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Autore: CharlieMadison1    19/08/2012    1 recensioni
Quando gli porsi la mano, lui non me la diede subito; infatti allungò la manica della propria maglia fino a coprirla e poi molto infastidito mi diede quel pezzo di stoffa che dovetti stringere.
Sgranai gli occhi incredulo e non riuscivo a capire il motivo di quel gesto. Una volta che ci sedemmo a tavola guardai le mani degli altri bambini e compresi: loro avevano le mani bianche, come il latte.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Colore della Pelle.
Stavo guardando che differenza di colore c’è tra l’interno della mano: il palmo e la superficie. Rosa e ocra chiaro.
Mi ricordai di quella volta, tanto tempo fa quando ancora frequentavo le scuole materne, quando la maestra disse ai propri alunni di mettersi in coppia e di prendere la mano del proprio compagno, per andare in mensa e fare colazione.
Quando gli porsi la mano, lui non me la diede subito; infatti allungò la manica della propria maglia fino a coprirla e poi molto infastidito mi diede quel pezzo di stoffa che dovetti stringere.
Sgranai gli occhi incredulo e non riuscivo a capire il motivo di quel gesto. Una volta che ci sedemmo a tavola guardai le mani degli altri bambini e compresi: loro avevano le mani bianche, come il latte.
Passarono gli anni e cominciai ad essere distaccato e freddo nei confronti di chi mi stava accanto. Se gli altri non mi volevano, beh non gli volevo nemmeno io. Spesso avrei voluto essere più forte e non rinchiudermi in questa corazza e sentirmi così debole ma non avevo scelta. Non mi era mai piaciuto essere al centro dell’attenzione ma proprio a causa della mia pelle olivastra, dei miei capelli neri come i miei occhi, io ero comunque diverso.
Cominciai a diventare più sicuro quando incontrai Thomas, un amico vero e fedele. Che non ti giudicava dalle apparenze; una persona a cui non dovevi dare nessun tipo di spiegazione. Perché lui ti capiva.
Diventammo migliori amici e lo stimavo come persona. Lui non si faceva problemi se qualcuno gli parlava alle spalle, no. Prendeva la persona in questione e gli diceva ciò che pensava.
Thomas era diventato il mio nuovo punto di rifermento e sapevo che grazie a lui sarei diventato una persona migliore.
Entrambi avevamo una forte passione per la musica, io suonavo la fisarmonica e lui la chitarra. Prendevamo gli strumenti alla mano e le prime note che ci balzavano in testa, diventavano una melodia.
Pensai a quel pomeriggio che Thomas venne a casa mia senza avvertirmi. Infatti io ero sotto la doccia quando sentii dei rumori provenire dalla casa. Subito pensai che poteva essere mia madre che era tornata dal lavoro e la chiamai più volte ma non mi rispose. Preoccupato uscii dal bagno, mi avvolsi un asciugamano attorno alla vita e andai a controllare. Vidi Thomas.
Lui che mi guardava con quei occhi grandi e verdi, con quei riccioli e morbidi e ben definiti.
«Che ci fai qui?» Domandai.
«Avevo bisogno di parlarti. Ma forse è meglio, che prima tu finisca di farti la doccia. Guarda hai bagnato tutto il pavimento.» Rispose mettendosi una mano dietro la nuca e poi indicando tutte le gocce che mi ero trascinato dietro.
Annuii facendo cenno con la testa. Finii di lavarmi e fresco andai di nuovo dal mio amico.
«Beh, che succede?»
«Sono confuso. Non so che cosa voglio dalla vita. Non ho una fidanzata, i miei genitori non fanno altro che litigare, a scuola faccio schifo...insomma non ho niente che vada bene...» Era tormentato. Lo percepivo dal tono di voce, che prima era basso poi iniziò ad urlare e concluse la frase in un sussurro.
Perché si doveva lamentare? Io che dovevo dire? Ero scuro, non avevo la fidanzata, i miei erano divorziati e a scuola ero peggio di lui, stavo ripetendo la quarta già la seconda volta dopo essere stato bocciato in seconda.
«Non hai la fidanzata, cercala. I tuoi litigano, problemi loro. Si vede che non vogliono stare insieme. A scuola fai schifo, se vuoi studiare continua altrimenti cerca lavoro. Non serve lamentarsi, fidati.» Risposi tranquillo guardandolo negli occhi. Perché qualcosa gli doveva andare male?
Thomas mi guardò negli occhi e si sedette a terra, poggiando le mani sul pavimento e guardando la soffitta: «E' vero. Non serve lamentarsi. Però è difficile.»
«Diventerà ancora più difficile se non ti dai una mossa.» Gli dissi dandogli un leggero calcio sulla schiena: «Pelandrone, alzati.»
«Ehi!» Si alzò di botto. «Grazie, amico.» Disse poi dandomi una pacca sulla schiena.
«Di niente.» Gli feci alzando le spalle.
«Amico, ricordati: noi siamo fratelli!» Esclamò. «Siamo come il biscotto di ringo.» Continuò poi sorridente.
Anch'io risi.

Non passò molto tempo che Thomas decise di lasciare scuola e cominciò a trovare qualche lavoro: come cameriere, consegnava i giornali, badante.
Successivamente si fidanzò e con i pochi soldi che era riuscito a guadagnare convinse la compagna a convivere.
Intanto io, con molto impegno riuscii a diplomarmi. Questo soprattutto grazie a quella giornata in Thomas mi confessò di sentirsi sperduto.
Lo ero anch'io e dandogli qualche consiglio, aiutai me stesso. Decisi che dovevo prendere in mano la mia vita e che dovevo smetterla di rovinarla così. Non dovevo permettere che qualcuno potesse distruggermi.
Incontrai una ragazza, veramente bella. Alta, magra, un viso ben definito, occhi neri e pelle scura.
Cominciai a frequentarla fino a fidanzarci. Lei era figlia di medici. Fu difficile convincere i genitori di lei. Poiché non mi permettevano di frequentarla e spesso ci vedevamo di nascosto. Ma questo non mi importava. Sapevo che lei era quella giusta, sapevo che con Wlein avrei potuto costruire un futuro migliore, per me e un giorno per i miei figli.
Avrei insegnato loro che non esistevano differenze di colore di pelle. Che tutti eravamo uguali. Che bisognava sempre aiutare il prossimo, anche se questo ci aveva fatto del male.
Anche se c'era differenza di colore in quella stessa mano, erano comunque vicini.
«Wlein.» Chiamai la mia ragazza e misi in ginocchio davanti a lei. Aprii la scatolina e non dissi niente. Vidi le sue mani unirsi e stringersi. Notai una piccola lacrima scivolare sulla guancia. Mi alzai e le sue braccia si allungarono su di me, allacciandosi al mio collo: «Sì.»
Quel anello d'oro bianco brillava ancora di più su quel anulare scuro. Meglio così, tutti dovevano sapere che lei era mia.








   
 
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