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Autore: Itsallaboutmeandyou    18/08/2012    5 recensioni
Il giorno in cui Tom e Mark si conoscono da 20 anni, quest'ultimo gli dice di aprire un portafortuna in cui è celato qualcosa. [ Mark / Tom ]
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Avrei voluto dirgli tante cose.
– Ti odio! – Tuonai attaccando il telefono.
Ma solo quella più stupida uscì dalla mia bocca.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tatatata, tatatatatata~ *squillio di trombe* è il vostro autore che vi parla! Siate clementi, è la prima storia che scrivo su questa coppia che A-M-O.
Spero vi piaccia.

 
 
Ero in un hotel. Una stanza carina, non c’è che dire. Beh, sai, quando ti ritrovi da solo in una stanza da albergo ci sono poche cose che puoi fare. Ero stanco, ma era mattina e mi sarei dovuto alzare dal letto, anche se non avevo nessuna voglia. Avevo passato quasi 3 giorni in quell’hotel ed era sempre stata la solita palla, anche se non era colpa del posto, ultimamente sentivo come se non avessi mai concluso qualcosa nella mia vita; tutti i giorni mi alzavo da quel letto e tutto mi pareva uguale. Mancava qualcosa, già. Eppure io avevo una moglie, due figli, senza contare i Blink…E Mark, il mio migliore amico. In questi giorni, lontano da tutto e da tutti, lui è stato l’unica eccezione, è stato l’unico che ho sentito. Forse era lui una delle cose che mi faceva ancora sentire vivo: voglio dire, ne abbiamo passate tante insieme, come lui diceva: “Io e Tom siamo la stessa persona in due corpi differenti”. Il mio sguardo improvvisamente ricadde su un piccolo portafortuna che lui stesso mi regalò anni fa per il mio compleanno, era una sorta di piccola custodia chiusa da un lucchetto: sembrava molto fragile e mi aveva detto di non aprirla mai. La cosa mi ricordava un po’ il vaso di Pandora, anche se, vorrei aver saputo prima il contenuto di quel portafortuna, altro che tutti i mali del mondo, ne era custodita la cosa più preziosa della mia vita. Come dicevo, sentivo un profondo senso di mancanza, ma non avrei mai saputo che quella sarebbe stata l’ultima volta, l’ultima mattina che mi sarei sentito così. Improvvisamente, lo squillare del telefono mi fece distrarre dai miei pensieri. Risposi.
-         Ti ho svegliato? – Era Mark.
-         No, per niente – Risposi.
-         Hai per caso dimenticato che giorno è oggi? – Lo sentivo un po’ strano.
-         Emh…Sì. –
-         Sei un imbranato DeLonge, sempre il solito. Oggi sono 20 anni della nostra amicizia. –
-         Non c’è qualcosa sotto? Non sei così romantico di solito. – Chiesi io. - …Sì, infatti ti avevo detto che avevo una sorpresa per te, vero? Bene…Apri la custodia portafortuna che ti ho regalato anni fa – Disse tutto d’un fiato. – …Non odiarmi. – Aggiunse a fatica.
Mark era troppo strano, non si era mai comportato così. Cosa c’era di così importante in quel portafortuna? Lo presi di scatto e mi incantai a fissarlo: come avrei mai potuto romperlo? Era un dono al quale ero tanto affezionato, anche se la curiosità di sapere cosa ci fosse dentro, soprattutto per la sua evasività, era troppa. “Lo rompo o non lo rompo?” pensavo. Stavo per romperlo, ma poi mi accorsi che potevo semplicemente forzare il lucchetto; così feci. Finalmente dopo tanto tempo quella custodia vedeva la luce del sole. Al suo interno vi erano una foto di Mark e me abbracciati: rimasi a fissarla per un po’ di tempo incantato, ma poi mi riportò alla realtà un pezzo di carta, che si rivelò essere una lettera.
 
Caro Tom,
forse non leggerai mai questa lettera, e la cosa mi rammarica, perché ciò starebbe a significare che per tutta la vita sarò stato così tanto codardo da non farti aprire mai quella custodia. Se la stai leggendo significa che un po’ di palle ce le ho dopotutto. In questo pezzo di carta ti racconto tutta la verità, tutto ciò che sento e che non riesco ad esprimere a parole, o da vicino, perché vedi, io…Non so come scrivere quello che sento per te. Ho cercato di convincermi che quello che provavo per te era solo amicizia e ho sposato Skye, pensavo di essere finalmente tornato “normale”, ma non è stato così. Mi odio per come sono e probabilmente mi odierai anche tu.
Ti prego, perdonami. Sei l’unica persona che io abbia mai amato.
Mark.
 
Non ci potevo credere. Stavo rileggendo più e più e volte la lettera e mi strizzavo gli occhi, pensando che quello che avevo letto era solo un frutto della mia immaginazione. Una lacrima rigava il mio volto, e il cielo sembrava seguirmi: aveva iniziato a piovere leggermente. Lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo. Perché cazzo non mi aveva mai detto prima quello che sentiva? Volevo urlare, spaccare tutto. Guardai per qualche secondo una foto di me e lui che ci aveva scattato Trav, mentre eravamo al mare e mi tornarono alla mente dei ricordi, in quella soleggiata giornata: “Lo sai, Hot pants, con quello smalto nero sulle unghie potresti essere la mia ragazza ideale.” mi disse. Complimenti, DeLonge, sembri proprio una ragazzina, stai piangendo per la seconda volta nello stesso giorno.Ma come avevo fatto a non rendermene conto prima? Fissai i suoi occhi azzurri, il suo viso, il suo sorriso era stupendo…Quella che provavo per lui non era semplice amicizia, non lo era mai stata. La mia testa era piena di pensieri, cosa aveva spinto entrambi a reprimere il nostro sentimento per tutto questo tempo? Il cervello elaborava pensieri sempre più inconsistenti mentre io cercavo di ricordare e ricostruire tutto il nostro passato insieme, ogni singolo momento. Cosa ci aveva spinto a non dichiararci mai? Il trillo del telefono mi distolse dai miei pensieri, risposi senza neanche vedere chi era.
-         Tom…- Una voce calda ed inconfondibile. Quell’affermazione in sospeso, sottintendeva: “Hai letto la lettera?”
Avrei voluto dirgli tante cose.
 
 – Ti odio! – Tuonai attaccando il telefono.
 
Ma solo quella più stupida uscì dalla mia bocca.
 
Mi gettai sul mio letto in lacrime, facevo schifo, mi consideravo un reietto, lo amavo, ma allo stesso tempo lo odiavo, come aveva potuto nascondermi questo per tutto il tempo?
 
-         Ti odio Mark Hoppus! –
Gridavo mentre battevo i pugni sul cuscino che si riempiva via via di lacrime. Sembravo un adolescente, ma la cosa non m’importava affatto. Ero solo io e la mia tristezza. Mi assopivo sempre di più.
 
 
 
Quando mi risvegliai, mi sembrava di scendere da un altro pianeta. – Ma che ore sono? – Mi chiesi ad alta voce. – È tardissimo! – Erano le 19. Avevo dormito decisamente troppo! Pensai che tutto quello che era successo prima era stato solo un brutto sogno, poi presi sempre più coscienza e mi accorsi che era tutto reale. Fissai ancora la foto, sembrava tutto così bello. Mi misi sul letto a piangere di nuovo. Come facevo ad accettare lui, se prima non accettavo me stesso? Una voce interna mi diceva: “DeLonge, vuoi startene qui come un pappamolla per sempre? Prendi in mano la tua fottuta vita!”

Sospirai e strinsi i pugni e decisi che era proprio quello che dovevo fare. Prendere in mano la mia fottuta vita, una volta per tutte.
Più veloce che potevo, presi tutte le mie cose, pagai l’hotel e decisi a partire verso la sua casa, era solo. La mia fottuta macchina non partiva, scesi e andai a sistemarla. Fuori la pioggia stava diventando un acquazzone e io in pochi minuti fui tutto bagnato. Mi scostai il ciuffo bagnato dalla fronte e cercai di mettere in sesto l’auto, ma non si decideva a partire. Fanculo! Diedi un calcio all’auto e corsi, feci una corsa disperata verso quella casa, non m’importava quanto lontano fosse, sapevo solo che dovevo arrivarci. Non m’importava di correre sotto il diluvio. Non m’importava che ero sempre più spossato e la meta sembrasse sempre più irraggiungibile. Non m’importava più di nulla. È buffo il fatto che per anni, nonostante tu sia vivo e vegeto, non faccia mai niente di concreto, e poi decidi di prendere in mano la tua vita in un secondo. Parevano secoli, ma…Eccola lì, quella casa. Bussai disperatamente. Avevo il fiatone, ero zuppo fradicio, non mi reggevo più in piedi, non avevo più ossigeno nei polmoni. Mi ero quasi accasciato a terra dallo sforzo. Lui aprì con uno sguardo triste nel trovarsi me davanti. – Tom, io… - Mi rialzai di scatto e attaccai violentemente le mie labbra alle sue. Lo baciai appassionatamente, carico di desiderio, sarei rimasto così per sempre. Stavo stuprando la sua bocca con la mia. Gli donai le mie ultime energie, ma lo feci nel modo giusto. Mi accasciai a terra, sentivo come se fossi dovuto morire da un momento all’altro.
 
 
Erano le due, finalmente aprii gli occhi. Ero in biancheria sotto le coperte. Mi sentivo in fiamme. Vidi i miei vestiti bagnati sulla sedia. Lui era accanto a me, il suo sguardo dolce e i suoi bellissimi occhi azzurri mi erano vicini; mi stava accarezzando soavemente i capelli. Adoravo quando si prendeva cura di me, mi sentivo in paradiso. Finalmente si decise a parlare: - Finalmente ti sei svegliato, eh? –
-         Dai che in realtà ti piace vedermi dormire… -
-         Confesso! – Ci mettemmo a ridere.
Mi guardò negli occhi e prese ad accarezzarmi il petto – Tom, non trovo le parol…-
Misi il dito sulla sua bocca e lo zittì – Non devi aggiungere altro. Ora tocca a me. Vedi Mark, ho sempre provato qualcosa di speciale per te, ho sempre pensato che fosse amicizia, però tutte le volte che scherzavamo sulla nostra relazione, dicendo di essere gay, beh, solo ora mi rendo conto che mi piaceva…- Mark alzò un sopracciglio - …Mi piaceva sentirtelo dire. Non lo sapevo, ma volevo stare insieme a te…Ecco, vedi? Non sono bravo con le parole e mi vengono in mente solo questi esempi coglioni, ma tutto ciò che voglio dire è che ti amo, Mark Allan Hoppus. -
- Anch’io ti amo, Hot pants. – Iniziai ad accarezzargli la gamba notando che la cosa gli faceva effetto. – Ti voglio mio. – mi sussurrò in modo sexy nell’orecchio. Per tutta risposta io gli sussurrai nell’orecchio: - Let’s make this night last for ever. – Ero tutto un fuoco, non solo perché avevo probabilmente un febbrone. Gli tolsi i vestiti e lui mi sfilò i boxer. Leccava il mio petto, soffermandosi sui capezzoli, provocandomi sensazioni fortissime, finché non scese sempre più giù.
Eravamo quasi al punto cruciale: - Fai piano con quelle dita! – gli dissi a metà tra il dolore e il piacere. – Rilassati… - Mi disse – E poi, oggi mi hai interrotto per ben due volte mentre parlavo, non pensi di meritare una punizione? – Ridemmo. Anche se le risate durarono per poco, lasciando spazio prima al dolore, visto che ora mi trovavo sopra di lui, poi al piacere. Stava affondando dentro di me.
 

 
 
 
 

Era passato un anno da quando Mark era andato via per un brutto male. E sinceramente non ricordo quanti anni siano passati da quella notte. So solo che lui per me è ancora vivo. Forse tra poco giungerà anche la mia ora. Devo dirlo, è stata proprio una vita fantastica.. La musica, Mark, e...Anne, le cose che ho amato di più. Non ho alcun rimpianto
- Anne! Puoi venire qui? Porta i fiori! – Gridai. Fece come le avevo chiesto, e appoggiai i fiori sulla tomba di Mark. Anne era una ragazza di 20 anni di origine australiana dai capelli rossi e dalla pelle chiara, avrei voluto chiamarla Lena, perché somigliava in modo impressionante a Lena Katina delle t.A.T.u., ma quel testone di Mark mi convinse che avremmo dovuto chiamarla Anne, in onore della zia. E sinceramente non me ne sono pentito. Non mi sono pentito di niente.
  
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