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Autore: REAwhereverIgo    20/08/2012    4 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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                                              Casa Stevens

Rea era una normalissima liceale che doveva iniziare l’ultimo anno di superiori.

Non era tra le migliori della classe, questo è certo, però riusciva a cavarsela grazie alla sua memoria, e, in qualche modo, non aveva mai avuto problemi ad arrivare a fine anno senza dover frequentare i corsi estivi. Il suo motto scolastico era “se riesco a prendere la sufficienza andando a vela, chi me lo fa fare di studiare?”. Così la si vedeva china sui libri quando proprio non era riuscita a stare attenta in classe o non si ricordava nemmeno la materia di cui avrebbe dovuto sapere il programma.

Non era molto alta, ed era anche piuttosto in carne. Odiava completamente il suo corpo.

Le piacevano solo i capelli, morbidi e di colore ramato, per il resto avrebbe volentieri fatto a cambio con chiunque. Era piena di lentiggini ed era goffa e imbranata per colpa della sua insicurezza.

Ogni volta che faceva qualcosa finiva sempre per rendersi ridicola cadendo o dicendo cose senza senso, ed era per questo che si vergognava di sé stessa.

Pensava di non essere brava in niente, di non essere simpatica e di non essere bella, e questo le procurava un grande dolore.

Aveva solo due grandi passioni, la scrittura e il canto, ma in entrambe si sentiva sempre molto insicura. Teneva nascoste le sue doti per paura di essere giudicata male o presa in giro, e si premurava sempre di controllare di essere da sola quando provava una qualsiasi canzone.

Avrebbe tanto voluto uscire allo scoperto e farsi sentire da tutti, fare di quest’amore per la musica il suo mestiere e vivere solo di quello, potersi scrivere i testi e poi cantarli su un palco senza tremare come una foglia anche solo al pensiero.

Rea! Mi vieni ad aiutare un attimo?” la chiamò sua sorella.

Spegnendo di mala voglia l’mp3, la ragazza si alzò dal letto e uscì dalla sua camera.

Che succede?” domandò sbadigliando.

Sono sexy con questo vestito?” rispose l’altra. Lei alzò gli occhi al cielo e scosse il capo.

Sai che sei un caso perso?” le fece presente. Con un sorriso smagliante, sua sorella la fissò.

Perché?” chiese ingenuamente.

Lascia perdere” disse.

Ecco, avere un fisico e un’autostima come quella di sua sorella le avrebbe fatto comodo. Era alta e slanciata, con lunghi capelli neri e lisci. Continuava a ripetere ad ogni ora del giorno quanto fosse sexy e bellissima, facendo ridere tutti i suoi familiari.

Vuoi un po’ di rossetto per uscire?” le propose, avvicinandosi minacciosa. Rea spalancò gli occhi e arretrò spaventata.

Ma nemmeno per idea!” rispose. Odiava i trucchi. Per una nervosa come lei, poi, che si strofinava gli occhi ogni poco, erano una tortura.

Dai, solo un pochino!” la implorò. Senza rendersene conto, indietreggiando si era chiusa al muro, e non poteva più scappare.

Ti prego no!

Te ne metto poco, promesso” sorrise l’altra. Rea strinse gli occhi e aspettò di sentire il rossetto premerle sulle labbra, ma la porta fu spalancata e una biondina piccolina entrò.

Che diavolo state facendo?” domandò incuriosita.

Mi vuole truccare!” piagnucolò la rossa, in direzione dell’altra sorella. Questa si sedette sul letto.

Se non vuole, non insistere Emma” la sgridò bonariamente. Lei abbassò il make up e la guardò tristemente.

Perché?chiese depressa.

Perché non la puoi costringere” rispose lei. Rea approfittò del momento per sgusciare sotto al braccio della mora e nascondersi dietro all’altra.

Laura, proteggimi” implorò.

Comunque un po’ di trucco non ti farebbe male” considerò.

Ma come? Mi tradisci anche tu? Sei crudele!” disse la rossa. Emma rise.

Te l’avevo detto” gongolò.

E poi io non vengo con voi stasera!” fece presente. Le sue sorelle spalancarono gli occhi.

Che cosa? Perché?” chiesero insieme.

Perché non ho voglia” rispose lei con un’alzata di spalle.

Ma non puoi non uscire! È sabato, dobbiamo divertirci!” s’infuriò Emma.

Lo so, e hai ragione, ma non sto molto bene e se uscissi sarei solo di peso” spiegò.

Certo che sei una palla” si lamentò Laura. Rea sorrise e la guardò.

Voi andate e divertitevi, ci vediamo quando tornate. Vi aspetto alzata e mi faccio raccontare tutto nei minimi dettagli per penitenza, va bene?” propose. Le due si fissarono e poi annuirono, un po’ deluse.

Allora a dopo” le salutò la ragazza, uscendo dalla stanza di sua sorella e chiudendosi nella sua.

 

Quando fu rimasta sola, Rea uscì da camera e sbirciò in giro. Fece il giro di tutte le stanze per essere sicura che non ci fosse nessuno, poi tirò un sospiro di sollievo.

Amava quella famiglia allargata, non avrebbe potuto considerarsi più fortunata di così.

Lei non era figlia genetica dei coniugi Stevens: sua madre era la sorella della madre di Emma e Laura, ma fin da piccole erano sempre state insieme.

Quando aveva più o meno quattro anni, per colpa di un incidente d’auto i suoi genitori erano morti, e lei era rimasta sola. Durante il funerale sua zia le era andata vicina e, con gli occhi pieni di lacrime, le aveva spiegato gentilmente che sua mamma aveva nominato suoi tutori lei e il marito. Alla sua fanciullesca domanda “Che significa tuttori?”, la donna aveva riso e aveva risposto dicendo che si sarebbero occupati di lei prendendola a vivere con sé.

Aveva continuato a chiamarli “zii” per un po’, rimanendo sempre in disparte anche quando Emma e Laura la spronavano a giocare con loro nonostante avessero passato insieme tutta la vita, poi si era abituata a quel clima un po’ strano ed aveva iniziato a dire “mamma” e “papà”. Dopo tredici anni, ormai, li considerava a tutti gli effetti suoi genitori, anche perché non si ricordava quasi più quelli veri. Ne aveva sentito la mancanza come tutti i bambini, ma era così piccola quando erano morti che il dolore era passato senza lasciare traccia. Ogni tanto quasi si sentiva in colpa nei confronti della loro memoria, poi, però, si ricordava di quanto sua madre amasse la sorella e sorrideva pensando che, da qualche parte, lei la stesse osservando e fosse felice per lei.

Per quanto riguardava Emma e Laura, invece, erano un caso molto particolare.

Avevano la stessa età, ma non erano gemelle. Sua zia aveva avuto Laura a gennaio, felice di avere una bambina in casa e convinta di volerne solo una. Nel giro di un paio di settimane, però, aveva avuto una sorpresa un po’ improvvisa: era rimasta nuovamente incinta.

Non sapeva che potesse succedere, per questo non si era protetta, e lì per lì lei e il marito erano stati un po’ titubanti: tenere o no il nuovo nascituro?

Solo quando aveva rischiato un aborto spontaneo per colpa di una caduta dalle scale aveva deciso di volere con tutta sé stessa il bambino, così si era fatta in quattro per stare dietro alla neonata e alla gravidanza.

Con un mese di anticipo sulle previsioni, Emma si era presentata in un soleggiato giorno di inizio ottobre.

Tutte e tre, quindi, avevano ormai diciotto anni (tranne la mora, che doveva compierli nel giro di due settimane), e stavano per iniziare l’ultimo anno di liceo. Che cosa avrebbero fatto una volta finito, era ignoto.

Persa in quei pensieri, Rea non si era accorta di star sorridendo. Provava un profondo affetto per le sue sorelle, così come lo provava per i suoi genitori, e si sentiva un po’ in colpa a tenere loro nascosti i suoi manoscritti e le sue canzoni, ma non riusciva proprio a cantare davanti ad altri.

Per evitare di pensarci, si mise a preparare una crostata per le ragazze. Conoscendole, quando fossero tornate, avrebbero sicuramente avuto fame.

 

Non mi diverto, Emma” si stava lamentando Laura, seduta su una panchina.

Nemmeno io” ammise l’altra.

Sapere che Rea non è uscita mi fa sentire in colpa, e per questo non mi godo l’uscita. Forse dovremmo rientrare” spiegò la bionda. Sua sorella sospirò.

Hai ragione, però non è giusto” si lamentò.

Lei non vuole uscire e noi non ci godiamo la serata. Che palla!” continuò. L’altra le dette un piccolo colpo su una spalla.

Smettila, lo sai com’è fatta: è un tipo introverso e non ama particolarmente uscire fino a tardi il sabato sera. Lei non è te” la sgridò.

Lo so, però…” provò a controbattere.

Niente però, torniamo a casa” decise Laura.

Controvoglia, entrambe si alzarono e cominciarono a camminare. Dopo pochi minuti, la bionda si ricordò di una cosa.

Ehi, hai notato che Rea tiene una pila di quaderni nascosti in camera?” chiese a Emma.

Davvero?” si stupì lei.

Hai uno spirito di osservazione moooolto spiccato” la prese in giro.

Come potrei sapere una cosa simile? Sta chiusa in quella stanza per metà della giornata e non dice mai cosa fa!” ribatté.

E’ vero, ma io sono entrata lì dentro l’altro giorno, quando mi ha chiamata perché voleva che l’aiutassi a chiudere il vestito che la mamma le ha comprato per il matrimonio di nostra cugina e che si stava provando. Mentre si guardava allo specchio ho notato che sopra la scrivania c’erano quattro quaderni aperti con una penna in mezzo. Le parole erano scritte molto fitte. Conoscendola, non sono di sicuro i compiti per le vacanze” dedusse.

Anche perché quelli glie li ho fatti copiare io la settimana passata” ricordò Emma.

Esatto. Secondo te cosa nasconde?” s’incuriosì Laura.

Secondo me niente. Saranno stati appunti scolastici” minimizzò la mora, con un’alzata di spalle.

Mmmh” rifletté l’altra, poco convinta.

Quando giunsero in prossimità della loro abitazione, entrambe si immobilizzarono.

Cos’è questa musica?” domandò la bionda.

Non saprei, sembra che venga da casa nostra” rispose sua sorella. Videro dalla finestra Rea che tirava fuori dal forno una crostata alla nutella e la poggiava sul tavolo.

Sta cantando?” si stupirono.

Io non sapevo nemmeno che avesse il senso del ritmo!” aggiunse Emma.

Rimasero ferme a sentirla cantare per un bel pezzo, rapite dalla sua voce, poi entrarono in casa.

Presa alla sprovvista e impaurita dall’irruenza delle due, Rea rimase con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Il cuore prese a batterle all’impazzata.

C-che ci fate voi qui?” domandò titubante.

Stavamo tornando a casa e…

… ti abbiamo sentita cantare!” dissero terminando l’una la frase dell’altra.

La rossa rimase un secondo immobile, completamente pietrificata, poi corse a nascondersi in camera sua, seguita dalle sorelle.

Si chiuse dentro a doppia mandata, con la tachicardia, e le sentì battere i pugni alla porta.

Aprici!” le urlarono.

NO! Andate via!” rispose lei, imbarazzata. Nessuno avrebbe dovuto sentirla, nessuno!

Rea, ti prego!

Perché ci hai tenuto nascosta una cosa come questa?

Quanto tempo è che canti?

Vieni fuori!” iniziarono a torturarla con domande e frasi, finendo per farla arrabbiare.

Sparite di qui! Non dovevate ascoltarmi, andatevene!” gridò, iniziando a piangere.

Noi non ci muoviamo!” decisero le due ragazze, rimanendo ferme e continuando a bussare. Rea si sentì come un animale in gabbia.

 

  
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