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Autore: Aniel_    22/08/2012    1 recensioni
Castiel non aveva mai discusso gli ordini, ma di fronte a quel fragile esemplare di essere umano sentì le porte del dubbio cigolare e schiudersi, e insieme a quelle anche l'apprensione e il senso di protezione nei confronti di quel cacciatore incapace di centrare il bicchiere con il liquore della bottiglia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Autore: Aniel_
Fandom: Supernatural
Titolo: Andrà meglio
Personaggi: Dean, Castiel, 
Pairing: nessuno. Strano ve'?
Raiting: G
Genere: introspettivo
Avvertimenti: one shot
Note: questa one shot ha partecipato al contest Sono ciò che scrivo, ma non basta 
[http://nakarui.livejournal.com/21557.html?view=32821#t32821]
 sulla canzone Un gran bel film - Vasco Rossi. Un'one-shot con Dean e Cas come protagonisti, ma non slash. Credevo di non esserne in grado! Lol
Disclaimer: Supernatural non mi appartiene, per questo invidio il Dio Kripke, unico detentore di cotanta meraviglia. Mi piacerebbe possedere Dean e Cas - in tutti i sensi possibili- ma purtroppo anche loro non mi appartengono.




ANDRA' MEGLIO


Castiel, in certe occasioni, soffriva di un disturbo di comprensione.
Lui, un Angelo del Signore, un guerriero di Dio, colui che conosceva tutte le lingue del mondo, la storia dell'uomo con le sue vittorie e le sue disfatte, ogni creatura del cielo e della terra, ogni costellazione dell'universo, veniva spesso messo in ginocchio dagli atteggiamenti umani.
Per quanto si sforzasse non riusciva mai a cogliere le sfumature delle azioni dell'uomo, con i propri amplessi e modi di agire.
Castiel non capiva e quando gli avevano consigliato di "leggere tra le righe" era stato costretto a chiedere di rimando "le righe di quale libro?"
Aveva tentato di integrarsi, di cogliere il significato di parole non dette o di quello che gli uomini chiamano sarcasmo ma sempre con scarsissimi risultati.
Era un bel problema, soprattutto se tra tutti gli uomini da proteggere sotto la sua ala, Dean Winchester spiccasse per la speciale attitudine a non farsi capire per niente da nessuno.
Dean Winchester era problema e soluzione, inizio e fine, bene e male, luce e ombra e Castiel avrebbe rinunciato a tutto pur di cogliere anche solo una piegolina della personalità di quell'uomo e renderla propria.
Ma era difficile, maledettamente difficile.
Così Castiel si era sorpreso a varcare la soglia di uno squallidissimo pub del South Dakota alla ricerca di quell'uomo che, troppo spesso, tentava di distrarsi in maniera poco consona o, come usavano dire gli esseri umani, affogare i propri problemi nell'alcol.
Dean era stanco e questo non era affatto difficile da comprendere: le spalle curvate sul bancone, i piedi a penzoloni dall'alto sgabello, le palpebre pesanti. Quei corpi, quelle macchine fatte di carne e ossa e muscoli avevano bisogno di riposo, un bisogno al quale Dean cedeva raramente e solo se costretto.
Uno dei sigilli era stato spezzato e Castiel, sebbene sapesse che la battaglia non stesse andando per il meglio per la propria guarnigione, aveva tentato di non farlo pesare al cacciatore. Non aveva capito molto di quella strana scelta, ma aveva sentito qualcosa nel proprio petto contorcesi di fronte all'espressione afflitta e stanca di Dean e aveva mentito, mentito per farlo stare meglio.
Non era un atteggiamento da soldato, il vecchio Castiel non lo avrebbe mai fatto.
Ma poco aveva importanza perché in quell'istante Dean era stanco e triste: gli angoli delle labbra erano piegati quasi dolorosamente all'ingiù e le sue mani tremavano convulsamente attorno al bicchierino pieno fino all'orlo di un liquido ambrato.
«Posso sedermi?» gli chiese, mantenendo una debita distanza, rispettando quello che il cacciatore chiama spazio personale. Per la prima volta se n'era ricordato.
Dean fece un rapido cenno con la mano e Castiel lo prese per un sì, accomodati. Eppure non aveva aperto bocca e Castiel aveva iniziato a sentirsi stranamente a disagio.
Non sapeva quali questioni mettere alla luce di fronte al cacciatore provato ed ubriaco, né come consolare quell'uomo. Castiel era un angelo che non sapeva donare conforto e lo trovò strano, quasi buffo.
Cercò di arrivarci per gradi: magari seguendo un ragionamento rigorosamente logico sarebbe stato in grado di dargli sollievo.
«So bene che ci aspettavamo che la battaglia prendesse una piega diversa, ma le cose non accadono mai come ci aspettiamo. Non devi essere triste.»
Le labbra di Dean si piegarono in un sorriso carico di amarezza e derisione e puntarono sull'angelo pericolosamente. «Non sono triste» rispose secco.
«Si che lo sei.»
«Solo un po'» replicò, vuotando l'ennesimo bicchiere e facendo cenno alla barista di lasciare pure la bottiglia, «ma ti prego, Castiel, ti prego, evita di dirmi quanto sia stato fortunato ad essere stato tirato fuori dall'inferno, quanto la mia missione sia importante e tutte queste stronzate. La cosa davvero esilarante è che voi gallinacei siete ancora convinti che sia l'uomo giusto per salvare il mondo. Vi credevo intelligenti, ma ognuno ha i suoi difetti, no?»
Quando Dean scoppiò in una fragorosa risata, Castiel avvertì uno strano formicolio al palato: una sensazione fastidiosa, soffocante. Dean Winchester non aveva fede e la cosa lo sconvolse più del dovuto, più del normale.
«Non devi dire così» mormorò, così piano che si chiese se l'altro lo avesse sentito.
«Erano davvero belli i tempi in cui i fantasmi infestavano le case e i demoni possedevano la gente senza secondi fini. Sembravano favole: i due cacciatori, i due fratelli Winchester, io e Sammy a caccia, a salvare le persone. Guardaci adesso Castiel. Io sono stato tirato fuori dall'inferno da un angelo, Sam assume la propria dose giornaliera di sangue demoniaco da quella puttana di Ruby e siamo a tanto così da avere Lucifero come nuovo vicino di casa. L'unica fortuna che ho è che io sia ancora vivo...e non ne sono poi così sicuro.»
Castiel non sapeva cosa dire o cosa pensare. Dean non aveva mai parlato così tanto davanti a lui. In realtà, non l'aveva mai visto parlare così tanto...e basta. Riusciva chiaramente a percepire la frustrazione, il dolore e l'ansia di quell'uomo, emozioni che lo avviluppavano completamente ed andavano via via a tessersi sulla sua pelle e sulle sue ossa. Era davvero lui il loro Salvatore? Come poteva un uomo così provato e distrutto essere la chiave della salvezza?
Castiel non aveva mai discusso gli ordini, ma di fronte a quel fragile esemplare di essere umano sentì le porte del dubbio cigolare e schiudersi, e insieme a quelle anche l'apprensione e il senso di protezione nei confronti di quel cacciatore incapace di centrare il bicchiere con il liquore della bottiglia.
Lo aiutò, versandogliene una dose generosa e facendo lo stesso con un nuovo bicchiere. Assaggiò quel liquido e sentì le papille gustative andare in fiamme e un rivolo di calore scendere giù lungo la gola. Inizialmente fastidiosa, la sensazione si rivelò inebriante e rilassante al tempo stesso.
«È...strano» appurò a voce alta, con una leggera smorfia a deformargli il viso, «però è buono.»
Dean ghignò. «Benvenuto nel mio mondo, angioletto.»
Castiel si morse il labbro, a disagio. Non gli piacevano affatto i nomignoli che il cacciatore gli affibbiava, ma chiedergli di smetterla non sarebbe servito a nulla, così ingoiava il rospo ogni volta.
Non capiva i nomignoli, ma se non altro aveva imparato un sacco di modi di dire prettamente umani.
«Sono stanco, Castiel. Sono stanco di questo mondo di merda, in cui ognuno cerca di uccidere l'altro, questa faida tra angeli e demoni che non posso controllare perché l'unica arma che possiedo è un fucile sotto il letto. Andiamo! Perché sei venuto qui? Hai forse la vece di un fottuto prete pronto ad indirizzarmi verso la retta via? Se è così, lasciami in pace. Tanto sappiamo benissimo come andrà finire...la battaglia finale, la resa dei conti...li pagherò tutti alla fine, puoi starne certo.»
Castiel si sentiva sopraffatto da quel fiume in piena di pessimismo e rassegnazione. La rabbia che il Winchester mostrava quasi come si trattasse di un trofeo lo fece sentire piccolo, inutile.
Non poteva aiutarlo perché non sapeva come fare. Non conosceva quell'uomo come credeva ma avrebbe voluto incorrere in un piccolo spiraglio, una porta socchiusa che gli permettesse di varcare la soglia delle sue emozioni.
Ma Dean aveva innalzato un muro di cemento invalicabile e a Castiel restavano solo tante parole e un bicchiere di whisky.
Castiel deglutì e allontanò la bottiglia dalle mani del ragazzo, con fermezza. «Basta così, Dean. Non devi abbatterti, non devi. Abbiamo bisogno di te, abbiamo bisogno che tu ponga fine a tutto questo. » replicò, duro, mentre sul viso dell'altro affiorava un nuovo sorriso carico di ilarità, «...e se Dio ci ha chiesto di salvarti significa che devi fare lo stesso per noi.»
«Se ci tiene così tanto a questo pianeta, perché non schiocca le sue magiche dita distrugge il male del mondo come i demoni, i pirati della strada, i tacos scaduti e la combriccola degli Jefferson Starship?»
Le labbra di Castiel tremarono di rabbia. «Non osare, Dean Winchester. Non osare prenderti gioco di Dio!» tuonò.
Dean lo scrutò attraverso le lunghe ciglia bionde, divertito, come se la questione lo stesse stuzzicando. Allungò un braccio e strappò malamente dalle mani dell'angelo la bottiglia mezza piena. La sventolò appena di fronte allo sguardo irato dell'altro. «Beh, allora continua a pregare il tuo Dio, Castiel. Io prego il mio.» concluse, scoccando un sonoro bacio sulla superficie vitrea della bottiglia.
La voce di Castiel si affievolì. «Non ti capisco, Dean. Lo vorrei tanto, davvero, ma non ci riesco. Che cosa vuoi veramente?»
Dean si accasciò sul bancone, poggiando la fronte sulla superficie marmorea. «Voglio spegnermi» mormorò.
Dean si era addormentato.
O forse aveva perso i sensi per via di tutte quelle dosi eccessive di alcol.
La barista bruna scivolò lentamente di fronte ai due, scrutando Dean intenerita. «Mi dispiace ma dovresti portarlo fuori di qui. Ha bevuto abbastanza per stasera e non voglio problemi.» esordì in direzione di Castiel.
L'angelo annuì convinto e portò un braccio dell'altro attorno alle proprie spalle, caricandosene il peso.
«Non prendertela troppo. Era solo un po' giù...capitano a tutti delle serate in cui l'unica cosa che desiderano è ridursi in quello stato dopo qualche bicchierino di troppo. È umana fragilità, mi capisci no?» chiese la donna.
«No, direi di no» rispose Castiel, perplesso.
La donna probabilmente l'aveva presa per una battuta e si era limitata a sorridere. «Non può andargli così male, dato che ha uno come te pronto a riaccompagnarlo a casa. Sei suo amico, non è vero? Perché questo tizio ha tutta l'aria di chi ha bisogno di un amico.»
L'angelo inclinò il capo e contemplò la barista senza realmente vederla. «Credi che domani andrà meglio?» le chiese, titubante.
La donna storse il naso. «Domani andrà peggio di oggi, te lo posso assicurare. Ma gli passerà. Passa sempre tutto...a tutti. Se ha qualcuno su cui contare, allora si, andrà meglio.»
Castiel strinse la presa attorno al corpo dell'altro. «Si, sono suo amico.»
«Allora è un ragazzo fortunato» concluse la donna, salutandolo con un cenno.
L'angelo trascinò Dean fino ad adagiarlo sui sedili posteriori dell'Impala. Aveva tempo, tutto il tempo del mondo e ci sarebbe stato quando l'altro avrebbe aperto gli occhi, e si sarebbe sorbito gli insulti e il disprezzo che gli sarebbero piovuti addosso. Ci sarebbe stato sempre per Dean perché Dean aveva bisogno di un amico e Castiel c'era, e avrebbe potuto diventarlo.
«Andrà meglio, vedrai» gli disse, spostando gli occhi dallo stretto abitacolo dell'auto alla notte buia e senza luna.

FINE

   
 
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