Piccolo
esperimento, ideato grazie ad un momento di ship compulsivo, mentre
giravo
annoiata su internet ieri mattina. Andiamo, a chi non viene una voglia
improvvisa di Gerita ogni tanto?
Comunque,
nulla
di troppo impegnativo, una OS con 500 parole tonde tonde.
“Déjà
Vu”
{Esso
consiste nella
sensazione di aver già visto un'immagine
o
di aver già vissuto
precedentemente un avvenimento
o
una situazione che
si sta verificando}
Dedicata
a Sara.
♥
Le piccole scarpette d’Italia
ticchettavano sul pavimento di marmo, risuonando nella grande
– e in quel
momento, silenziosa – casa di Austria, scandendo ogni secondo
che passava.
Italia si stava dirigendo verso la camera
di Sacro Romano Impero, con in mano un’enorme – e
pesante - vassoio d’argento,
contenente un piatto di porcellana colmo di zuppa.
Questa sera, è stata la terza in cui
Sacro Romano Impero aveva saltato la cena. Il piccolo Italia aveva
osservato
triste l’espressione di Austria poche ore prima, a tavola.
“Se continua di
questo passo …” le parole gli morirono in gola,
preso dallo sconforto.
Ed è così che Italia,
infrangendo la regola
che non gli permetteva di entrare in cucina, prese la zuppa rimasta in
più e si
affrettò a raggiungere la camera del bambino.
Quando fu davanti alla porta di legno
scuro, appoggiò il vassoio per terra, e si allungo per
aprire la porta.
Già da lì poté
scorgere la piccola
figura, seduta su una vecchia poltrona circondata da libri.
“Shinsei Roma …”
sussurrò. Riprese il
vassoio, e silenzioso si avvicinò alla poltrona.
Sentì un
lieve ronfare. Sul volto d’Italia si
dipinse un sorriso, nel vedere Sacro Romano Impero addormentato su un
libro
aperto, con un’espressione di
serenità
sul volto.
Poggiò il vassoio su un tavolino poco
lontano, e sempre silenziosamente, prese dei libri e li
impilò vicino alla
poltrona, a formare
un scaletta.
Italia ci salì sopra, e arrivata
all’altezza dell’Impero, si protese in avanti e
schioccò un lieve bacio sulla
sua guancia.
Inconsciamente, Shinsei Roma sorrise e arrossì, provocando in Italia un leggero risolino che mozzò subito, per non interrompere i suoi sogni.
Capitava
sempre
più spesso, che Ludwig si portasse il lavoro a casa.
Non
che a
Feliciano dasse molto fastidio, ma era preoccupato per il fatto che il
tedesco andasse
a dormire alle due di notte per finire tutto.
Gli
aveva già
detto che a lui non dava fastidio se rimaneva un po’ di
più a lavoro senza
portarsi tutte quelle scartoffie appresso, ma Ludwig non volle cambiare
idea:
“Se rimango di più a lavoro, non avrò
il tempo di stare con te, no?” gli disse.
Feliciano
non
poté fare a meno di sorridere per quella frase, ma faceva
sempre le ore piccole
per lui, e gli dispiaceva.
Guardò
l’orologio sul comodino e sospirò: mezzanotte e un
quarto. Scostò le coperte e
si alzò, deciso a far andare a letto Ludwig a tutti i costi.
Con
passo deciso
si avviò verso il salotto, pronto a sfoderare i suoi occhi
da cucciolo per
convincere Ludwig ad andare a letto. Ma lì, trovò
tutt’altro che un Ludwig a
lavoro: la testa
appoggiata sul tavolo,
con tutti i ciuffi biondi sparpagliati sulle tante scartoffie. Un lieve
russare
proveniva dall’uomo.
Feliciano
fece
marcia indietro, aprì le ante del piccolo armadio nel
corridoio e afferrò un
plaid blu. Tornò nel salone, si avvicinò a Ludwig
e con delicatezza poggio il
plaid sulle sua spalle. Prima di andarsene, depositò un
bacio sulla sua
guancia.
«Oh, ho avuto un
Déjà vu.»