suo piano.
Appena
sarà entrata in camera io scenderò in sala
spacciandomi per un avventore e
quando tornerà lascerò che mi porti nelle sue
stanze. Fingerò di lasciarmi
sedurre e abbassare la guardia così che lei dia il segnale
al fratello per
uccidermi ed è allora che interverrà Lei,
dottore. -
- E in che modo? -
- Rimarrà appostato qui e quando
mi sentirà salire si accosterà alla porta e
terrà d’occhio la situazione
intervenendo al momento opportuno per aiutarmi ad incastrare quei due.
La
camera è esattamente di fronte alla nostra:
un’ottima base d’osservazione oltre
che un’eccellente copertura. Il fatto che il Club Flaubert
affitti anche
qualche stanza è un impareggiabile vantaggio per noi! Il
nostro arrivo non ha
dato nell’occhio e da qui possiamo attendere senza il
pericolo di essere
disturbati…e nel caso ci fingeremo due amanti. -
- C-che cosa?! - Watson lo fissò,
stralunato. Sapeva cosa davano l’impressione di essere, in
due in una stessa
camera – di un bordello per giunta! –, ma sentire
quelle ultime parole
pronunciate quasi con naturalezza gli avevano stretto lo stomaco.
- Ma come può anche solo insinuare
una possibilità del genere! - gridò, alzandosi di
scatto - Sa cosa
accadrebbe se qualcuno interpretasse
davvero male questa situazione e ci denunciasse? Sa cosa succede a chi
viene
sospettato di… -
- Non si scaldi, so benissimo che
è un rischio. Ma la polizia è già
stata informata. Sanno
che siamo qui e faranno irruzione verso
mezzanotte, in tempo per arrestare i due colpevoli. Ho promesso che
avrei dato
loro il ladro-assassino di XXX senza che muovessero un dito se non per
raccogliere la gloria finale, come sempre. E questo club non
è la prima volta
che ospita uomini a quanto pare, non ha di che preoccuparsi. -
- Non ho di che preoccuparmi? Lei
sa pensare solo a se stesso o ai suoi casi! Mi ha trascinato qui senza
dirmi
nulla e ora addirittura se ne esce con la possibilità che
noi ci fingiamo… -
non riuscì a dire la parola e si trovò ad
annaspare qualche secondo prima di
riprendere - Se Mary sospettasse anche per un solo secondo cosa sto
facendo non
mi rivolgerebbe più la parola. O peggio se lo scoprisse
qualcun altro, la mia
carriera sarebbe compromessa per sempre. Se il suo piano non
funziona… -
- Quante volte? - chiese
all’improvviso.
Watson si bloccò, restando
interdetto. - …cosa? -
Holmes lo guardava serio, le
iridi scure puntate su di lui con una fermezza che lo scosse. Sembravano terribilmente
profonde e, per un
attimo, temette di caderci dentro.
- Le ho chiesto quante volte -
ripeté lui, pacato. - Quante volte un mio piano non ha
funzionato? Quante volte
l’ho coinvolta senza davvero sapere che ne saremmo usciti,
secondo Lei? Mi
ritiene così privo di scrupoli? -
L’altro rimase fermo, colpito dal
tono così grave e in qualche modo ferito del proprio
compagno. Stava per
rispondere quando una porta in corridoio si aprì. Sentirono
distintamente un
uomo, sicuramente un po’ brillo, lanciare un complimento
osceno alla propria
accompagnatrice e quella indicargli senza troppe cerimonie la porta in
fondo al
corridoio da cui accedere alla scala di servizio. L’uomo si
avviò con passo
incerto, sostenendosi al muro ogni tanto. Lo sentirono avvicinarsi,
forse
troppo, e poi la ragazza gridargli ‘Non
quella porta, quella dopo!’. Si fissarono
terrorizzati, senza avere il
tempo di dir nulla, mentre una mano sbatteva contro il legno della
porta
cercando la maniglia. Fu un istante.
La maniglia si abbassò e Holmes
afferrò Watson per la cravatta attirandolo sopra di
sé con forza, cadendo entrambi
sul letto mentre la porta si apriva e lui gli serrava le labbra con le
proprie.
Fu qualcosa di completamente
inaspettato, la paura e subito dopo il trovarsi l’uno contro
l’altro. L’uomo
fece un passo in avanti, ancora ignaro dell’errore e Watson
si divincolò
impulsivamente, ma Holmes trattenne. Lo sentì cedere contro
le proprie labbra e
d’istinto approfondì il contatto, ignorando tutto
ciò che non fosse il compagno
sopra di sé. Watson sentì appena il verso
sbigottito dell’avventore sulla porta
e le sue sciocche scuse prima di fuggire, troppo preso dal modo in cui
il suo
corpo si era teso rispondendo istintivamente al quel bacio come se lo
aspettasse, al modo in cui sentiva il sangue andare alla testa e poi
scendere
giù in basso. La porta si richiuse dietro di loro con un
tonfo sordo, ma
nessuno dei due vi badò. Si staccarono qualche secondo dopo,
ansimanti, il
corpo che pretendeva aria e il cuore che batteva
all’impazzata.
Il detective allentò la presa
sulla cravatta, cercando i suoi occhi, e Watson fremette quando si
incontrarono. Distolse immediatamente lo sguardo, scostandosi.
Si alzò in piedi cercando di
ricomporsi, ma ogni movimento gli pareva legnoso e innaturale:
stentò a
riconoscersi.
- Lei…è impazzito! C-che cosa Le
è preso? - gridò - Si rende conto di quello che
ha appena fatto? -
Holmes si sedette, guardandolo
con una calma tradita solo dai capelli scompigliati e dal leggero
ansimare - Ci
ho appena salvati entrambi, mi sembra. -
- Salvati entrambi? Un uomo è
appena entrato nella nostra stanza e ha visto… -
- Cosa? Due uomini di schiena che
potevano essere chiunque, due uomini che i suoi occhi di ubriaco hanno
fatto
appena in tempo a mettere a fuoco prima che la sua sciocca pruderia
borghese lo
facesse scappare senza badare a nient’altro. Io ci ho
protetti, Watson che le
piaccia o no. E non pensavo che una cosa del genere l’avrebbe
sconvolta tanto.
-
Le ultime parole risuonarono in
un accento quasi doloroso, impossibile da non cogliere. Ma Watson non
voleva
ascoltarlo, non poteva: aveva bisogno di tutto il suo buon senso ora e
se
l’avesse di nuovo ascoltato, se l’avesse guardato
di nuovo forse non sarebbe
riuscito a recuperarlo.
- La smetta! La smetta, Holmes,
Lei non ha nessun diritto di dire una cosa del genere. Gioca con la mia
vita
come farebbe con la propria ed io ogni volta glielo permetto! Ma ora ha
passato
il segno io… -
In quel momento altri passi si
avvicinarono distintamente, facendolo ammutolire. Udirono una voce
delicata
parlare in tono sommesso e la porta di fronte alla loro aprirsi e
chiudersi.
Capirono immediatamente: Lady Isolde era entrata nella sua camera, era
il
momento di agire.
Calò un silenzio imbarazzato.
Improvvisamente sembrarono ricordare entrambi dove si trovavano e per
quale
motivo, come se quella parentesi avesse tolto loro la percezione del
mondo
esterno.
Holmes si alzò senza una parola.
Aggiustò le maniche della camicia, ri-indossò la
giacca aggiustando il
colletto, per poi passarsi rapidamente una mano tra i capelli. Si
diresse verso
la porta mettendosi in tasca la pipa. Solo allora si voltò
verso il suo
compagno.
- È evidente che al momento si
sente troppo compromesso per lavorare con me. Ma io ho un caso da
risolvere e
andrò fino in fondo. Anche senza di Lei, Watson. Se ha
bisogno sa dove trovare
le scale di servizio. - Sospirò, prima di aggiungere -
Ammetto che la facevo
meno ‘borghese’. La sua Mary deve averla istruita
davvero bene. -
Uscì, chiudendosi la porta alle
spalle. Qualunque cosa provasse, doveva lasciarsela dietro e tornare al
suo
lavoro. Imboccò le scale per il salone principale senza
voltarsi indietro;
finse solo di aggiustarsi il colletto e, per un secondo,
lasciò che le dita gli
accarezzassero le labbra.