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Autore: Nori Namow    17/08/2012    7 recensioni
Trovo la panchina, la mia panchina, quella dove mi sedevo ogni volta che venivo in quel posticino con gli alberi che avevano un odore buonissimo. Mi siedo, sorprendendomi di trovare ancora l' incisione che praticai io il giorno prima di andarmene definitivamente. "Corinne Spencer tornerà qui, promesso!"
E avevo mantenuto la mia promessa. Perchè qui ho sempre lasciato un pezzo di me, un pezzo che ero venuta a riprendermi. Seduta su quella panchina, mi ricordo di un bambino con i capelli ricci e gli occhi verdi che si sedeva sempre vicino a me, ma non parlava mai. Ero timidissima, e avevo dieci anni. Lui probabilmente ne aveva undici. Non mi azzardai mai a rivoglgergli la parola.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I'm still here for my memories. You did a promise, Corinne.


I'll find you somewhere 
I'll keep on trying 
Until my dying day 
I just need to know 
Whatever has happened 
The truth will free my soul 

Lost in the darkness 
Tried to find your way home 
I want to embrace you 
And never let you go 

Somewhere- Within Temptation
Otto anni. Erano otto anni che non tornavo al mio paese nativo.


Otto anni, e tutto era cambiato.

Ricordo a stento quando, a dieci anni, i miei genitori mi dissero che ci saremmo trasferiti nella caotica ma bellissima New York. L' Inghilterra mi era mancata, quel piccolo paesino mi era mancato.

Oggi, a diciotto anni, mi ritrovo a passeggiare per quelle strade che percorrevo sempre da bambina con Mickey, il mio cagnolone. Arrivo nel posto che desideravo tanto vedere, la mia vecchia casa. Chissà quanti ricordi, quante persone hanno percorso dopo di me questo marciapiede, quante coppie di sono dichiarate e quanti invece si sono detti addio. Osservo nostalgica la piccola villetta bianca, sorrido tra me e me mentre i ricordi mi trasportano come se fossi al centro di un uragano. I miei vecchi amici, di sicuro erano cambiati, sicuro erano diversissimi. Forse non si ricordavano nemmeno di me, la piccola e gracile Corinne Spencer, la bambina dai capelli ondulati e neri come la pece, con gli occhi grigi come nuvole che portano pioggia. Non ero cambiata da allora, ero solo... cresciuta. Sì, a New York ho amici, ma mi sono sempre chiesta cosa mi avrebbe regalato la vita se non fossi mai andata via da qui. Due ragazzi fanno una gara di velocità in bicicletta, diretti probabilmente al parco. Quel parco, quanto mi era mancato! La quiete di quel posto era idilliaca, c'erano solo dei bambini che giocavano e degli anziani che coversavano, accompagnati dagli adulti che facevano attività fisica. Trovo la panchina, la mia panchina, quella dove mi sedevo ogni volta che venivo in quel posticino con gli alberi che avevano un odore buonissimo. Mi siedo, sorprendendomi di trovare ancora l' incisione che praticai io il giorno prima di andarmene definitivamente.

"Corinne Spencer tornerà qui, promesso!"


 
E avevo mantenuto la mia promessa. Perchè qui ho sempre lasciato un pezzo di me, un pezzo che ero venuta a riprendermi. Seduta su quella panchina, mi ricordo di un bambino con i capelli ricci e gli occhi verdi che si sedeva sempre vicino a me, ma non parlava mai. Ero timidissima, e avevo dieci anni. Lui probabilmente ne aveva undici. Non mi azzardai mai a rivoglgergli la parola.
Chiudo gli occhi per un minuto, lasciandomi travolgere dai ricordi. Una lacrima sfugge al mio controllo, ma lascio che mi accarezzi la guancia. Quanto mi era mancata l' Inghilterra. Sento qualcuno tossire affianco a me per attirare la mia attenzione. Apro gli occhi, e il ragazzo seduto affianco a me mi guarda con aria interrogativa. Noto che ha i capelli ricci e gli occhi di un verde meraviglioso. Mi scruta, come in pensiero, come se gli ricordassi qualcuno.
 
«Scusa ma.. Questa è la mia panchina. Non voglio sembrare possessivo -aggiunge in fretta- è solo che... Sono dieci anni che mi siedo sempre qui ed è strano trovarci qualcuno» conclude sorridendo timidamente.
Non si ricorda di me, penso divertita. Come biasimarlo, sono cambiata tantissimo.
«Questa scritta qui» chiedo indicando la mia incisione sulla panchina «sai chi l' ha fatta?»
«Si, anche se non la conoscevo. - mi dice sedendosi accanto a me- Era una bambina per la quale avevo una cotta pazzesca.» conclude ridendo, tornando con la mente a dieci anni prima.
«Ha scritto che sarebbe tornata. Lo ha promesso.»
«Lo so. È per questo che mi siedo sempre qui. Aspetto che mantenga la promessa che ha fatto. È come se l' avesse fatta un pò anche a me, capisci?»
Annuisco, facendogli capire che può continuare a raccontare.
«Io c'ero il giorno in cui l' ha incisa, la promessa. Mi ero seduto accanto a lei, e stava trafficando con le forbici per scrivere le ultime due lettere. Ricordo che aveva il viso pieno di lacrime, e quando mi vide se ne andò. Se avessi saputo che quella sarebbe stata l' ultima volta che l' avrei vista, probabilmente le avrei parlato dal primo momento in cui i miei occhi da bambino avevano incrociato i suoi.» conclude timidamente, con un sorriso nostalgico sul volto perfetto.
«Non mi dirai che sei ancora innamorato di lei. Avevi .. quanto..undici anni?» dico sorridendo, prendendolo in giro.
«Forse. Tu come lo spieghi aspettare otto anni una persona che vorresti con te per sempre?» mi chiede guardandomi negli occhi.
«Lo chiamo amore. O stalking.» aggiungo scoppiando a ridere per rendere il momento meno triste.
A dieci anni eravamo così ingenui, così puri, innamorati di un fiore, di un animale, dell' amore stesso. Pensavamo che l' amore fosse fatto di sorrisi e baci sulla guancia. Poi crescendo, abbiamo capito che l' amore si deve tenere stretto con le unghie e i denti, bisogna farsi del male. Ma quell' amore, era così.. semplice. E lui era lì, dopo otto anni, e mi aspettava ancora, senza sapere che la bambina che cercava era lì di fronte a lui.
«Come era lei?» chiedo ad un tratto, distraendolo dai suoi pensieri.
«Oh, vedi, era la bambina più bella che avessi mai visto.Era intelligente, nonostante la sua piccola età. Era scaltra, furba, orgogliosa, testarda. Ma nei suoi occhi potevi leggere la dolcezza, la fragilità. Aveva dei capelli nerissimi e ondulati, e i suoi occhi, Dio, i suoi occhi erano qualcosa di bellissimo. Occhi grigi come la cenere, ma era come se brillassero di luce propria. Ogni volta che mi andavo a sedere vicino a lei, su questa panchina, notavo che arrossiva e faceva di tutto per nasconderlo. Darei tutto per sapere dove si trova adesso, poterle parlare.» sorride, evocando la bambina dei suoi ricordi, sperando con tutto se stesso di averla accanto.
«E lei? Tu le piacevi?» chiedo, sempre più curiosa delle sue risposte.
«Non lo so. Forse un pò. Nelle rare volte in cui i nostri sguardi si incrociavano, mi sentivo felice, felice dentro. Ricordo che dissi ai miei amici che avrei dato volentieri tutti i miei giocattoli per poterla guardare ogni volta che volevo. Immaginavo di trovarla mentre camminavo, sperando che mi chiedesse di giocare con lei a nascondino.» mi guarda negli occhi, felice di poter condividere dei ricordi intimi con una sconosciuta.
«Sai, credo che dovresti crederle. Le promesse fatte dai bambini, sono le più sincere. Specialmente se incise su una panchina.» aggiungo sorridendo appena.
«Sì, so che tornerà.» dice lui, ricambiando il sorriso. Ha un sorriso perfetto e bellissimo.
«Cosa le dirai quando tornerà?»
«Le dirò che io ero quel bambino che si sedeva sempre vicino a lei quando aveva dieci anni. Che mi piaceva tantissimo, che per me era la bambina più bella del mondo. Che ho sempre creduto nella sua promessa, aspettandola per tutto questo tempo. Le dirò che per lei ho lasciato Helen, la mia ex ragazza, solo perchè non aveva i suoi stessi occhi. Perchè io mi sono innamorato di lei a undici anni, e non ho mai avuto la forza, nè la voglia, di smettere. Perchè immaginarla al mio fianco mi è sempre bastato. Perchè valeva di più immaginare un suo bacio che riceverne cento da un' altra ragazza che non fosse lei. Le dirò che l' ho immaginata spesso crescere, avere la sua prima cotta, il suo primo ragazzo. Le dirò che avrei desiderato essere suo amico, il suo ragazzo, tutto ciò che le serviva. Le dirò che avrei desiderato picchiare chiunque l' avesse fatta piangere. Perchè lei era la mia Biancaneve, e non doveva mai piangere.»
«Biancaneve?» chiedo curiosa. Quindi per lui ero.. Biancaneve.
«Si.. Bianca come la neve, labbra rosse come il sangue. Ero un bambino, e ho conosciuto il suo nome solo grazie a quella promessa incisa tra legno e lacrime.»
Sorrido appena, lo immagino sbarrare gli occhi dopo aver capito chi sono realmente. «Se io invece fossi lei, ti direi che tu sei il ragazzo della quale mi ero innamorata ad appena dieci anni. Ti direi che volevo che fossi tu il primo a parlare, che avrei desiderato averti sempre accanto. Ti direi che ti cercavo sempre tra la gente, quando uscivo, che quando ero per le strade di New York speravo in tutti i modi di trovarti. Ti direi che ho lasciato il mio ragazzo, Kevin, solo perchè non aveva i capelli ricci, nonostante gli occhi fossero verdi. Ti direi che ti ho immaginato crescere, avere la tua prima volta, la tua prima cotta, la tua prima ragazza. Ti direi che ti amo, anche se un amore così io non l' avrei mai concepito. Perchè non ci avrei mai creduto se non l' avessi vissuto.»
Mi guarda, forse sta capendo qualcosa. Guarda i miei occhi, mi studia i capelli. Forse ha capito.
«Da come ne parli, sembra che sia proprio tu.» dice piano, sorridendo appena. Continua a fissarmi pensieroso. "Sono io! Guardami, sono io!" cerco di dirgli telepaticamente.
«Come la riconoscerai?»
«Non lo so.»
«Non lo sai?»
«No, non lo so. Forse mi dirà con nostalgia che quella scritta l' ha incisa lei, che ha fatto una promessa.»
«Non sapresti riconoscerla guardandola negli occhi?»
«Si, forse se guardo i suoi splendidi occhi, sì.»
"E allora guardami!" pensai disperata.
«Tu, hai mai visto un amore così?» chiede ad un tratto, guardandosi le scarpe.
«Abito a New York. Ci sono tantissime persone. Sì, ho visto un amore così, ma non nella Grande Mela. L' ho visto, ed è un amore bellissimo.» Mi alzo, consapevole che forse il destino ha in serbo altro per noi. Era un amore speciale, il nostro, ma forse non era destino dargli vita. Si alza anche lui, mettendosi di fronte a me.
«Comunque piacere, io sono Harry. Harry Styles, il ragazzo che ti confonde con il suo strano passato.» Mi porge la mano ridendo. 
Forse no. Forse il destino questa volta non c'entrava. Ero ritornata, e lo avevo incontrato appena avevo iniziato a pensare a lui. Forse era il nostro turno, adesso. Il tempo ci aveva messo alla prova, e noi l' avevamo superata. Perchè io gli avevo fatto una promessa, e gliene avrei fatte tante altre.
«Ciao, Harry. Io sono Corinne. Corinne Spencer, la ragazza che ha mantenuto la sua promessa.»
Mi sorride, un barlume di consapevolezza gli attraversa gli occhi. In un attimo si avvicina a me e poggia le sue labbra sulle mie. Un bacio semplice, asciutto, dolce. Un bacio che entrambi aspettavamo da otto, interminabili, anni.






Occhei, questa oneshot l' ho scritta proprio così alla cacchio di cane.
Non so, ho cercato di essere strappalacrime, senza successo.
Mi è venuta in mente quesa oneshot ascoltando Somewhere- Within Temptation.
Vi consiglio di ascoltarla come sottofondo :3
Recensite, voglio sapere se vi fa schifo, minchia! çç
Leggete anche le altre. Vi amo.
   
 
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