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Autore: N3trosis    25/08/2012    1 recensioni
A volte, nei vagoni dei treni delle metropolitane si possono fare gli incontri più stravaganti, la gente più interessante e particolare che mai potreste notare sulla superficie. Sotto terra, in quelle quattro lamiere in movimento, siamo tutti uguali, quali che siano le nostre vite. E che cos'è la vita, se non un altro viaggio?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fra una stazione e l’altra c’è sempre uno spazio di tempo durante il quale, tutti noi, siamo chiusi in un limbo. Siamo tutti estranei, dentro questo vagone, ma ci accomunano tante cose. L’odore stantio dell’aria riciclata, lo stridere dei binari sotto il peso dei vagoni, l’oscurità intermittente delle gallerie più profonde, i sobbalzi delle frenate.
Siamo tutti estranei, eppure in quel fascio di lamiere saldate assieme, siamo tutti uguali. Almeno, durante questo lasso di tempo. E’ come se entrassimo in un mondo a parte, solo nostro. Noi siamo tutta la popolazione del nostro mondo, e come tutta la popolazione del mondo, evitiamo accuratamente di entrare in contatto l’uno con l’altro. 
Occhialini fischietta nervosamente affianco a me, mentre la coppia cerca invano di far smettere il bambino di piangere. Il piccolo dormiva beatamente fino a pochi istanti prima, ma il rumore della locomotiva che divora il ferro dei binari era aumentato progressivamente. L’uomo, probabilmente il padre, lo culla con decisione senza smettere di guardare la madre. Questa ha uno sguardo triste ma sereno al tempo stesso, come se si fosse rassegnata.
 
“Volete far smettere di urlare quella … cosa?” esclama irritata la Pelliccia, la donna anziana vestita con un intera volpe scuoiata, assieme a tanti altri animaletti.
“Se fosse stata mia figlia, le avrei impartito la disciplina a suon di schiaffoni!” borbotta, guardando con astio i due. Ma questi non la sentono neanche, impegnati come sono. E forse non è che un bene.

Occhialini mi tira lievemente la manica della felpa nera, richiamando la mia attenzione. Mi tolgo per la seconda volta una cuffia, fingendo di non aver sentito nulla del rumore di quel vagone.
“Scusami, non voglio disturbarti ma… sai mica qual è la prossima fermata?”  Occhialini ha un sorriso imbarazzato, è la seconda volta che, secondo lui, interrompe la mia musica.
Ma meglio che non sappia che era proprio quella, la mia musica.
Per un attimo guardo con attenzione lo schema a linee colorate che indica il nostro tragitto. Le stazioni sono segnate come puntini bianchi lungo una lunga linea verde disegnata su di un pannello luminoso, accanto al portello. 
“La prossima stazione è… la sua.” Rispondo, indicando con sicurezza uno dei compagni di viaggio più silenziosi di tutti. E’ un omino piccolo, avvolto da una giacca smunta verde militare. Ha gli occhietti piccoli e ravvicinati, e non è per niente a suo agio, lo si può intuire senza nessun problema. Occhialini mi guarda senza capire, ma io chiudo la discussione con un sorriso e torno ad ascoltare la mia musica fantasma. E’ un tipo simpatico Occhialini… forse pensa che lo stia solo prendendo in giro, come piccola vendetta.  Infatti mi sorride in dietro e torna a fischiettare fra se e se.
 
Tutte le stazioni richiedono un certo lasso di tempo, per essere raggiunte. Non è ne un lasso di tempo lungo ne troppo breve, ma giusto, misurato al millimetro. E ogni stazione è speciale: è l’arrivo di qualcuno, il raggiungimento del tanto ambito traguardo… o semplicemente uno scalo, per cambiare treno, linea, destinazione…
Tutte le stazioni richiedono un certo lasso di tempo, tempo che per noi, è giunto al termine.
-Plim Plom… STAZIONE DI fzzzzMAGOSTA. LE PORTE SI APRIRANNO SULLA DESTRA-
Sento Occhialini imprecare, la scarica statica ha reso irriconoscibile il nome della stazione, dal messaggio chiocciato dagli altoparlanti del vagone. Sospiro, chiudendo appena gli occhi, godendomi la sensazione del treno che rallenta, la spinta in avanti che ne deriva e, perché no, anche quello dei freni che si impennano per fermare la nostra corsa.
Ma non sono solo io ad aspettare questo momento…
La donna impellicciata si alza stizzita, invenendo con voce gracchiante contro quel povero figlio, la cui unica colpa è di non sopportare la canzone del metallo.
L’uomo dalla giacca verde si alza in piedi, come un fulmine, avventandosi sulla donna e strappandole di dosso la borsetta di pelliccia. La sottile cinghia di cuoio e stoffa si lacera a una delle due estremità, lasciando cadere l’ex proprietaria donandosi come una puttana al ladro. Tutti gli occhi sono puntati sull’uomo, qualcuno si alza. Anch’io, e non so nemmeno il perché.
Le porte del vagone si aprono, come promesso, sulla destra, e l’uomo si avventa verso l’uscita.
Io sono di mezzo. Per un istante, un solo minuscolo istante, i nostri sguardi si incrociano. E allora la cerco. Cerco quella piccola scintilla d’odio, di malvagità che possa averlo spinto a una simile azione.
Ma non la trovo. Leggo solo una forte disperazione, e una paura incredibile. Ci leggo il sapore della fame e delle lacrime. Ci trovo l’amore per qualcuno a cui dover badare.
Mi sposto di lato.
Non ho trovato nulla che possa giustificare l’azione compiuta. Nulla che possa giustificare il male arrecato a un'altra persona… ma nemmeno nulla che io possa condannare. E così mi sposto di lato.
Mi sfreccia accanto, senza rallentare di un secondo. Le porte si chiudono dietro di lui con un sibilo angosciante, come la lama di una ghigliottina che cala inesorabile.
Torno a sedermi, osservando la donna ancora seduta a terra, a prima vista illesa. Il lui della Coppietta si alza dal suo sedile, affidando il pargolo al braccio della sua lei, chinandosi verso l’anziana Impellicciata chiedendole cortesemente come stava, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
La donna è in evidente stato si shock, ma riesce a rialzarsi.
“Come facevi a saperlo?” mi domanda Occhialini, questa volta senza nemmeno tirarmi la manica, o per fare qualsiasi cosa per attirare la mia attenzione. Se stessi davvero ascoltando qualcosa, non lo sentirei. Invece mi poso l’indice davanti alle labbra, sorridendo tranquilla.
Il piccolo ha smesso di piangere e si è appisolato fra le braccia della madre.
 
 
 Tutte le stazioni richiedono un certo lasso di tempo, per essere raggiunte. Chissà quanto manca per arrivare alla prossima?
  
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