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Autore: La sposa di Ade    22/08/2012    3 recensioni
Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battaglia per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di averla lasciata in quella cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
6° Classificata
al contest ‘Aboliamo gli Happy Endings!’ indetto da
WodkaEiffel
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Il capitolo non è lungo come sembra, ci sono un mucchio di ringraziamenti infondo (più una chicca per voi) ;)

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Capitolo. 21. Epilogo

“L'orologio segna la vita che se ne va, è così irreale.”

[Linkin Park – In the End]

Una mano pallida tesa verso di lui; filamenti di fumo nero si avvolgevano su se stessi catturando i suoi occhi del colore del mare nelle loro spire. Il suo palmo aperto era un invito, una promessa di salvezza e nuova vita.
E lui l’ aveva accettata, non poteva fare altro, allungò la mano come se fosse lui stesso a volerlo anche se sapesse fin troppo lucidamente quale oscuro futuro lo attendesse.
Quando appoggiò la sua mano tremante su quella del Generatore il suo pallore impressionante si macchiò di rosso sangue, mentre i suoi occhi ambrati si coloravano di nuova impazienza e un sorriso felino rimase
per sempre impresso nella sua memoria.

“Desidero essere come te, giacere freddo sul pavimento come te.”

[Evanescence – Like You]

Un altro tuono rimbombò nell’ aria, preceduto da un lampo di luce che illuminò in minuscolo istante quel luogo che sarebbe dovuto restare buio e oscuro a tutti. Il cozzare di armi era svanito all’ improvviso, una quantità esagerata di corpi ora giacevano a terra, il silenzio sarebbe stato assordante se non per il continuo e furioso scrosciare della pioggia.
Un corpo avvolto da abiti neri si mosse, agitandosi per il dolore e portandosi una mano all’ altezza dello sterno, stringendo nel palmo ciò che restava di una chiara lama di legno. Strinse i denti sforzandosi di estrarre la lama dalla carne che già aveva iniziato a guarire.
Un fiotto di cupo sangue sgorgò dalla ferita mentre il legno cadeva a terra con un suono appena udibile. Prese il suo tempo per riprendere fiato e lucidità, poi alzò lo sguardo pronta a osservare ciò che restava di ciò che aveva conosciuto.
I suoi occhi vennero inondati dalla desolazione e dal nulla della Morte. Intorno a lei solo corpi pallidi supini ricoperti di sangue e sporcizia, la puzza di morte e putrefazione lentamente si alzava dallo strato di cadaveri scomposto a terra, dandole la nausea come non mai.
Si alzò barcollante, e prese a muovere le gambe in una qualsiasi direzione, superò i due corpi crollati a terra insieme a lei scostando lo sguardo dall’ espressione quasi serena del’ elfo a terra. un nuovo dolore si insinuò dentro di lei, avrebbe volentieri fatto cambio con lui se solo avesse potuto, perché era quello che desiderava davvero ormai. Ma delle precedenti parole risuonarono nella sua mente, di chi ormai non le interessava ricordare, ricordandole che non sarebbe più potuta morire, e che il desiderio a cui tanto ambiva non poteva essere esaudito.
Un lievissimo sorriso increspò le sue labbra secche. “Invece ci sono riuscita.” Aveva ucciso suo padre, il che le sarebbe dovuto bastare, anche se una piccola parte della sua mente cacciò via quel senso di soddisfazione sostituendolo con qualcos’ altro che le fece sembrare del tutto inutile tutto ciò che aveva fatto da due anni a questa parte.
Per un attimo solo si preoccupò della sua spada, non sentendola più stretta in mano, ma subito dopo si rese conto che non le importava neanche più averla persa, di avere perso il suo nome, di nuovo.
Vagò ancora un po’ in cerca di cosa, non lo sapeva neanche lei. Fino a che qualcosa –o qualcuno- si aggrappò alla sua caviglia minacciando di farla rovinare a terra.

“Sto cadendo per sempre, ho bisogno di fermare tutto, sto andando giù”

[Evanescence – Going Under]

Gli sembrava di galleggiare nel nero, in cerca di occhi scuri cangianti, sospeso tra uno strato di incoscienza e uno di lucidità, fino a che qualcosa non lo ridestò lievemente da quella dolorosa situazione. Un ritmo lontano, continuo e regolare che andava man mano farsi più forte, più vicino, un suono triste e rabbioso, passi pesanti e senza forza. Per un attimo quel suono gli ricordò un giorno non troppo lontano i pioggia incessante, di un cappotto scuro che si muoveva silenziosamente sotto un muro d’ acqua e di occhi cangianti; neri, ambrati, rossi, blu, verdi. Ma dalla pupilla sempre uguale, sempre particolarmente piccola, in modo che né la luce né qualsiasi altra cosa potesse provare a sprofondare in quegli occhi. Era incredibile la velocità con cui tutto era precipitato.
Senza quasi accorgersene sul palmo della sua mano sentì il contatto con del cuoio lacerato e viscido di sangue.

“Siamo qui buttati giù come figli della guerra. […] su questo mondo siamo stati lacerati”

[Black Veil Brides – Fallen Angels]

Barcollò, ascoltando per un attimo il suono del suo sangue che gocciolava a terra da chissà da quale delle numerose ferite. Abbassò lo sguardo sul corpo a terra, indugiando sulla ferita che correva da una spalla all’ altra. Occhi neri e velati la fissavano.
Nel vedere il corpo di Rhies in quelle condizioni non provò tristezza, solo altra rabbia; perché doveva essere lei l’ unica a sopravvivere a quella guerra? Non era giusto.
Lasciò che le sue ginocchia battessero di nuovo contro il suolo, mentre sul volto del principe di dipinse un sorriso sofferente.
La rabbia ribolliva dentro di lei, non lasciando spazio ad altre emozioni. Non era giusto che finisse così.
“Credimi, se potessi fare cambio con te.” Quelle parole le scivolarono dalle labbra. Lentamente allungò la mano sulla macchia rossa che si allargava sul petto del ragazzo, senza però toccare mai la ferita, come se solo quella vicinanza potesse far rimarginare la carne lacerata.
Per quanto possibile i suoi occhi neri sembrarono rasserenarsi un poco, respirò un paio di volte prima di parlare.
“Ho sempre saputo che quello che desideravo sarebbe stato impossibile.” Fece una smorfia di dolore dopo aver pronunciato con fatica quelle parole.
“Le guerre non hanno senso.” Non avrebbe saputo che altro dire. “Mi dispiace." Rhies voltò leggermente il viso verso di lei per poterla guardare negli occhi.
“Non è colpa tua.” Ma verso la fine della frase la sua voce sembrò incrinarsi, e lui sembrò non essere più sicuro di quella certezza che aveva pronunciato. Lo sguardo della vampira era duro e triste, lei sapeva; era sempre iniziato tutto a causa sua, a causa dell’ Ala d’ Argento. Perché è così che le Creature Oscure agiscono, causano guerre e battaglie e anche indirettamente uccidevano gli Umani. Ecco il motivo per cui ora si sentiva tanto in colpa, era come se fosse stata lei ad ucciderlo.
Neah si guardò un attimo intorno; la desolazione regnava sovrana, dopo aver spodestato i re che senza un valido pretesto erano entrati in guerra tentando di uccidersi a vicenda.
Si chinò un poco sul corpo accanto a lei come a volersi nascondere da occhi nascosti nelle nicchie buie. Quando un lampo attraversò la sua mente “
Dona la bocca a chi sta per morire, il suo sangue macchierà le candide labbra,la solitudine verrà colmata dal bacio dell’ abbandono.
Il dono della dea Andhera, o almeno, così aveva detto il Generatore tempo prima.
Si chinò ancora di più ascoltando il suono del respiro di Rhies e del battito lontano del suo cuore. Le sue palpebre erano chiuse, troppo pesanti per restare aperte.
“Vuoi vivere?” Chiese in un soffio, sicura che comunque lui l’ avrebbe sentita.
Le sue palpebre tremarono nello sforzo di sollevarsi e guardarla ancora. Non sembrò spaventarsi nel vedere i canini appuntiti creare due fossette sulle labbra inferiori, il suo sguardo invece sembrava ancora pieno di vita, troppa perché la morte potesse aver già posato i suoi occhi su di lui.
“Avevi detto che…”
“Se un cane morde un gatto, il gatto non diventa un cane.” Terminò la frase per lui, mentre le sue labbra si increspavano al ricordo di quanto lei stessa aveva detto. Lui rimase in silenzio, senza rispondere, sentendo solo i brividi provocati dal suo fiato sul collo e la paura entrare dentro di lui, all’ idea di morire sentendo per ultima cosa dolorose punture di chiodi arrugginiti perforargli il collo. Ma ormai era morto, non aveva più importanza come la Morte decidesse di portarselo via.
“Le cose sono cambiate.” Disse lei, provocando altri brividi al corpo sotto di lei.
“Dicono che non esista dolore peggiore.” Ricordava, ricordava benissimo ciò che le aveva detto lei in riva al fiume. Neah si bloccò un attimo, in silenzio. Un po’ della rabbia che portava dentro sembrò abbandonarla alla prospettiva di non essere la sola a soffrire, e per quanto sapesse che quello era pensiero egoista, quasi non riuscì a dispiacersi per lui.
Un altro lampo di luce illuminò le loro figure, catturandole in un attimo di immobilità, mentre intorno a loro la pioggia sembrava essersi dimenticata come fermarsi.
Sentì per un attimo la sua pelle fredda sulle labbra, ricordandosi del gelo che sentiva dentro di sé da anni, si era sentita tanto fredda da aspettarsi di vedere il suo fiato trasformarsi in nuvole di condensa durante la notte.
Poi schiuse le labbra e i suoi canini urtarono contro la sua pelle, un istante prima di violarla. Sentì subito il contatto del calore del suo sangue sulle labbra.
Tentò per un attimo di immaginare ciò che i quel momento stava provando Rhies –mani scheletriche che iniziavano a scavare dentro di lui- , ma la brama di sangue le annebbiava i pensieri. Lo aveva solo sentito sussultare e trattenere quello che probabilmente sarebbe stato un urlo, e poi la sua mano, che in un riflesso istintivo spingeva contro la sua spalla nel tentativo di allontanare la fonte del dolore.
Probabilmente non ci sarebbe stato neanche bisogno di bere il sangue, ma la tentazione di assaggiare quel liquido che aveva un odore tanto buono era troppo forte. E dopo il primo , piccolo, sorso sentì gli occhi colorarsi di un nuovo rosso, squisito e dolcissimo rosso sangue. Ogni sorso si diceva doveva essere l’ ultimo, si diceva di non aver bisogno ma il richiamo del sangue era irresistibile. Ciò che fece fu invece staccarsi da lui solo nel momento in cui la pressione sulla sua spalla svanì e il sangue smise di circolare.
Si staccò da lui come se avesse appena preso la scossa, rendendosi conto della gravità dell’ azione che aveva compiuto.
Aveva appena distrutto l’ unica cosa che le restava.
Si sentì sfilare il mondo da sotto i piedi e cadere nel nulla che lei stessa aveva causato, sentì il cuore stringersi e su se stesso e congelarsi di nuovo. Mentre la rabbia e la tristezza si mescolavano in un ammasso confuso di poltiglia velenosa.
Si alzò in piedi senza riuscire a staccare gli occhi dalla quantità di sangue che colorava la pelle di Rhies. Era più di quanto aveva immaginato.
Strinse con rabbia il pugno sentendo le unghie conficcarsi nel palmo della mano, quel lieve dolore la fece rinvenire; un lampo di lucidità attraversò la sua mente cancellando il rosso dalla sua mente e dagli occhi.
Fece un passo indietro lasciando uscire in un pesante sospiro tutto il fiato che non si era accorta di trattenere.
E in un attimo vide ciò che non aveva mai visto; un altro corpo, disteso in una bara di velluto rosso con il volto pallido e i capelli neri scompigliati, quegli smeraldi che rilucevano nelle sue iridi erano ora nascosti per sempre dietro le palpebre. Poi altra pioggia, crisantemi ai piedi di una lapide di fredda pietra e un mazzo di lavanda che cadeva tra la pioggia incessante.
Poi il volto di Rhygen svanì, e con esso ogni speranza.

“Zittisci il santo disonesto, sciogli quello che è legato. Non c’è tempo per l’allegoria.”

[Black Veil Brides - Sweet Blasfemy]

Le fiaccole facevano tremare le ombre, trasformandole in figure spettrali in quell’ ambiente scuro su cui incombevano nubi nere come la pece.
Una piccola figura vestita di abiti bianchi stava inginocchiata sull’ altare del tempio, con il volto rivolto verso la raffigurazione della dea Andhera e le esili dita appoggiate sulla coppa d’ argento ricolmo di liquido rosso.
Con quello sarebbe finito tutto, o meglio, sarebbe iniziata una nuova era, in cui i vampiri sarebbero tornati a governare come nei tempi antichi. E le sarebbe bastato risvegliare lei, per fare in modo che tutti i Dormienti si svegliassero, solo grazie a lei, che sapientemente aveva indotto a un lungo letargo i più potenti vampiri; li aveva nascosti, in un luogo che solo lei conosceva per proteggerli nel momento in cui sarebbero stati più vulnerabili. Ed era ora di svegliarsi, ora che i tempi Oscuri erano terminati e la terra era fragile e pronta per essere sollevata di nuovo.
La piccola Lishe distolse gli occhi dall’ imponente dea che la osservava senza occhi e fissò il suo stesso riflesso nel sangue, provando un lieve senso di disgusto nel percepire un buco vuoto dell’ anima mancante dentro di sé.
Inclinò la coppa, facendo colare con attenzione il sangue in una fessura nascosta tra i decori della pietra. Tutto sembrò diventare più silenzioso di quanto non fosse; la lieve brezza che soffiava fuori si quietò, la pioggia attese ancora prima di iniziare a scendere, le fiamme nelle torce si calmarono e persino le nubi nere sembrarono farsi più piatte. Una lieve vibrazione percorse l’ altare, per poi aumentare di intensità fino a creare delle crepe nel marmo freddo; tutta la superficie bianca divenne un mosaico di pietre frantumate, e la piccola Lishe, che non aveva fatto in tempo a scendere, si ritrovò al suo interno, schiacciata tra un lato di quella che si era rivelata una tomba di marmo e qualcosa di caldo contro la sua schiena.
“È già ora?” Una voce dolce come il suono del ghiaccio che si frantuma. Fiato caldo sul suo collo e brividi di terrore che spargevano adrenalina nel suo piccolo corpo. Un paio di braccia l’ avvolsero da dietro, sollevandola.
“Dov’è la mia piccola Rose? Ho bisogno di sangue.” In quel momento Lishe iniziò ad agitarsi tra le braccia della donna, non poteva bere il suo sangue!
“No Lys! Io non…” Ma un dolore lancinante al collo zittì le sue parole, facendo fare una capriola al cuore, che subito prese a battere con più forza, mentre il corpo dietro di lei barcollava e iniziava a tossire contro la sua pelle.
Si agitò ancora, riuscendo a liberarsi dalle sue braccia mentre sentiva i canini della donna lasciare due tagli paralleli sul suo collo. Cadde a terra al di fuori della tomba e seppur sentendosi debole tentò di allontanarsi; la vista le si era annebbiata e lacrime roventi le solcavano il viso mentre lievi singhiozzi le sfuggivano dalle labbra. Sentiva il calore del sangue e della vita scappare da lei. Si voltò un attimo, giusto in tempo per vedere Lysander cadere sulle ginocchia e, tenendosi al bordo della tomba, allungare una mano verso la dea che in silenzio aveva guardato tutto, tutti i loro peccati, poi le lacrime si colorarono di nero, e con esse tutto il resto del mondo.
La sua pelle pallida si riempì di grinze scure, mentre dalle labbra colava icore scuro, il sangue di una divinità contaminata da sangue riportato in vita. Dalle sue labbra uscivano respiri rapidi e strozzati.
“No, non…” Colpi di tosse interruppero la sua voce, mentre la mano che teneva tesa in avanti divenne scheletrica come quella di un cadavere. “Dimitri…” A malapena riuscì a pronunciare il suo nome, sentendo le energie abbandonarla. “Io ti odio!” Urlò con la forza che le rimaneva, i suoi occhi si velarono, quel colore ametista che splendeva nelle sue iridi si incupì scurendosi sempre di più. Il suo corpo scivolò tornando al suo posto. “Non era così che doveva andare.” Disse infine mentre il suo cuore si spegneva, avvelenato dal sangue riportato in vita.

“Selvaggio e disperato l’assassino è nato.”

[MUSE – Assassin]

La pioggia continuava a scendere incessante, le sue gambe tremavano per la stanchezza, temeva che si sarebbero potute rompere da un momento all’ altro per via di tutti il peso che ora si portava dentro.
Giunse alla scalinata principale della reggia, sembrava l’ unica parte rimasta intatta, solo un paio di cadaveri giacevano scomposti sul marmo chiaro. Quasi si lasciò cadere su uno scalino, sedendosi pesantemente e appoggiando la testa contro il corrimano accanto a lei. Aveva lo sguardo vacuo fisso sul cadavere davanti a lei e la mente vuota, la morte aveva preso anche quello che c’ era dentro di lei, lasciando il solito silenzio che rimaneva dopo il suo passaggio.
Passi incerti le si avvicinarono, il respiro affannoso si fermò a un paio di metri dalla sua schiena, non si voltò, che la colpissero pure, ancora e ancora.
Quello che sentì fu invece una lieve risata.
“Io te lo avevo detto.” Ricordava quella strana voce, come due persone che parlavano contemporaneamente con la stessa bocca, un tono roco e molto profondo. “Hai distrutto tutto.” La viera riprese a ridere, avanzando con un passo incerto.
La vampira si chinò un poco in avanti e allungò una mano verso il cadavere che ancora teneva stretta tra le mani la sua semplice spada, la impugnò lei, stringendo la fredda impugnatura come se non avesse mai preso in mano un’ arma, o come se quella sarebbe stata l’ ultima volta.
Si alzò barcollante voltandosi verso la viera che rideva ancora, le suo condizioni erano pessime; una spalla girata in maniera innaturale, una freccia rotta che spuntava dal polpaccio destro e la pelle chiara ricoperta di ferite e lividi scuri.
Eppure ancora rideva, rideva di lei, sovrastando il suono della pioggia e della tempesta con quella voce inconsueta e raccapricciante. La risata cessò quando una spada si infilzò nel suo collo, facendo capolino tra le costole della parte opposta del corpo.
Uno schizzo di sangue le macchiò il viso, un attimo prima di vederla accasciarsi a terra e tacere.
Poi di nuovo, tornò a sedersi dove era prima, portandosi la mano buona al volto, il silenzio era assordante, peggio della risata raccapricciante di quella viera.
E per la prima volta la pioggia non fu l’ unica cosa a scorrere sul suo viso sfregiato.

Fine

“Per chi ha amato questo mondo, e ha trovato piacevole compagnia in esso”

Ringrazio tutti quelli che hanno aperto il link di questa storia, che l’ hanno letta parola per parola, capitolo per capitolo, morte per morte.
Anche quelli che si sono stufati a metà storia e quelli che l’ hanno scoperta da poco. Ringrazio voi per ogni recensione, per ogni consiglio e ogni parola di incoraggiamento.
Ringrazio questa stessa storia che mi ha permesso di stringere fantastiche amicizie.

Jo Shepherd - susy e francy - Raen91 - Smollo05 - lames76 - Homicidal Maniac - Pendragon of the Elves (ordine cronologico di recensioni eh!)
Un grazie particolare va a Homicidal Maniac che ha fatto vivere a me e a Zephit la magnifica esperienza di Elfenfest.
Per me completare è una gran cosa (un’ impresa) e ancora più soddisfacente è stato ricevere delle recensioni; erano quelle ad attaccarmi al foglio bianco quando l’ ispirazione andava a puttane, tornavo spesso indietro a rileggerle per convincermi che sarei riuscita a completare un capitolo difficile.
Inizialmente i personaggi da me pensati sarebbero dovuti essere diversi da come sono giunti alla fine della storia:
Rhies non avrebbe dovuto avere uno spessore psicologico pari a carta velina, e per questo chiedo scusa a chi si aspettava di meglio da lui (anche io mi aspettavo di meglio).
Zephit, pensate un po’, sarebbe dovuto essere un elfo basso dai capelli color carota e dagli occhi neri, sarebbe dovuto essere un sicario e non un ubriacone (ma immagino sia meglio avere un elfo ubriacone). Zephit è stato uno dei personaggi che più ho amato e che mi divertivo a scrivere, per questo credo (spero, più che altro) che anche leggere la sua morte non vi abbia abbattuto troppo.
Gli altri più o meno sono riuscita cerarli come mi ero prefissata.
Inventate vuoi invece un nome per la disperata madre di Zephit :)
Un ringraziamento particolare va alla musica, che come immagino anche voi stessi avete potuto appurare ispirava ogni capitolo. In particolare gli Evanescence con la magnifica voce di Amy Lee; una continua fonte di ispirazione. E in quest’ ultimo periodo (quello dell’ epilogo, appunto) anche i Black Veil Brides, che più che rivelarsi una fonte di ispirazione sono stati una magnifica distrazione.
Vi svelerò anche un segreto: il mio Ipod si chiama Neah xD
Sono sicura di non aver detto tutto, di dimenticare qualcosa, eppure ora non mi viene in mente altro.
Quindi se avete domande da pormi fatele pure, sarò lieta di rispondere.
Quindi oggi 22/08/2012 finisce la storia di una vampira che per salvare se stessa, a distanza di due anni, ha distrutto inconsciamente tutto ciò che aveva.
O forse no, Ricordate il nome di Rhygen, l’ unica persona che aveva accolto Neah senza troppe domande e che ritroviamo nel capitolo dopo il prologo? Beh, non sia mai che io abbandoni una mia creazione, potrebbe sempre uscirne una spin-off :)
Grazie a chi è arrivato alla fine, questo non è un addio.
Mhuhahahahahaha!!

Extra: L’ anima della storia.

In quel bacio di mani dopo la morte, in quella morsa di dolore prima della conclusione, in quegli occhi rumorosi tra il crepuscolo e l’ oblio.

(Il repentino cambio di necessità.)

Ninnananne macabre nel continuo convincersi di rivincite e vendette. Rivolgiamo le perdite, cicatrici aperte alternate in ferite brucianti e false, false promesse fatte dalla vita.

Fa male.

Lo sciogliersi delle armi, il fumo liquefatto tra gli spigoli delle lame, la disperazione coagulata nel costante tentativo di vivere, il calore che va perdendosi nei volti svestiti di ogni colore, sarà questo il nostro destino.

Ho paura.

Non necessitiamo di sangue, poiché troviamo tutto, in quell'esalazione mortale di dolore.

Apprenderemo ciò che nessuno ebbe mai il coraggio di narrarci, il limite di una vita e un travolgente rifugio di buio.

Anime sporche sfuggiranno da corvi dai becchi dorati.

Tentativi di corruzione, vedranno di cos'è capace un uomo senz’ anima.

Ti prego.

Non lasciarmi vita.

Odiami.

Seguimi.

Non farlo senza aver prima concesso alla vita di appartenere a chi sa di non possederla.

  
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