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Autore: Hidden Writer    23/08/2012    4 recensioni
Ho deciso, d'altronde era tempo che meditavo di scrivere su questa -carinissima- coppia.
Questa potrebbe essere la prima e l'ultima storia per questo pairing, quindi spero che sia di vostro gradimento, buona lettura.
Estratto:
Io e Courtney siamo innamorati da più di sessant'anni e non abbiamo mai pensato di lasciarci, ogni volta che una crepa si formava nel nostro rapporto eravamo entrambi pronti a ripararla.
Esattamente sessantaquattro anni or sono lei bussò alla porta dell'aula e rimase sull'uscio, senza entrare.
D'altronde aveva appena varcato la soglia del mio cuore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Courtney, Trent
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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...E ci chiedevano ancora come avessimo fatto.


Ho ancora gli occhi fissi sulla televisione, faccio zapping da ormai un quarto d'ora, dovrò accontentarmi del telegiornale.

Quel giornalista non va mai in pensione? Sono più di trent'anni che è seduto a quella scrivania.

Mi guardo lentamente intorno, non per curiosità, assolutamente no. È come se volessi controllare che sia tutto come è sempre stato. Il divano bianco, leggermente ingiallito dal tempo, così come la carta da parati, che lascia intravedere due o tre crepe nel muro, il tavolino al centro della sala, molto piccolo, ma abbastanza spazioso per due, l'angolo cottura, la libreria stracolma e la televisione, il parquet, la porta lucida e perfetta del corridoio e quella tarlata della camera da pranzo.

È tutto come cinquantatré anni fa, nulla è cambiato.

Ho settantanove anni; quando comprai questa casa mi sembrò eccessivamente grande, ora invece mi provoca una sensazione di inquietudine, come se le pareti si fossero ristrette fino a plasmare la forma del mio corpo. La casa è diventata solo per noi due, ormai.

Io e la donna che amo.

Si usano questi termini molto bonariamente e con estrema facilità, ma è difficile pensare che le persone siano in grado di legarsi ad un altro individuo in questo modo.

Io e Courtney siamo innamorati da più di sessant'anni e non abbiamo mai pensato di lasciarci, ogni volta che una crepa si formava nel nostro rapporto eravamo entrambi pronti a ripararla.

Esattamente sessantaquattro anni or sono lei bussò alla porta dell'aula e rimase sull'uscio, senza entrare.

D'altronde aveva appena varcato la soglia del mio cuore.




Parlò con disinvoltura, non accorgendosi che aveva catturato il mio sguardo e la mia mente.

«'Giorno signorina Wallis, il professor Apples desidera parlare con lei e... piuttosto urgentemente.» Aggiunse all'ultimo.

Era bellissima, aveva una maglietta a girocollo bianca e un paio di pantaloni beige, piuttosto attillati.

La professoressa uscì, lei rimase sull'uscio per alcuni secondi, poi la seguì. Sentii la sua voce di nuovo, ero sicuro che fosse la sua perché difficilmente l'avrei più scordata.

«Insomma... Vuole che io resti in classe.» Disse eloquentemente.

«Esatto, grazie carissima.» Affermò la prof.

La sentii avvicinarsi, ebbi un tuffo al cuore. Entrò e si sedette alla cattedra, scribacchiando su un taccuino mente la classe rumoreggiava fra parole e brusii.

La professoressa tornò circa quindici minuti più tardi, ringraziandola.

«Grazie Courtney, a buon rendere.» La mandò in classe.

Courtney.

Non avrei più scordato quel nome.




No, certamente, mai.

Mi alzo dal divano e mi avvio alla finestra. Fa troppo caldo per essere a Maggio, apro e sento tutta l'aria che penetra in casa, la corrente mi investe. Anche qui è tutto come allora. I pini cresciuti di qualche altro metro, il prato, il viale che poi dà sulla strada e quella BMW bruciata che non è mai stata rimossa dal ciglio della strada. Ci sono due signori che si tengono per mano e che ad un tratto cominciano a baciarsi appassionatamente. Avranno quarant'anni a testa.

La prima volta che ho visto due quarantenni baciarsi non è stato affatto un bello spettacolo.




No di certo, per la quinta volta Courtney era venuta per chiamare la signorina Wallis, ignara di quello che un po' tutti sospettavamo. Mi alzai dal banco, dirigendomi verso l'uscita.

«Hey, tu. Siediti.» Mi riprese lei.

Cercai di abbattere la timidezza e rispondere.

«Un momento... Mi ci vuole un attimo.» E uscii.

La sentii alzarsi, mi raggiunse nel corridoio.

«Ma dove credi di andare?» Mi afferrò per un braccio.

«Lì.» Indicai la sala professori.

Lei assunse un'espressione interrogativa.

«Perché non vieni? Non c'è niente di male ad allontanarsi di quindici passi dall'aula.» Proposi con il cuore in gola.

Tentai in tutti i modi di sembrare inespressivo, ma il sudore ricadeva fin troppo abbondante lungo la fronte e il collo. Troppo abbondante per una giornata di Aprile.

Mi avviai verso la porta, accorgendomi con sorpresa che lei mi seguiva titubante. Piazzai l'occhio nella fessura della serratura e li vidi. Come pensavo. Mi scappò un leggero risolino, quindi feci spazio a lei.

«Prego, ma evita di gridare.» Le dissi.

Lei si portò le mani alla bocca, inspirando molto velocemente per lo stupore.

«Ma... Ma è...» Balbettò.

«È...»




Indicibile, già, senza dubbio.

Quei due professori stavano letteralmente avvinghiati; il preside prese seri provvedimenti per questo, ma in fondo sono loro grato: solo grazie a questo io e Courtney iniziammo ad avvicinarci.

Stanno dando un qualche talent show sul quinto canale, qualcosa di a dir poco orribile. Canto, ballo, recitazione, non ce n'è uno che sia capace. Entra sul palco una diciassettenne, dice il presentatore, con un violino in mano.

E lei aveva più o meno quell'età quando...




Sette Giugno, festa del diciassettesimo compleanno di Darren, aveva invitato tutti i ragazzi frequentanti il secondo liceo* e aveva affittato una villa con piscina.

Ottima idea per gli assassini e i maniaci sessuali”, aveva commentato Courtney, inevitabilmente scocciata. Aveva passato gran parte della serata in disparte, lamentandosi della musica troppo alta e sgranocchiando la stessa tartina da parecchio tempo.

Uscii dalla piscina, dirigendomi deciso verso lei. L'acqua sul corpo camuffava il sudore e l'agitazione perfettamente. Camminai lentamente, ma con un ritmo regolare, quasi a voler iniziare una danza che non mi avrebbe fermato nella traversata. Arrivai da lei, inspirai il coraggio e lo immisi nella gola sotto forma di voce.

«Ti va di entrare in piscina?» Chiesi deciso.

«Scherziamo? Con tutta questa gente, neanche morta!» Rifiutò.

«Beh, vado a vestirmi.» Conclusi, imbarazzato per la proposta fatta.

Avrei dovuto pensarci, avrei potuto risparmiarmi quella figuraccia. Spostai lo sguardo a destra, notando disperatamente che la polo e i jeans erano spariti.

«Court...? C'erano degli abiti qui...» Balbettai preoccupato.

«Ah, sì, Darren li ha portati dentro la villa.» Rispose con semplicità.

«Cosa? Ma... Dove?» Domandai esasperato.

«Dunque... Ti ci porto, vieni.» Mi richiamò, accelerando il passo verso la porta.

La seguii, raggiungemmo il salone e lei si guardò lentamente intorno.

«Lì c'è un armadio, sicuramente...» Si avviò verso di esso, spalancando le due ante di scatto e sbarrando gli occhi.

«Wow...» Mormorò, vedendo uno Stradivari bellissimo.

«Lo sai suonare?» Chiesi interessato.

Lei non rispose, prese il violino in mano; l'archetto sfiorò le corde per un attimo, poi si staccò di nuovo.

Iniziò a riecheggiare nella stanza una melodia meravigliosa, andante a tratti e malinconica nel sottofondo. Sembrava che tutto il mare di note non uscisse da quel piccolo strumento, ma risuonasse dai muri, dai mobili, da lei.

Mi avvicinai lentamente, misi una mano sulle corde, che smisero di suonare. Avvicinai il mio viso al suo, posai delicatamente le mie labbra sulle sue, in un bacio che durò all'infinito.




Ancora adesso sogno quel meraviglioso momento.

Non ritrovai più quei vestiti, tornai a casa in costume. Volendo essere corretti, non li cercai proprio, non avevano affatto importanza ormai.

Decido di cambiare canale, questo programma mi dà sui nervi. C'è un talk show sul primo, piuttosto interessante, ma non mi va di guardarlo. Non presto attenzione a nulla, sono stanco, ormai.

Al muro sono appesi i quadri di sempre, la riproduzione in scala ridotta della Scuola di Atene di Raffaello, la fotocopia della Vergine delle Rocce di Leonardo, la sua laurea. E il mio diploma del conservatorio.

Erano cinque mesi precisi...




Lei aveva compiuto diciassette anni da circa venti giorni, io ero appena uscito dall'aula di conservatorio, dall'ultima lezione. Presi il tram per dirigermi a casa.

La trovai lì, davanti alla porta. Il giubbotto grigio che tanto mi piaceva la avvolgeva quasi per intero. Lei mi salutò allegramente. La baciai delicatamente.

«Come mai sei qui?» Domandai.

«È... È una lunga storia... andiamo a farci un giro?» Chiese.

Annuii, entusiasta.

Ci avviammo lungo il viale, attraversammo il parco e camminammo. Non in una direzione precisa, qualunque posto sarebbe andato bene. Passammo davanti alla fontana, al secondo vialetto, e infine in mezzo alle case. Novembre era iniziato da poco, ma il freddo pungente penetrava facilmente nel mio giacchetto. Percorremmo quasi due chilometri, alla fine eravamo esattamente sotto casa sua.

«Saliamo?» Proposi.

«Fa un freddo cane...» Aggiunsi.

Lei aprì, entrando lentamente. Salì le scale, seguita da me, entrò nella sua camera e si sdraiò sul letto. Lo feci anch'io. Cominciammo a baciarci appassionatamente, avvinghiati l'uno all'altra, le mie mani avide correvano sul suo corpo, finché lei mi fermò.

«Perché? Non c'è niente di male...» Le sussurrai.

Lei sembrava a disagio..

«Volevo... Ecco, volevo dirti... Che...» Arrossì, lentamente, poi abbassò lo sguardo.

«Vedi, io sono ancora vergine.» Ammise, come se ciò fosse una colpa.

«E questo dovrebbe fermarmi?» Sorrisi.

«Io ti amo, tu mi ami. Questa è l'aria che respiro, non ho bisogno di null'altro e so di poter arrivare dappertutto.» La baciai ancora.

«Sei unico.» Mi disse, e ricominciammo da dove ci eravamo fermati.




Unico... Che parola futile.

Raggiungo la terrazza, lo stendino è pieno di vestiti. Incomincio a staccarli e raccoglierli nel catino.

La televisione è ancora accesa, fa da sottofondo a tutto ciò che faccio. Rientro, incomincio a prepararmi la cena. Devo impastare le polpette, forse mi conviene levarmi la fede, o s'infilerà tutto il grasso sotto.

Lei non se la tolse per cucinare...




Quella sera avevo avuto una tremenda discussione con il capo della casa discografica per cui lavoravo, ero tornato stanco e affamato. Sarebbe bastata una scintilla per farmi esplodere. E la scintilla ci fu.

«Court...? Dove diavolo è la cena?» Gridai per chiamarla.

«Avresti dovuto prepararla tu...» Rispose lei preoccupata.

«Io? Ma se sono stato fuori tutto il giorno!» La rimproverai.

«Ah, certo, perché io invece sono rimasta a girarmi i pollici, eh?» Ribatté.

«Se lavorassi la metà di me avresti la lingua per terra, a quest'ora!» Strillai.

«Non ci provare nemmeno, tu non hai neanche preso una laurea!»

«Già, forse perché mi sarei alzato al tuo livello, al livello di un'incapace con manie di grandezza!» Le rinfacciai.

Andammo avanti per molto, troppo tempo. Più continuavo, più mi rendevo conto che stavo male. Stavo male per ogni singola parola che dicevo.

«Ah sì? Bene, allora cavatela da solo!» Gridò alla fine, togliendosi la fede e lanciandomela contro.

La mia collera sparì d'un tratto, due grosse lacrime si formarono nei suoi occhi, scendendole sulle guance.

Uscì sbattendo la porta, io rimasi imbambolato per alcuni secondi, poi la rincorsi. La rincorsi disperatamente, l'anello ancora in mano. La afferrai per un braccio, la voltai e la strinsi a me, con tutte le mie forze.

«Scusa...» Mormorai sommessamente, mentre lei ricambiava l'abbraccio.


Se avessi preso le chiavi prima di uscire avremmo evitato di chiamare i pompieri.

Quello fu il nostro primo e unico litigio, dopo oltre tredici anni che stavamo insieme. Molti ci chiedevano come avessimo fatto a resistere per tanto tempo, a non far mai spezzare quel legame che c'era fra di noi.

Ci chiedevano come avessimo fatto, come se fosse qualcosa di paranormale.

Era amore, null'altro.

Ma l'amore è effettivamente qualcosa di speciale...




Dustin aveva ventidue anni, Lynn ne aveva diciannove.

Era strano pensarci con dei figli, mi sembrava come se avessimo raggiunto un traguardo. Agli occhi degli altri era tutto normalissimo, io invece sentivo che tutto questo era incredibile. E anche Courtney, lei li aveva tenuti in braccio come trofei fin da quando erano nati.

Entrambi erano andati via di casa, la ragazza di Dustin aveva un anno meno di lui, mentre Lynn e Charlie avevano la stessa età.

Ripensavo sempre a quando io e Courtney prendemmo una casa per noi, non avevamo pensato a dei bambini, e la camera eravamo riusciti a ricavarla dalla sala hobby quando loro erano nati.

Ci chiedevano ancora come avessimo fatto a non guastare mai nulla, a rimanere con stesso affetto di trent'anni prima. Non c'era risposta a tale domanda, anche perché qualunque risposta sarebbe risultata futile e banale. Ma la domanda sorgeva dalle bocche di chiunque. E sarebbe continuato così.




Ci chiedevano come avessimo fatto...

Ci siamo amati fino all'ultimo come dal primo momento.

Courtney se n'è andata due anni fa, troppo presto per me. Lei ancora vive dentro di me, il mio cuore è sempre e solo per lei, ma la casa è tremendamente vuota. Ecco perché mi dà inquietudine, perché le pareti hanno escluso lei, e stanno avvolgendo solo me.

Mi ricordo che avevamo una vita in cui ci bastavamo noi due per arrivare ovunque, era semplicissimo, io, lei, l'amore. Era talmente semplice che tutti avrebbero potuto capirlo, eppure tutti ci guardavano sorpresi, sorpresi di vederci così in accordo, così in simbiosi senza che nessuno e niente ci contrastasse.

E ci chiedevano ancora come avessimo fatto...





*Nel liceo classico, il quarto anno è il secondo liceo.


Angolo dell'autore

Generi: Fluff, Sentimentale... Romantico... Non c'è “strappalacrime”?

Diciamo che questa è una coppia che mi piace molto (non sono carini? •.•), ma potevo risparmiarmi molte cose.

Ecco qui una Trentney tutta per voi, Mele.

Questa storia è stata gentilmente betata dalla mia volenterosa (o quasi) sorellina Clover e dal generoso (e disposto a rinunciare alla salute de suo pterodattilo) Saggio.

Spero che non siate avidi di recensioni e spero che siate generosi di parole.

Approfitto, inoltre, per fare un po' di insano spam: Vorrei invitare perlomeno coloro che seguono “A tutto reality: Century” a manifestare il loro scontento o la loro approvazione tramite qualche recensione, piuttosto che non commentare per niente.

Detto questo, spero che la One-shot vi sia piaciuta, a presto!

Enjoy it!





Angolo della beta

Ehilà : ) Sapete bene chi io sia, quindi bando alle ciance e parliamo subito di ciò che volevo dirvi.

Semplicemente, per me è stato un piacere betare questa storia : ) Anche se si tratta di farlo alle undici e mezza di sera :D

Come ultima cosa, vorrei dire che trovo questa storia molto... *cerca le parole* commovente.

Sì, per quanto poco mi piaccia la Trentney, ho deciso di betarla confidando nelle qualità tecniche del mio fratellino Hid e sicuramente non me ne sono pentita. È una fanon poco utilizzata, ma per fortuna c'è chi ne sa scrivere *-*

(E non parlo solo di questa meraviglia qui sopra e del suo meraviglioso scrittore, ma anche di somebody else. Chi ha orecchie per intendere, intenda.)

Recensiteci, mi raccomando! : )




Angolo del Beta

Ehm, ehilà!
Sì, ci sono anch'io in mezzo alle scatole: quando non è con delle storie, è con qualche angolino tipo questo, ma vabbè xD
Ok, sono stato assoldato anch'io come beta-reader dal buon Hid, e spero... *Lancia occhiata al coltello puntato contro di lui*... Di aver fatto un buon lavoro "^^
Devo dire che la storia mi ha profondamente colpito: pur conoscendo lo stile di Hid -e dunque aspettandomi una signora storia da lui- sono rimasto piacevolmente colpito da come è stata strutturata e gestita.
Sebbene il pairing mi procuri lievi forme di orticaria, ammetto di non aver riconosciuto i due piccioncini prima di almeno metà dell'opera -anche se mi era stato preannunciato che fosse una Trentney, me ne sono dimenticato... L'età, l'età...- ma questi sono futili dettagli.
Quel che conta è che la storia è fantastica, non ho trovato neanche mezzo errore di grammatica (solo qualche refuso qua e là, niente di che) e mi sono commosso.
Sì, ok, l'ho fatto u.u
*Si asciuga furtivamente una lacrimuccia*
Che altro dire? Cercherò di spendere più parole nella recensione che lascerò alla storia.
E comunque, braFerrimo Hid :3

  
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