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Autore: Morgaine You    15/08/2012    2 recensioni
Vedi, a volte bisogna fare semplicemente ciò che si ama.
Avete presente quelle persone che riescono a cambiare le vite altrui con poche, semplici parole? Ecco, questa storia è dedicata a una di queste persone speciali.
Grazie Rossa, per avermi aperto gli occhi sul mio futuro.
Grazie, professoressa.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DAY BY DAY

“This is the Central Line Station for Ealing Broadway”
Immersa nei miei pensieri, quasi non mi ero accorta di essere arrivata alla mia fermata della metropolitana.
“Morgana, mi stai ascoltando?”
Una mano leggera mi scuoteva la spalla.
“Andiamo, ti sei addormentata? Hai due occhi tremendamente rossi”
Ginevra mi guardava con una faccia preoccupata.
“Non preoccuparti, ho solo bisogno di qualche ora di buon riposo”
Non era vero, ovviamente.
Avrei solo voluto prendere il treno successivo, raggiungere il centro di Londra e rifugiarmi tra i vasi antichi e i faraoni ammuffiti del British Museum.

Poche ore prima camminavo accanto a Ginevra, i Gazette che pompavano nelle cuffiette del suo Ipod, ad Hyde Park, nel cuore della capitale inglese.
Una pioggerellina di fine estate rendeva il prato di un verde particolarmente brillante.
Eravamo in vacanza-studio a Londra per due settimane.
Sapete, una di quelle semi gite organizzate dalle scuole fuori dai periodi di studio, dove si soggiorna presso una famiglia straniera.
La nostra scuola, un istituto commerciale a con vari indirizzi, era abbastanza rinomata per questo genere di viaggi.
Io frequentavo un corso che comprendeva tre lingue, ma per farmi partecipare la mia insegnante di inglese quasi mi ci aveva trascinato per i capelli.
Ero timida e insicura, mettetevi nei miei panni.
Mi sentivo come impotente di fronte a quel mondo che, intorno a me, continuava a cambiare; le mie forze, così almeno cedevo, non erano abbastanza per superare gli ostacoli lungo il mio percorso.
E l’ostacolo che mi si presentò davanti quel giorno sembrava essere il primo di una lunga serie.

Io e Ginevra, ferme su una vecchia panchina, parlavamo dell’anno scolastico che ci attendeva.
Io sarei andata in quarta, lei in terza, anche se avevamo la stessa età; un piccolo incidente di percorso può capitare a tutti, no?
Ci eravamo appena conosciute, ma ci intendevamo alla perfezione.
Era come se la mia vita fosse un puzzle, e lei una dei principali pezzi mancanti.
Avevo tante amiche, ma il rapporto che si era instaurato con lei in pochissimi giorni non aveva eguali
Non avevamo dunque alcun problema a confidarci l’una con l’altra.
In quel momento stavamo parlando …..di che parlavamo? Ah sì, dei nostri professori.
Mi raccontava della sua insegnante mezza matta di informatica, e io le rispondevo che non si potevano fare confronti con il pezzo d’antiquariato che avevo io per storia dell’arte.
Ridevamo a crepapelle.
Ognuno ha dei professori buffi, ma i nostri, chi li avrebbe mai battuti?
Ovviamente, però, ad alcuni eravamo anche affezionate.

Per quanto mi riguardava, ammiravo molto la mia professoressa di lettere (o semplicemente storia e italiano, come vi pare).
Aveva sempre una risposta a tutto; le sue spiegazioni, per quanto soporifere, erano comunque interessanti, e non potevano non entrarti in testa.
Insomma, mi trovavo bene, e non potevo lamentarmi.

A conversazione finita, la mia insegnante d’inglese, che ci aveva accompagnato in Inghilterra, si era avvicinata a noi senza che ce ne accorgessimo minimante.
“Morgana” disse lei, per richiamare la mia attenzione “ho ascoltato involontariamente quello che avete appena detto”
Io e Ginevra eravamo intanto diventate rosse fino alle punte dei capelli.
Dannazione, avevamo parlato alle spalle per chissà quanto tempo dei suoi colleghi, e non ce ne eravamo nemmeno accorte!
“Comunque, ho delle brutte notizie per te; mi dispiace, ma cambierai professoressa di lettere”
DIN DON DAAAAAAAAN.

Bene, benissimo, pensai.

Dovete sapere una cosa su di me.
Ho sempre odiato i cambiamenti, anche quelli di poca importanza.
Se mia madre cambiava shampoo andavo su tutte le furie.
Ma mi incazzavo veramente, eh.
Cambiare parrucchiera, non se ne parlava. Solo lei conosceva il tono di nero adatto per i miei capelli.
Quando poi ho dovuto cambiare dentista, non vi dico le scenate che ho fatto.
Ma non avevo scelta! Poverino, aveva anche 85 anni.
Insomma, per concludere, temevo che ad ogni cambiamento corrispondesse una rottura con un pezzo della mia vita.

Comunque, a quelle parole, scoppiai a piangere.
No, non, non sto scherzando.
Mi nascosi dietro un albero; non singhiozzai, mi limitai a fissare la strada oltre le siepi del parco dietro un velo di lacrime.
Non se ne accorse nessuno, fortunatamente, anche perché non avrei saputo dare alcuna spiegazione a quella crisi.


Ed eccoci tornati alla scena iniziale.
Scesa dalla metropolitana, le lacrime continuarono a scendere anche lungo il tragitto per tornare dalla famiglia che mi ospitava.
E ancora, nessuno se ne accorse, fortunatamente.
Potrà sembrarvi stupido, ma all’epoca ero veramente spaventata all’idea di cambiare quell’insegnate.
Non sapevo cosa aspettarmi.
Significava per me dover ricostruire dall’inizio un rapporto che mi era costato molto, ma che infine si era trasformato in fiducia reciproca e collaborazione.
Non l’ho mai raccontato a nessuno chiaramente, in quanto nessuno dei miei coetanei lo avrebbe potuto capire.
Nessuno di loro avrebbe compreso l’importanza che la figura dell’insegnante ricopriva per me.
Li vedevo più dei miei stessi genitori, che diamine.
Ero arrabbiata, e non avevo idea di come affrontare la situazione.

La settimana dopo tornammo in Italia.
Le lezioni erano cominciate già da una settimana, e quindi mi trovai catapultata in un universo già formato.
Quel lunedì, sedendomi nel mio banco(che avevano gentilmente riservato per me) provavo un senso si smarrimento totale; in effetti, era così ogni anno.
Le prime ore passavano sempre lente e noiose.
All’intervallo, il classico baccano mi aspettava fedele fuori dall’aula 8, la mia aula; così, avevo pensato di rimanermene comodamente in classe.
Sempre all’ultimo posto a destra nell’ultima fila, rigorosamente.
Non avevo nemmeno voglia di parlare con Ginevra,  per il semplice motivo che non avrei saputo dirle cosa mi passava per la testa.

Ad un tratto, qualcuno entrò nella mia aula; questa era vuota, a parte me.
Era un’insegnante, dedussi; teneva i libri sotto il braccio sinistro, mentre nella man destra reggeva il pesante registro rosso del nostro istituto.
Aveva i capelli rossi, un rosso troppo brillante per essere naturale, e un maglione viola a righe.
Portava degli occhiali rotondi; era esile e piccola di statura.
Un pacchetto di sigarette Camel le cadde dalla tasca.
Sembrava uno di quegli strani elfi di Babbo Natale appena arrivato dalla Finlandia con furore; mancava solo il sacco di tela pieno di pacchi dono.

Notando di non essere sola in classe, mi aveva sorriso.
“Buongiorno, tu devi essere Morgana; mi avevano informata che eri in vacanza studio. Io sono la tua nuova insegnante di italiano e storia”
Rimasi bloccata per qualche secondo.
Per una settimana intera mi ero torturata al pensiero di questo momento.
Ed era giunto in un attimo, inaspettatamente, e con un sorriso che non avevo previsto; quel sorriso avrebbe illuminato la notte più buia se avesse voluto.

Poi la riconobbi.
Qualcuno mi aveva spesso parlato di lei; in effetti, avevo una cugina di due anni più grande di me in quella stessa scuola, che ormai si era diplomata.
Era stata lei a raccontarmi della “Rossa”, così infatti era soprannominata la mia nuova professoressa, a causa del suo strano colore di capelli.
“Quella, o la si odia o la si ama” mi aveva detto Clarissa, mia cugina.
“E’ brava, nulla da dire, ma tante volte quasi le ho tirato un libro in testa”

Prima di allora, non ero mai venuta a contatto con lei.
“B-Buongiorno” fu l’unica cosa che ero riuscita a dire, dopo una pausa imbarazzata.
La campanella infine mi aveva salvata.
L’aula 8 si era intanto riempita di nuovo; la lezione con la nuova insegnante dai capelli color del fuoco era cominciata.
Storia, il Cinquecento spagnolo e i Conquistadores.

Eccoci ad un altro punto cruciale.
La Storia: materia tremendamente pesante per tutti; anche per molti di voi, lo so bene.
Ma cosa posso dire di me? Io l’ho sempre trovata appassionante.
Sì, è vero, senza di essa non capiremmo il presente e blablabla, ma quello che interessava a me era scoprire i pensieri e le paura di tutti i personaggi protagonisti degli eventi più celebri.
Avrei dato qualsiasi cosa per avere una macchina del tempo e incontrare Napoleone o Alessandro Magno, dico davvero.

La prima lezione non andò per nulla male.
Era davvero brava come si diceva nelle spiegazioni; nei suoi occhi riuscivo a cogliere delle scintille di entusiasmo che mai avevo visto nella mia carriera scolastica.
Quell’ora, ricordò, passò in un attimo, come un battito di ciglia.
Poi se ne andò, e io continuai a pensare a quel sorriso.

I mesi intanto passavano, e così le mie paure si scioglievano all’arrivo del tepore primaverile.
Era come se quella realtà in cui avevo sempre vissuto stesse cambiando radicalmente.
Lo studio non era un problema; mi impegnavo, e i risultati arrivavano.
Ma soprattutto mi dedicavo alle materie della Rossa, ovvero italiano e storia; non potevo farne a meno.
Lei riusciva a trasmettermi una tale passione alla conoscenza e alla cultura, che mi chiedevo come avevo fatto a vivere così superficialmente fino ad allora.
Sentivo poi, o meglio, pretendevo, di dover dare il massimo per non deluderla. Volevo, cercavo la sua approvazione.
Inizialmente si trattava solo di dare una buona impressione di me stessa, così da mantenere la mia fama da ottima studentessa; ma poi, andando avanti, si era creato come un legame speciale solamente tra me e lei.
Provava una certa simpatia per me; non davo problemi durante le lezioni, ma vedeva che mi interessavo a fondo alle sue spiegazioni.
E non era mai stato tutto così naturale per me.
Un giorno addirittura si complimentò con me per il mio modo di scrivere: era un esame su Ugo Foscolo; io non sapevo praticamente nulla sull’opera da sviluppare, eppure per qualche strana illuminazione divina riuscì a finire l’esame.

La barriera finale tra noi la superai quando ci consegnò la lista di libri da leggere durante l’estate seguente.
(Premetto che ho sempre adorato leggere, e ho trovato molto divertente e triste constatare che alcuni miei compagni non conoscessero autori come Victor Hugo o Italo Calvino).
Scoprì che io e la mia professoressa di lettera avevamo più o meno la passione per gli stessi libri, come “Orgoglio e Pregiudizio” e l’”Amleto”.
Queste sono ovviamente opere universalmente note, ma mi aveva fatto un gran piacere avere degli interessi in comune con lei oltre lo studio.
A volte mi spingevo durante le lezioni a fare dei commenti più approfonditi su di essi, e i miei amici trovavano il mio comportamento sfacciato; in realtà, non lo facevo per mettermi in luce o altro, ma solo per una reale curiosità.
Spesso le chiedevo anche consigli sulle letture, e grazie lei ancor oggi so come muovermi in una libreria.

Infine, era arrivato giugno.
Una comunicazione ci aveva avvisato che avremmo dovuto partecipare ad un incontro per una futura scelta della facoltà universitaria.
Quest’ incontro lo aveva proposto casualmente la Rossa, un mesetto prima.
Non avevo ancora le idee precise al riguardo, quindi partecipare sarebbe stato molto utile.
Al termine delle due ore di conferenza, mi ritrovai ad uscire per ultima dalla sala.
Sentii dei passi alle mie spalle, e quando mi girai mi ritrovai faccia a faccia con la mia professoressa di lettere.
“Allora, Morgana, cosa vorresti fare dopo la maturità?”
Rimasi interdetta; le parole morivano in gola.
Non avevo mai confidato a qualcuno i miei desideri; era come svelare un lato fragile di me, e i miei genitori non l’avevano presa bene quando gli dissi cosa avevo intenzione di fare dopo.
Per questo ero così restia a parlarne.
“Ecco, non ne sono molto sicura …vede, vorrei veramente iscrivermi alla facoltà di Storia, ma non credo sia una buona idea”
“E perché mai?” mi chiese, con un tono che mi ricordava vagamente gli abbracci di mia madre.
“Bhe..non so come spiegarglielo. La storia mi appassiona come mai nient’altro ha fatto, ma dopo? Io non voglio fare l’insegnante”
Lei allora mi guardò dubbiosa.
“Non che sia un brutto lavoro” mi affrettai a dire, arrossendo un poco “ ma vorrei fare altro. Ad esempio, scrivere. Scrivere delle grandi battagli, dei celebri imperatori e di tutto quello che imparerei!”
“E cosa te lo impedisce allora?”
“Ecco, ne ho parlato con i miei genitori qualche tempo fa. Non ci crederà, ma mio padre non mi ha rivolto la parola per due giorni interi. Trovava la mia idea alquanto stupida e insensata. Entrambi vogliono che io studi per trovare un lavoro che mi permetta solo di guadagnare denaro. Poco gli importa di quello che voglio io”
“Ho capito. Forse i tuoi genitori hanno un modo alquanto particolare per dimostrarti il loro affetto e la loro preoccupazione per te,  ma, vedi, a volte bisogna fare semplicemente ciò che si ama, e sono sicura che il tuo interesse è sincero”
Mi disse proprio così, il cuore in mano.
Non sapendo più cos’altro dire, le sorrisi, la ringrazia, e me ne andai.

Non dimenticherò mai le sue parole; i suoi genti e le sue espressioni mentre le diceva rivelavano una forte preoccupazione per me, e ne ero profondamente lusingata.

L’anno dopo, cambiai di nuovo professoressa, e non ebbi più occasione di parlare nuovamente con la Rossa.
A giugno dello scorso anno mi diplomai, e ora sono felicemente iscritta alla facoltà di Storia di Padova.
Mi trovo molto bene, e studiare non mi pesa affatto.
In tre anni dovrei concludere il mio percorso di studio senza particolari sforzi.
E dopo?
Dopo, mi chiedete.
Non so nemmeno io cosa succederà dopo.

Ma, se un giorno incontrerò ancora la mia insegnante di lettere di quarta, potrò solo dirle, dopo un lungo abbraccio, Grazie.

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Pronto pronto, Morgaine al microfono °-°
Grazie per aver speso il vostro prezioso tempo leggendo questa storia.
Vedete, è quasi tutta in parte autobiografica.
Purtroppo, non sono ancora iscritta a Storia, e l’anno prossimo mi aspetta la maturità *AIUTO*
Comunque, vorrei dedicare Day by Day alla mia professoressa di lettere (ndr, non si era capito Morgaine) che ammiro dal profondo del cuore e che non dimenticherò MAI.
Ah, Morgana ovviamente sono io, mentre Ginevra è la mia PatatinaH Jo Gates, che mi sopporta sempre e alla quale voglio un mondo di bene <3
Si, i nomi sono stati casualmente decisi separatamente, lol.
   
 
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