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Autore: Sixteen16    20/08/2012    7 recensioni
"..Mi sembrò giusto. Decisi di presentarmi. ‘Sono Babù, piacere!’ dopo avergli passato l’ormai stropicciato foglietto aspettai la fatidica domanda, ma ciò che ritornò indietro fu questo ‘Sono Alex, il piacere è tutto mio!’ con uno smile vicino. Quando alzai la testa con la faccia un po’ da rimbambita lo trovai a fissarmi e non appena incrociò i miei occhi sorrise. Che sorriso stupendo, il suo.."
Pronti per degli Arctic Monkeys adolescenti?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come into my life
regress into a dreamWe will hide
build a new reality
Draw another picture
of the life you could have had
Follow your instinct
and choose the other path
 
                                              
CAPITOLO 1
Perfetto.
Cos’è c’è di più perfetto di un mix puro tra un ritardo pazzesco il primo giorno in una nuova scuola e una madre affabile ma affatto affidabile?
“Cazzo mamma! Avresti dovuto svegliarmi almeno un’ora prima!” le urlai dalla mia camera con una tazza di caffèlatte fumante, con il quale mi ustionai la lingua, in una mano mentre con l’altra tentavo di infilarmi i jeans.
“Lo so, lo so Babù! Domattina ti sveglierò presto, lo prometto! Vado a lavoro, ci vediamo dopo scuola!”
Sentii la porta sbattere.
Finalmente.
 Presi lo spazzolino e dopo all’incirca tre tentativi falliti, riuscì a metterci sopra il dentifricio e a spazzolarmi i denti. Sapete? Non c’è niente di più eclatante della frescura del dentifricio sulla lingua bruciata.
Mentre portavo in tutta fretta la tazza in cucina, notai la borsa di mia madre sul tavolo.
 Che razza di donna ingenua e sbadata.
Corsi verso la porta che si aprì all’improvviso rischiando di farmi arrivare lo spazzolino in gola.
“Se volevi uccidermi, ci stavi riuscendo!” dissi sarcastica guardandola di sbieco.
“Tesoro, è il mio primo giorno di lavoro, sono così agitata e se vado avanti così rischio di farmi venire un infarto e..”
“..una crisi isterica a chi ti sta intorno! Calmati, niente può andare storto, prendi un bel respiro e ricordati che Julia Evans non si fa fare il culo da nessuno!”
“Non so cosa farei senza di te! Ora scappo! Ah, un’ultima cosa.. non dovresti uscire fuori di casa in reggiseno!”
Detto ciò la vidi correre via verso la macchina. La guardavo e sorridevo, come stava crescendo la mia picco.. un attimo.
Non invertiamo i ruoli.
È lei la madre e io la figlia. Sicura? È passato tanto tempo e non ne sono ancora del tutto convinta. Mi presento, il mio nome è.. ok meglio tralasciarlo, sono Babù. E questa è la mia storia. Dove eravamo rimasti? Ah, si…
All’improvviso sbucò dall’angolo di casa un pullman giallo, e non uno a caso. Proprio il MIO pullman giallo. Fu tutto all’improvviso e solo dopo che il pullman uscì dalla mia visuale, metabolizzai: io in reggiseno, il mio pullman scolastico, un sacco di ragazzi miei futuri compagni di scuola ad osservare la scena dai finestrini, io che restavo li imbambolata, io che venivo lasciata a terra da quel cazzo di bus, io fregata. Fantastico. Sempre meglio questa giornata!
Tornai dentro e mi vestì alla bell’è meglio, zaino in spalla e come una furia uscì di casa.
Della serie verso l’infinito e oltre. Ma anche no.
                                                                                                             
You should never be afraid
You’re protected
From trouble and pain
Why, why is this a crisis
In you eyes, again?
 
Era una strada, una qualunque per me. Case tutte uguali, negozi tutti uguali, persino la gente era tutta uguale! Mi ero persa ed ero in perfetto ritardo. Cara, o cara Sheffield! Come puoi farmi questo? Vivo qui da appena un mese e già tradisci la mia fiducia?
 I miei pensieri furono interrotti da una mano che si appoggiò piano sulla mia spalla. La afferrai e mi girai di scatto pronta a difendermi. Ma non appena vidi che il mio presunto assalitore era un bel ragazzo, alto, moro con gli occhi scuri che mi sorrideva radioso, lasciai perdere la mia impresa.
“Non fare domande, ti ci porto io a scuola. Seguimi!” mi disse l’affascinante sconosciuto.
Cosa potevo fare? Seguirlo o no? Non avevo scelta, anche perché lui stava già correndo di parecchi metri di fronte a me.
Ovviamente, dopo uno girare a destra e uno a sinistra, arrivammo a scuola in ritardo ma appena in tempo per vedere una signora che si rivelò essere la preside con il suo triplo mento tremolante farci una sfuriata.
“..signorina Evans! Lei è nuova qui, ma un minimo di rispetto per le regole..”
Porgo le mie scuse e i miei omaggi ai suoi menti tremolanti.
“Anche lei, signor Turner..”
Dopo un’eternità di inutili parole messe una dietro l’altra, ci diede i nostri rispettivi orari.
“Bene, si inizia con storia con una certa professoressa Lee..” dissi guardando l’orario.
“Che coincidenza, anche io ho storia con lei!”
 
Come to be
How did it come to be
Tied to a railroad
You’ll have to set us free
Watch our souls fade away
Le tour bodies crumble away
Don’t be afraid
 
*TOC TOC*
“Buongiorno, scusi per il ritardo..”
“Ciao Alexander! Pensavo ti fosse successo qualcosa!” quanta zucchero c’era nelle sue parole! Credo mi fosse improvvisamente arrivato il diabete.
“Mi scusi professoressa, ho dovuto mostrare la strada a.. a..”
Cazzo, non ci eravamo ancora presentati.
 Il mio nome.. troppo assurdo per poterlo dire! Mi ero sempre adattata con un soprannome, anch’esso strano. Quasi nessuno conosceva quello vero.
“Babù” dissi con un sorriso sulla faccia.
Lui mi guardò perplesso, forse non mi credeva.
“.. a Babù.” continuò titubante.
“Tu devi essere la nuova arrivata! Qui sul registro è riportato solo il tuo cognome Evans, giusto?”
“Si è corretto” e ora la fatidica domanda come accadeva da sedici anni a questa parte, cioè da quando ero nata.
“Di grazia, posso sapere il tuo nome?” lo disse con un velo di acidità.
“Mi spiace, non mi è dato dirlo e a lei non è dato conoscerlo”
No, non saremmo andate d’accordo. Un po’ di cazzi tuoi no?
“Bene, potete accomodarvi” e lo disse con tono di sufficienza.
Trovammo posto vicini, in fondo all’aula.
Buttai sul banco lo zaino, senza nemmeno aprirlo. La professoressa Lee iniziò a spiegare e illustrarci le meraviglie della sua materia, ovviamente se così si potevano chiamare. Per disperazione lasciai cadere la testa sullo zaino, ma rivolta verso di lui.
“Come..” tentai di pronunciare una frase rivolta al mio nuovo compagno di banco.
“Silenzio la in fondo! E tu, alza la testa da quello zaino.”
Si, Miss TuttaZucchero.
Aprii lo zaino, strappai un pezzetto di carta e ci scrissi sopra ‘Come facevi a sapere che era questa la scuola a cui sono iscritta?'
Glielo passai.
Mi ritornò indietro e lessi attentamente le tre parole scritte in bella calligrafia affianco alla mia domanda scritta con una calligrafia alquanto distorta, ‘Ho solo supposto.’ era questo ciò che diceva.
Questa volta mi impegnai di più a scrivere, non volevo fare di certo brutta figura con la mia pessima scrittura, così scrissi “E quindi era lo stesso una supposizione il fatto che io non sapessi la strada”.
Lo vidi sorridere appena lesse il bigliettino. Prima di scriverci sopra scosse la testa e mi rimandò il pezzetto di carta, ancora ridendo. ‘Può essere, ma se vedi una persona in mezzo alla strada con una cartella sulle spalle che si guarda intorno spaesata, di certo non vai a pensare che sia in attesa che piovano giraffe dal cielo”.
Scrissi un semplice ‘Perché le giraffe?’.
Un nuovo sorriso. 
Presi sul serio la storia delle giraffe, non so il perché però mi stavano a cuore.
Lui mi rispose così ‘Sono carine. A chi non piacciono le giraffe?
Questa volta fui io a sorridere. ‘Quindi non solo sei un assalitore, bensì anche un pedinatore. Se non ti piacessero le giraffe probabilmente penserei male di te!’.
Avanti, se avessi avuto cattive intenzioni di certo non ti avrei portata a scuola!
Mi sembrò giusto.
Decisi di presentarmi. ‘Sono Babù, piacere!’ dopo avergli passato l’ormai stropicciato foglietto aspettai la fatidica domanda ma ciò che ritornò indietro fu questo ‘Sono Alex, il piacere è tutto mio!’ con uno smile vicino.
Quando alzai la testa con la faccia un po’ da rimbambita lo trovai a fissarmi e appena incrociò i miei occhi sorrise.
Che sorriso stupendo, il suo.
 
I will take the blow for you
 
Dopo due o tre lezioni ci incontrammo a pranzo.
Dopo aver preso da mangiare su di un vassoio lo vidi salutarmi da lontano e fare cenno di avvicinarmi.
Si, non avevo ancora fatto amicizie. Maledetta timidezza del cavolo. O forse no, probabilmente avevo la testa troppo occupata a pensare ad..
“Alex!” lo salutai allegramente. Era seduto al tavolo con altri tre ragazzi.
Guardandoli uno ad uno l’unica cosa che riuscì a pensare fu ‘Perché cazzo non mi sono trasferita prima in questa scuola del cazzo? Cazzo!’. Eh si, per calmarmi pensavo in versione ‘cazzo’. Ovviamente erano uno più bello dell’altro sennò non avrei avuto una reazione del genere.
“Lei è Babù mentre loro sono i miei amici, Matt..”
“Il piacere è mio!” disse il ragazzo che portava il nome di Matt.
Aveva dei ricci color rossiccio-marrone. Mi ispirava tanta tenerezza e probabilmente in un atto di piena follia sarei corsa li ad abbracciarlo e a difenderlo dal mondo crudele.
Oddio cosa andavo a pensare? Forse ero ammattita.
“..lui è Jamie, ma noi lo chiamiamo Cookie..”  continuò Alex.
“Lieto di conoscerti!” lui aveva il naso all’insù e con quel suo taglio particolare di capelli sembrava un folletto.
“..infine lui è Andy!” concluse il giro di presentazioni.
Mi sedetti e cominciammo a parlare come se ci conoscessimo da una vita. Non so perché, però mi davano un senso di fiducia.
“Mi sembra di averti già vista da qualche parte però!” disse all’improvviso Andy portandosi l’indice sulla bocca per pensare meglio.
“Non credo sia possibile, ho cambiato tante città prima di venire qui a Sheffield..”
Assorto nei suoi pensieri, prese la sua macchina fotografica e cominciò ad osservare tutte le foto.
“Massì! Eccoti, sei proprio tu!” esclamò d’un tratto lanciandomi la macchina fotografica che però finì dalla parte di Alex che per fortuna la prese al volo.
Mi avvicinai a lui e osservammo insieme.
Orrore.
Matt ci strappò la macchina fotografica di mano e, non appena vide, cercò di trattenere le risate senza riuscirci.
Alex mi guardava cercando di captare quale emozione mi stesse ribollendo dentro.
“Ok, voglio vedere anche io però!” disse Cookie rubando la macchina fotografica a Matt che ancora non smetteva di fissare la foto.
Piccolo maniaco.
Altro che difenderti dal mondo intero!
“Non ci credo! E io mi sono perso una scena così interessante?! Andy! Dovevi avvertirm..” Cookie non fece in tempo a finire la frase che li arrivò uno schiaffo sulla nuca da parte di Alex che per poco non gli fece finire la testa nel piatto.
Biscotti e spaghetti, divertente.
Ebbene si. La foto era di una me con la faccia intontita sull’uscio di casa e in reggiseno. Una foto fresca di questa mattina.
“Come ti senti?” mi chiese Alex facendo attenzione alle parole, come se avesse fra le mani una bomba con attivazione vocale.
“Ero in reggiseno, non ero nuda. Tutta la scuola mi ha vista? Me ne farò una ragione.”
Fanculo piccola insulsa scuola del cazzo di Sheffield.
Dopo aver finito il misero pranzo a base di spaghetti e patate fritte, ci dirigemmo tutti e cinque appassionatamente in aula di matematica.
                                                                                                             
And I’ve had recurring nightmares
That I was loved for who I am
 
“Dai dimmi di si! Non farti pregare!” era un Alex con la faccia da cucciolo che mi implorava.
“Mi spiace devo aiutare mia madre a togliere di mezzo gli scatoloni! Siamo qui da un mese ma siamo parecchio indietro.”
Scuse.
Erano tutte scuse e lo sapevo bene.
“Ma la festa è alle 21 e adesso sono appena le 16!” ancora quella faccia da cucciolo. No Alex Turner, non mi intenerirai così facilmente.
“Guarda se fosse per me ti direi di si, ma mia madre di sicuro non vorrà..”
“Eeeeehi Babù!” una donna correva nella mia direzione gridando e purtroppo, anche se avessi voluto fingere, sapevo di chi si trattava.
All’improvviso venni riportata alla realtà. Da quando eravamo usciti da scuola e avevamo salutato il resto del gruppo, io e Alex avevamo iniziato a parlare, sempre più in confidenza, e non ci eravamo accorti di essere arrivati a casa mia. O meglio, non mi ero accorta. Nel frattempo però.. Reggimi il gioco Mamma!
“Ehilà, Jù!” le sorrisi.
Julia Evans è mia madre.
È una donna molto particolare, lunatica e troppo sensibile ma speciale nel suo essere. Quando una volta andammo in visita in un museo, svenne guardando un quadro. E credetemi se vi dico che quando rinvenne l’unica spiegazione che ci seppe dare fu ‘quel quadro è di una bellezza tale da inebriarmi i sensi’, il ché non ha molto senso, ma per lei è così. Ha la compassione in tutti i pori della pelle, se vede un barbone o pensa alla fame nel mondo inizia a piangere. E non è raro trovarla con i lacrimoni agli occhi dopo aver visto Bambi in TV. Ma per me va bene così, io le voglio molto bene e le vorrei bene in qualunque modo fosse. Nonostante abbia 33 anni ha già due figlie, me di 16 anni e Lizzie, mia sorella, di 18.
“Piacere, io sono Julia, la madre di Babù!” si presentò con un sorriso a 32 denti, e come darle torto per tutta questa felicità. Il fascino Turner colpiva ancora!
“Sono Alex, molto piacere” ricambiò altrettanto entusiasta.
“Bene, io sono in casa, se vi serve qualcosa avvisatemi!” non fece in tempo a girarsi che subito Alex la fermò. Oh porca putt.. Siamo in Inghilterra, no? Userò un’esclamazione diversa. Che Dio salvi la regina! O in questo caso, me!
“Babù può venire ad una festa di inizio anno organizzata a casa di un nostro amico? Si chiama Jamie Cook, lui è molto affidabile! E poi ci sarò io a badare a sua figlia!” mi fece l’occhiolino e io per poco non svenni, per due motivi. Il primo motivo, i suoi occhi. Il secondo si può comunemente definire con un ‘Cazzo no! Glielo ha detto!’.
Nel frattempo Julia per riflettere meglio, si passava un ricciolo in mezzo ad un dito.
“I genitori di questo Cook saranno in casa?” chiese lei.
“Ecco, veramente..” non sapeva mentire. Questa carta giocava a mio favore.
“Quindi scommetto che girerà alcool per casa.” un barlume di speranza si era acceso.
“Ehm..”
Ce l’avevo quasi fatta!
“Mi basta! Divertitevi stasera alla festa e mi raccomando a mia figlia! Sai non lo regge bene l’alcool, una volta..” cominciò a raccontare una delle mia tante disavventure.
“Oooookay mamma! Torna dentro, ti raggiungo dopo!”
Mia madre scoppiò a ridere e prima di richiudersi la porta alle spalle gridò un ‘trattamela bene’ rivolto ad Alex. Ma cosa sono io, un cane per caso?
“Ok, tua madre è strana ma mi ha fatto morire dalle risate!” esclamò divertito il vittorioso Alex.
“Probabilmente se non avesse da rimettere in ordine tutto il trambusto che c’è in casa mi obbligherebbe a portarla con me alla festa, stasera!”
“Questo vuol dire che verrai?”
“Non ne ho idea..”
Alex si avvicinò sempre più a me, sentii il cuore battere. No, non poteva farlo li, in quel momento, dopo appena mezza giornata che ci eravamo conosciuti.
Chissà se avrei avuto la forza di spostarmi.
Ma invece non fece niente, si limitò a mettermi un mano sulla guancia e a spostarmi i capelli dagli occhi.
“Permettimi di farti da cavaliere” la sua voce era diventata quasi un sussurro.
Non riuscì a dire niente, ero nella morsa dei suoi occhi scuri color nocciola.
“Lo prendo come un si. Stasera verrò a casa tua alle 20.30 non farmi aspettare!”
Detto ciò se ne andò lasciandomi li imbambolata sul vialetto di casa.
 
 ..and missed the opportunity to be a better man.


 
 
 
Se vi va leggete il piccolo spazio ritagliato dalla pazza psicotica scrittrice della storia, altrimenti non fa niente, vi amerò lo stesso solo per essere arrivati a fine capitolo. *tanto amore*
 
Ciao a tutti, mi presento. Mi chiamo Effe, ma se vi va potete chiamarmi Sixteen. Perché il numero 16? Non ne ho idea, mi ispira fiducia.. come il sedicenne Matt Helders oppure le giraffe. Porta fortuna, tutto qui. I miei animali preferiti sono gli orsi e i gatti (pensavate le giraffe, ammettetelo! In realtà ho un brutto ricordo di loro.. *rabbrividisce*) mi piace molto dipingere e disegnare. Molto spesso metto le cuffie nelle orecchie e dipingo ciò che sento. Adoro gli Arctic Monkeys ma adoro moltissima altra musica! Questa storia è cominciata nella mia testa un anno fa, quando ancora non avevo scoperto questo sito, alla fine ho deciso di metterla nero su bianco e dopo qualche mese ho preso il coraggio di postarla ed eccomi qui. Adoro scrivere e sono ben accetti tutti i pareri, positivi e negativi! Aiutano a crescere, i pareri altrui.. Bene, è stato un piacere! Spero di rivedervi alla prossima!
P.S perdonate la mia scarsa fantasia ma non ho proprio la testa di scegliere ogni volta un nome per il capitolo! Quindi metterò di volta in volta il titolo di una canzone di turno che mi ispira. Questa volta ho scelto Hoodoo dei Muse (
http://www.youtube.com/watch?v=gW4NdDTg07Y ). La conosco da molto tempo ed è una canzone che merita, in tutti i sensi. Cheers!
P.S.S scusate ancora il disturbo.. non ho idea di come chiamare la storia! Panico D:

Sixteen
  
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