streaming down your face
La prima volta che fummo complici,
avevamo sei anni.
«Harry,
quando saremo vecchi saremo ancora amici?» chiesi,
incrociando le gambe.
«Perché no?» sorrise
il bambino, stendendosi sul prato a pancia in su – poi
andremo insieme a fare
lunghe passeggiate al parco coi nostri nipotini»
«Ci
scommetto»
risi,
passando tra le dita i suoi riccioli color cioccolato. Mi piaceva
toccarli, era
una sorta di gioco e mi divertivo a vedere le sue guance arrossire di
colpo e i
suoi occhi dilatarsi per l’imbarazzo.
«Harry, Hayley, rientrate subito!» ci
richiamò Mrs. Green, nonché la madre di
Harry, ma che io chiamavo semplicemente Mary. Era come una madre per
me, una di
quelle donne che si prendono cura di te sempre,
che darebbero la vita per vederti felice in ogni momento della
giornata, che si
disperano quando ti vedono versare una lacrima e che ti porterebbero in
ospedale per una semplicissima sbucciatura al ginocchio.
«Venite a fare merenda, su.. oh, ma come vi siete
ridotti?» si agitò, indicando
una macchia di fango sulla maglietta di Harry e le mie trecce
spettinate
cadenti sulle spalle.
Io e Harry ci lanciammo un’occhiata complice: cosa poteva
essere ciò, se non il
risultato di un’avvincente battaglia a
colpi di fango? Mary fece un sospiro, seppure fosse divertita
dal nostro scarso
tentativo di nascondere le nostre sadiche avventure.
«Fate merenda e poi andrete di corsa a fare una
doccia!» sorrise, stringendoci
con fare materno in un caloroso abbraccio, di quelli che sembrano
risucchiare
tutta l’angoscia che c’è in te e che
riescono a trasmetterti soltanto serenità
e affetto.
«Andiamo,
allora» sorrisi. Harry annuì, e insieme ci
dirigemmo verso casa.
La prima volta che ci confidammo,
avevamo quindici anni.
«Amo
il cioccolato» dichiarai entusiasta, ficcando in bocca
l’ennesimo cioccolatino.
«Ehi, non mangiarli tutti, ci sono anche io qui!» sbottò
Harry, tirandomi un
leggero buffetto sul braccio. Scoppiai a ridere, continuando a
masticare
pigramente quella delizia.
«Come va con tuo padre?» chiese
improvvisamente, mordendosi quasi immediatamente le labbra, per
poi sventolare la mano a mo’ di scuse. Forse aveva paura che
non volessi
parlare di quell’argomento, forse aveva paura che potessi
considerarlo troppo
sfacciato e potessi dare un taglio alla nostra amicizia, a quel
particolare
rapporto che ci legava da ormai sette anni?
«E’ sempre il solito» risposi,
fissando la vetrata di fronte con sguardo vacuo. «Viene tardi
la sera, fuma e beve in continuazione e non so quante donne porta a
casa.. è
uno schifo, non lo sopporto più, io lo odio»
sibilai, voltandomi dal lato
opposto al ragazzo. Non volevo che Harry vedesse le lacrime rigare
copiosamente
le mie guance, non volevo che diventasse triste per me. Conoscevo alla
perfezione il suo carattere, sapevo quanto il suo umore potesse mutare
in base
a quello delle persone a lui care.
«Ieri
sera è tornato a casa ubriaco fradicio e mi sbraitato
contro, vuole che io vada
via da casa.. non so come fare, Harry, non so cosa fare»
sibilai, gettandomi d’impeto
in lacrime sul suo petto. Passò delicatamente una mano tra i
miei capelli,
poggiando il mento sulla mia testa, facendomi sentire
quell’affetto paterno che
mai, mai mio padre mi aveva dato.
Mi sussurrava in continuazione che andava tutto bene, che mi avrebbe
ospitato
lui e mi avrebbe aiutato a superare quel periodo orribile,
perché lui mi voleva
bene e non voleva vedermi soffrire. Cercai di sussurrargli un
‘grazie’, non
potevo far altro che ringraziarlo per tutto il bene che mi aveva dato e
tutto
l’affetto che aveva riservato nei miei confronti.
«Grazie, Harry» balbettai, accennando un sorriso.
«Tutto per te, Hayley».
«Quando
ammetterai che sono un genio?» scherzò Harry,
mostrando uno dei suoi migliori
sorrisi. Scoppiai a ridere, feci per tirargli un pugno sul petto ma si
scansò e
bloccò agilmente il mio braccio sospeso in aria, facendomi
la linguaccia
soddisfatto.
Sbuffai. «Perché non vuoi darmi la soddisfazione
di farti male e vederti
soffrire?»
borbottai,
incrociando le braccia al petto con fare offeso.
«Perché ti voglio troppo bene per farlo» ridacchiò lui,
avvicinandosi d’impeto al mio viso.
Spalancai gli occhi,
perdendomi nei suoi; sentivo il suo respiro soffiare sulle
mie labbra, il suo naso sfiorare delicatamente il mio.
«Allontanati
se non vuoi che lo faccia» sussurrò.
Non so se successe
perché ormai era troppo tardi, il mio corpo si rifiutava di
reagire o, semplicemente, volevo farlo;
le sue labbra si posarono con delicatezza sulle mie, in un bacio
intenso ma
nello stesso tempo dolce, che solo due migliori amici potevano
scambiarsi. Ma
io e Harry potevamo essere considerati migliori amici?
I migliori amici non
si baciano, pensai.
Quando Cenerentola
calzò la scarpetta, combaciava perfettamente col suo piede.
E lo stesso succedeva con noi: le nostre labbra, i nostri corpi a
contatto,
sembravano combaciare alla perfezione, come se Dio ci avesse creati per
stare
uniti eternamente.
Come due pezzi di un
puzzle: singolarmente sono inutili, privi di alcun
significato, ma uniti possono formare la cosa più bella di
questo mondo.
«Ti
amo, Harry» balbettai, imbarazzata. Non avevo mai detto
‘ti amo’ a qualcuno, e
dirlo per la prima volta al mio migliore amico faceva uno strano
effetto.
Mi sentivo in errore,
come se avessi tradito la nostra amicizia.
Ma, se avevo commesso
davvero un errore, ero felice di averlo fatto.
Perché
quello era stato l’errore più bello della mia vita.
When all those shadows
almost killed your light
La prima
volta che mi sentii davvero sola, avevo ventidue anni.
Guardavo
con sguardo vuoto il cielo, distesa su quel
prato.
Come sedici anni prima.
Ma, a differenza di sedici anni prima, ero sola.
Non c’era nessuno che potesse giocare col fango insieme a me,
nessuno che
potesse prepararmi la merenda, nessuno con cui potessi confidarmi,
nessuno che
riuscisse a baciarmi come faceva lui.
Una stupida automobile, uno stupido guidatore, una stupida
bottiglia di
vodka.
Loro. Loro avevano portato Harry
via
da me.
«Io
parlerò lo stesso» sibilai.
Chiusi gli occhi.
Immaginai il suo viso sorridente di fronte al mio, i suoi riccioli
morbidi che
tanto mi piaceva sfiorare, la sua risata inconfondibile quando, finendo
i
cioccolatini, guardavo disgustata la scatola vuota e non riuscivo a
credere di
averla svuotata in un solo pomeriggio. I suoi occhi verdi dentro i
quali vedevo
l’oceano, le fossette che gli si formavano sulle guance ogni
qual volta
scoppiava a ridere.
«Mi
è difficile parlare adesso, forse perché vorrei
averti qui con me, sai che lo
vorrei tanto» mi
bloccai un attimo, ripresi fiato e continuai. «Sai che quando
parlo con
qualcuno lo guardo fisso negli occhi, perché mi piace,
perché gli occhi sono lo
specchio della verità. Ma adesso non posso farlo»
sibilai, arricciando le
labbra.
Avvertii un brivido correre lungo la schiena, causato dal leggero
venticello
che caratterizzava quel prato.
Quel prato, il prato dove io e
Harry
avevamo scambiato il primo bacio.
Nonostante fossi in lacrime, i residui del mascara fossero colati lungo
le
guance e non riuscissi quasi a parlare, volli continuare. Sapevo quanto
Harry
odiasse lasciare i discorsi a metà, ricordo ancora quando lo
facevo e lui non
faceva altro che sbuffare e fare il broncio per almeno una decina di
minuti.
«Harry, forse è banale da dire ma mi manchi da
morire, darei la mia stessa vita
per riaverti qui con me. Sai, mi
viene
spesso da pensare: “Perché non ci diamo un taglio,
Hayley? Perché devi rimanere
ancora qui, in questo schifo di mondo? La tua vita non ha
più senso, Hayley, tu non
hai più senso”. Ma poi penso,
saresti felice se lo facessi? Ho bisogno della tua opinione, Harry,
farò ciò
che vuoi, ma ho bisogno che tu ti faccia sentire»
Mi bloccai, un senso di vuoto perforò il mio stomaco:
silenzio. Nient’altro che
silenzio.
Speravo davvero che Harry sarebbe ricomparso e mi avrebbe consolato,
dicendomi
che Lassù andava tutto bene? E che io dovevo tenere duro e
farmi una nuova
vita?
Mi stesi sul prato, lasciando libera la cascata di riccioli rossi,
avvertendo l’odore
di rugiada di cui i ciuffi d’erba erano impregnati.
L’arancione dei miei
capelli e il verde brillante dell’erba facevano contrasto, e
giuro che se qualcuno
avesse potuto guardare dall’alto quella scena, mi avrebbe
scambiato per una
carota vivente.
«Harry, forse se tu potessi scendere un attimo qui mi diresti
“Hay, amore, ti
prego non piangere. Sorridi, sei bellissima quando lo fai” e
magari mi
intimeresti di trovare qualche altro uomo con cui condividere la mia
vita, ma
Harry, sappi che» mi interruppi, mentre una lacrima
attraversava fugace la mia
guancia. «Sappi che il mio cuore apparterrà a te.
Per sempre, Harry. Per sempre»
Le chiazze grigie che ricoprivano il cielo e presagivano
l’arrivo di un
temporale sembrarono affievolirsi, lasciando trapelare i raggi curiosi
del
sole. Socchiusi gli occhi, abbagliata, continuando però a
fissare la scena come
in trance.
Giurai, però, di vedere, luminoso proprio come il sole, il suo viso. Vidi i suoi occhi acquosi, le
sue labbra sottili sciolte
in un sorriso a trentadue denti, i suoi riccioli color cioccolato
cadenti sulla
fronte.
«Ti amo, Harry» sussurrai.
«Ti amo anche io, Hayley.»
La prima volta che sorrisi
dopo sedici anni,
fui davvero certa di avere un angelo custode.
Questa
è la prima One Shot che ho scritto, lo so che fa schifo cwc
Ma ci ho messo il cuore a scriverla, quindi spero che vi abbia
trasmesso qualcosa :)
Lasciate una recensione, solo per farmi sapere cosa ne pensate!
Ah, nello scriverla mi sono ispirata a 'Safe and Sound' di Taylor
Swift, una canzone a dir poco meravigliosa uù
Grazie se siete arrivati fin qui.
-lu (: