Camminava lentamente arrancando nella neve, nel pieno centro di quel piccolo paesino ormai così terribilmente familiare. Sempre le solite persone, le solite facce, le solite voci, le solite storie. E quell'inverno, nonostante quello strato di pesante polvere bianca aveva mangiato ogni cosa, era per lui esattamente uguale agli ultimi diciassette trascorsi lì. Erano all'incirca le cinque del pomeriggio, la gente cominciava a ritirarsi nelle proprie case per evitare il freddo pungente. Lui invece amava uscire proprio a quell'ora, facendosi scudo con la sua pesante sciarpa, per osservare le persone frettolose che a passo svelto si preoccupavano di compiere in fretta le ultime commissioni. Amava scrutare tutti e cogliere i minimi particolari di ogni individuo, adorava immaginare ciò che magari stavano pensando in quel momento. Ma una cosa non sopportava: la frenesia di ogni loro movimento. Il mondo che lo circondava era costantemente di fretta, e lui non faceva altro che lasciarsi trascinare, vivendo passivamente la sua vita giorno per giorno, alla disperata ricerca di qualcosa di stabile, lento, sicuro, in quella velocità che lo stava risucchiando. E così stava facendo anche quel giorno. Si era spinto nella periferia, dove non era mai stato, ai confini con la città adiacente. Intento ad osservare una numerosa famiglia dall'altro lato della strada, non si accorse di una coppia di fidanzati che avanzavano verso di lui e che a loro volta in quel momento avevano gli occhi rivolti al cielo. Lo scontro fu quindi inevitabile: accortosi all'ultimo minuto, il ragazzo si spostò di scatto tentando di evitare i due che, ridendo, si scusarono e proseguirono per la loro strada. Ma lui, appunto nel tentativo di evitarli, inciampò nei suoi stessi piedi e andò a sbattere contro una vetrina di un negozio. Ridendo per la sua stessa goffaggine, si voltò per ritornare sui suoi passi e il suo sguardo distratto cadde all'interno di quella vetrina. Fu allora che lo vide. E quello fu l'inizio di tutto.