Serie TV > Una mamma per amica
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Autore: Sophie Hatter    04/03/2007    8 recensioni
Jess la guarda per un po', serio in volto. La guarda e riesce solo a pensare a quanto sia stupenda in quel momento. Ha ritrovato qualcosa che aveva perso tanto tempo fa: la sua Rory. La Rory diciassettenne che era riuscito, forse, a far innamorare, e che aveva fatto seriamente innamorare lui di lei. Una Rory che non aveva più creduto possibile ritrovare: ormai usciva con i miliardari, spassandosela con ragazzi che guidano le porsche. Viveva un'altra vita in un altro mondo. E ora è lì, seduta di fronte a lui, è sparito tutto, l'aria altezzosa, quella da ricca ragazzina viziata, quella da adulta distante. E' soltanto la sua Rory. Quella che non credeva più di poter riavere. E per un attimo non gliene frega di capire che cosa sono lì a fare, se sono amici o meno, se potranno ritornare ad esserlo o meno.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jess Mariano, Lane Kim, Lorelai Gilmore, Luke Danes, Rory Gilmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le palpebre gli pesano mentre cerca di aprire gli occhi. Li socchiude immediatamente non appena si accorge di che cosa ha provocato il suo risveglio: un fascio di luce penetra dentro la stanza dalle imposte aperte, colpendolo direttamente in pieno viso. Una smorfia di disappunto gli altera il volto, mentre lo coglie uno sbadiglio. Fa per stirarsi i muscoli, e improvvisamente prende coscienza del corpo a contatto con il suo. Impietrito, fissa il soffitto, accorgendosi di colpo che non è il soffitto di casa sua. Questo soffitto è candido e appena dipinto, non annerito come il suo...
Con una mano si sfrega gli occhi, richiamando a sé tutte le forze che possono permettergli di far tornare a funzionare il suo cervello. Poi i ricordi iniziano ad invaderlo come un fiume in piena. Ricordi vividi, consistenti... è davvero successo.
Decide di alzarsi. Non vuole farsi trovare a letto come un bambino. Cercando di fare attenzione a non svegliare Rory, scende dal letto e si dedica a raccogliere i suoi vestiti sparsi per la camera. Cercando di capire come accidenti abbiano potuto i suoi jeans finire sotto l'armadio, si riveste rapidamente e si avvia verso la cucina, sentendosi invaso dal disagio di dover rispondere a certi suoi bisogni usando roba non sua. Al diavolo, gli serve un caffé per riuscire a svegliarsi e non gli va di scendere fuori a comprarne uno, non gli va di staccarsi da quel posto anche se solo per qualche istante... non gli va di lasciare Rory da sola, di rompere quel contatto, che probabilmente è soltanto un vaneggiamento, ma abbastanza forte da impedirgli di cercare anche la maglietta, le scarpe e il portafoglio per scendere in strada.
Il caffé è pronto in fretta. Lo manda giù di colpo, quasi ustionandosi la gola. Non gli importa. Una specie di clangore sordo gli rimbomba nelle orecchie. Si passa di nuovo una mano sugli occhi, tentando di svegliarsi completamente...
"Ah, sei qui."
E' piombata nell'ingresso della stanza talmente in fretta da coglierlo di sorpresa. Solleva il volto dall'incavo della mano e smette di osservare le venature del legno del tavolo. Forse è il caso di lasciare per un attimo da parte le sue riflessioni assurde e inconcludenti.
Prova ad aprire la bocca per risponderle, prova a pensare a un qualche commento ironico e scherzoso da farle. Per scacciare l'imbarazzo. Per rassicurarla. Ma non gli viene in mente niente. Il vuoto riempie la sua testa mentre tiene lo sguardo fisso su di lei ed è soltanto capace di annuire in silenzio.
Rory si torce le mani, deducendo che non deve aspettarsi una risposta. Mentre apriva gli occhi e in fretta si rivestiva per andare a cercarlo, era stata la paura di quell'incubo a spingerla ad agire... un incubo che significava smarrimento, terrore, senso di colpa. Un'enorme pugnalata al cuore. Un vuoto al suo fianco, quasi una voragine, che mai sarebbe riuscita a colmare.
"Già... che stupida..." mormora tra sé.
"Cosa?"
Ha pronunciato più di un monosillabo. Probabilmente è già qualcosa.
"Niente, ero già pronta a farmi prendere dal panico e a scendere in strada a controllare che la tua macchina ci fosse ancora." gli risponde, sorridendo. Meglio metterla sullo scherzo. Un incubo non significa niente. Non è stato un sogno premonitore, l'ha potuto verificare di persona in quel momento...
"Wow." Lo fissa in volto.
"La cosa ti stupisce?"
"No, a dire la verità." Sente il terrore svuotarle il cuore di colpo, mentre il suo respiro si ferma, chiuso e bloccato dentro di lei.
"Beh, in ogni caso, sei stato molto bravo a smentirmi..."
"Grazie." Lo guarda sempre più attonita.
"Prego..."
"Non c'è di che."
Si blocca, rendendosi conto di quanto tutto questo sia assurdo.
"Hai intenzione di andare avanti così ancora per molto?" gli chiede, incredula, riscuotendosi.
"Così come?" La cosa sembrava non toccarlo minimamente.
"Così, rispondendomi a monosillabi... non riesco a capire che cosa..."
"Niente, di mattina presto sono sempre di poche parole."
Lo fissa senza riuscire ad espirare. Solo quando si accorge che sta per implodere si ricorda di buttare fuori l'aria.
Poi gira la testa, allontana lo sguardo da lui. Le lacrime le velano gli occhi e le bloccano la gola. Ma deve inghiottire e cercare di controllarsi.
"Ci risiamo." mormora, senza guardarlo. Era ovvio, era talmente ovvio che non riesce a capire come abbia potuto essere così stupida da non capirlo prima. Tutto sarebbe tornato esattamente come un tempo. Anche lui. Con il tempo si sarebbe stancato di lei, di doverle fornire ogni minima spiegazione per il suo comportamento dato che lei era così ottusa e non riusciva mai ad arrivarci.
Si appoggia al mobile più vicino, con entrambe le mani. Stringe con forza, fino a farsi sbiancare le nocche.
Sente la sedia strisciare sul pavimento, i suoi movimenti mentre si alza.
"Rory, senti..."
"Mi spieghi perché?"
Ora è lui ad essere spiazzato, glielo legge negli occhi.
"Perché cosa?"
"Perché non riesco mai a capirti? Non ho mai saputo accorgermi di quando era il momento di starti vicino e quando invece dovevo lasciarti in pace... spiegami. Sono io che sono invadente e ottusa, o è colpa tua?"
"Rory ma che cosa..."
"Forse è colpa mia." Continuare a interromperlo riesce a darle la forza di far uscire le parole anche se in modo stentato, tentando di vincere quel maledetto groppo alla gola.
"Quando stavamo insieme, ero arrivata ad avere la presunzione che davvero io ero l'unica persona su questa terra che fosse capace di capirti sul serio, di conoscerti meglio di chiunque altro. Non ho mai capito dove avessi sbagliato per arrivare a farti scappare via da me, però forse dopo tutti questi anni ora mi ci sono avvicinata..."
"Ti prego, non dire idiozie." Il suo tono è duro, ma non freddo e cinico... ha pronunciato una frase di senso compiuto con una forza che la obbliga a voltarsi di riflesso, prima di aver potuto fermarsi a riflettere su cosa fare.
Lo osserva, ma lui non le restituisce lo sguardo. Rory corruga la fronte. Ha una strana espressione, sembra quasi... triste.
"Senti, se tu davvero pensassi quello che hai appena detto allora sì che saresti stupida." Riesce quasi a spaventarla mentre le parla così.
"Non capisco..."
"Credi davvero che io me ne sia andato per colpa tua?"
"Io, io non lo so..."
"Rory, per favore..." La sua voce si è quasi incrinata. Lei riesce soltanto a fissarlo confusa.
"Non è abbastanza il fatto che quella sia stata l'unica volta in tutta la mia vita in cui mi sono sentito veramente in colpa per quello che stavo facendo? Hai mai provato a riflettere su quanto ci abbia messo per tornare a dirti che ti amavo?"
Stringe le labbra, non sapendo cosa dire. No, la risposta è soltanto no. Non ci ha mai pensato. La rabbia, la sua rabbia, quella è stata l'unica cosa a cui era stata capace di pensare dopo che l'aveva rivisto di nuovo a Stars Hollow. Rabbia per tutto. Perché lui riusciva sempre a creare trambusto, perché la gente continuava ancora a compatirla dopo tutto il tempo che lei aveva impiegato cercando di comportarsi come se lui non fosse mai entrato nella sua vita, perché non aveva mai trovato prima la forza per arrabbiarsi e si era messa a pensare che invece aveva tutti i diritti di farlo, in fondo era stato lui ad andarsene lasciandola senza una parola, senza una scusa, senza una spiegazione... lui l'aveva ferita. E lei, avrebbe dovuto comportarsi come se chiunque potesse essere capace di prendersi tranquillamente gioco di lei? No... assolutamente.
Scuote la testa, incapace di dire altro.
"Accidenti, Rory, con tutti i libri che leggi, con una laurea... non capisco se lo fai apposta o cosa..."
"E io non capisco se tu ti diverti a prendermi in giro."
"Quale fra tutte le cose stupide che ho fatto ha potuto veramente convincerti che io me ne sia andato perché non ti sopportavo più?"
"Jess, non..." Scuote la testa, sbuffando. "Hai mai provato a metterti nei miei panni? Hai mai provato a chiederti come l'avrei presa, che cosa avrei finito per pensare di te? Ti è mai passato per la testa il dubbio che forse non sono capace di leggerti nella mente, che forse non avrei capito tutto senza bisogno che tu mi spiegassi niente? Non è affatto scontato che i miei meccanismi logici debbano per forza essere uguali ai tuoi!"
"Ah, sì, e allora secondo i tuoi meccanismi logici io sarei tornato a umiliarmi di fronte a te solo perché in realtà avevo intenzione di mollarti di nuovo e di trarre soddisfazione dalla tua sofferenza?!"
Sente un muscolo contrarsi sulla sua guancia.
"Accetto il fatto che possa sembrarti assurdo, ma in quel momento era così, ed è per quello che ti ho detto di no." Lo osserva spalancare gli occhi, quasi inorridito.
"Per quello?" Si sente una stupida, mentre distoglie lo sguardo da lui.
"Certo, mi chiedo come posso essere stato così idiota da non capirlo. In effetti, con tutti quei no detti così a raffica mi avevi precisamente esposto tutte le tue ragioni."
"Smettila di fare lo spiritoso, non è il momento."
"Sì, hai ragione, dovrei cercare di esercitare meglio la mia intelligenza, così la prossima volta riuscirò a cogliere i sottintesi."
"Jess." Tutto l'impeto che le sta montando dentro, sta cercando disperatamente di scaricarlo aggrappandosi sempre più forte a quel mobile.
"Ok. Va bene. Avrei potuto spiegartelo. Non voglio giustificarmi, ma ero arrabbiata, ero stufa di tutto quanto, e... e poi anche tu non mi hai spiegato perché te ne sei andato. Siamo esattamente alla pari."
"Ah, era questo che ti interessava allora... rimettermi al mio posto. Certo, non potevi tollerare che ti avessi ferito una volta di più..."
"Senti, ti ho detto che non sto cercando di giustificarmi, sto solo dicendo che come non mi hai dato spiegazioni tu, così non te ne ho date io, e sì, probabilmente avremmo potuto farlo tutti e due, però non ci siamo riusciti, nessuno dei due..."
"...questo è il problema."
Finalmente, ci sono arrivati entrambi.
"Sì. E' vero. E' questo il problema. Lo è sempre stato, sempre. Lo era quando io sono tornata da Washington e non hai capito che ormai mi piacevi tu, e che avrei voluto dirtelo..."
"Tu non me l'hai detto, e te la sei giocata. Io non sono uno che si fa prendere in giro."
"Sì, avrei dovuto prevederlo. Ma anche tu, potevi fare uno sforzo..."
"Nossignora, ero perfettamente convinto della mia posizione." Un sorriso amaro le sfugge senza che lei possa controllarlo.
"Beh, comunque era lo stesso quando litigavamo..."
"Se ti riferisci alla storia dell'occhio nero, io te l'avevo detto che non era stato Dean."
"Se proprio vuoi ritirare ancora fuori quella storia, sappi che avevo tutte le ragioni per dubitarne. Se tu e Dean vi foste trovati da soli un giorno di quelli vi saresta ammazzati."
"Peccato che ci fossimo già incrociati un paio di volte prima di quell'episodio, e che nonostante le sue squallide e ripetute provocazioni io mi fossi trattenuto in tutti i modi dal cedere alla tentazione di rompergli il naso."
"E perché non me l'hai mai detto?" Jess si stringe nelle spalle.
"Era una faccenda tra me e lui. E poi non ci avresti creduto."
"Forse, se me l'avessi raccontato, avrei potuto darti fiducia..."
"A chi, a me? Quando ancora andavo in giro con il marchio di teppistello newyorkese? Ti prego..."
"Tu che ne sai? Hai mai provato a dirmelo?!"
"No, perché davo per scontato che non ci avresti creduto."
"Ecco, bravo, lo davi per scontato. Questo è il succo della faccenda."
"Non che tu ti sia comportata in modo molto diverso con me quando si è trattato di farmi entrare in casa dei tuoi nonni..."
"Dobbiamo stare a discutere su chi avesse cominciato e di chi fosse la colpa che sta all'origine di tutto questo? Jess, stiamo parlando di qualcosa che è successo sei anni fa!"
"Il ricordo è ancora fresco, a quanto pare."
"Perché non l'abbiamo mai risolto veramente, ecco perché!"
"Sì, in effetti ho sempre omesso di rivelarti che in realtà l'occhio nero me l'aveva fatto un cigno."
Rory lo fissa incredula, mentre lo sconcerto si fa strada dentro di lei.
"Un cigno?!" Jess si morde le labbra, stringendo i pugni.
"Sì, e non ti ho dato il permesso di ridere."
"Non sto ridendo."
"Beh, sto solo mettendo le mani avanti."
"Perché non mi hai detto la verità quando avevo scoperto che non avevi fatto a botte con Dean?"
"Andiamo, Rory, già ai tuoi occhi ero completamente sotto una cattiva luce per via di tutto quello che la gente diceva o pensava riguardo a me, avrei dovuto ulteriormente sminuirmi ai tuoi occhi in modo volontario? Sarei stato un idiota."
"Sei stato un idiota."
"Avresti riso, e avresti comunque pensato che ero un idiota. E poi, tanto per cambiare, saresti saltata alle solite conclusioni, e cioè che Dean non avrebbe mai fatto una cosa del genere."
"E questo da che cosa diamine l'hai dedotto?"
"Era ovvio, Rory. Hai sempre messo lui sul podio del primo posto, e io ero il secondo classificato nel premio per il miglior ragazzo... solamente perché non c'era nessun altro che potesse stare prima di me."
Lo guarda, e si sente scoppiare il cuore. Solo ora se ne accorge veramente... quanta poca fiducia ha in sé stesso, quanto poco si stimi. Quanto poco fosse certo che lei volesse veramente stare con lui e che non rimpiangesse un altro a causa dei suoi difetti. E sono passati sei anni prima che l'abbia scoperto.
"Questa è l'ulteriore conferma che sei un idiota, Jess Mariano."
"Motivo per il quale ero al fondo della classifica."
"No! Stupido, sei solo uno stupido..." Lo osserva inarcare un sopracciglio.
"Ti dà soddisfazione insultarmi in modo prolungato?"
"Ti sto solo dicendo la verità! Accidenti, Jess, io volevo stare con te... ho lasciato un ragazzo che mi dava tutto quello di cui credevo di aver bisogno per seguirti." A Jess esce una risata sarcastica.
"Mi fa piacere che tu voglia tentare di lusingarmi, ma non dirmi che non hai mai rimpianto Dean mentre stavi con me, perché se ci credessi allora sì che sarei davvero un idiota."
"Va bene, forse, qualche volta avrò rimpianto qualche cosa di quello che avevo quando stavo con Dean... ma si trattava di modi di fare, di trattarmi, non di persone."
"Che accidenti significa? Che ti saresti tenuta volentieri la mia faccia con il suo carattere? Già, che splendida combinazione!"
"Non dire stupidaggini. Dean aveva un modo di stare con me, per cui non mi faceva mancare niente... qualche volta litigavamo, ok, ma erano sciocchezze... e alla fine, lui veniva sempre a chiedermi scusa."
"E io no? Ah, ora capisco dove sta la differenza."
"No, non è quello, idiota. Forse se mi facessi finire i discorsi prima di intrometterti con le tue conclusioni affrettate..."
"Va bene, prosegui pure, mettimi un cerotto sulla bocca se vuoi, ma non scriverci sopra idiota." Gli getta un'occhiata fulminante. Lui abbassa gli occhi, sembra dare segno di essere intenzionato a stare zitto. Rory sospira.
"La differenza tra te e Dean... consisteva nel fatto che lui era il ragazzo perfetto che tutti invidiano e ammirano, perché ti dà qualcosa che tutti sognano... la devozione assoluta, oltre all'amore. E io, io forse... mi sono abituata male con Dean... perché non tutti sono come lui." Jess la fissa con sguardo duro, ma lei lo precede.
"No, aspetta. Questo non significa che lui fosse migliore di te. Significa soltanto che mi dava qualcosa che tu invece non sei abituato a dare. E questo non c'entra con quanto io fossi attaccata a te o a lui... perché io... alla fine l'ho lasciato. Mi sono trovata nelle condizioni di dovere per forza fare una scelta, e ho scelto te."
"Qualsiasi cosa successa in seguito mi ha ampiamente dimostrato che te ne sei pentita amaramente."
"Io non capisco se lo fai apposta... Jess, è evidente che tu di me e dei miei sentimenti non hai capito un bel niente."
"O forse sei tu che non ti sei capita."
"Senti, se io mi fossi trascinata dietro dei rimpianti per essere stata con te tempo fa... non avrei mai fatto tutto quello che ho fatto in questi giorni. Non puoi pretendere che ti dia una spiegazione per tutto... non ci riuscirei neanche se volessi..."
"Vuol dire che non sai perché l'hai fatto."
"No, vuol dire che non riesco a spiegarmi, come non riuscivo a spiegarmi razionalmente perché ti amavo, non ci sono mai riuscita... quando mi chiedevano perché stavo bene ed ero felice con Dean io ero capace di elencare un migliaio di ragioni... e così per tutti gli altri, avevo sempre una spiegazione..."
Jess la fissa con sguardo serio, attento. Rimane in silenzio. Niente critiche, polemiche o obiezioni. Rory non sa se ha il coraggio di continuare.
"Non lo so, forse vuol dire che..." Lo osserva alzarsi dalla sedia, appoggiarsi con una mano al tavolo, come per riprendere le forze.
"...che il motivo per cui io... non dipende da come ti comporti nei miei confronti... solo... solo da come sei." Si sente ridicola per il modo frammentario e sgrammaticato con cui si è espressa. Quello è stato il massimo che ha potuto dare in quel momento. Se avesse potuto impugnare una penna e scriverlo, forse sarebbe stato meglio, avrebbe avuto più capacità di controllo razionale, di ordine... forse non è vero, forse non ci sarebbe riuscita nemmeno provando a ragionare con calma e sistematicità... era troppo, tutto questo era troppo.
Jess non sa che dire. Non sa più niente. Non sa se fidarsi, se sperare, se ritenere che sia meglio non ritornare sui propri passi... sa che sarebbe capace di rinunciare a lei, di comportarsi in modo talmente masochistico da escludere una volta per tutte dalla sua vita l'unica donna che abbia mai amato. Non si tratta di forza di carattere, no. Si tratta solo di ridicola, insulsa abitudine a farsi del male, di estenuante insicurezza, di sfiducia in sé stesso e in qualsiasi persona osi avvicinarglisi per tentare di capire almeno qualcosa di lui. Sa che potrebbe andarsene in quello stesso momento senza darle alcuna spiegazione, come già è stato capace di fare. Perché il cercare di spiegarsi, di capire sé stesso, di aprirsi con un'altra persona, è quello che non è mai riuscito a fare in vita sua. Tutti lo elogiano per il suo straordinario cambiamento, per la sua ritrovata serenità, per la sua calma riconquistata, per aver eliminato quell'insidiosa e costante rabbia contro il mondo intero. Forse però non è davvero così cambiato. Forse ha soltanto smesso di lottare. Forse ha soltanto perso l'unico orizzonte della sua vita che riusciva a dargli uno scopo concreto per andare avanti con un minimo di fiducia nel domani. Forse si è soltanto adeguato a tutto questo, smettendo di accanirsi contro gli altri perché non otteneva mai quello che voleva, perché non riusciva mai ad essere all'altezza dei suoi obiettivi. Forse la sua è soltanto rassegnazione.
Si stringe nelle spalle.
"In ogni caso... giusto perché tu lo sappia..." sospira, chiude gli occhi un secondo. "...non ti ho mai odiato." Non riesce a guardarla. Non vede le lacrime che affiorano nei suoi occhi.
"Io, io forse sì... mi dispiace." ammette Rory, mentre il groppo alla gola si fa più stretto.
"Non importa. Ne avevi tutte le ragioni."
"Le ho perse quando anch'io mi sono comportata come te... se non peggio."
"Beh, alla fine avrei dovuto prevederlo, di spiegazioni da me non ne hai avute." Rory si passa una mano tra i capelli.
"Forse... dovremmo soltanto cercare di ricominciare da zero. Di fare finta che tutto quello che è successo prima sia ormai qualcosa di vecchio e superato." Jess scoppia in una lieve risata ironica.
"Sarebbe il modo peggiore per ricominciare, perché mentiremmo soltanto a noi stessi."
"Ma possiamo sempre provarci..."
"Rory, non ti è bastato tutto quello che è successo in questi giorni? Non possiamo fare finta di niente, non siamo capaci, né tu né io... hai detto tu che il nostro problema è che non siamo mai stati capaci di dirci le cose davvero, e ogni volta abbiamo cercato di darci delle spiegazioni personali che non hanno quasi mai coinciso con la realtà... è da pazzi credere che potremmo riuscire a smettere di rivangare cose vecchie di anni, per il semplice fatto che non le abbiamo mai risolte..."
"...e allora facciamolo. Risolviamole." La determinazione si fa strada in lei, e non riesce a spiegarsi da dove provenga. Non sta più scegliendo le parole una alla volta, facendo attenzione a tutto quello che dice...
"Non è così facile." Jess sospira. La stanchezza gli pesa addosso.
"Se pretendi di cominciare davvero così, allora..."
"Vuoi che ti faccia un esempio? Bene, allora dimmi, qual è stata la spiegazione che ti sei data per il mio comportamento di stamattina?"
"Non so, ho pensato... mi sono spaventata, perché sembrava che tu... ti fossi già pentito di quello che è successo..."
"Ecco, vedi? Ci sei già caduta."
"In che senso?"
"Nel senso che hai già tratto delle conclusioni basandoti su una tua impressione."
"Quindi mi sono sbagliata?"
"Sei così sicura di aver ragione che dubiti anche del mio punto di vista?"
"No, no, io..." Lo sguardo smarrito si fissa nei suoi occhi, poi un lampo, un impulso che viaggia diretto verso le sue labbra.
"Spiegamelo, il tuo punto di vista, allora." Spiazzato, Jess si appoggia al tavolo.
"Senti, è evidente che ieri sera eravamo troppo presi per pensarci... però, tu hai una vaga idea di cosa faremo adesso?"
"Non lo so, potremmo tornare a Stars Hollow, e dire a Luke e a mia madre..."
"Bene, proviamo ad ignorare per un momento il bassissimo indice di gradimento che riscuoterà la nostra rivelazione... una volta finite le vacanze, dove pensi di andare?" Rory abbassa la testa. Inizia a capire.
"Dovrò tornare al lavoro, suppongo."
"Bene, mi fa piacere vedere che sei ancora in grado di effettuare dei ragionamenti coerenti..."
"Jess. Non è divertente."
"No, davvero, stavo già per mettermi a tirare fuori i festoni e lo champagne."
"Jess..."
"Cosa faremo, Rory? Il conto alla rovescia per aspettare la fine dei nostri brevi giorni di gloria? Tu hai un lavoro a New York, io ne ho uno a Philadelphia, per non parlare del fatto che per metà anno viaggi per tutta l'Europa..."
Rory sospira. Ecco, quello è sempre stato il problema meno facile da risolvere. In questi anni, non aveva fatto fatica, pur sentendosi in colpa, a scegliere... preferiva consolidare la sua carriera e assicurarsi il futuro che aveva sempre voluto piuttosto che inseguire un uomo qualsiasi. Aveva sempre saputo cosa fare quando quelli con cui usciva le ponevano di fronte un'alternativa.
Ora il dilemma è decisamente più acuto. Ora si rende conto che davvero non sa cosa fare. Che non può fare tutte e due le cose, né nessuna delle due, né l'una o l'altra...
Una lacrima scivola silenziosamente sulla sua guancia.
Sa che non serve a niente piangere. Ha sempre evitato di farlo quando sapeva che le lacrime non l'avrebbero portata da nessuna parte. Ha sempre cercato di trattenersi, di serbare intatto il suo contegno e il suo autocontrollo. Forse, se fa un piccolo sforzo può riuscirci anche ora...
Troppo tardi. La lacrima le sfugge anche dall'altro occhio.
Jess si avvicina a lei. Per un momento si guardano e basta. Poi lui la stringe a sé, senza dire niente, come ha sempre fatto.
Spesso non era necessario esplicitare tutto con Jess. Quando erano vicini, così vicini, era come se lui le parlasse attraverso i suoi gesti, e per qualche istante lei si sentiva davvero sicura come se le emozioni che trasparivano da lui fossero state davvero concretizzate in parole...
"Senti..." dice lui, scostandola leggermente da sé.
"No. Senti tu. Non hai idea di quante situazioni simili io abbia attraversato... è da quando ho la vita che volevo avere che finisco per rinunciare a tutto pur di portarla avanti nel modo migliore..."
"Appunto per questo. Non ho intenzione di importi niente, anche perché in ogni caso è giusto che..."
"Proviamoci lo stesso." Jess la fissa con sguardo attonito.
"Cosa?"
"Non fare finta di non aver capito... voglio che ci proviamo lo stesso."
"E come pensi di poter anche solo fare un tentativo? Sarebbe distruttivo per tutti e due."
"No. Io... non puoi chiedermi di troncare qui perché tanto, facendo il calcolo delle probabilità, abbiamo già potuto vedere che finirà per non funzionare. Non puoi... non ti permetto di fare così, di tirare fuori il tuo solito pragmatismo pessimistico, non lo farai, non mi lascerai per il mio bene e perché non vuoi che nessuno dei due soffra più per causa dell'altro, perché io non sono disposta ad adeguarmi..."
Jess la guarda. E' così bella, con i capelli spettinati che le incorniciano il viso, gli occhi lucidi per le lacrime, le guance bagnate, le labbra umide...
La forza di farla finita, di rassegnarsi, di gettare la spugna, non ce l'ha. Quell'orizzonte, quello scopo... l'ha ritrovato. Dopo averlo perso per così tanto tempo. Sa che non ne troverà mai un altro. Sa che è la sua unica possibilità. Potrebbe dirle che non se la sente, potrebbe tirare fuori qualsiasi scusa, potrebbe mortificarla e indurla a desistere con i suoi ragionamenti...
Allo stesso modo però potrebbe trovare una soluzione, per quanto complicata e ardua... sarebbe solo un modo migliore di impiegare la sua intelligenza.
Non ce la fa. E' più forte di lui. Non ce la fa a scappare, di nuovo. Non potrebbe reggerlo una seconda volta, e non potrebbe reggerlo lei...
Forse non è così difficile. Forse è sufficiente che lui smetta di rassegnarsi ad averla persa per sempre. Forse deve smetterla, come dice lei, di farsi coinvolgere eccessivamente dal suo "pragmatismo pessimistico"...
Sorride. In quel momento, stranamente, ne è convinto. Sente davvero di poterci riuscire.

 

***Fine***

 

Ringrazio tantissimo tutti coloro che sono stati così gentili da commentare e che hanno apprezzato questa fanfiction in nome dei bei vecchi tempi di Rory e Jess.

   
 
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