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Autore: SassafratRoots    17/08/2012    2 recensioni
Breve racconto in prima persona che parla di una giovane scrittrice che si ritrova sola, come tutti giorni di pioggia, in un bar in periferia.
Incontra varie persone che affrontano ognuna tematiche diverse, profonde o superficiali.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Appunto #Z di una desolante realtà.


                                                                                                  
Pioveva.
I tergicristalli scostavano dolcemente le goccioline che capitavano sul finestrino ed i copertoni delle ruote schizzavano l'acqua ai margini della strada, ai margini delle foglie, ai margini della gente.
Ero riuscita a prendere appena in tempo l'ultimo taxi giallo che avrebbe girato per le strade del Surrey fino a tarda giornata, pronto a portarmi nel solito cafè all'angolo.
Eccolo, che si stagliava in un orizzonte buio di un mattino senza sole.
Buongiorno giorno, buonanotte sole, strano a dirsi, anche se qui succede la maggior parte delle volte.
Mi incamminai di corsa verso la porta del mio rifugio momentaneo, della mia fonte di ispirazioni, della mia colazione mattutina.
Il solito tintinnio mi diede il benvenuto ed il solito tavolino in legno scricchiolò per accogliere me ed i miei pensieri più remoti.


-'Giorno, cosa le porto oggi?
-Salve, un cappuccino, grazie.


Presi il taccuino che tenevo dentro la tasca esterna della borsa e lo poggiai delicatamente sul tavolo, mentre la tovaglia a quadri protestava piegandosi agli angoli.
La pioggia continuava a scrosciare e crepitare contro i vetri appannati che davano sulla veranda del bar, quando l'odore dolciastro del cappuccino mi fece ritornare alla mia vecchia realtà.
Il tepore del cappuccino giocherellava nell'aria, la stessa aria che respiravo insieme ad un gruppo di fumatori seduti accanto alla porta principale, a due ragazzine che mi stavano di fianco e ad un vecchietto che si consolava nella sua giacca a vento.
E' strano come un mondo ne possa contenere benissimo un altro.
Come possa farlo anche solamente una persona.
Mentre le mie labbra screpolate dal freddo assaporavano la bevanda calda e fumante, non riuscì a fare a meno di sentire la stupida conversazione che stavano intraprendendo quelle ragazzine, che si arrampicavano su parole barcollanti e riscendevano la fitta salita inciampando: con o senza tacchi, push up oppure no, perchè l'amore di oggi - d'altronde - si basa sulle taglie dei reggiseni.
Una lieve galassia di latte si stava espandendo sopra lo strato di caffè ed i miei illogici ragionamenti si stavano trasferendo sul block notes.
Incitamenti rumorosi mi trascinarono subito via dal mio mondo parallelo, lasciandomi l'amaro in bocca mentre tornavo alla realtà: erano gli uomini del tavolo accanto.
Parlavano di birra, calcio e donne, tutti e tre oggetti, secondo loro; è strano come due distinti tipi di persona possano chiamare la stessa cosa in due modi diversi: l'uomo la chiama "gara di virilità", la donna "amore".
Sorseggiai la mia bevanda e mi accorsi che potevo già vedere i rimasugli di caffè solubile che guazzavano sul fondo della tazza in ceramica.
Il baccano continuava a provenire da tutti i tavoli della saletta riscaldata, tranne che dal piccolo tavolino che ospitava il vecchietto dai baffoni; presi la mia borsa e mi diressi verso questo.

 
-Mi scusi, posso sedermi oppure è occupato?
-Certo cara, mi farebbe piacere un po' di compagnia.

 
Mi accomodai alla panca in pelle e ripresi il blocchetto.

 -Sa, anche la mia Heloise aveva i capelli uguali ai suoi. Amava molto tenerli raccolti in una treccia che le accarezzava la spalla sinistra, sovrastata da un incantevole fiocco.

 
Non riuscì a dire nulla, per paura di sembrare innopportuna o solamente stupida.

 -Io e lei venivamo sempre qui a bere una tazza di thè, preferibilmente al lampone, il suo preferito. Sa, ho visto come lei guardava quelle due ragazzine e quegli ubriachi, ho visto come cercava di percepire un minimo di sentimento nelle loro parole. E so anche che non è riuscita a cogliere nulla da quei discorsi, perchè non c'era nulla.

 -   Non è possibile essere così superficiali, avranno pur qualcosa a cuore. 

 -L'amore non è più come quello di una volta, basta guardarsi intorno, basta girare gli occhi, non serve neanche scrutare dietro l'angolo. Quand'ero giovane io, "ti amo" si diceva solamente alla donna che poi avresti sposato: sono solamente due parole, ma insieme formano un poema meraviglioso. Adesso viene quasi sempre usato come protezione, come se l'amore fosse un precipizio ed il malcapitato dovesse per forza mettere le mani avanti in modo da non cadere di faccia.
Penso che l'amore non esista più, è sparito insieme alla mia Heloise.
Caspita! Il tempo vola quando si è in buona compagnia.
Mi spiace ma devo proprio andare, oppure affogherò là fuori.
E' stato un vero piacere.

 
-Arrivederla signore! - gli dissi con un sorriso ebete a trentaduedenti.
In effetti, si era già fatto tardi, ma avevo comunque trovato qualcosa da scrivere sul taccuino:


 "L'amore era vecchio, aveva circa qualche miliardo di anni.
L'amore profumava di lampone ed usava agghindarsi con fiocchi e trecce.
L'amore è morto qualche anno fa, quello che si vede adesso è solamente una brutta imitazione.
L'amore si chiamava Heloise, non push up, Becks o tacchi alti."
  
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