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Autore: thecarnival    17/08/2012    12 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA CAUSA: ESAMI UNIVERSITARI.
Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undress my heart.'
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Grazie a chi ha avuto il coraggio e

la pazienza di betare questi capitoli: ElleSinclaire.



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The (he)art of the streap.



UNO.


Mi guardava come se fossi un alieno, di quelli verdi con tre occhi e settordici mani, come potevo parlare e confidare i miei più intimi segreti a questo tizio che continuava a fissarmi in questo modo?
-E quindi perché ha scelto questo lavoro se ha una laurea?- Fissò la sua cartellina -In cosa ha detto di averla poi?
-Economia e gestione delle imprese- Gli risposi poco convinta; avevo come l'impressione che mi stesse giudicando e la cosa non mi piaceva per niente. -Tra quanto scade il tempo?
-Ancora dieci minuti. Vuole andare via prima?- Negai, in fondo quelle sedute le pagavo profumatamente; non volevo buttare del tempo prezioso solo perché quell'idiota pensava che avessi preso una laurea inutilmente e avessi un lavoro altrettanto inutile. -Vuole continuare signorina?
-Sì sì certo- Odiavo i suoi occhiali tondi, sembrava Maurizio Costanzo. -Il punto è che mi piace il mio lavoro, davvero, ma credo mi abbia rovinato la vita e abbia deluso tutte le mie aspettative sull'amore. Voglio dire, guardo tutte queste coppie che vogliono sposarsi e stanno per farlo e mi chiedo-
-Tempo scaduto.
-Ma non ho finito.
-Me lo dirà la prossima volta- Cercai di contenermi per non picchiarlo mentre mi alzavo dal lettino dove mi distendevo ogni qualvolta parlavo con lui, e gli lasciai la modica cifra di 350 euro e me ne andai.
Una volta a settimana era sempre la stessa storia: da via Paolo Ferrari dovevo arrivare in Piazza Euclide, quello che mi scocciava di più non era camminare a piedi, prendere la metro, arrivare a Piazzale Flaminio, aspettare il trenino, prenderlo per dieci minuti e arrivare finalmente a destinazione. Quel maledetto studio era in uno dei quartieri che più odiavo, il famoso e prestigiosissimo quartiere Prati ed io ovviamente mi ero andata a trovare l'analista proprio in quella zona. In realtà erano state quelle due pazze di colleghe che mi ritrovavo a consigliarmi quel tizio, ma aver accettato era solo colpa mia.
Erano appena le undici del mattino ed io ero già stanca e stressata: quell'uomo panzone, invece di calmarmi e sciogliere l'enorme matassa che avevo al posto del cervello, peggiorava le cose. Lui rappresentava la borsa e io le cuffiette dell' I-pod. 
Realizzai il concetto appena pensato fermandomi di botto in mezzo al marciapiede; una signora mi venne addosso, imprecando e urlandomi di stare più attenta, ma non l'ascoltai. Il mio unico pensiero era di essermi paragonata a un paio di cuffie: ero impazzita, non c'era dubbio. 
Mi accorsi di essere arrivata e sospirai sollevata; per quanto il mio lavoro mi stesse facendo impazzire e per quanto credessi mi stesse rovinando la vita, in quel luogo mi sentivo a casa, mi sentivo protetta. Accelerai quindi il passo, per non rischiare di perdere l'ascensore che mi portasse fino al sesto piano e riuscii a entrare senza rischiare di rimanere schiacciata e che il sangue schizz…
-Buongiorno. 
Eccolo. Il mio stalker. 
-A te- Cercai di essere abbastanza cortese e allo stesso tempo distaccata da fargli capire di lasciarmi in pace e non torturarmi ogni mattina o nella pausa pranzo e ancora nel pomeriggio.
-Tutto bene?
-Sì grazie- Non riuscivo a capire il perché lui si trovasse nell'ascensore ogni volta che entrassi io -Tu?
Mi annuì, sorridendo -Benissimo. Hai da fare più tardi? Intendo durante la pausa pranzo
Dovetti sbattere più volte le palpebre per non fulminarlo con lo sguardo. -In realtà sì, devo recuperare il lavoro di questa mattina.
-Capisco. 
Non esistevano ascensori più lenti di quello di quell'edificio. -Mi dispiace. 
-Sarà per un'altra volta. 
Perché gli uomini non capivano le frasi ironiche, quelle sarcastiche e quelle di circostanza?
Per fortuna le porte si aprirono al quinto piano e lui uscì sorridente e salutandomi con la mano. Sembrava un bambino tonto davanti alla sua prima cotta alle elementari. Mi poggiai a una delle pareti, colpendomi la fronte con una mano. Perché tutte a me?

Il mio ufficio, o meglio l'ufficio dove lavoravo, altro non era che un enorme appartamento con quattro stanze. Una sala d'aspetto, una stanza enorme con tavoli e manichini dove normalmente lavoravamo tutte insieme, una stanza più piccola che ospitava 'l'angolo personale' del nostro capo e il bagno. 
Le nostre scrivanie erano nella stanza più grande, dove regnava il caos più totale e dove, per fortuna, non dovevamo ricevere i clienti, o avremmo chiuso i battenti ancora prima di aprire.
-Alla buon ora.

Era il suo modo di salutarmi ogni venerdì mattina; non era un rimprovero, solo un modo per ricordarmi che secondo lei stavo sbagliando ad andare alle sedute del dottor Rossi e che lavorare per lei era lo scopo della mia vita. -Le altre ti stanno aspettando 
Carla Solari era una donna molto particolare, sia fisicamente sia di carattere: taglio di capelli molto corto, occhiali da vista stile anni '60, laccetto al collo e abiti stravaganti ma di classe allo stesso tempo. 
-Come è andata?
-Perché glielo chiedi, non lo noti dalla sua faccia? E' sconvolta. 
Lanciai la borsa sulla mia scrivania per abbandonarmi sulla sedia girevole di tessuto blu. Non risposi a nessuna di quelle due pazze, che non smettevano di parlottare sulla mia vita, ma sbuffai disperata.
-Tutto bene gioia?
-Giù, sei proprio testarda.
-E tu sei una rompipalle. Guarda com'è ridotta, è normale chiederglielo.
Ero sicura che il mio cervello sarebbe scoppiato da un momento all'altro sentendole litigare, quindi mi decisi a parlare. -Sto bene, grazie per avermelo chiesto Giulia- Mi sorrise felice -E tu, sei proprio un'ingrata, sappi che ti ho appena messo sulla lista nera.
Si finse indignata. -Oh che tragedia, dimmi che mi inviterai ugualmente al tuo matrimonio con Henry- 
-Certo che no. Adesso chiamo il palazzo per dire di ritirare il tuo invito. 
Scoppiammo a ridere evitando così i discorsi seri.
Giulia e Mina erano le mie due uniche colleghe: le incontrai e conobbi il primo giorno di lavoro e fu amore a prima vista. L'una totalmente diversa dall'altra, forse fu proprio per questo motivo che andammo subito d'accordo e instaurammo un solido legame d'amicizia.
Giulia era l'unica nata a Roma delle tre, ma non aveva nulla del carattere del tipico romano. Era molto timida, dolce e sensibile. Mina invece era il suo opposto: nata a Milano, aveva vissuto nel suo paese natale fino alla maggiore età per poi trasferirsi nella città eterna per seguire il suo vero amore, l'alcol. Voleva infatti aprire un bar nella capitale, ma il suo sogno fu stroncato dal suo ex ragazzo, che la lasciò per... un altro ragazzo. Spesso mi chiedevo cosa l'avesse spinta a lavorare in un'agenzia matrimoniale, ma chiederglielo era troppo pericoloso. 
-Abbiamo dei clienti.
-Io sono occupata, ho il matrimonio della Levi- Mina rispose senza neanche voltarsi, continuando a sfogliare i cataloghi in cerca di un qualcosa.
-Idem- Carla guardò Giulia perplessa. -Non che mi stia occupando dello stesso matrimonio, ma sono impegnata.
Mi alzai dalla mia amata sedia girevole di tessuto blu e raggiunsi il mio capo, prima di uscire mimai un vaffanculo alle mie care amiche e chiusi, gentilmente, la porta. 

Nell'ufficio di Carla c'erano sedute due figure alquanto bizzarre, ovviamente erano due donne, talmente bionde da fare invidia al sole; ebbi il timore di rimanere cieca di fronte a cotanto bagliore.
-Emily, ti presento la signora Castelli.- Le strinsi la mano -Questa è sua figlia e ha bisogno del nostro aiuto per il suo matrimonio. 
-Chiamami Virginia. 
Ma io non la volevo chiamare in nessun modo, avrei voluto rifiutare l'incarico, ma sembravano ricchi e ciò significava guadagnare il doppio del solito.
-Avevate in mente già qualcosa?- Chiesi ignorando gli urletti isterici di tale Virginia rivolti alla madre.
-Sinceramente no. Mi hanno consigliato di venire qui perché siete le migliori.
-Avete fatto benissimo- Carla si intromise –E avete avuto la fortuna di avere Emily.
Odiavo quando mi elogiava in quel modo solo per ottenere la fiducia dei clienti.

Le due strane scope bionde, intanto, mi guardavano adoranti e super sorridenti; temevo per una paralisi facciale.
-Vado a prendere qualche catalogo.- Mi dileguai in fretta con la scusa dei dépliant, anche se avevo già in mente il matrimonio adatto a quel genere di ragazza: un’enorme Chiesa addobbata con fiori e fiocchi bianchi e color pesca, con qualche petalo di rosa rossa sparsi sul pavimento, e veli lungo gli archi e le navate. Insomma, una cosa molto pomposa.
Sfogliarono i cataloghi scegliendo una Chiesa né troppo grande, ma neanche troppo piccola; quella che doveva essere maestosa era la sala per il ricevimento; volevano un parco, meglio ancora se fosse stata una villa antica. 
-Hai presente il matrimonio di Edward e Bella?
-Chi scusa?- Avevo sentito quello di William e Kate e dei reali di Spagna, ma non avevo idea di chi fossero questi due. 
-Edward e Bella. Il vampiro e l'umana.- Sbarrai gli occhi e trattenni l'impulso di darle un pugno in pieno viso quando prese il suo I-phone di ultima generazione per farmi vedere il video. -Ecco vorrei che il parco fosse allestito così.
Non sapevo se ridere, piangere o urlare. -Mi dispiace, ma temo sia impossibile avere dei tronchi di albero come panchine, oltre a tutto il resto.
-Avevo immaginato.- Era abbastanza delusa. 
-Però potremmo fare qualcosa che gli si avvicini se proprio vuoi questo genere.- Il sorriso che mi rivolse mi abbagliò, insieme ai capelli colpiti da un raggio di sole proprio in quel momento. Ero diventata ufficialmente cieca.

Mina e Giulia mi fissavano dalle loro scrivanie; lo sapevo perché sentivo i loro occhi puntati addosso e i loro bisbigli.
-D'accordo, basta. Che volete? 
-Chi, cosa, dove?
-Come e perché- Sembrava che Mina avesse il ciclo, era così acida. 
-Tieni, ingoia un po' di zucchero e smettila di mangiare yogurt al mattino.- Giulia le rispose mentre si veniva a sedere sulla mia scrivania. -Dunque, tesoro, cosa ti turba?
Scrollai le spalle e tornai a guardare il computer: dovevo trovare una villa disponibile per la data scelta dalla sposa e che rientrasse nei suoi canoni.
-Ti ricordo che so leggere nella mente.- Anche Mina era passata all'attacco. Non mi avrebbero lasciata in pace fin quando non avessi detto tutto.
-Quella tizia vuole il matrimonio come quello di Edward e Bella.
-Figo.- Giulia sembrava entusiasta.
-Li conosci? 
-Certo che li conosciamo. Em, ma dove vivi? Quei libri e quei film hanno infettato la mente delle ragazze di tutto il mondo.- Mina addentò il suo panino. -Una sera di queste potremmo fare la Twilight maratona, così prendi appunti per il matrimonio.
-Uh sì. Che ne dite di giovedì?- Giulia era così entusiasta da farmi paura.
-Quanti film sono?
Per poco non urlai nel sentire la loro risposta ma accettai, ero disposta a tutto pur di una serata tranquilla tra amiche.

La maratona era andata abbastanza bene: ero rimasta sconvolta nel vedere Edward brillare, mi ero addormentata durante la visione del secondo dvd, avevo preso in giro i capelli e i dialoghi finali del terzo e avevo urlato di voler spaccare anche io il letto in quel modo nell'ultimo. C'erano stati dei lati positivi in quella serata: avevo mangiato tantissime schifezze insieme alle mie più care amiche e avevo le idee più chiare per il matrimonio Castelli.
-Ciao, sei arrivata finalmente. 
Avevo detto a Virginia che avevamo bisogno di incontrarci per decidere le ultime cose e poter prenotare e lei aveva deciso di vederci in un bar al centro dove un caffè costava quasi quanto un kebab dal tizio sotto casa mia. 
-Sì, scusa il ritardo ma c'era traffico.
I suoi sorrisi mi irritavano.
-Sai Emily, c'è una cosa che non capisco. Di solito ci vuole un anno circa per organizzare un matrimonio, per prenotare la Chiesa e il resto... com'è possibile che io mi sposi tra quasi due mesi?
Sorrisi rassicurandola -Perché essendo un'agenzia matrimoniale abbiamo la precedenza. 
-Capisco.
-Stai tranquilla, riusciremo a fare tutto in tempo. 
La parte che preferivo di più nell'organizzare i matrimoni era la scelta dell'abito. Quel giorno la sposa era se stessa, nessuna maschera, nessuna paura, ma solo la gioia di provare quegli abiti maestosi e la consapevolezza di diventare donna. 
Virginia scelse l'abito più principesco che quel negozio potesse avere, pretese un lunghissimo velo, guanti e altri mille accessori per me inutili.
Avevamo organizzato e prenotato tutto, ero riuscita anche a trovare un falegname che intagliasse in delle tavole di legno il menù per il pranzo, da mettere poi su ogni tavolo. 
Gli sposi si sarebbero seduti più in alto rispetto agli ospiti, su delle sedie di legno e totalmente immersi nella natura. Con il fioraio avevamo infatti trovato il modo di far sembrare il tavolo degli sposi una mini ricostruzione del matrimonio del vampiro, proprio come aveva desiderato Virginia.

-Tu sei un mito. 
-Ti ringrazio, ma è solo il mio lavoro.
-Non posso crederci che domani mi sposerò.
Non potevo crederci neanche io, ero davvero felice di concludere quel matrimonio così estenuante. Aveva assorbito tutte le mie forze e la mia energia vitale, non che ne avessi già molta. 
-Ho avuto un'idea grandiosa.- Era tornata la Virginia di sempre, quella che avevo visto il primo giorno nell'ufficio di Carla. -Devi assolutamente venire questa sera.
-Venire dove, scusa.
-Ti sto invitando al mio addio al nubilato di questa sera per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me in questi mesi.
-È appunto per questo che esistono i soldi.
-No no no. Non accetto nessun no.- Quella ragazza mi metteva davvero paura. -Ci vediamo alle 22 al 'Ladies Night'.
-Al cosa? 
-Ragazza, a volte mi sembra che tu viva in un altro pianeta. Viale dei Parioli 200, ore 22. Sii puntuale, e metti qualcosa di normale. Non così seria ma qualcosa di più...
-Normale.- Conclusi al posto suo con tono ironico che sembrò non notare.
Mi salutò ancora una volta e salì sulla sua auto; avevo due ore di tempo per prepararmi e andare alla festa di addio al nubilato.

Il motivo per cui mi spostavo con i mezzi era perché la mia auto non era molto affidabile: era una vecchia FIAT Panda bianca, acquistata di seconda mano non appena avevo compiuto la maggiore età con i soldi guadagnati dai vari lavori estivi. Quella sera però, non potevo permettermi di perdere tutto quel tempo nel cambiare trenini e prendere la metro e soprattutto di camminare a piedi, sola e vestita in quel modo. Mi feci coraggio e pregai la mia auto di fare la brava bimba.
Parcheggiai proprio di fronte al locale e mi diressi, dubbiosa, verso quei due enormi uomini vestiti di nero accanto all'ingresso.
-Emh, buonasera.- Non mi risposero. -Io, sarei stata invitata ad un addio al nubilato...
-Senti novellina, non ci importa. Se vuoi entrare prego... altrimenti risali sul tuo catorcio e vattene. 
Indignata, li superai e aprii la porta nera. 
Per poco non inciampai nella tenda di velluto rosso, la scostai e... scale, davanti a me c'erano delle scale che scendevano per un bel po' e sui muri dei quadri con foto di uomini mezzi nudi.
Che squallore.
Scesi le scale di corsa, stando attenta a non cadere, e mi bloccai non appena entrai nel locale vero e proprio. Mi guardai intorno: una decina di tavoli riempivano quell'enorme sala, insieme al bancone e a un palco.
-Emily! 
Virginia era ovviamente seduta al tavolo più vicino al palco e si sbracciava per farsi notare.
-Scusa il ritardo. 
-Non ti preoccupare. Loro sono le mie cugine e lei la conosci già
Salutai tutto il resto della combriccola e mi sedetti un po' in disparte; non volevo assistere troppo da vicino allo spettacolo. Il momento più imbarazzante della serata arrivò quando, Sonia, la migliore amica di Virginia e sua testimone, tirò fuori dalla borsa dei cerchietti bizzarri che fummo costrette a indossare, cerchietti con dei mini peni, adatti per gli addii al nubilato. La sposa ne indossò uno con mezzo velo, per farsi distinguere da noi altre.
Che imbarazzo.
-Signore: IT'S GETTING HOT, HERE. E' arrivato il momento più atteso della serata...
Le urla delle donne di tutta la sala mi fecero sobbalzare e non riuscii neanche più a sentire quello che aveva da dire il tizio al microfono. Le luci si abbassarono e ne apparirono due di diverso colore sul palco.
Il fumo mi fece tossire e quelle maledette urla mi stavano facendo venire il mal di testa.
Comparirono due ragazzi, vestiti in divisa della marina militare, con tanto di cappello ed io cercai di guardarli, ma le ragazze davanti a me erano in piedi e non si vedeva nulla.
-Signore, dovete sedervi per favore. E' contro il regolamento.
-Ci scusi è l'addio al nubilato della mia amica e siamo euforiche...
Il resto del dialogo non riuscii a sentirlo, ma Sonia rideva con quell'armadio e, alla fine, i due si strinsero la mano.
A quei due ragazzi se ne aggiunse un terzo: anche lui indossava una divisa della marina militare ma diversa rispetto alle altre.
-Loro sono 'i tre dell'Ave Maria'.- Disse a un certo punto Sonia rivolgendosi a tutte. -Giovanni, Riccardo e...
-Geremia?- Chiesi io, proponendo l'unico nome che facesse rima.
-No. MAMMA MIA!- Urlò una delle amiche di Virginia.
Iniziarono a spogliarsi e ripresero le urla. 
Non era un brutto spettacolo, anzi, si muovevano abbastanza bene e avevano un corpo da lasciare senza fiato, ma quel posto non era per me. 
-Ragazze mi dispiace ma mi sento poco bene, vado a casa adesso prima di peggiorare.
-Oh sì sì... grazie ciao-
Per fortuna erano troppo impegnate a guardare i tre caballeros sul palco per prestarmi troppa attenzione.
-EHI TU.- Continuai a camminare. -Biondina, dico a te.- Mi bloccai prima di salire le scale che mi dividevano dall'uscita del locale e mi voltai verso quella voce. Geremia, o come si chiamava realmente, mi stava indicando. -Non lasci il locale mentre mi esibisco-
Incrociai le braccia sotto il seno. -Si dia il caso che lo spettacolo non mi abbia soddisfatta, ergo me ne vado.
Scese dal palco per venirmi incontro, me lo ritrovai di fronte a petto nudo e mezzo sudato. Deglutii per restare calma e non mostrarmi nervosa.
-Non ti ha soddisfatta?- Ripeté al microfono ed io negai con il capo; lui fece una strana smorfia con le labbra. -Bene. Vediamo se questo ti soddisfa.


*****

Me si nasconde dietro qualsiasi cosa perché si vergogna.
SALVE!
Sì, ho un problema molto grave, non riesco a mantenere alcune promesse; avevo detto, da qualche parte, che mi sarei presa una bella vacanza da EFP e invece eccomi qua a “pubblicare” (non trovo mai un verbo adatto) questa COSA. La verità è che ero troppo curiosa di sapere i vostri pareri e volevo farvi conoscere i protagonisti (che amo e adoro come la pasta col pomodoro) e quindi niente, eccola qua... ZANZANZAN.
Prima di passare ai ringraziamenti, vorrei dire qualche cosuccia:
se siete arrivati fino a qui, avete letto questo capitolo e spero voi abbiate letto la trama nell'introduzione; ecco, vorrei precisare che NON ho preso spunto da NESSUN libro né film. Molto tempo fa, quando sul mio gruppo facebook avevo accennato alla bozza della trama, mi avevano fatto notare una somiglianza con il film “Prima o poi mi sposo” con J. Lopez e un altro (di cui non so il titolo) con J. Aniston; bene, la mia storia è frutto della mia malsana e malata immaginazione, e non ha nulla a che vedere con il primo film. Non so di che parla il secondo, non l'ho mai visto e non ho intenzione di farlo perché Jennifer Aniston mi sta sulle palle.
Prima che qualcuno mi accusi di aver “rubato” la trama di un film, me ne lavo le mani e tanti saluti.
BENE.
Ringrazio la bellerrima Elle per l'immagine che avete visto su e per aver avuto la pazienza e il coraggio di leggere questo capitolo in anteprima e togliere gli o/errori. La ringrazio anche il bullismo/terrorismo psicologico con cui mi ha obbligato a scrivere, MUAHAHAHA, ti lovvo Ellina bellina.
Se siete arrivate fino a qui siete davvero coraggiose; ringraziate, come me, Roberta, per avermi “convinta” a pubblicare questo primo capitolo.
Ho finalmente finito.
Alla prossima.


   
 
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