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Autore: F l a n    16/08/2012    4 recensioni
What If sulla 4°stagione | Klaine | Faberry/Finchel| Pezberry friendship | Hummelberry/Kurtana friendship
Kurt Hummel può finalmente realizzare il suo sogno ed andare a NY dove un futuro a Vogue, nel mondo della moda, lo aspetta. Ma oltre a questo, ci saranno molte altre novità ad invadere la sua vita e qualche questione sentimentale da risolvere.
"Non era stato facile dire addio a Lima e non era stata una bella giornata. Kurt odiava gli addii ed i saluti, odiava dover fare promesse che sapeva di non poter mantenere.
Kurt odiava l’idea di essere lontano da tutta la sua famiglia ed odiava l’idea di essere lontano da Blaine."
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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All in All
Note di inizio capitolo: Holaa! Eccomi tornata con il secondo capitolo.
Purtroppo ormai far coincidere la mia versione delle cose con quella del telefilm sarà alquanto impossibile dati gli spoiler usciti (Klainers, li conoscete, vero?) ma spero comunque di poter fare un buon lavoro e chissà, magari azzeccare su qualche futuro cambiamento per le varie coppie.
Inutile dirvi che questi giorni ho consumato pacchetti e pacchetti di fazzoletti e non sono molto sicura di volere il 4 ottobre, ma per adesso provo a resistere. Vi assicuro che scrivere è dannatamente liberatorio in questi casi!
Il capitolo è betato da nessie_sun, ed ora vi auguro una buona lettura ;)


Chapter 2: All in All



"Things don't stop and the others announced they're moving on
Salt & tears in the minds in the mouths of a bad decision
Too late for another mistake it's bringing me down
With all your faults it isn't your fault
what's going on

All in all it's just another day now
You're falling down
What you gonna do
Standing on top of the world tonight
No ones looking back at you"



Quando Kurt aprì gli occhi il giorno seguente, quasi non si ricordò di essere a New York. Aveva sognato di essere a Lima, con Burt, Carole e Blaine, ma risvegliarsi in una stanza diversa e più piccola lo aveva riportato immediatamente nella realtà.

Si passò una mano sul volto, portandosi indietro i capelli ed alzandosi piano piano, scostando le coperte. Rimase seduto nel suo letto a fissare la luce che passava dalla finestra ancora chiusa. Sospirò. Era un nuovo giorno in una nuova città, non avrebbe dovuto sentirsi il cuore così pesante: non era giusto, l’indomani avrebbe avuto il suo primo giorno da stagista e doveva essere emozionato, non intimorito o depresso: che figura avrebbe fatto?

Prese il cellulare e lo accese. Rimase per qualche secondo in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa: un messaggio, una chiamata persa, qualche e-mail, ma la verità fu una soltanto: non arrivò niente, nemmeno uno straccio di notifica se non un messaggio da parte di Carole che gli chiedeva come si sentiva.

Kurt non aveva detto a nessuno di ciò che era successo con Blaine, se non a Rachel e Santana, gli altri li aveva salutati tutti prima che Blaine lo prendesse da parte e gli dicesse che sì, lo stava mollando senza possibilità di replica. Per questo, nessuno gli aveva chiesto come stava o fatto domande inopportune; in un certo senso ne era felice, doveva risparmiarsi un sacco di spiegazioni inutili che avrebbe preferito non dare.

Scese dal letto ed afferrò i pantaloni del pigiama che si era tolto per il caldo, infilandoseli per andare in cucina, non sapendo se vi avrebbe già trovato Rachel e Santana.
Entrò nel soggiorno e vide che tutte le luci erano spente, le sue due compagne di appartamento probabilmente stavano ancora riposando; meglio, pensò tra sé e sé. Parlare di primo mattino non era una cosa che lo metteva di buon umore.

Accese la macchinetta del caffè e prese dal frigo un po’ di latte, versandoselo in una tazza con noncuranza: normalmente preferiva cucinarsi una colazione con i fiocchi, ma era così stanco da non aver voglia di fare nemmeno quello.
Si sedette al tavolo e cominciò a mangiucchiare un paio di biscotti con il latte, mentre aspettava che la macchinetta finisse di fare il caffè.
Si sentiva un po’ deluso da se stesso. Era sempre stato una persona entusiasta del proprio futuro e ritrovarsi così depresso gli sembrava paradossale: andare a New York era ciò che aveva sempre sognato; affacciarsi alla finestra, vedere una città piena di palazzi.
Lima gli era sempre stata stretta e non era un mistero per nessuno, ma Lima significava casa e casa significava Blaine.
Sospirò, pregando se stesso di smettere di pensare a lui. Rimuginarci su non avrebbe di certo aiutato la situazione o cancellato il problema in qualche modo.

“Già sveglio?” una voce lo fece sussultare e lo costrinse a voltarsi, Kurt sorrise.
“Non riuscivo a dormire oltre e tu?”
Rachel si strinse nelle spalle.
“Mi sveglio sempre presto, beh sai, i rituali mattutini e gli allenamenti.”
“Già, dovevo ricordare la tua routine,” Kurt sorseggiò il suo latte e caffè – che aveva aggiunto poco prima.
“Ferrea come sempre!” esclamò la ragazza, prendendo dei cereali da uno scaffale.

Kurt si fermò ad osservarla con un sorriso stirato sulle labbra, tipico di quanto in realtà stava pensando a qualcosa.
“Senti Rachel ma tu… tu con Finn com’è…”
La ragazza gli rivolse uno sguardo triste, apparentemente ferito.
“Non ci sentiamo da mesi, ormai,” disse, un po’ secca.
“Oh…”
“Blaine ti ha lasciato per lo stesso motivo?”
Kurt fece le spallucce.
“Più o meno, anche se non è andata proprio… uguale.”
Rachel si sedette, rilassandosi su una sedia.
“Ci si fa l’abitudine, sai?”
“Ad essere soli?”
“No… non proprio, si cambia pagina e si vede oltre. Attualmente sono talmente concentrata sulla NYADA che non faccio molto caso all’amore. Senza contare che sono piena di rivali e devo cercare di competere ogni giorno. Sono sicura che molto presto non penserai troppo a Blaine…”

Kurt annuì, ma nel suo consenso non c’era una vera convinzione: sapeva benissimo che l’amore che provava per Blaine era differente da quello che provava Rachel per Finn. Senza screditarla, ma a volte dubitava che si amassero veramente.
Certo lei era pronta a rinunciare a New York per lui, ma Kurt sapeva che Rachel sarebbe stata un anno in lutto a piangersi addosso per un’occasione mancata.
Perché in fondo Rachel era un po’ così, un po’ viscida ed egoista, ma Kurt non poteva certo fargliene una colpa: era il suo carattere. Ed in fondo erano amici, forse perché per i loro interessi non erano poi tanto differenti.
Ma ciò che infastidiva Kurt, essenzialmente, era che loro non erano ‘I Finchel’ e che quel genere di cosa – lasciarsi prima di partire – faceva terribilmente… Finchel.

“Probabilmente hai ragione,” disse, posando la sua tazza, “mi passerà… sarà così bello scoprire New York, andare a lavoro…”
Rachel lo guardò con insicurezza. Non era molto convinta delle affermazioni di Kurt, ma sperava vivamente che si riprendesse. Nel suo sguardo c’era una nota di pena e Kurt l’aveva colta immediatamente.

“Non guardarmi così Rachel, penso sia solo una questione di tempo, tranquilla…”
La ragazza si versò una tazza di latte e lo vide scomparire verso la camera, rivolgendo un breve cenno a Santana che si era appena svegliata.
“Ummh, non dirmi che è ancora depresso,” disse, strusciandosi una mano sugli occhi.
“Non gli passerà tanto in fretta, Santana, lascialo stare…”
La ragazza prese un bicchiere e ci versò della spremuta d’arancia.
“Beh, dovrà pur riprendersi, se deve stare qua in queste condizioni tanto vale che torni a Lima.”
“San, prova a pensare cinque minuti a come sei stata l’ultima volta che hai visto Brittany.”

La ragazza fece un passo indietro e finì di prepararsi la colazione in completo silenzio.


***


Blaine non poteva far a meno di chiedersi cosa stesse facendo Kurt. Se fosse solo, se stesse facendo colazione, se avesse dormito bene.
Magari aveva già conosciuto qualcuno, un bell’imbusto a New York che lo aveva portato a visitare la città la sera prima, magari anche in un bel ristorante di lusso.
Provò immediatamente un senso di bruciante gelosia solo al pensiero. Lo sentiva ardere dentro come fuoco, prendergli lo stomaco e strapparlo in qualche modo; ma Kurt non era più suo, perciò non aveva diritto di parola.
Si erano lasciati con una promessa ma, fondamentalmente, era liberissimo di fare ciò che più desiderava.

Strinse il cellulare tra le mani e chiuse gli occhi: s’immaginò un ragazzo, magari biondo, alto, dagli occhi chiari e l’aria gentile e discreta, ed immaginò Kurt così timido e tutto ben vestito sedersi al tavolo.
Li immaginò conversare, li immaginò mangiare assieme e guardarsi con occhi dolci.

Che effetto faceva? Era peggio di prendere una fiala di cianuro.

Magari poi lo avrebbe anche portato a casa, su una macchina lussuosa, lo avrebbe fatto entrare e gli avrebbe offerto un drink analcolico – era così che si faceva, no? E Kurt non sopportava l’alcol, - o magari avrebbe sbagliato perché quel tipo non conosceva abbastanza Kurt e non poteva sapere che non ama gli alcolici.

Solo lui lo conosceva e solo con lui poteva stare.
Strinse ancora di più il cellulare e si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Provava rabbia, rabbia per se stesso perché non era stato sincero, perché lo aveva stupidamente lasciato e gli aveva spezzato il cuore.
Si sentiva uno schifo perché non aveva nemmeno il coraggio di mandargli un messaggio, considerando che la sua paura più grande era quella di non ricevere una risposta.

Non voleva realmente pensarci, ma non riusciva a fare niente di utile. Si voltava e pensava a quante volte Kurt era stato lì, steso accanto a lui con il suo respiro caldo ed il suo sorriso.
Ricordò per qualche secondo anche la loro prima volta, ma la scacciò subito dalla mente: non voleva farsi poi troppo male.

Lo aveva lasciato andare, era stata una sua scelta: lo amava da morire e per questo aveva deciso di non volergli essere d’intralcio: Kurt poteva diventare una grande persona e lui non aveva intenzione di mettergli i bastoni tra le ruote, di tenerlo vincolato a sé.
Non ne aveva alcun diritto.

Si addormentò pensando e con una mano sull’addome, provando un vago senso di fastidio.
L’indomani avrebbe dovuto essere tranquillo e splendido, il perfetto e l’intoccabile pseudo-leader del Glee Club.


***



Kurt uscì a prendere una boccata d’aria quella mattina: in fondo era a New York e come diceva anche Rachel, prima o poi avrebbe dovuto ricominciare a vivere. Perché non da quel giorno, allora?

New York era caotica, immensa. Non era Lima, di Lima non aveva nemmeno la metà delle cose: certo era sempre America, ma era sorprendente quanto, talvolta, le cose potessero cambiare di luogo in luogo e se da un lato era rassicurante, dall’altro era totalmente spiazzante.

Rachel era andata alla NYADA, perciò non aveva potuto far affidamento su di lei e Santana era andata agli allenamenti di cheerleader nella sua università.
Aveva un ultimo giorno libero prima di andare a presentarsi allo studio di Vogue e voleva sfruttarlo al meglio.
Passò per i negozi più alla moda di New York ammirandone ogni vetrina, sentendosi felice ed esaltato: era un nuovo mondo, un mondo dove passava per le strade con i suoi abiti eccentrici e non veniva guardato come se fosse stato un alieno.
Qualcosa dentro di lui tremò, avrebbe praticamente potuto commuoversi.

Entrò da Starbucks e si guardò intorno con un mezzo sorriso malinconico: ovviamente non era la prima volta che entrava in uno Starbucks, ma tutte le caffetterie sembravano estranee e diverse dal Lima Bean, protagonista di così tanti ricordi.
Ma era l’ora di lasciare indietro i ricordi e cominciare una vita nuova, ovviamente mantenendo quelle piccole cose piacevoli nel suo cuore – tra le quali anche Blaine.

I suoi pensieri furono immediatamente interrotti da una ragazza che si avvicinò a lui con fare guardingo e con due enormi occhi azzurri.
“Quella che stai indossando è una sciarpa di Alexander McQueen!” esclamò, entusiasta e prendendo posto al tavolo con lui senza nemmeno chiedere il suo nome. Kurt spalancò gli occhi, sorpreso dall’irruenza e dall’entusiasmo della ragazza. Poi si lasciò andare ad un sorriso, sembrava una ragazza carina ed amichevole ed in fondo la moda era una passione comune – senza contare che si sentiva un po’ lusingato.
“Lo è!” rispose, “sono riuscito ad accaparrarmela in modi… diciamo loschi, sono un esperto nel cogliere le migliori occasioni quando si tratta di moda!” esclamò con un ghignetto fiero.
La ragazza si aggiustò per stare più comoda, mostrando la sua borsetta di Luis Vuitton.
“Oh beh, la moda è una passione comune allora! Piacere, sono Kristine Jackson!” disse con gioia, parandogli la mano.
Kurt la strinse.
“Io sono Kurt Hummel e… sono nuovo di New York.”
“Oh! Un novizio! Non hai nessuno che ti abbia aiutato a visitare la città?” chiese, sfiorandosi i capelli e riavviandoli.
“No, per il momento ho… visitato un po’ la città da solo,” disse, facendo le spallucce, “ma non è importante, ho un buon senso dell’orientamento.”
Kristine sorrise.
“Sei venuto da solo a New York?”
“Oh no, abito con delle mie vecchie amiche… avevo in programma di trasferirmi qualche mese fa se fossi entrato alla NYADA,” disse, un po’ intristito.
Kristine sorrise e poi guardò l’orologio.
“Che sbadata! Mi sono ricordata ora di avere un appuntamento piuttosto importante! Devo scappare, ma è stato davvero un piacere conoscerti!”
“Anche per me,” rispose, cortesemente.
“Ti andrebbe di scambiarci i numeri di cellulare? Così potresti chiamarmi nel caso tu cercassi una guida per New York!” esclamò la ragazza, facendogli l’occhiolino.

Kurt rimase basito per qualche attimo, temendo il peggio: quella ragazza aveva forse… intenzione di uscire con lui in quel senso?
Eppure era chiaro come il sole che era gay. Tuttavia, Kurt le dettò il numero di cellulare, cercando di non pensare al peggio: forse era solo una ragazza che desiderava avere un amico gay o magari amava la moda e voleva parlarne con un ragazzo. Perché no, c’erano tante persone come lei.

“A presto!” esclamò poi, uscendo dal locale.

Kurt rimase con il cellulare in mano e l’aria perplessa. Girava per le strade con un’insegna con scritto “sono gay” praticamente stampata in fronte, com’era possibile che una ragazza lo trovasse affascinante?
La cosa lo turbava, in un certo qual senso.
Certo, anche Mercedes anni prima aveva avuto una cotta per lui, ma erano piccoli e… dei ragazzini, era tutto più comprensibile.

Finì il proprio cappuccino e continuò la sua esplorazione di New York in solitaria, gettandosi di negozio in negozio con aria entusiasta.

Tutto sommato, Kurt poteva solo continuare a vivere la propria vita nel miglior modo possibile.


Note di fine capitolo:

Ebbene ecco il secondo capitolo. Mi rendo conto che sono piuttosto corti, ma spero non sia un problema per nessuno di voi.

Passiamo alle note serie: la canzone citata e che da il titolo al capitolo è All In All dei Lifehouse *cliccami tutto* e per la serie delle cose che non interessano a nessuno, è stata la loro prima canzone che io abbia mai sentito... la metterei ovunque. LOL
A parte questo, spero di aggiornare quanto prima dato che sto già lavorando al terzo capitolo ed ho in mente un paio di punti focali che amerò scrivere. D'ora in poi l'angst dovrebbe essere molto ridotto e diminuito, poiché questi due poveri cristi dovranno pur andare avanti con la loro vita.

Questo è quanto! Nel caso vi andasse di tenervi in contatto con me, ecco la mia pagina Facebook *QUI* click sono sempre molto disposta al dialogo ed a qualunque genere di commento positivo o di critica!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di questa fanfiction per poterne discutere :) (insomma, voglio sapere le vostre teorie!)
   
 
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