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Autore: FairyCleo    15/08/2012    5 recensioni
"Era tutto il giorno che l' intero enturage di servitori di re Uther e figlio faceva su e giù per il castello, lustrando persino i cardini delle porte delle segrete.
Camelot doveva prepararsi al meglio per accogliere in maniera egregia un ospite molto particolare".
Dal capitolo 5:
"Veloce come non mai, con il cuore che galoppava così forte da fargli quasi male, Artù era giunto davanti la porta della fredda cella dove era stato rinchiuso Merlino.
Il poveretto giaceva a terra, svenuto, rannicchiato su di un fianco, con le braccia incrociate sul petto, nascoste in parte dalle ginocchia ossute, e il viso affondato in esse.
Nonostante avesse rivolto la schiena verso il freddo muro di pietra, non era difficile immaginare in che condizioni fosse.
Sotto di lui, una pozza di liquido denso e scuro si stava allargando a vista d' occhio.
Se non fosse intervenuto all' istante, sarebbe morto dissanguato in quel posto infernale".
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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L’inizio della fine: l’alba di un nuovo giorno

Il principe Caspian era certo che non avrebbe mai più visto sorgere l'alba sulla sua amata Telmar, e non perché la vita lo avesse abbandonato, ma perché la sua prigionia sarebbe stata eterna, e sarebbe trascorsa nella più totale oscurità, quella maledetta oscurità a cui il suo mondo era stato condannato dall'uomo dal cuore nero e dal ragazzo che era stato l'amico più caro che avesse mai avuto in vita sua. Per un breve, fugace attimo, aveva creduto di poter porre fine al periodo di buio con l'aiuto di Artù e il sostegno di Aslan, colui che li aveva chiamati figli di Adamo e che aveva colmato i loro cuori di speranza. Ma di Aslan non c'era più alcuna traccia, ormai. Proprio come gli aveva raccontato il suo mentore da ragazzo, il grande leone dorato era apparso nel momento del bisogno, indirizzandoli sul giusto cammino e poi aveva lasciato tutto nelle loro mani, animando i loro cuori di sentimenti di giustizia e di amore. Eppure, quei sentimenti sembravano aver mano a mano lasciato posto allo sconforto e alla sconfitta. Caspian si era reso conto di aver lasciato andare Aslan, di aver rinnegato la promessa fatta con tanto ardore, ma proprio non era riuscito a fare altrimenti.
Artù e il suo esercito erano caduti sotto il controllo di un incantesimo potentissimo, Merlino era fuori gioco, distrutto dalla magia che aveva egli stesso eseguito, e l'unico compagno che gli era rimasto era stato catturato ed esposto come un trofeo dai due centauri. Come avrebbe potuto essere ancora una volta ottimista e speranzoso? Non si riteneva neppure degno di ricevere ancora l'aiuto di Aslan. L'aveva deluso, non aveva tenuto fede alla promessa fatta. Forse Artù aveva ragione: lui era davvero un traditore.
Miraz era il ritratto della soddisfazione. Il ghigno malefico sul suo viso era a dir poco spaventoso, e vederlo seduto sullo scranno, con ad un lato l'ombra di Mikael e dall'altra parte il povero principe Artù era un'immagine quasi surreale.
"Caro il mio Caspian... Che enorme dolore è vederti soffrire in questo modo! Colpito a morte dal tuo stesso fratello! Paradossale, non trovi?".
Il ragazzo, che riusciva appena a tenere gli occhi aperti, non aveva dato al perfido zio alcuna risposta. Cosa avrebbe potuto dirgli, dopotutto?
"Ma guarda un po' chi è venuto a trovarci!" - aveva aggiunto in seguito il re, gioendo maggiormente per ciò che vedevano i suoi occhi - "Il mago e la sua bella figlia dai capelli color del fuoco!".
Pochi istanti dopo, stretti dalla ferrea presa degli abitanti di Narnia, Giona e Clara erano stati trascinati nella sala, al cospetto del perfido Miraz e sotto lo sguardo stanco e atterrito del giovane Caspian.
"Lasciami! Lasciamo immediatamente!" - urlava la ragazza.
"Non toccatemi!" - le faceva eco suo padre.
Ma nessuno li stava ascoltando. Anzi, le loro urla non facevano altro che alimentare ancora di più l'odio da cui traeva forza la magia dell'ombra nera.
Incrociando lo sguardo ardente del mostro che li aveva catturati, le si era accapponata la pelle: non riusciva ancora a capacitarsi che quello un tempo fosse stato il suo tanto amato fratello.
"Miraz..." - aveva chiamato Caspian con tutto il fiato che aveva in gola, mentre cercava di rimettersi dritto - "Ti prego zio, in nome del legame di parentela che ci unisce, ti supplico di rendere loro la libertà. Ti hanno servito per anni, sono stati fedeli, abbia pietà di loro, te ne prego. Io resterò qui. Sarò il tuo schiavo, potrai fare di me quello che più ti darà piacere, ma per favore, se ancora nel tuo cuore alberga un po' di amore, risparmia loro questo supplizio".
L'accorato appello del giovane sovrano aveva commosso gli unici che erano ancora suoi alleati. Quanto leale sapeva essere quel ragazzo dai capelli corvini?
"Maestà..."- aveva sussurrato la giovane, guardandolo, e lasciando che le lacrime scivolassero ancora una volta sulle sue guance arrossate dalla rabbia.
"Che accorato discorso!" - aveva esclamato il re - "Sono quasi commosso dalle tue parole così sentite! Sei davvero un sentimentale, nipote... davvero!".
"Vi prego zio... Non prendetevi gioco di me...So che non siete così crudele come volete farci credere, so che avete un cuore, un cuore che ha amato molto, un tempo, anche se si trattava di un amore non corrisposto. Non potete averlo dimenticato zio, vi prego. Vi prego".
Ormai Caspian era allo stremo delle forze. Non sapeva neppure come aveva fatto a pronunciare quel discorso. Credeva ormai di non avere più molto tempo a sua disposizione prima di perdere i sensi, ormai.
"Caro nipote" - aveva esordito Miraz, alzandosi dal suo scranno con grande eleganza e raggiungendolo con grandi passi - "Come restare indifferente di fronte a tanta disperazione? Lasciate liberi il mago e sua figlia".
Non riuscivano a crederci: Miraz aveva dato ordine di liberare due su tre prigionieri. Possibile che avesse davvero dimostrato magnanimità?
"Giona e Clara sono stati preziosissimi per la realizzazione del mio astuto piano, e credo che si meritino un premio. Siete liberi. Uscite dal castello, e non tornate mai più qui".
"Ma...".
"Vuoi forse che ci ripensi, ragazzina? Credo di no, così come credo che ti convenga tacere".
A quel punto, Clara aveva preferito seguire il consiglio del mostro e tenere la bocca chiusa. L'idea di allontanarsi da Telmar e sembrava allo stesso tempo una sconfitta e un dono. Sapeva bene che non sarebbe mai più tornata indietro, e che una volta andata via non avrebbe mai più potuto fare niente per liberare suo fratello dalla maledizione e Telmar dal buio in cui era piombata. Tutti i suoi più cari amici erano ormai sotto il controllo di sua maestà l'immortale re Miraz, e non poteva fare niente per aiutarli. Aveva perso, e nel più crudele dei modi. Probabilmente, sarebbe stato meglio morire che subire un simile destino.
"Ma, prima che ve ne andiate, sarei felice di mostrarvi quale sarà invece la sorte del nostro giovanissimo amico. Centauri, venite avanti".
Con passo sicuro, le due possenti bestie di Narnia si erano portate dove gli era stato ordinato, fermandosi proprio a pochi metri dal re.
Marcus era a dir poco terrorizzato, ma stava cercando di fare tutto ciò che era in suo possesso per non farlo notare. Miraz lo osservava con crudeltà. Qualcosa suggeriva al ragazzo che a lui non sarebbe toccato lo stesso destino degli altri. Pochi istanti dopo, si era reso conto di aver perfettamente ragione.
"Tu sei fonte di guai, esattamente come tuo padre" - aveva sentenziato, acido più che mai - "Credevo di essermi sbarazzato di te, ma a quanto pare mi sbagliavo. Perbacco, sei coriaceo ragazzino!".
Era scoppiato in una crudele risata, facendo gelare il sangue nelle vene ai presenti che erano ancora coscienti del proprio corpo.
"Questa volta non commetterò lo stesso errore. Artù, mio nuovo generale, avvicinati e dimostra a questi traditori qual è la punizione che meritano!".
Clara, Marcus, Giona e Caspian avevano trattenuto il fiato. Non poteva essere, non poteva pronunciare quelle parole per davvero.
"Uccidi il ragazzo".

*

Ancora una volta, si era ritrovato a brancolare nel buio. Si era reso conto di non trovarsi a Telmar, ma piuttosto in una dimensione priva di spazio o tempo. Faceva molto freddo in quel luogo. La pelle era investita da getti di aria gelida, e i suoi denti non smettevano di tremare. Tenere gli occhi aperti sembrava impossibile, e persino respirare gli causava dolore. L'aria tagliente gelava i suoi polmoni stanchi e provati. Ai polsi portava ancora i segni della sua tremenda prigionia, e il sangue non smetteva di sgorgare. Ormai, il povero Merlino era convinto che avrebbe vagato in eterno nel buio, perché punizione più adatta per l'atrocità che aveva commesso non sarebbe mai esistita.
Aveva ucciso un uomo, e non per sbaglio o per difendersi, ma per accontentare la sete di potere di un mostro, e lo aveva fatto nel più crudele dei modi. Era stato costretto ad estrargli il cuore pulsante dal petto, si era macchiato le mani con il suo sangue. Dei, non avrebbe mai dimenticato l'urlo terribile che aveva squarciato l'aria. Lo avrebbe tormentato in eterno, ricordandogli in ogni istante quello che aveva fatto.
Non avrebbe mai più avuto un attimo di pace. Non avrebbe rivisto sua madre, Gaius, Caspian. Non avrebbe mai più rivisto il principe Artù.
Distrutto dal peso che stava portando, Merlino si era accovacciato su se stesso, cercando in qualche modo di ripararsi dal gelo che lo circondava. Nessuno avrebbe mai potuto più fare niente per lui, nessuno, neanche il mago più potente del mondo.
Ma, proprio mentre stava per abbandonarsi totalmente all'oblio, un improvvisa ventata di calore lo aveva investito, e subito dopo, nonostante le palpebre abbassate, una luce accecante aveva colpito i suoi occhi. Ma essa non gli aveva provocato dolore, piuttosto, un senso di profondo sollievo. Estremamente impaziente e timoroso allo stesso tempo, aveva allora aperto gli occhi, capendo finalmente di trovarsi immerso in una bolla di luce scintillante.
"Ma cosa...?".
Ed eccola lì, la fonte di quella luce sconosciuta. Se fosse stato nel mondo reale, solo e sperduto, privo della magia, sarebbe stato a dir poco terrorizzato, ma non in quel frangente, non davanti a Lui. Perché quello che aveva di fronte non era un comune leone, e non lo aveva capito solo dalle sue dimensioni abnormi e dal caldo bagliore che emanava, no. Merlino aveva capito che si trattasse di un essere speciale perché l'aveva sentito nel profondo del suo cuore.
Qualche istante dopo, il possente leone aveva parlato con la sua voce profonda e calma, rivolgendosi direttamente a Merlino.
"Alzati giovane figlio di Adamo, e avvicinati".
Anche se provava un certo timore, il suo cuore gli aveva suggerito di obbedire. Gli occhi dorati del leone erano due specchi di amore e saggezza, e lui ne aveva un estremo bisogno. Lentamente, Merlino gli si era avvicinato, inchinandosi una volta arrivato al suo cospetto.
"Giovane figlio di Adamo, sai chi sono io?" - aveva chiesto, sereno.
"Maestà... Io credo aver sentito parlare di voi di recente. Siete il possente Aslan, il figlio dell'Imperatore d'Oltremare, Signore di Narnia e re dei re".
Il leone aveva assunto un'espressione più dolce e distesa, e Merlino era certo di aver visto un sorriso sul suo enorme muso peloso.
"Quello che dici corrisponde al vero, figlio di Adamo, sono davvero colui di cui stai parlando".
A quel punto, non era più riuscito a trattenersi, e aveva lasciato che l'enorme dolore provato venisse fuori, riversandosi in un pianto disperato.
"Grande Aslan, sono così... Così mortificato... Il mio cuore sanguina maestà... Queste mani hanno privato un uomo della sua vita. Non sono degno di stare al vostro cospetto mio Signore perché non sono più un uomo. Io sono diventato un mostro".
Il dolore di Merlino era così profondo e sincero che non poteva essere altro che vero come vere sono le stelle del firmamento.
Il grande leone si era avvicinato maggiormente a lui, soffiando con dolcezza sui suoi polsi. Con estrema sorpresa per il ragazzo, le malefiche polsiere che lo avevano reso fino ad allora prigioniero si erano staccate dalle sue braccia, ricadendo pesantemente al suolo. Un attimo dopo, esse avevano cominciato a creparsi di luce, e avevano continuato fino ad infrangersi in mille pezzi brillanti come diamanti, fino a dissolversi nell'aria, fondendosi con l'ambiente circostante.
Merlino era così incredulo di essere nuovamente libero che per un istante non si era accorto delle grandi leccate che Aslan aveva dato ad entrambi i suoi polsi, polsi che avevano smesso di sanguinare. Il giovane mago si sentiva come nuovo, libero e colmo di una linfa vitale che non credeva più di avere ormai da tempo.
"Ecco, figlio di Adamo. Ora sei libero dalla maledizione che ti aveva costretto alla schiavitù. Ora non c'è più tempo da perdere: raggiungi i tuoi amici e aiutali a sconfiggere il mostro".
"Grazie Aslan, non vi sarò mai abbastanza riconoscente" - era vero. Non avrebbe mai potuto dimenticare quel gesto, neanche se avesse voluto.
"Vai figlio di Adamo, e porta a termine la tua missione. Il momento è finalmente giunto".
E, dopo che il leone aveva emesso un ruggito che aveva fatto tremare l'aria, la luce era diventata più intensa: Merlino aveva compreso che presto sarebbe tornato nel suo mondo.

*

La situazione era drammatica. Artù, ormai sotto il più completo controllo del mostro, stava per privare della sua vita un ragazzino innocente sotto lo sguardo atterrito di chi ancora sperava in un miracolo, e sotto lo sguardo compiaciuto di chi non attendeva altro che veder versare del sangue innocente.
Clara aveva smesso di piangere. Le lacrime non sarebbero servite ad esprimere tutto il dolore che il suo cuore stava provando, e lo stesso aveva fatto suo padre.
Caspian era distrutto, e il povero Marcus, la piccola vittima sacrificale, era paralizzata dal terrore. Il principe Artù, colui che avrebbe dovuto aiutarli, avanzava lento e deciso, a spada sguainata, pronto a colpire al prossimo ordine di Miraz.
"Ti prego Artù, no!" - aveva urlato il figlio di Adamo a squarciagola, ma senza effetto: il principe di Camelot continuava ad avanzare senza esitazione.
Era ormai a pochi passi da Marcus e presto lo avrebbe colpito, privandolo della vita. Nessuna morte sarebbe stata più ingiusta di quella.

*

Quando Merlino si era svegliato di soprassalto, aveva trovato Morgana addormentata al capezzale del suo letto, e Aslan che lo attendeva accanto alla porta spalancata. Era ovvio che fosse stato lui a farla cadere in quel sonno profondo.
Quando Merlino aveva cominciato a percorrere i corridoi deserti, aveva sentito incitazioni provenienti dai piani alti.
Quando Merlino aveva raggiunto la porta della stanza di Miraz, l'aveva trovata invasa da telmariani e narniani che acclamavano a gran voce Artù.
Quando aveva deciso di usare la magia per farsi spazio fra la folla, si era trovato davanti allo spettacolo più agghiacciante che avesse mai creduto di poter vedere: Artù di Camelot, il suo principe, l'amico, l'uomo per cui avrebbe dato la vita, stava per uccidere un innocente.
Senza pensarci due volte, senza provare timore per Miraz, per i soldati o per l'ombra sibilante, aveva lanciato un incantesimo sulla spada facendola saltare via dalle mani di Artù. La sala era stata immediatamente immersa nel più totale silenzio.
"FERMI!" - aveva ordinato il mago, sfruttando tutto l’ardore che aveva recuperato - "In nome di Aslan, vi ordino di fermarvi!".
Forse, non tutte le speranze erano andate perdute.

*

"Come hai fatto a liberarti dalle polsiere?!" - aveva sibilato Miraz in preda ad una crisi di nervi - "Come hai fatto? COME?!".
Era furioso. Non riusciva a credere che il mago fosse sfuggito al suo comando. Non era in grado di liberarsi da solo! Chi era stato a farlo?
"Sei sorpreso, uomo dal cuore nero? Non dovresti! Il potere di Aslan è più grande di quello di cui ti servi! Non sono più alla tua mercé, Miraz. E non lo sarò mai più!".
Se Merlino fosse stato un animale, in quel frangente sarebbe stato di certo un leone feroce che non temeva più di attaccare un ex capobranco diventato troppo impertinente. La luce che emanavano i suoi occhi era la stessa che avevano visto brillare negli occhi di Aslan: era la luce del bene e della giustizia.
"Illuso! Non vedi che sono tutti sotto il mio controllo? Narniani, telmariani, tutti! Persino il tuo amato Artù è nelle mie mani! Sei uno sciocco se credi potermi fermare".
UOMINI, ALL'ATTACCO!".
Ma gli uomini di Miraz non avrebbero mai avuto il tempo di attaccare: un ruggito, un potentissimo, terribile ruggito si era materializzato dal nulla, e pochi istanti dopo, tutte le vittime dell'incantesimo di Mikael erano cadute al suolo, in un sonno che all'apparenza poteva sembrare identico a quello indotto dal mostro, ma che in realtà era profondamente diverso. Esso era un sonno buono, un sonno ristoratore, un sonno che avrebbe condotto tutti alla libertà.
Pochi istanti dopo, essi si erano risvegliati, ritornando le creature giuste che erano state un tempo.
"Cane!" - aveva urlato Briscola il nano a Miraz, rosso di rabbia - "Tu ci hai usati!".
"Mostro!" - gli avevano fatto eco i soldati di Telmar ritornati in possesso delle loro facoltà - "Hai ucciso il nostro re!".
Eppure, proprio mentre loro stavano per attaccare l'usurpatore, coloro che si erano votati spontaneamente al perfido usurpatore, ovvero i demoni che lo avevano spalleggiato, avevano catturato Giona, Clara, Marcus e Artù, che nel frattempo si era ridestato dal torpore, comprendendo immediatamente l'orrore che era stato sul punto di compiere.
"Merlino! Merlino, io... io... ATTENTO!".
In meno di un secondo, l'ombra nera aveva cercato di attaccare Merlino, spalancando le sue fauci spaventose. Era quasi arrivato a colpire la gola nuda del povero ragazzo, quando l'ultima persona che sembrava in grado di muoversi gli aveva fatto scudo con il proprio corpo.
"NO! CASPIAN!".
Il giovane figlio di Adamo era stato morso all'altezza del collo, ed era stramazzato al suolo, trascinando dietro di sé le spire nere del mostro che lo aveva attaccato.
Quello che sarebbe accaduto subito dopo sarebbe rimasto nella mente dei presenti fino alla fine dei loro giorni, perché si era trattato dell'inizio della fine.
Mentre il corpo esanime di Caspian ricadeva tra le esili braccia di Merlino, l'ombra malefica aveva cominciato a contorcersi in maniera spaventosa, scossa da spasmi incontrollabili, emettendo un suono stridulo che aveva fatto accapponare la pelle ai presenti. D'un tratto, mentre quella danza degna di un tarantolato proseguiva senza freni, il corpo apparentemente impalpabile aveva cominciato a creparsi, e dalla crepe aveva cominciato a filtrare una luce dorata fortissima che aveva investito ogni cosa: persone, animali parlanti, pareti, mobili, finestre, e quant'altro, rischiarando ogni cosa con il suo bagliore incredibilmente intenso.
Dopo diversi minuti di agonia, le crepe si erano improvvisamente allargate, e il corpo del mostro era andato in frantumi, sprigionando tutta la luce che prima era stata imprigionata. Stravolti da quell'avvenimento, i demoni che impedivano ad Artù, Marcus, Giona e Clara di muoversi erano scomparsi in un'ondata di fumo nero denso e impenetrabile, lasciando al suolo solo le tuniche da cui erano avvolti, e con loro, era svanito anche l'ultimo aiuto che Miraz avrebbe potuto ricevere dalla magia.
Subito dopo, come d'incanto, le tenebre che per anni avevano oppresso la fiorente Telmar erano scomparse, lasciando posto a quella che finalmente potevano chiamare l'alba di un nuovo giorno.

*

"NOOOOO!!!!".
Non era possibile. Non era semplicemente possibile. Dopo anni e anni di inganni, tradimenti, omicidi e macchinazioni di ogni genere non poteva essere stato sconfitto!
Miraz era caduto vittima del suo stesso gioco crudele, ma era stato incapace di comprenderne il perché.
L'ombra malefica che aveva tenuto sotto scacco ogni cosa per tutti quegli anni era scomparsa per sempre, e al suo posto, ai piedi di Caspian e di Merlino, giaceva, privo di alcun indumento, il corpo niveo di un ragazzo dalla capigliatura di fuoco, un ragazzo che erano in molti a ritenere morto ormai da tanto, troppo tempo.
"Mikael..." - aveva sussurrato Giona, incapace di cedere ai propri occhi - "Mikael... figlio mio...".
Non riusciva a muovere nessun muscolo a causa dello shock che aveva appena subito. La verità era che non riusciva a credere che quello fosse davvero il figlio tanto amato, il figlio che aveva perduto e che non sperava ormai più di ritrovare.
Era stata Clara, la sua amata figlia, a muovere i primi passi verso di lui, preoccupandosi di raccogliere da terra uno dei mantelli dei demoni per coprire suo fratello. Si era poi chinata su di lui con estrema lentezza, sotto lo sguardo attento di tutti i presenti che continuavano a rimanere in religioso silenzio, e aveva posato una mano sulla sua schiena per assicurarsi che respirasse ancora. Fortunatamente, i suoi polmoni stavano incamerando aria, e il suo cuore batteva. Lentamente, ma batteva.
"Mikael..." - lo aveva chiamato allora lei, coprendolo con delicatezza - "Fratello mio, coraggio, svegliati...".
Merlino aveva le lacrime agli occhi. Quello che era appena accaduto era talmente evidente da essere quasi celato.
"L'incantesimo si è spezzato perché ha portato a termine le condizioni del patto" - aveva detto, più a se stesso che agli altri - "Doveva uccidere anche Caspian per poter sciogliere l'accordo con Miraz, e ora che l'ha fatto, è finalmente libero".
Già, era libero. Tutti erano liberi, ma a che prezzo? Perché per salvare qualcuno era sempre necessario sacrificare qualcun altro?
Con estrema dolcezza, Clara aveva cominciato ad accarezzare la schiena del fratello, invitandolo ancora una volta a destarsi dal suo sonno.
"Non lo ha fatto di proposito" - aveva aggiunto Merlino - "Era la natura malvagia del patto a guidare le sue azioni. Ma ora è tornato tutto come prima. Il suo cuore è puro. Lo sento. E' quasi come se fossimo in simbiosi".
In quello stesso istante, il corpo di Mikael era stato scosso da un fremito, e un attimo dopo, i suoi occhi si erano aperti con lentezza, fino ad essere di nuovo capaci di osservare ciò che lo circondava.
"Ca-Caspian..." - aveva chiamato, con la voce di chi non aveva parlato da tanto tempo - "Caspian...".
Ed ecco che finalmente era riuscito a mettersi seduto, incrociando lo sguardo colmo di gioia della sorella.
"Clara!" - aveva urlato, avvicinandosi a lei per poi stringerla al petto - "Sorella mia, che gioia rivederti!".
"Bentornato fratello" - gli aveva detto, ricambiando la stretta - "Bentornato".
Ma l'idillio era stato interrotto bruscamente da colui che era ormai stato sconfitto. Miraz, sbraitando come una furia, aveva afferrato la spada caduta a lord Calorsen e si era scagliato su Mikael con violenza, con l'intento di ucciderlo. Eppure, a quanto sembrava, l'usurpatore non aveva ancora capito qual era stato l'esito dei giochi.
"TU!" - aveva urlato Merlino, sollevando di scatto un braccio per bloccare la sua corsa con un incantesimo - "Hai finito di seminare il panico!" - e, aveva stretto il palmo della mano come se stesse stringendo qualcosa, ma prima che potesse ruotare il polso verso destra e continuare a stringere, Artù lo aveva fermato, puntando la spada al collo dell’usurpatore e intimandogli di non muovere neppure un muscolo.
"Hai finito di seminare il panico, Miraz. Immortale o no, dovrai vedertela con me e con gli altri figli di Adamo. Ti conviene tacere, parola di Artù di Camelot".
Mikael, che fino a qualche istante prima aveva assistito alla scena impotente, si era improvvisamente allungato verso Merlino, afferrando con entrambe le mani il suo braccio ancora sollevato in caso di necessità e invitandolo a desistere.
"Non cedere al suo ricatto, fratello mio. Tu non sei come lui" - gli aveva detto, serio - "Tu non sei come me".
Colpito dalle parole del ragazzo, Merlino aveva abbassato il braccio. L'usurpatore giaceva al suolo, in preda alla rabbia dettata dalla sconfitta.
"Mikael..." - aveva sussurrato Merlino, cercando di scusarsi.
"Non dire niente fratello... Non dire niente".
Con gli occhi colmi di lacrime, il ragazzo aveva accolto tra le sue braccia il corpo senza vita di Caspian, cominciando ad accarezzargli il volto sporco di sangue e i capelli bagnati dal sudore e dalle lacrime.
"Mi dispiace amico mio..." - aveva sussurrato, fra le lacrime - "Perdonami se puoi...".
"Lui lo ha già fatto".
Quella inconfondibile voce aveva attirato l'attenzione di tutti, facendoli girare nella direzione da cui proveniva.
Aslan, il possente leone, era comparso dal nulla, e aveva illuminato ogni cosa con la sua luce meravigliosa. Al suo cospetto, ogni creatura si era inchinata, mostrando rispetto e timore.
"Avvicinatevi figli di Adamo" - aveva detto - "Tutti".
Mikael non riusciva a crederci: Aslan si stava riferendo anche a lui.
"Maestà, ma io...".
“Porta qui tuo fratello figlio di Adamo. Il principe Caspian ha bisogno di tutti noi".
Senza farselo ripetere ancora una volta, il ragazzo, incurante di essere praticamente nudo, si era sollevato, e aveva condotto Caspian presso il grande leone. Subito dietro di lui, c'erano Artù e Merlino, che ancora non si erano scambiati neppure una parola, rimanendo sorpresi di aver ricevuto entrambi la stessa onorificenza.
"Adagialo qui, per terra... non avere timore figlio di Adamo, e abbi fede in noi. Abbi fede in me”.
Senza sapere esattamente per quale motivo, i tre ragazzi avevano cominciato a sentire un forte calore che si stava man mano sviluppando all’altezza del cuore. Era una sensazione strana, mai provata prima di allora. Era come se qualcuno stesse cercando di prelevare da loro una piccola particella di vita. Ma non era doloroso. Era solo estremamente fuori dal comune. Così, sotto i loro occhi stupefatti, delle piccolissime fiammelle di luce avevano abbandonati i loro toraci, per poi posarsi leggere sul corpo esanime di Caspian e sparire all’interno di esso.
Poi, con dolcezza, Aslan aveva soffiato sul giovane senza vita, investendo anche Mikael con il suo alito che sprigionava un profumo mai sentito prima di allora.
"Svegliati principe Caspian. Adesso" - e aveva ruggito con forza, facendo tremare il mago dai capelli di fuoco.
Poco dopo, sotto lo sguardo stupito di tutti, Caspian aveva aperto gli occhi, specchiandosi nelle iridi colme di gioia e sorpresa del suo caro amico d'infanzia.
"Mikael" - era stata la sua prima parola - "Mikael!".
Non pensava di poter provare di nuovo una gioia simile.

*

Quando trascorri un periodo lunghissimo della tua vita ad attendere che le cose migliorino, cominci a fantasticare su come sarà ciò che verrà. Cominci a pensare a ciò che farai, alle persone che incontrerai, e a tutte le emozioni che riempiranno il tuo cuore, dandoti l'opportunità di crescere e di diventare finalmente un adulto. Ma dovete sapere che, molto spesso, quando l'attesa è troppo lunga, si finisce per vivere di essa, e quando finalmente le cose migliorano, ti ritrovi spaesato e incapace di mettere in atto quello che avevi solo immaginato. Era proprio questo quello che stava capitando agli abitanti di Telmar e a quelli di Narnia. I primi erano stati sotto il dominio di Miraz per così tanto tempo che non sapevano cosa fare della libertà ritrovata. I secondi si erano nascosti per così tanto tempo che non sapevano come comportarsi ora che avevano riconquistato la luce del sole.
Entrambi i popoli, che si osservavano con imbarazzo e curiosità allo stesso tempo, avevano ricevuto da Aslan l'ordine di recarsi a Cair Paravel. Il castello, che tutti credevano distrutto, era stato in realtà celato agli occhi del nemico dalla potente magia di Aslan, e continuava ad affacciarsi in tutto il suo splendore sullo sconfinato oceano. Non avevano idea di quello che il grande leone volesse comunicargli. Di certo, avrebbe deciso cosa fare del perfido usurpatore. Per la cronaca, dopo l'intervento provvidenziale di Artù, Miraz era stato catturato e imprigionato nelle segrete, in attesa di ricevere giudizio.
Le due popolazioni erano convinte che anche a lui sarebbe toccato recarsi a Cair Paravel, e infatti, con grande stupore dei telmariani, l'immortale era stato trasportato a destinazione in volo, chiuso in una pesante gabbia di ferro trasportata da quattro enormi grifoni.
Una volta giunta a Cair Paravel, la gabbia con dentro il prigioniero era stata depositata nel grande salone, proprio ai piedi della scalinata che conduceva ai quattro troni un tempo appartenuti ai quattro leggendari re di Narnia: re Peter, la regina Susan, re Edmund e la regina Lucy.
Nonostante fosse del tutto inutile in quanto nessuno sarebbe stato così sciocco da prestargli attenzione, l'ormai ex-re Miraz continuava ad agitarsi e a sbraitare come un ossesso, minacciando di mandare alla forca chiunque gli fosse capitato sotto mano. Sfortunatamente per lui, però, non sarebbe stato in grado di fare niente del genere.
Nell'aria c'era fermento. Tutti erano impazienti di sapere. Ed ecco che, in conseguenza all'arrivo di Aslan, il brusio della folla era cessato di colpo, lasciando che l'unico suono fosse quello dei passi ovattati del leone. Subito dietro di lui, vi erano i quattro ragazzi protagonisti di questa indimenticabile avventura: il principe Caspian, il mago Mikael, il principe Artù, e ultimo, ma non ultimo, il giovane mago Merlino. I ragazzi avevano un aspetto che mai nessuno aveva notato in loro, prima di allora. Non erano solo estremamente belli nelle loro vesti di Narnia bordate d'oro e di argento, ma sembravano irradiare una luce nuova, una luce buona, saggia e matura, la luce dei sovrani supremi di Narnia.
"Miei cari" - aveva esordito Aslan con la sua voce bassa e potente - "Siamo qui riuniti per festeggiare la vittoria dell'amore e della giustizia sulla crudeltà e il buio dell'ignoranza. Questi quattro giovani, ognuno in un modo diverso, hanno contribuito alla salvezza di Telmar e alla rinascita di Narnia. Nonostante gli errori commessi durante il loro cammino, hanno trovato il modo di rimediare, e anche quando hanno creduto di perdere la speranza, quando hanno creduto di non farcela o di essere soli, alla fine hanno guardato dentro i loro cuori, scoprendo che in essi brilla una luce molto più grande e intensa di quello che avrebbero mai potuto immaginare. E' stato grazie a Mikael se Caspian ha avuto salva la vita. E' stato grazie all'intervento di Merlino se il principe Caspian si è risvegliato dal suo sonno eterno. E' stato grazie al sacrificio di Caspian se le tenebre hanno smesso di regnare su Telmar. Ed è stato grazie ad Artù se il mio esercito è stato condotto qui e se Miraz è stato finalmente imprigionato".
A quelle parole, l'usurpatore aveva ricominciato a gridare che non era ancora finita, ma subito dopo era stato zittito dall'affilata spada di un nobile topo.
"Chiudi la tua boccaccia usurpatore, o in nome di Aslan assaggerai di nuovo la spada di Ripicì il topo!".
"Ti ringrazio per il tuo intervento mio buon amico. Sei stato davvero prezioso" - lo aveva ringraziato il possente Aslan - "Ma ora, miei cari figli di Adamo, è arrivato per voi il momento di venire avanti".
Il momento solenne era finalmente giunto. Da una porticina situata alla destra dei troni avevano fatto il loro ingresso Clara, Giona, Marcus e Margareth, recanti ognuno un cuscino di velluto rosso con sopra adagiata una sottile corona d'oro, le corone dei quattro re di Narnia.
"Vieni avanti re Mikael, il leale. Vieni avanti re Merlino, il coraggioso. Vieni avanti re Caspian, l'umile. E vieni avanti re Artù, il valoroso. Loro saranno i nuovi re di Narnia, cavalieri di Telmar, figli di Adamo, signori di Cair Paravel, protettori dei giusti e difensori del regno di Aslan.
Rendete loro omaggio, miei sudditi, perché sotto di loro nascerà presto una nuova era, un'era in cui gli abitanti di Narnia potranno sconfinare anche negli altri territori, ponendo così le fondamenta di un nuovo regno d'amore e di giustizia".
A quel punto, la folla aveva levato un grido di giubilo: Narnia aveva di nuovo dei sovrani.

*

Il destino di Miraz era stato deciso qualche istante dopo. Aslan aveva lasciato che fossero i quattro re di Narnia a decretare sul da farsi, e all'unanimità aveva stabilito che sarebbe stato l'esilio la sua punizione. Ma non un comunissimo esilio, no affatto.
"Sarai inviato sulle Isole Tenebrose" - aveva detto Caspian, parlando a nome di tutti - "Lì trascorrerai il resto della tua vita immortale, incapace di fare ritorno nel luogo in cui hai provocato tutto il dolore che ha afflitto noi tutti per anni".
"NO! NON PUOI FARLO! NO!" – era stata la reazione del mostro, reazione del tutto inutile.
Aslan aveva soffiato sul corpo di Miraz, e sotto lo sguardo attento dei presenti, egli era sparito nel nulla, apparendo dopo qualche istante sulle spiagge desolate delle Isole Tenebrose.

*

I festeggiamenti erano durati fino a tarda notte. Alla grande tavola di Cair Paravel erano state servite le pietanze e le bevande più dolci e gustose, il cielo era stato illuminato da centinaia di fuochi d'artificio, e l'aria era stata allietata con musica, canti e danze. Non c'era più alcuna differenza fra telmariani e narniani: entrambi stavano festeggiando i loro re, felici e in grado finalmente di godere di tutto l'amore e la libertà che tanto avevano agognato.
La luna si trovava in un punto molto alto del cielo quando re Merlino si era allontanato dal salone, rintanandosi sul ponticello del giardino attraversato dal fiume. Non riusciva ancora a capacitarsi dell'avventura di cui era stato protagonista. Quanto aveva dovuto penare prima di vedere la giustizia trionfare, prima di vedere il sorriso sul volto di quelle persone così buone che tanto si erano prese cura di lui?
Era orgoglioso di se stesso. E chissà cosa avrebbero detto di lui Gaius e quel lucertolone parlante di Kilgarrah! Nonostante i momenti di sconforto e di dolore, aveva affrontato ogni difficoltà, ricevendo persino l'onore di incontrare Aslan in persona e di essere incoronato re di Cair Paravel. Lui, un semplice servitore, era diventato re. Chi l'avrebbe mai detto?
Caspian aveva riottenuto il trono di Telmar, il trono che gli spettava di diritto, e aveva ritrovato l'amico perduto. Merlino non era uno sciocco, e non era neppure cieco. Aveva notato sin troppo bene il modo in cui i due amici si guardavano. Tra di loro c'era molto, molto di più di quello che si poteva pensare. E nel vederli così felici, aveva finalmente capito che non c'era niente di male nei sentimenti che provavano l'uno per l'altro. Era davvero felice per loro.
Però, c'era ancora una cosa che oscurava la felicità di quel momento, o meglio, qualcuno. Il giovane figlio di Adamo non aveva ancora avuto l'opportunità di parlare con il suo principe e dargli finalmente una spiegazione. Era pur vero che non aveva ancora trovato un attimo di respiro per poterlo fare, ma aveva anche rimandato per non essere stato abbastanza bravo da trovare le parole adatte con cui iniziare il suo discorso.
Cosa avrebbe potuto dirgli, dopotutto? Gli aveva mentito per anni e anni. Come minimo, lo avrebbe mandato alla gogna! Non credeva che lo avrebbe denunciato a suo padre. Non dopo tutto quello che avevano passato.
Era talmente perso nei suoi pensieri da non essersi reso conto che il qualcuno a cui questi pensieri erano rivolti si trovava alle sue spalle, osservandolo come se fosse la cosa più preziosa esistente sulla faccia della terra.
"Un soldo per i tuoi pensieri!" - gli aveva detto Artù, facendolo sobbalzare.
"Maestà!" - aveva esclamato Merlino, arrossendo per essere stato colto in flagrante.
Il re di Narnia gli si era avvicinato, posando gli avambracci sulla ringhiera di legno del ponte, e guardando i loro riflessi sull'acqua illuminata dalla luna.
"Credo che non ci sia bisogno che tu mi chiami maestà. Almeno non qui, dato che sei anche tu un'altezza reale" - aveva precisato Artù, evitando di guardarlo dritto negli occhi.
"Avet-Hai ragione..." - si era corretto, facendo altrettanto.
La situazione era davvero singolare. Era la prima volta che si trovavano da soli da quando avevano lasciato Camelot. Considerando poi il periodo di separazione che avevano dovuto subire al castello per colpa di Miraz, era quasi come se stessero vivendo una situazione del tutto nuova. L'uno aspettava che l'altro parlasse per primo, ma così facendo, nessuno dei due avrebbe mai pronunciato parola. La situazione era oltremodo strana. Erano due persone che si conoscevano ormai da anni, ma si stavano comportando come se fossero stati quasi due estranei.
Una ranocchia aveva appena emesso il suo tipico suono quando Artù aveva trovato il coraggio di infrangere quel silenzio imbarazzante.
"Avresti dovuto dirmelo" - aveva detto, voltando il viso verso quello di Merlino.
"Lo so" - aveva risposto lui, ancora incapace di guardarlo negli occhi - "La verità è che avevo paura".
"Lo so" - aveva risposto a sua volta Artù, senza staccare gli occhi da lui - "Forse, avrei avuto paura anche io se fossi stato l'unico essere speciale in mezzo a tante persone comuni".
"Tu non sei un essere comune!" - si era infervorato Merlino, girandosi di scatto nella sua direzione - "Sei il principe di Camelot, e sei il re di Narnia! Sei un eroe! Quante persone hai salvato Artù? Migliaia! Il tuo aiuto ci ha permesso di restituire ad ogni re il proprio regno, e di rendere liberi dalla schiavitù di Miraz Telmar e...".
Ma Merlino non avrebbe mai finito di parlare: Artù, spiazzandolo completamente, lo aveva stretto in un forte abbraccio, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. Il mago aveva creduto di sognare e di non essersi ancora svegliato. Artù lo aveva appena abbracciato per davvero?
"A-Artù... Ma cos-...".
"Ora capisci perché ritengo che tu sia un essere speciale?" - aveva detto, continuando a tenere gli occhi chiusi e sfregando con dolcezza la guancia liscia contro quella del ragazzo che stava stringendo.
"Io..." - era talmente imbarazzato da non essere stato in grado di fare niente. Non lo aveva né ricambiato né respinto, ma si era limitato a stare immobile, continuando a farsi abbracciare. Era sì imbambolato, eppure, si era reso perfettamente conto che quello non era stato un abbraccio fraterno, ma molto, molto di più. Era stata una sensazione stranissima. Strana, ma estremamente piacevole. 
Il momento in cui si erano separati era stato terribile, ma Artù lo aveva sorpreso di nuovo, prendendogli il viso fra le mani e guardandolo dritto negli occhi.
"Promettimi che non mi terrai mai più nascosto qualcosa. Promettimelo. Non potrei mai farti del male Merlino. Mai" - mentre parlava, i suoi occhi brillavano, e disegnava con i pollici dei cerchi sulle guance del ragazzo che stava stringendo.
"Ne sono consapevole, Artù" - aveva detto, arrossendo.
E il principe di Camelot si era avvicinato maggiormente.
"Art" - ma Merlino non aveva terminato la frase, perché due labbra morbide e un po' incerte si erano posate sulle sue, sconvolgendolo al punto di fargli quasi tremare le gambe. A quel punto, non aveva potuto fare a meno di aggrapparsi a colui che lo stava baciando, cingendogli le spalle con le braccia.
Non era stato un bacio sensuale, ma piuttosto uno scoprirsi lentamente, un assaporare quel momento con pudore e un pizzico di imbarazzo. Ma, finalmente, entrambi sapevano che le barriere erano crollate, e che nessuno avrebbe più dovuto fingere davanti all'altro.
Quando si erano staccati, si erano avvicinati più e più volte, continuando a far sfiorare le loro labbra in rapidi e teneri baci. Poi, alla fine, ancora abbracciati, avevano posato la fronte l'uno su quella dell'altro, continuando a guardarsi negli occhi.
"Grazie" - gli aveva detto Merlino - "Grazie di tutto" - e lo aveva abbracciato ancora una volta.
"Ora dovremmo andare" - aveva detto Artù, staccandosi da lui controvoglia - "E poi, devi ancora spiegarmi come hai fatto a risvegliare Caspian se non potevi usare la magia. Sono davvero curioso!".
A quella richiesta, il mago era arrossito violentemente, cercando un modo per evitare quel discorso.
"Te lo racconterò un'altra volta" - aveva tagliato corto, avviandosi verso il castello.
Artù era rimasto un attimo indietro, per ammirarlo.
"Gaius aveva ragione" - aveva detto ad un certo punto, finalmente consapevole di ogni cosa - "Non è la magia ad essere cattiva. Sono le persone".
Merlino aveva sorriso con dolcezza, girandosi verso di lui.
"E' proprio vero Artù... E' proprio vero" - e si era avviato di nuovo verso il castello.
"Emmm... Merlino?!" - lo aveva chiamato di nuovo Artù, con voce incerta.
"Sì, Artù?".
"Non credi che abbiamo dimenticato qualcosa... O meglio, qualcuno?".
"Non capisco...".
"Che fine ha fatto Morgana?".

*

Il momento di dirsi arrivederci era arrivato fin troppo presto. C'erano troppe cose da dover sistemare, ed era stato d'obbligo per loro tornare a Camelot. Separarsi da Caspian e da Mikael era stato un tormento, ma chi era  re di Narnia, lo sarebbe stato ovunque e per sempre. Il difficile, adesso, sarebbe stato dare ad Uther una spiegazione più che plausibile sull'accaduto, e cercare di spiegare a lady Morgana come erano andate le cose senza far trapelare troppi dettagli. La giovane dama era stata ritrovata addormentata nel castello di Telmar, e nessuno era riuscita a destarla dal suo sonno. La magia di Aslan era la più potente che potesse esistere, dopotutto.
Sir Leon aveva giurato di non fare parola con nessuno di quello che aveva visto, giurando ai re di Narnia fedeltà eterna.
Così, con due corone d'oro nelle bisacce e una donzella addormentata sistemata alla meno peggio su di un cavallo, i tre avevano fatto ritorno a Camelot, volando sul magico respiro del possente leone.
Abbracciare di nuovo Gaius era stata una gioia immensa. Merlino aveva raccontato le sue disavventure tutte d'un fiato al suo maestro, soffermandosi su ogni particolare con grande attenzione. Il cerusico aveva ascoltato tutto senza fiatare, commuovendosi quando aveva veduto con i propri occhi la corona che decretava l'elezione a re di Narnia del suo Merlino. Non era solo orgoglioso di lui. Era molto, molto di più.
Per quanto riguarda Artù, era stato punito severamente per aver disobbedito agli ordini del re, ignaro, fra l'altro, di chi erano diventati suo figlio e il ragazzo che considerava solo un servo. Non era ancora pronto per sapere della magia. Un giorno, Aslan avrebbe deciso di fargli visita, aiutando i due re a portare a termine il loro compito. Nel frattempo, loro avrebbero viaggiato per tutti i regni, diffondendo la notizia che il grande leone era finalmente tornato, e che Narnia era viva e libera dalla schiavitù.
Morgana non ricordava più niente di quello che aveva vissuto. Di tanto in tanto, diceva di aver sognato uno strano leone parlante, ma poi se ne pentiva, pensando che i presenti la considerassero una sciocca.
Sir Leon non aveva mai abbandonato i suoi due re. Con estrema regolarità, Merlino e Artù tornavano a Cair Paravel, dove vivevano Caspian e Mikael, sempre più saggi, e sempre più vicini. Tra tutti i cavalieri di Narnia, sir Leon era stato quello più attivo nel promulgare il messaggio del ritorno di Aslan. Egli stesso era stato liberato dal malefico incantesimo dal grande leone, e voleva che il mondo intero sapesse della sua bontà e del suo senso di giustizia. Aslan era amore, e tutti avrebbero dovuto provare quel sentimento, prima o poi.
Per quanto riguarda il nostro crudele usurpatore, a lui era toccata la peggiore delle sorti: sulle Isole Tenebrose, luogo in cui avrebbe trascorso il resto della sua esistenza da immortale senza avvertire né sete né fame, abitavano creature fuori dal comune, creature di cui non sospettava neppure l'esistenza.
Mentre vagava nel buio in cui per anni aveva costretto un intero popolo, miriadi di voci ghignanti giungevano alle sue orecchie, facendogli venire la pelle d'oca.
"Chi è là?" - aveva urlato, cercando di mantenere la calma.
"Finalmente un nuovo ospite" - aveva detto una di esse, stridula e acuta.
"Dici bene, sorella! E pare che con questo ospite avremo molto, molto tempo per divertirci..." – aveva risposto un’altra. Sembrava quasi che loro lo aspettassero da sempre, e qualche istante dopo, ne aveva avuto la conferma.
“Hai visto cosa succede a causare dolore agli altri, Miraz? Si finisce per diventarne vittime a sua volta”.
Era al limite del terrore. Se qualcuno fosse stato accanto a lui e fosse stato in grado di vederlo nonostante il buio, avrebbe visto un uomo terrorizzato che cercava di sfuggire alle sue persecutrici.
"NO! LASCIATEMI IN PACE!".
"Perché dovremmo?" - avevano risposto quelle in coro - "E' così divertente! Non sei contento? Dopotutto, abbiamo a disposizione tutto il tempo del mondo".

Epilogo

Erano trascorsi dieci mesi da quando quell'avvenuta era giunta al termine, e le cose nel mondo allora conosciuto avevano cominciato a migliorare notevolmente.
Grazie alla loro campagna di informazione, i re di Narnia e i loro missionari, fra cui Marcus, Clara, Giona e sir Leon, avevano dato la lieta notizia ai sovrani che avevano ricevuto indietro le loro terre, sovrani che avevano accolto con grande entusiasmo la venuta del grande Aslan. Caspian e Mikael si erano recati più volte in visita a Camelot, provocando un intenso vociferare da parte di nobili e servitù per via del loro rapporto così intimo. Uther non aveva mai approvato la loro vicinanza, anche se non l'aveva mai detto apertamente. Ovviamente, quest'ultimo era stato l'unico a non sapere niente di Narnia, ed era stato l'ultimo a non sapere che nel suo regno si erano ormai stabiliti da tempo numerosi animali parlanti. Fra di loro, vi era anche il piccolo Mercurio. L'adorabile cardellino, che ormai aveva imparato perfettamente a parlare, era diventato un grande amico di Gaius, ed erano in molti a chiedersi come avesse fatto ad addestrarlo così bene.
Finalmente, sembrava che tutto fosse tornato alla normalità, e tutti speravano che essa potesse durare in eterno.
Quella mattina, Artù aveva buttato giù dal letto il povero Merlino di buon'ora, comunicandogli che aveva una cosa molto importante da mostrargli.
"Artù, ma io ho sonno... Dovevi proprio farmi alzare così presto?".
"SSSHHH! Non urlare! E poi devi darmi del voi qui! Lo sai che nessuno sa che siamo re di Narnia!" - lo aveva ammonito il biondo sovrano.
"D'accordo, VOSTRA MAESTA'!" - aveva bofonchiato il mago, acido - "Ma si può sapere dove stiamo andando?".
"In biblioteca, è ovvio!".
"E cosa c'è di così importante in biblioteca, se posso osare?".
"Oh, lo vedrai presto mio caro. Lo vedrai presto!".
E quando l'aveva visto, aveva capito che ne era valsa davvero la pena. Artù lo aveva portato nella sezione proibita, e proprio come aveva previsto, era riuscito a sorprenderlo come mai nessuno fino ad allora c'era riuscito. Ovviamente, escludendo il potente Aslan!
"Artù! Ma è meraviglioso! Come avete fatto a sapere di questo posto?" - gli aveva detto, cominciando ad aggirarsi per gli scaffali - "Guardate qui! Questi testi di magia sono antichissimi e rarissimi! E questo libro di pozioni poi! E'... E'...".
"Magico?" - aveva completato la frase il suo principe, sorridendo.
"Credo di non poter trovare un termine più adatto!" - aveva detto Merlino, prendendo un volume tra le mani, un volume che Artù conosceva fin troppo bene.
"Ma a cosa ti serve quello?" - gli aveva detto, leggendone il titolo - "Non credi che ormai sappiamo abbastanza sulla storia di Narnia?" - e gli si era avvicinato, sbirciando nelle pagine su cui Merlino si era soffermato.
"Direi che non se sappiamo solo abbastanza, Artù! Direi che ne facciamo parte" - aveva detto, girando il libro nella sua direzione.
Con grande stupore di quest'ultimo, su di esse vi era narrata la loro avventura, con tanto di particolari di ogni genere.
"Ma è... è...".
"Magico?" - lo aveva preso in giro Merlino.
"Direi proprio di sì. E' magico. Proprio come te" - e gli aveva dato un bacio a fior di labbra, facendolo arrossire.
"E dimmi un po'..." - aveva poi proseguito, tornando a guardare il volume - "Dice anche come va a finire, la nostra storia?".
"Ovviamente no, razza di somaro! Quella, è una storia che deve essere ancora scritta. E sarà la storia più incredibile che tu abbia mai sentito".

Fine

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Merliniani miei... E’ finita. E’ veramente finita.
Che dire? Capitolo numero 60. Amiche mie, sorelle mie, credetemi se vi dico che sono sul punto di piangere. Da un lato, terminare questa storia è stata una sorta di liberazione, ma dall’altra, e vi posso assicurare che è la parte predominante, mi sembra di aver appena lasciato andare via un figlio divenuto ormai grande.
Scrivere questa storia ha significato davvero molto per me. Non è stata una semplice fanfiction, affatto. In essa vi ho messo tutta me stessa. Ci ho messo il cuore e l’anima, cercando di sorprendervi, di non annoiarvi, e di non essere mai scontata. A volte credo di esserci riuscita, altre credo di aver fallito, ma spero di poter andare in giro a testa alta, e dire che in ogni occasione ho dato il meglio di me.
Merlino, Artù, Caspian, Mikael, Marcus, Clara e tutti gli altri, non sono solo personaggi che ho rielaborato, o che sono nati dalla mia fantasia. Sono dei veri e propri amici, amici che sto facendo fatica a lasciar andare. Anche se avevo in mente cosa far fare ad ognuno di loro, ad un certo punto essi hanno preso vita propria, guidandomi nella stesura di questo piccolo grande delirio. Non ci sarebbe stato la storia senza i personaggi principali, ma se Mikael non avesse stretto il patto con Miraz, esso non sarebbe mai stato infranto. Se Clara non avesse ingannato Merlino, non sarebbe mai andato a Telmar. Se Marcus non avesse liberato Caspian, quest’ultimo non avrebbe mai raggiunto la camera da letto di Miraz. E poi la dolce e protettiva Margareth, l’adorabile Mercurio e tutti gli altri, sono stati una vera scoperta per me in primo luogo, e mi auguro anche per voi.
Credo che chi abbia iniziato a leggere questa storia dal primo capitolo sia stato in grado di notare quanto essa sia cambiata nel corso del tempo. Spero in meglio, ovviamente. Non nascondo che nell’ultimo periodo ho subito molto l’influenza di C.S. Lewis. Proprio la scorsa settimana ho finito di leggere Le Cronache di Narnia, e ho imparato ad amare ancora di più il personaggio di Aslan.
Per chiunque abbia letto il libro o abbia visto i film, è chiaro che Egli incarni la figura di Gesù. Il mio Leone è la divinità suprema, ma non mi permetterei mai di trattarlo allo stesso modo del grande maestro Lewis perché non ne sono in grado. La storia di fondo, quello che fa muovere tutto, è l’amore. L’amore che Artù nutre per Merlino e viceversa, l’amore che Mikael nutre per Caspian e viceversa. Ma, come sapete, il cristianesimo non ammette l’amore omosessuale, e proprio per questo, per chiunque voglia vedere il mio Aslan come quello di Lewis, non ho lasciato che dicesse niente riguardo l’amore dei quattro ragazzi. Ovviamente ho le mie idee a riguardo, ma non credo che sia questa la sede adatta per discuterne. Dopotutto, è solo una fanfiction senza pretese.
Che altro dire, ragazze mie? Alla fine, Miraz ha avuto quello che si meritava! Le “crudeli” abitanti delle Isole Tenebrose non siamo altro che noi fans incacchiate nere con questo mostro che ha cercato di sottomettere tutte le terre allora conosciute al suo volere! Quale punizione più atroce poteva subire? Ovviamente nessuna! Spero che la cosa vi abbia provocato lo stesso tipo di piacere che ha provocato a me! Oh, sì!
Ed ecco che arriva il momento dei saluti e dei ringraziamenti… Stavolta, eviterò di citare tutti coloro che hanno letto e recensito come ho fatto per il trentesimo capitolo. Non credo che mi abbia portato molta fortuna (almeno non per questa fic). E poi, credo che non ce ne sia bisogno. Coloro che hanno sempre letto e recensito sanno che hanno un posto speciale nel mio cuore! Non che gli altri non ce l’abbiano, ma per chi come me legge e scrive, sa quanto siano importanti le recensioni per uno scrittore. Il mio lavoro non avrebbe senso senza di voi. Era da un po’ che non ve lo dicevo, e credo che meritiate di sentirlo miliardi di volte.
Ora, prima che io continui a scrivere note sino a fine agosto, vi saluto, dicendovi per l’ultima volta GRAZIE.
Non so se scriverò mai altre fiction per questo fandom, e pensare che potrei non sentirvi più mi fa stringere il cuore. Spero di non perdervi, sorelle mie. Altrimenti, come faremmo a metterci d’accordo su come torturare Miraz?
Vi adoro!
Grazie davvero di cuore.
Un bacio enorme!
Arrivederci!
Cleo
   
 
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