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Autore: LeFleurDuMal    18/08/2012    1 recensioni
Idealmente ambientata dopo gli avvenimenti dei Thor, The Avengers e un lasso di tempo indeterminato. Loki ha subito la sua punizione per mano di Odino e si trova a scontarla a Midgard. Thor lo raggiunge per vedere di chiarire un paio di cose insieme a suo fratello.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LO SPLENDORE DELL’ORO

LO SPLENDORE DELL’ORO

 

 

 

Titolo: Lo Splendore dell'Oro
Capitolo: 1. Midgard
Parte: 1/4
Personaggi: Thor e Loki, dalla Marvel con furore.
Cose: La storia e il capitolo in origine contenevano scene sessualmente esplicite che sono state eliminate per rispetto al sito ospite. L’omissione non toglie nulla alla lettura della storia che segue, ma chi fosse interessato alla lettura integrale può trovarla QUI. Per la straordinaria interpretazione di Loki si ringrazia Shinji.

 

 

 

 

1.  Midgard

 

La contea di Nordland era bagnata da un mare plumbeo e da un cielo bianco, tinto di nubi che si specchiavano nell’acqua e trasformavano tutto in un cupo gioiello d’argento, in perenne movimento.

In mezzo si stagliava la terra.

Una landa ruvida, di rupi spezzate, fiordi e distese violente di alberi rosseggianti, con le cime sempre piegate dal vento.

Thor spinse indietro i capelli, nella raffica furiosa, e lasciò vagare lo sguardo nel buio della foresta: un gesto familiare, che aveva compiuto molte volte a caccia o quando aveva passeggiato a cavallo. La terra di Norvegia non era molto dissimile dalle pianure incolte che circondavano Asgard, la città d’oro degli dèi.

“Dove sei, Loki?” domandò a se stesso e al vento.

Si inoltrò tra gli alberi, un passo dopo l’altro, il mantello scarlatto che vibrava violento nel paesaggio gelato.

Dopo la sua presunta morte sullo spezzato ponte del Bifrost e dopo la lotta contro i Vendicatori a New York, Loki era stato giudicato da Odino in persona per la propria condotta.

Il Padre di Tutti, però, non era riuscito a essere troppo feroce con lui. Ancora lo considerava suo figlio.

E adesso Loki, allontanato da Asgard e controllato strettamente, seppur a distanza, aveva trovato rifugio a Midgard.

Lontano dagli Stati Uniti e dai luoghi che lo avevano visto contrapporsi a lui, Thor, e ai Vendicatori. In un luogo meno colorato, meno chiassoso. Più familiare.

L’Europa del Nord, la terra di Norvegia, la contea di Nordland. Così simile alle lande che circondavano Asgard.

Thor sapeva di essere vicino, mente assottigliava gli occhi in due lame azzurre per scandagliare tra il fitto dei tronchi. Indugiò con lo sguardo su una radura che si apriva tra gli alberi cercando un raggio di luce pallida dal cielo e rimase incerto.

Lui avrebbe scelto quel luogo, così raccolto e arioso. Ma Loki?

Passò il peso da una gamba all’altra. Loki avrebbe scelto l’intrico della foresta, invece. Fece una smorfia, perché avrebbe dovuto continuare a inoltrarsi.

Guardò la radura con più intensità, nella sciocca speranza che, magari, Loki Laufeyson sarebbe potuto apparire lì, se lui lo avesse desiderato con abbastanza convinzione.

Naturalmente, Loki Laufeyson non apparve e il figlio di Odino affondò tra gli alberi.

La foresta era gelida, tutt’attorno, coperta da un sottile strato di neve. Quando il vento fischiava tra i rami, urlava come una donna ferita.

“C’è del ghiaccio a terra, Odinson. Si potrebbe scivolare.”

Thor si girò appena a guardare da sopra la spalla.

Eccolo lì, suo fratello. Con l’armatura a raccogliere i riflessi di luce, lo scettro stretto in mano, avanzava silenzioso apparendo e scomparendo tra gli alberi.

“Loki. Ci ho messo secoli a trovarti.”

“Non sai dove cercare.” Sogghignò. “Come al solito.”

“Ma alla fine, ti trovo sempre.”

“Mi faccio trovare” puntualizzò.

Thor sospirò e coprì la distanza che li separava in due ampie falcate, appoggiando la mano a un tronco umido, per piegare il viso accanto a quello di lui.

“Fratello…” cominciò.

“Non lo sono, tuo fratello” sibilò Loki. “Non capisco perché tu sia qui. Come ben sai, non ho molto da raccontarti. Il luogo in cui mi trovo, le condizioni che sono state poste su di me, non mi permettono grandi attività. Con la benevolenza di Odino, ovviamente.”

Disse l’ultima frase col tono garbato che nascondeva una collera gelida e sottile.

Thor gli lanciò un’occhiataccia.

“Dovrai pur fare qualcosa” sospirò. Sedette su un tronco spezzato – il furente lavoro di un fulmine, notò – e si tolse l’elmo, passando la mano tra i capelli. “È da molto che non ho tue notizie.”

“Temi, Thor Odinson?”

Loki scomparve davanti a lui, come ingoiato dal vento. Un battito di ciglia e gli comparve alle spalle, appoggiando entrambe le mani sulla sua schiena. “Temi che stia tramando qualcosa ai danni della tua amata Midgard?”

Thor non si voltò. Che fosse un chiaro segno per Loki del fatto che non lo temeva.

“Dovrei?”

“Dovresti. Quello che non dovresti è fidarti di me.”

Adesso Thor si girò a guardarlo. Ebbe in risposta il solito vago sorriso.

“Loki. Cosa devo fare con te?”

“Ti aspetti da me una risposta? Non impari mai.”

“Neanche tu impari mai, vero?”

Fu il suo turno per un mezzo sorriso. A dire il vero se lo sentì allargare sulle labbra e se lo concesse ampio, sornione.

Un movimento rapido, economico, di uomo abituato alla battaglia. Senza nemmeno darsi troppa pena di alzarsi, ribaltò Loki sul terreno umido, morbido di muschio. Loki spalancò gli occhi verdi nella sorpresa ed emise uno sbuffo. Per un momento, fu come tornare a quando avevano dodici anni e non c’era tra loro nessuna ostilità se non la furia indomabile del gioco.

“Imbecille!” sussurrò Loki. Poi divenne vento, di nuovo, sottraendosi alla sua presa, e ricomparve qualche passo più in là, oltre il tronco, l’espressione oltraggiata di un gatto sorpreso a cadere dal tavolo.

Si spolverò i vestiti, elegantemente.

“Anche quando questa situazione avrà trovato compimento” Loki lo dardeggiò con uno sguardo, per poi abbassarlo alla propria mano, che ancora scorreva sul tessuto. “Non farò ritorno ad Asgard. Sono stanco di essere il secondo, fratello.”

Calcò sulla parola e fece un passo, allontanandosi, apparentemente distratto.

“È assurdo, Loki.”

“Assurdo?” Laufeyson scattò come un serpente, girandosi. “Che arroganza, per chi è sempre stato il preferito. Dovrei anche stare ad ascoltarti?”

Agitò il mantello, teatrale, facendo per andarsene, ma Thor gli afferrò il braccio, costringendolo a girarsi.

L’altro gli riservò uno sguardo gelido, ma con il fuoco dietro alle iridi.

“Loki, questa storia non ha fondamento e deve finire. Odino ti ama, Frigg ti ama. Le tue rimostranze sono senza valenza e troveranno chiarimento. “ Lo scosse, come se potesse servire a riportarlo in sé. Poi, come svuotato, appoggiò la fronte alla sua. “E pensare a come potrebbe essere. Tu, al mio fianco…”

“Non sarò l’attendente di nessuno. Io sono nato per essere re!”

Lo spinse via e indietreggiando appoggiò la schiena a un albero. Rimasero a fissarsi così per un tempo indefinibile durante il quale il vento piegò al proprio volere le cime degli alberi, ululando al cielo.

Piano, Loki si raddrizzò.

Cominciò ad allontanarsi, ma non parve correre via. Sembrava di più che si aspettasse di essere seguito.

Thor lo seguì.

Non aggiunse una parola, perché col tempo aveva imparato a conoscere i tempi di dialogo di Loki. Lo affiancò, in silenzio, e camminò al suo fianco nella foresta.

Loki guidò la spedizione nell’intrico dei rami, mantenendo la costa ghiacciata a lato. Impegnandosi, Thor poteva scorgere la linea plumbea del mare, in lontananza tra gli alberi, dove gli occhi di un mortale non sarebbero arrivati.

Si fermò di colpo, quando il fratello gli stese un braccio davanti, immobile.

Con quella stessa mano fece il gesto scenico di scostare qualcosa e l’immagine stessa della foresta davanti a loro si aprì, come Loki avesse sollevato un sipario davanti a loro.

Scenografico. E tipico della sua persona.

“Non avrai pensato che vivessi sotto gli alberi, mi auguro.”

Thor entrò per primo, lasciando che Loki richiudesse la foresta dietro di loro.

Era un’abitazione ampia, un soggiorno a pianta circolare sul quale si affacciavano altre stanze a raggiera, che dall’ingresso poteva vedere appena.

Per linee e arredamento ricordava i saloni di Asgard, sebbene non brillasse delle stesse tinte d’oro. Le ampie vetrate lasciavano penetrare la luce pallida di Norvegia in lame gelate, il metallo delle cromature e i marmi pregiati ne esaltavano il rigore, addolcito appena dal legno decorativo, dai tappeti e dalle pellicce morbide che tappezzavano i pavimenti. Solo il fuoco nel camino crepitava con bagliori che ricordavano lo splendore dell’oro.

“Una delle mie sistemazioni” spiegò Loki. Lasciò svanire armatura ed elmo in favore di abiti eleganti e prendendo il centro del suo soggiorno, per poi scoccargli un’occhiata.

Thor vi lesse sfida e orgoglio, tutto insieme. Gliene fu grato. Capì che con quel gesto stava cercando, alla lontana, la ricostruzione di un possibile rapporto: non si mostra un rifugio a un nemico, altrimenti, né lo si fa entrare.

 

Lo stramaledetto Odinson si spogliò dell’elmo e del mantello prima di accomodarsi accanto a lui a gambe larghe. Loki lo guardò con la coda dell’occhio.

“Vivi qui da solo?”

“Ovviamente. È la mia condizione.”

Spinse in avanti il mento, quando arrivò la mano di Thor sulla testa a scompigliargli i capelli. Ruvida, senza delicatezza, ma affettuosa.

Loki sospirò, senza resistere alla tentazione di rimettersi in ordine. Che fatica doveva fare, con quell’uomo?

Allungò una mano al basso tavolo di mogano, davanti a loro, e dischiuse le dita facendovi germogliare la magia dei ghiacci. Ne ricavò due calici di cristallo finissimo colmi di vino. Allungò la mano di più e ne prese uno.

“Bevi” sbottò. Almeno se ne sarebbe stato zitto.

Sorseggiò il liquido dorato, prendendosi il tempo per farlo girare nel calice e assaporarne l’aroma, mentre il figlio di Odino vuotava il suo bicchiere con entusiasmo e lo fracassava a terra in segno di apprezzamento.

“Ah, un vino ottimo.”

“Certo che lo è.” Loki contemplò il cristallo in frantumi scomparire dal pavimento e lasciarlo perfettamente pulito, poi si sporse all’orecchio di Thor con un sorriso crudele. “I migliori veleni sono quelli più dolci.”

Si era aspettato un’espressione allarmata sul viso di Odinson, alla prospettiva di avere bevuto vino intossicato dalla magia, ma ricevette in cambio solo un sorriso.

“È un veleno solo per chi non sa reggerlo.”

Loki boccheggiò. Era così sciocco da non avere capito l’allusione? Invece pareva averla capita benissimo, tuttavia non aveva creduto alla minaccia, e gli aveva lanciato una sfida in risposta.

Anche Loki fracassò il suo calice a terra e ne materializzò subito altri due.

“Bevi!” ripeté, astioso.

“Cosa c’è, Loki? Vuoi fare a gara?”

Loki sogghignò, ferino.

“Vediamo un po’ chi la spunta, Odinson.”

Bevvero.

Thor sospirò di piacere e si allungò sui cuscini come solo una divinità del nord avrebbe potuto. Terribilmente scomposto e terribilmente regale insieme, le caviglie incrociate e il braccio ripiegato dietro la testa.

“Un altro.”

Loki lo guardò a lungo.

“Bene” disse. Chiese alla propria magia atri due calici e alle proprie scorte dell’altro vino.

Thor vuotò il proprio e si leccò le labbra, come un gatto, piantando nei suoi gli occhi azzurri, brillanti.

Loki produsse un mezzo ringhio. Lo voleva morto.

Pensò che avvelenargli davvero il vino non sarebbe stata una pessima idea, infondo.

Avrebbe potuto farlo.

Invece bevve e poi diede il via a un altro giro.

Bevvero più lentamente. Alla fine Thor ruppe il bicchiere dove aveva mandato a infrangersi gli altri ed esso, come i calici che lo avevano preceduto, si dissolse sul pavimento dopo pochi istanti, senza lasciare traccia.

Loki socchiuse le labbra, guardandolo allentare i cordami di cuoio della tunica di Asgard, liberando il torace.

“Fa caldo in casa tua, fratello.”

“Un altro giro” sibilò, in risposta Loki, tendendosi di più e mordendosi le labbra, trovandole dolci. Passò il calice nella mano calda di Thor che si sollevava appena per alzare il brindisi, spingendogli nel movimento il ginocchio contro la coscia.

Loki vuotò la coppa in un due sorsate, senza smettere di guardarlo con rancore.

“Sei resistente.”

“Più di quanto pensi.”

Loki socchiuse gli occhi. Ma era vero che faceva caldo. Il fuoco nel camino sembrava irrorare la stanza di calore, allentare il corpo. Slacciò il colletto soltanto, non desiderando scomporsi troppo.

Ansimò leggero, mentre una goccia di vino gli scivolava sulla mascella, lungo il collo. E insieme alla goccia gelata sentì lo sguardo infuocato del figlio di Odino che la seguiva, fino all’attaccatura delle clavicole, nell’incavo lasciato tra gli abiti slacciati. Lo guardò stringere in due linee celesti, attente come se fosse pronto all’attacco, i capelli appena scomposti che disegnavano un bagliore dorato attorno alla figura.

Loki stese le labbra a metà tra un sorriso e un ringhio. Non attese che Thor finisse il vino. Gli sottrasse la coppa e la gettò a terra lui stesso, prima di afferrarlo tra le braccia in una zuffa furiosa.

Lo odiava. Come lo odiava.

 

Il mattino dopo, Loki alzò lo sguardo dalla propria tazza e sollevò un sopracciglio, tirando appena le labbra.

Esitò.

“Avanti, ricomponiti” borbottò, davanti al dio del tuono che si era mostrato nell’arcata del soggiorno, appoggiato allo stipite, nudo e con i capelli scomposti che ricordavano la criniera di un leone.

Lo guardò passarsi la mano sulla faccia e sbadigliare. Aveva dormito fino a tardi e non era ancora sveglio del tutto.

Loki sospirò. Perché se lo teneva in casa?

Thor sparì senza una parola, solo per cercare i pantaloni attillati della sua uniforme di Asgard. Vestito a metà si lasciò cadere sulla sedia di quercia lucida accanto a lui, come fosse su un trono.

Allungò la mano e gli sottrasse la tazza.

Dalla sua breve permanenza a Midgard, Loki aveva capito che amava poche cose di quel mondo di stupidi mortali. Una di queste era il caffè.

E Odinson glielo stava bevendo.

Lo dardeggiò con uno sguardo feroce, che l’imbecille si guardò bene dal cogliere, e andò a prendersene ancora, sbottando.

Dalla foresta il sole filtrava pallido e gelido, facendo brillare d’argento l’arredamento sontuoso che Loki aveva scelto per sé.

Per sé e soltanto per sé, non per sé e Thor.

Sibilò qualcosa al suo indirizzo, tornando a sedersi e guardò dall’altra parte, godendosi il caffè bollente.

Profumato, forte.

Sussultò infastidito, sentendo la mano di Thor sulla spalla.

Poi però rimase fermo, senza fare nulla perché la levasse. La sentì arrampicarsi sul collo, affondando le dita ruvide nei suoi capelli. Profumato, forte.

Si sentì in diritto di trafiggerlo con una risposta sgradevole.

“Facevi confusione anche nel sonno, Odinson.”

Scoccò. E bevve un sorso di caffè, soddisfatto.

“Che sciocchezze, Loki. Dormivo.” Lo stupido figlio dello stupido Odino gli inanellò una ciocca alle dita. “Ma ti stavo sognando.”

Loki tirò le labbra sui denti, sentendosi come un lupo sorpreso dalla minaccia del temporale. Gliele diceva con una serenità così lineare, quelle sdolcinatezze senza alcun senso, che aveva sempre il suo effetto.

“Mh. Sentimentale, come al solito” esalò. Bevve il caffè, ne bevve ancora, guardò la gelida luce radente che accarezzava il pavimento di pietra dura e le pellicce lavorate stese accanto al fuoco. Ascoltò le dita del dio dei fulmini sulla sua nuca, bevve un altro sorso e poi si maledisse, perché domandò: “Cosa stavi sognando?”

“Eri con me sulla sponda di un lago” tagliò corto l’imbecille, senza smettere farlo ammattire con la mano tra i suoi capelli. “Nella foresta, dietro il palazzo. Ad Asgard, naturalmente. Hai presente, no?”

“Sì.”

“Eravamo a caccia, forse. Era bello.”

Loki si voltò appena a guardarlo da sopra la spalla e il maledetto lo salutò con uno sguardo pulito, azzurro come il cielo. Imbecille.

“Difficile” ringhiò. “A quel lago si abbeverano pochi animali che tu ami cacciare. Avrai sognato la volta del Binglesnipe.”

“Sì.” Thor sorrise. “Sono quasi sicuro che fosse quella. Sai come sono i sogni.”

“Mescolano ricordi senza troppo significato.” Loki mosse appena le spalle e tornò a voltarsi, appoggiandosi alla mano di Odinson e sapendo bene di mentire, lui che era uno sciamano quanto lo era Odino.

“Tu che ricordi ne hai?”

“Era un mostro che ci aveva dato del filo da torcere. Lo abbiamo combattuto proprio nel lago.” Sibilò Loki, duro. “E io, infine, l’ho ucciso.”

“È stata una bella battaglia. Mi hai salvato la vita.”

Loki strinse le labbra. Sentì la risata giovanile di Thor riempire la stanza ed ebbe voglia di girarsi e mordergli la mano, da staccargli le dita.

“Esattamente” disse invece.

“Me ne ero quasi dimenticato. Dopo gli ultimi avvenimenti.”

L’affermazione colpì Loki come una stilettata.

Si girò, scattando come un serpente e piantandogli gli occhi in faccia. Il proprio sorriso era freddo e tradiva un certo orgoglio, mentre ripensava all’ultima lotta lì a Midgard che aveva visto lui, un dio, contrapporsi ai mortali, allo stesso Thor che adesso dormiva nella casa del suo esilio, e a quel male assortito manipolo di stupidi vestiti – nella migliore delle ipotesi – con le mutande sopra le calzamaglie. Gli Avengers, si facevano chiamare: i Vendicatori.

Che potessero marcire.

“Ho cura di ricordarmi le mie vittorie” disse, gelido. “Thor Odinson.”

Il maledetto gli sorrise in risposta. Più caldo del sole di Norvegia, splendente come l’oro di Asgard.

“Fai bene.” Quasi distrattamente, gli prese la mano, in un gesto affettuoso. Loki avrebbe voluto distendergli il braccio e piantargli un pugno sul naso, invece rimase a guardarlo torvo. Il principe di Asgard appoggiava le labbra sulle sue dita. “Io invece, me ne ricordo altre.”

“Di tue vittorie?” lo canzonò. “Che strano. Ne hai collezionate così poche.”

Thor sospirò.

“Di tue, Loki. Quando la smetterai con questa tua presunta inferiorità?”

Loki sibilò, tendendo i muscoli.

Aveva preparato sulla lingua una risposta tagliente, ma il biondo, forte imbecille lo aveva tratto a sé con un braccio, facendolo appoggiare al proprio petto. Loki tacque, la guancia premuta alla pelle nuda di Odinson, mentre veniva costretto a recuperare dei ricordi antichi, seguendo le parole di Thor.

“Ti ricordi la nostra prima vittoria? Avevamo dodici anni, uno più uno meno. Era una notte d’estate.”

 

   
 
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