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Autore: Echelena    25/08/2012    6 recensioni
Questa storia mi è venuta in mente guardando Jared alle sfilate Parigine. E se invece di fare la Divah con Terry, fosse incappato nel bel mezzo di indagini con traffici di droga e il Commissario di Polizia fosse donna , affascinante e per giunta Italiana?E lui ci resta impantanato senza volerlo. Un Jared ovviamente inventato dalla mia fantasia che alla fine ne esce anche eroe! Una specie di Distretto dei...Mars!!Buona lettura!
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-      Uno-due-tre… libera! Uno-due-tre… libera!- i medici erano accovacciati su Jared per rianimarlo.
Giulia e Paolo mi raggiunsero.
Giulia mi abbracciò e mi sostenne affettuosamente: quante volte avevamo vissuto questa scena, per qualche collega ferito?
Il dolore era sempre molto grande, ma adesso era davvero insostenibile per me.
Avevo gli occhi sbarrati per il terrore che Jared non ce la facesse, mentre era esamine per terra, lottando tra la vita e le morte.
-      Li abbiamo presi tutti , Carla…- mi disse Paolo quasi in un sussurro.
Non aggiunse nulla: ogni parola in più sarebbe stata superflua.
-      Ecco il battito, dottore!- esclamò uno dei medici .
Fu come se anche io potessi respirare e l’aria mi tornasse nei polmoni.
Giulia mi abbracciò forte.
-      Ce la farà, vedrai!- disse convinta.
Io annuii semplicemente.
Molto velocemente caricarono Jared sull’ambulanza e io notai, mentre mi passava davanti sulla lettiga, il pallore del suo volto.
Salii anche io sull’ambulanza, mostrando il mio distintivo ai medici e presentandomi col mio grado.
Mi accomodai in un angolino e notai che Jared aveva la maschera dell’ossigeno che lo aiutava nella respirazione.
Sentivo il “bip” regolare che scandiva il suo battito cardiaco.
Uno di loro parlava alla radio con l’ospedale, annunciando il nostro arrivo.
-      Maschio bianco, sulla trentina…-
-      Quaranta!- lo corressi io.
-      Quaranta?- ripetette sorpreso.
Annuii per confermare.
-      Maschio bianco, sui quaranta, ferita da arma da fuoco, spalla sinistra. Arresto cardiaco di pochi minuti, presumiamo, non abbiamo la cronologia esatta. Procurato massaggio cardiaco. Ha perso molto sangue. Serve sangue 0RH positivo. Preparate la Sala Operatoria: stiamo arrivando!-
-      Come sta?- chiesi alla donna accanto a me. Ero molto preoccupata e cercavo conferme.
-      Dovrebbe farcela. Il punto è che ha perso molto sangue ed è molto debole. - rispose lei.
-      Mio Dio…- sussurrai, coprendomi il volto con le mani.
La corsa all’ospedale fu molto veloce.
Come nella scena di un telefilm, portarono via di corsa Jared in Sala Operatoria e a me non restò che aspettare in sala d’attesa.
Chissà quanto sarebbe durata questa terribile attesa...
Non pensai neanche di mettermi in comunicazione coi miei uomini.
Mi tornarono in mente le ultime parole di Paolo “Li abbiamo presi tutti”.
Anche se avevamo concluso con successo il nostro lavoro, dopo tanta fatica, era tutto marginale nella mia mente e non assaporavo pienamente il gusto della vittoria.
Tutto era offuscato dalla visione di Jared che cadeva a terra ferito.
Adesso pregavo solamente che uscisse vivo da quella Sala Operatoria, poi avrei potuto gioire per tutto il resto.
Lui aveva rischiato la sua vita per me, due volte in un solo giorno , anche se la prima volta non ne era consapevole, la seconda ne era cosciente.
E io non avrei potuto mai dimenticare il suo gesto...
Qualcuno con indosso il camice verde, di quelli che  si indossano in Sala Operatoria, entrò in Sala d’attesa e mi venne incontro: era un’infermiera.
 Mi porse un sacchetto e chiese:
-       Il Commissario Andreoli? Questi sono gli oggetti personali del paziente. Bisogna avvisare i parenti, Commissario, ci pensa lei?- io annuì pensierosa: era un compito che mi era toccato fare tante volte.
Certo che dovevo avvisare i parenti, come avevo potuto scordarmene? Ero troppo coinvolta emotivamente e non avevo pensato alla procedura di rito.
Dovevo avvisare la madre o il fratello, cui faceva sempre cenno Giulia.
Come evocata dai miei pensieri, Giulia apparve all’improvviso, dal fondo del corridoio.
Mi venne incontro e mi abbracciò forte, senza dire nulla.
Piansi sulla sua spalla per sfogarmi, alcuni minuti.
Lei rimase in silenzio, con una mano mi teneva stretta a sè, sottolineando l’affetto che aveva per me.
Eravamo come sorelle, molto più che semplici colleghe.
Mi staccai riluttante dal suo abbraccio e mi asciugai le lacrime.
Parlai con la voce incrinata per l’emozione...
-      Devo avvisare i parenti, non so se ce la faccio...- dissi con un filo di voce.
-      Per etichetta dovresti farlo tu, ma se non te la senti lo faccio io. Chiamo Shannon?- uno strano bagliore illuminò i suoi occhi, mentre parlava.
-      E chi è Shannon?- la guardai stranita.
-      Il fratello, no? Glielo dico io?- chiese insistente.
-      Ma ti pare il momento di fare la civetta? Chiamo io che è meglio...- dissi prendendo il cellulare di Jared.
Scorsi veloce la rubrica, ma non trovai nessuno con quel nome.
-      Sei sicura che si chiami Shannon, suo fratello? Non trovo nessuno con quel nome... Chiamo la madre? La devo cercare...- adesso il mio tono divenne professionale. Era mio dovere, avvisare qualche parente di Jared.
-      Aspetta.. qui c’è scritto “Bro”, vuoi vedere che lo ha classificato così, da “Brother”?- chiesi a Giulia.
-      Sicuro! Questi americani si danno nomignoli strani, chiama!- rispose Giulia, sicura.
Schiacciai il tasto di invio e attesi.
Feci mentalmente un calcolo veloce del fuso orario , dall’altra parte del mondo.
C’erano nove ore di differenza, guardai l’orologio che segnava quasi le undici di sera, dunque lì dovevano essere le due di pomeriggio.
Dunque il suo “bro” adesso doveva essere disponibile.
Il telefono suonò senza che ricevessi risposta, così riprovai.
Rispose, infine, una voce impastata dal sonno.
-      Bro, ogni tanto sai che faccio vita notturna, mi hai beccato mentre dormivo: che vuoi?- parlò in un americano molto stretto, tanto che feci fatica a capirlo. Oltretutto era assonnato e biascicava le parole .
-      Buongiorno! Sono il Commissario Andreoli della Polizia di Stato Italiana e chiamo dalla Francia.- risposi prontamente. Seguì una pausa di silenzio dall’altra parte e pensai che il tipo, visto che stava dormendo,  cercava di riprendersi per capire.
-      Chi caz… Commissario? Cos’ ha combinato Jared? Non è da lui farsi arrestare…- dal suo tono di voce capii che adesso era ben sveglio.
-      Mr. Leto, purtroppo devo informarla che suo fratello è stato ferito in un conflitto a fuoco e adesso è in Sala Operatoria. I medici per adesso non si sono pronunciati. Era mio dovere informare i parenti…- cercai di usare un tono professionale, più distaccato possibile.
Dall’altro capo del filo non sentii più nulla.
Poi con un filo di voce lui disse:
-      Come… conflitto a fuoco? Gli hanno… gli hanno sparato?
-      Si, è stato ferito.- risposi prontamente.
Ero preparata a queste scene, si ripetevano in continuazione nel mio lavoro.
La parte di avvisare i parenti delle vittime non è amata da nessuno, ma in questo momento la odiavo immensamente, a causa del mio coinvolgimento emotivo.
Gli diedi le indicazioni del posto dove eravamo, su come arrivare e lo rassicurai sul  fatto che lo avrei tenuto informato.
Lui sembrò spaventato e mi disse che avrebbe preso il primo aereo disponibile e di chiamarlo a qualsiasi ora , se avessi avuto notizie sull’esito dell’intervento.
Da come parlava lo sentii molto abbattuto : pensai subito che dovevano essere molto legati.
Mi pregò tante volte di avvisarlo su qualsiasi novità , prima di chiudere la comunicazione.
Cercai di tirarlo su, promettendogli che sicuramente lo avrei chiamato.
-      Come l’ha presa, Carla? – Giulia mi guardava apprensiva. Aveva un’espressione corrucciata, era molto preoccupata.
-      Non bene, ovvio! C’è rimasto molto male... Nella voce ho notato della commozione, dopotutto è suo fratello.- mentre parlavo, guardavo un punto fisso davanti a me. Non riuscivo a guardare neanche Giulia. Ero come svuotata...
Cominciai a parlare ad alta voce, con tono adirato, che volevo notizie e me la presi con l’organizzazione dell’ospedale.
-      In questo Ospedale di merda, non danno notizie! Vaffanculo!-
-      Stai calma, Carla...- Giulia cercò di tranquillizzarmi.
Mi accasciai, stanca, sulla sedia, col volto tra le mani.
Avevo voglia di urlare ancora, piangere e sfogarmi per la rabbia...
Odiavo quella Sala d’Attesa...
Chiusi gli occhi, appoggiai la testa al muro e ripensai a quello che era successo, solo poche ore prima.
Mi sentii colpevole per l’accaduto.
Se io avessi avvisato Jared della mia vera identità e dell’operazione pericolosa che stavo affrontando, magari non mi avrebbe seguita e ora non sarebbe stato in bilico tra la vita e la morte...
Forse a quest’ora sarei dovuta essere morta io, in realtà.
Giulia si sedette accanto a me e , come se leggesse tra i miei pensieri, disse piano:
-      Non è colpa tua, Carla. E’ stato il destino, ormai è andata così.. vedrai che ce la farà, Jared è forte e sa lottare!- mi abbracciò forte e io mi lasciai andare a un pianto liberatorio.
 
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Dopo un paio d’ore di quella angosciante attesa, finalmente si aprì la porta della Saletta, da cui ne uscì un medico con indosso ancora il camice verde e la mascherina abbassata sul volto.
Ci venne incontro e io sperai di capire cosa dicesse, visto che ero molto emozionata e non ero molto ferrata col francese come con  l’inglese.
-      Commissario Andreoli?- mi chiese con tono cordiale.
-      Sono io, dottore!- mi alzai e gli andai incontro.
-      Il paziente ha risposto bene all’intervento. Abbiamo estratto il proiettile, che non ha leso organi vitali, in quanto si trovava nella spalla, però era in profondità ed aveva già perso molto sangue. Adesso i parametri vitali si sono stabilizzati, anche se è molto debole. E’ in coma farmacologico per permettere la ripresa spontanea. Attendiamo 24 ore tenendolo sotto stretta osservazione. Ha avvisato i parenti?- mi chiese infine.
Per fortuna capii tutto. Ed ero anche più tranquilla dopo le sue parole. Mi sentii più sollevata rispetto a  prima, anche se Jared non era ancora stato dichiarato “fuori pericolo di vita”.
Ormai conoscevo i medici e le loro prudenze prima di pronunciarsi del tutto, sulle reali condizioni dei pazienti.
-      Ho avvisato il fratello. Ma da Los Angeles ci sono parecchie ore di volo. Quindi penso sarà qui entro domani. Dottore...- lo fermai prima che andasse via.
-      Non è in pericolo di vita, vero?- chiesi timorosa.
-      Non è in pericolo di vita, no...- mi confermò con un accenno di sorriso, come per rassicurarmi.
-      Per adesso non può ricevere visite. Vada pure a riposare, venga domani, è inutile che stia qui. Stanotte sarà monitorato...- aggiunse con tono quasi paterno. Forse aveva capito il mio coinvolgimento emotivo , dunque ero come un libro aperto...
Io e Giulia ci guardammo  sollevate.
-      Carla, il dottore ha ragione: andiamo a riposare, torniamo domani.- mi cinse la vita col suo braccio e cercò di spingermi fuori dalla Saletta.
-      Devo avvisare il fratello! Gli avevo promesso che lo avrei tenuto informato…- all’improvviso mi ricordai dell’impegno che mi ero assunta con Shannon.
-      Hai ragione Carla, devi chiamarlo. E domani ci voglio essere assolutamente , quando arriva: non l’ho mai visto da vicino!- disse lei, tutta eccitata.
-      Ma come fai a parlare così in un momento come questo…- le tirai uno scappellotto bonario sulla nuca, per riprenderla. Lei rise; adesso la tensione accumulata si stava sciogliendo.
-      Che c’è?- chiese con viso angelico.
-      Ma ti senti? Quando parli di questo Shannon fai la… smorfiosa!- la rimbeccai. Ero leggermente più rilassata e quindi mi andava pure di prenderla in giro.
-      Ah, io sarei smorfiosa? Ti sei vista quando stai con Jared? Hai gli occhi a cuoricino…- così dicendo, cercava di imitarmi per scimmiottarmi. In realtà mi prendeva in giro e ridemmo entrambe.
-      Voglio proprio vederlo , questo Shannon. Anzi ora lo chiamo e cerco di tranquillizzarlo che prima l’ho fatto deprimere…- dissi, mentre trafficai col cellulare di Jared, per cercare il numero del fratello.
Quando rispose , il suo tono era molto ansioso, ma io cercai di tranquillizzarlo, riferendogli ciò che mi aveva detto il medico. La sua voce si distese, mi ringraziò e mi raccontò che era in aeroporto e che sarebbe arrivato l’indomani dopo pranzo.
 
Mentre tornavamo in albergo, presi di mira Giulia.
-      Così domani vedremo questo famoso Shannon che ti fa impazzire tanto!- affermai con enfasi.
-      Oh, devi vedere come suona la batteria! Pensa che lo chiamano tutti “Shanimal”- aggiunse orgogliosa.
-      Ma tu li hai mai visti suonare dal vivo? Io no…- le chiesi.
La sua risposta mi sembrò scontata, avevo capito che lei li conosceva bene.
Mentre io Jared lo avevo visto solo in qualche film.
Avrei dovuto ovviare a questa mancanza, quanto prima.
-      Certo che li ho visti! Sono andata pure al loro concerto a Roma, nel giugno scorso!- rispose infatti.
Lo immaginavo che lei sul piano musicale era molto informata.
 
Arrivati in albergo, Paolo mi ragguagliò sui particolari dell’operazione che si era conclusa con successo.
Mi raccontò con dovizia di particolari come la nostra squadra assieme ai colleghi  francesi erano riusciti ad arrestare la banda al completo, dentro il Capannone, proprio mentre si svolgevano le vendite segrete delle partite di droga.
Nella Sala di Moda, dove si svolgeva la sfilata, infatti, non era rimasto nessuno di loro, poichè si erano trasferiti tutti dentro questi Capannoni , per depistare la Polizia.
Mi raccontò anche che la tv francese avevano fatto delle riprese della parte finale dell’operazione, da noi poi denominata “Fashion drug”, per le attinenze con la settimana della Moda Parigina.
Avevano parlato anche di Jared che era stato ferito durante le azioni per arrestare i malviventi.
In Francia lui era amato, anche perché i francesi sapevano del suo amore per quella regione e in particolar modo per Parigi.
Il delinquente, ferito da Jared quella sera, era in Ospedale anche lui.
Dopo avermi illustrato per benino, tutto il resoconto finale dell’Operazione, Paolo si congedò.
Erano le tre di notte e io stavo in piedi a fatica: la stanchezza stava facendosi largo nel mio corpo.
Infatti corsi in camera mia e dopo una doccia rigenerante e rilassante, mi buttai nel letto e crollai in un sonno profondo.
 
La mattina la sveglia suonò come sempre alle sette: avevo dormito pochissimo, ma volevo essere presto in Ospedale per avere notizie di Jared.
La mia squadra , invece , si sarebbe occupata dello smantellamento di tutto quello che ci era servito durante le indagini: microfoni, telecamere e microspie.
Una volta assicurati i malviventi alla giustizia, sarebbero tornati tutti a casa.
Il punto oscuro burocratico sarebbe stata l’estradizione; tutti quei criminali, infatti , erano di nazionalità diversa e in luogo neutrale per loro. La mia speranza era che sarebbero rimasti dentro una cella per un bel po’, non mi interessava dove, visto che avevamo faticato per prenderli e rischiato le nostre vite.
Anche io e Jared avevamo rischiato, ma a lui era andata peggio...
Confidavo nella Giustizia, ci credevo e speravo che la burocrazia e i cavilli giuridici non intralciassero il nostro lavoro.
 
Giulia mi accompagnò in Ospedale, mentre Paolo rimase a catalogare tutte le nostre attrezzature, controllandole una per una e archiviandole: un lavoro monotono e noioso che lui non gradiva, ma che qualcuno doveva pur fare.
Era tutta roba tecnologica e costosa e lo Stato pretendeva , giustamente , che non restasse dispersa, visto che aveva un alto costo finanziario.
E visto che i finanziamenti erano dati alle Forze dell’Ordine con il contagocce, facevamo attenzione alla loro conservazione.
 
Appena giunta in Ospedale, cercai di informarmi subito delle condizioni di Jared: mi fu detto che la notte l’aveva passata serenamente e mi tranquillizzai.
Era ancora in coma farmacologico e le visite non erano ancora consentite.
Così Giulia mi trascinò a bere un caffè.
In quel momento di pausa, ne approfittò per farmi una domanda, alla quale neanche io ero stata capace di darmi una risposta e che mi ero già posta: cosa provavo per Jared.
Risposi con un sospiro: non sapevo proprio che dire…
Lei sorseggiava tranquilla il suo caffè e attendeva una mia risposta, senza forzature.
Alzai gli occhi al cielo e sentii le lacrime pungermi...
Dopo una breve pausa cercai una risposta, più per me stessa che per Giulia...
-      Non so neanche io cosa provo per lui... Gli voglio bene, ma tra noi non potrebbe mai funzionare. Non possiamo neanche frequentarci; io a Roma e quando capitano certe Operazioni come quella di adesso , sto sempre in giro, lui a Los Angeles e in giro per il mondo per concerti. Quando potremmo vederci? Ah... potrebbe diventare un pericoloso criminale internazionale, così io andrei ad arrestarlo per poterlo rivedere!- il mio sfogo tracimò  su Giulia come un torrente in piena, la quale , comprensiva , non disse nulla.
Anche se, dopo un po’, non resistette e ironizzò, come al suo solito.
-      Oh , ma come siamo romantici! Sai come la penso io al riguardo? Che la vita bisogna viverla così, per come viene, giorno dopo giorno. Senza porsi troppe domande sul futuro o su come sarà il domani. La vita è breve e il più delle volte bisogna cogliere l’attimo! Ti dice niente il detto latino “Carpe diem”? Anche Jared usa un termine latino come loro motto, “Provehito in altum”, che vuol dire “Puntare verso l’alto”. Rifletti Carla...- concluse il suo discorso e si alzò per andare via.
La guardai stranita.
-      Da quando sei latinista e filosofa? Che discorsi profondi... – ammisi triste.
La ammiravo quando mi parlava così e l’ammiravo anche perché senza di lei il mio lavoro sarebbe stato piatto e monotono.
Senza lei e Paolo le giornate non sarebbero state le stesse, perché oltre che colleghi eravamo anche molto amici e ci sorreggevamo a vicenda, anche in momenti personali, che eludevano da quelli di lavoro.
-      Non vedo l’ora che arrivi Shannon!- disse , guardando impaziente l’orologio e cambiando argomento all’improvviso.
-      Dovrebbe arrivare verso le due, per quello che ho capito. Certo, da Los Angeles è un viaggio molto lungo!- cercai di partecipare alla sua impazienza. Cominciò a prendermi la curiosità di conoscere questo Shannon: ormai Giulia mi aveva incuriosita.
E maggiormente, non vedevo l’ora di vedere Jared, di accarezzarlo e coccolarlo un po’.
Mi mancava...
Per colpa mia si era beccato un proiettile e rischiato la vita.
Mai e poi mai avrei potuto dimenticare il suo gesto, per il quale non aveva esitato ad esporsi al pericolo.
Tutta la mattina sperammo che Jared si svegliasse e che ci permettessero di entrare nella sua stanza.
Invece non accadde nulla di tutto ciò.
Cercai di mandare via Giulia, affinchè riposasse un po’, visto che eravamo rimaste in piedi fino a notte fonda.
Ovviamente lei non fu d’accordo.
-      Sei matta Carla? Io devo incontrare un certo batterista... sto qui anche se mi mandi via a calci!- disse ridendo.
In realtà ero contenta che rimanesse e mi facesse compagnia, in due il tempo passava meglio!
Verso mezzogiorno andammo al bar per prendere un tramezzino, più per non annoiarci, che per fame, visto che il mio stomaco era chiuso.
Verso le quindici notai un uomo che si avvicinava verso di noi, nella Sala d’attesa.
Giulia, non appena se ne accorse, notandolo da lontano, si alzò in piedi, sistemandosi i capelli.
-      E’ Shannon, Carla! Come sto?- chiese emozionata.
-      Sei una stupida! Sembri una quindicenne con gli ormoni sballati!- l’apostrofai , prendendola in giro.
Lei rise molto allegramente.
Shannon si avvicinò verso di lei e le porse la mano.
Giulia restò di sasso, anche se cercò un autocontrollo forzato, forse facendo leva sulla sua professionalità.
-      Commissario? Sono Shannon, il fratello di Jared.- si presentò lui.
Notai che non aveva molta somiglianza con Jared, anche se dovevo ammettere che Giulia aveva ragione: il tipo aveva fascino.
Lei ricambiò la sua stretta restando in silenzio.
Stava facendo una figuraccia e lui a un certo punto la guardò divertito, sforzandosi di non ridere.
Cominciai a pensare che questo Shannon fosse un po’ stronzo...
Aveva capito che lei era emozionata e ridacchiava!
Mi alzai per andare a salvarla e toglierla dall’imbarazzo.
In realtà notai che anche lui la guardava  rapito, continuando a stringerle la mano: non la mollava più!
Restarono  imbambolati tutt’e due...
-      Sono io il Commissario Andreoli, signor Leto!- dissi , porgendogli la mano
-      Oh… Commissario, piacere di conoscerla… - disse infine lui un po’ imbarazzato, staccandosi da Giulia e porgendomi la mano.
Notai che la sua stretta era calorosa e forte.
Infine Giulia si fece avanti e aprì la bocca, ridestandosi dal suo attimo di imbarazzo.
-      Sono il Sovraintendente Giulia…-
Shannon la guardò ricambiandole il sorriso.
C’era patos tra quei due, a caldo fu questa la mia impressione.
Sono convinta che se fossi stata accanto a Giulia, mi avrebbe stritolato la mano, come fanno le ragazze giovani tra di loro.
La conoscevo molto bene e so che lo avrebbe fatto: questo Shannon le piaceva troppo e si notava anche tanto!
Infatti ero fermamente convinta che lo avesse capito pure lui…
-      Notizie di Jared?- chiese lui , facendosi serio all’improvviso.
Mentre lui ci poneva la domanda, si avvicinò un medico, ma non era lo stesso del giorno prima.
Infatti vedendo noi tre chiese chi fosse il Commissario Andreoli; evidentemente voleva darci delle comunicazioni.
Io prontamente mi presentai, visto che Shannon fece intendere di non comprendere il francese.
-      Dottore io sono il Commissario Andreoli, il Sovraintendente Bonanno e il fratello del paziente, Shannon Leto. Parli pure con me che traduco.- dissi al dottore.
-      Bene… La situazione del paziente è abbastanza buona, ha superato bene la notte. Si è svegliato spontaneamente dal coma farmacologico e i suoi parametri si sono stabilizzati. Lo teniamo ancora per ventiquattr’ore sotto osservazione in questo reparto, poi potremo trasferirlo in chirurgia. Tra poco potrà ricevere visite, ma due alla volta, non di più. Cercate di non sforzarlo per farlo parlare , perché è ancora molto debole. La saluto Commissario!- disse infine , in maniera molto sbrigativa , prima di fuggire via.
Questi dottori erano sempre di corsa; non ebbi modo neanche di rispondergli o chiedere altre informazioni…
Forse era quello il loro scopo: non stare a sentire chi faceva loro tante domande. In fondo il loro compito era quello di salvare vite, non chiacchierare coi parenti!
Per fare contenta Giulia, che la vedevo pendere dalle labbra dell’altro Leto, le consentì di tradurgli cosa aveva detto il dottore. Sempre che avesse capito qualcosa, visto che sembrava avere la testa sulle nuvole!
-      Te la senti di tradurre il discorso del dottore? Mi sembri un po’... come dire, agitata!- le chiesi con tono faceto.
Lei fece l’offesa e rispose che aveva capito benissimo.
A me si rivolse con tono risentito , mentre a Shannon con un largo sorriso e sguardo languido, traducendogli lo stato di Jared.
Shannon era impaziente di sentire come stesse il fratello e infine sembrò sollevato dalla bella notizia.
-      Grazie Carla di avermi permesso di tradurre!- mi disse felice come una bambina.
-      Prego quindicenne cotta!- aggiunsi, prendendola in giro.
Lei mi lanciò un’occhiata in tralice, mentre Shannon ci guardava smarrito, perché non capiva quello che dicevamo tra noi.
La stanchezza e la tensione di quelle ultime ore la scaricai attraverso i battibecchi con Giulia: mi aiutarono a rilassarmi.
Giulia cercò di parlare ancora con Shannon per non farlo sentire isolato da noi due. Mentre lei gli parlava lo osservai:
sembrava tanto diverso da Jared, cominciando dagli occhi che erano di un colore indefinito. Prima con la luce sembravano verdi con pagliuzze dorate, mentre adesso che stava in penombra avevano assunto una tonalità che andava sul marroncino. Era molto carino, anche se più basso di Jared, osservai bene i suoi lineamenti mentre dialogava con Giulia. Le avventure amorose a questi due non dovevano marcargli di sicuro, pensai tristemente.
I musicisti attiravano sempre le ragazze, era stato così dalla notte dei tempi!
Le  mie elucubrazioni mentali vagavano lontano e mi allontanavano dalla realtà.
Mi sentii chiamare e ritornai di botto alla realtà, distraendomi, momentaneamente, da quei pensieri frustranti.
Quando mi fu comunicato che potevamo entrare dissi a Shannon di entrare per primo, ma lui galantemente si fece da parte permettendomi di entrare.
Lo ringraziai e passai per la porta che immetteva nel reparto speciale.
Sembrava così rude dai modi che aveva mostrato prima e invece era stato capace di galanteria.
A volte le prime impressioni sulle persone non sono mai quelle giuste, pensai...
Appena entrata in quel reparto l’aspetto e l’odore asettico tipico degli ospedali, mi colpì.
Jared aveva le cannule dell’ossigeno nel naso , evidentemente per aiutarlo a respirare ed era collegato ad una macchina che gli monitorava i parametri vitali.
Il “bip” ritmico e cadenzato sottolineava il battito cardiaco; il suo volto era pallido e sofferente, ma sempre bellissimo.
I suoi occhi si aprirono lentamente, mise a fuoco e cominciò a mormorare piano il mio nome.
-      Shhhh... – gli feci segno di non sforzarsi per parlare , accarezzandolo piano tra i capelli.
I miei occhi si riempirono di lacrime nel vederlo pallido su quel letto.
Notò Shannon ai piedi del letto, che nel vederci così intimi, rimase in silenzio.
Sicuramente aveva capito che tra noi c’era qualcosa …
-      Shan, cosa fai qui?- disse in un soffio.
-      Cazzo, Jay, cosa ci fai qui tu, piuttosto?! Ti sapevo alle sfilate e ti ritrovo bucato dai proiettili Volevi forse girare un film poliziesco?- sembrò adirarsi all’improvviso.
Forse era il loro modo di comunicare tra loro…
-      Shan, la mamma lo sa?- chiese Jared preoccupato.
-      Non le ho detto nulla per non farla spaventare. Spero non lo venga a sapere da qualche giornale o che qualcuno glielo dica!-
All’improvviso, durante la loro discussione, mi sentii di troppo, così decisi di lasciarli da soli per un po’, anche per non sforzare Jared a parlare.
-      Jared io devo andare adesso… - dissi semplicemente.
-      No… ti prego… rimani un po’- chiese con voce flebile.
-      Torno… Vi lascio da soli per un po’, così parlate. Sistemo alcune cose e torno. – lo tranquillizzai.
-      Devi spiegarmi tante cose Carla… anche se adesso ho capito, sai?- mentre parlava, notai un bagliore sui suoi occhi.
Quegli occhi così blu in cui io mi vedevo sprofondare…
Forse era meglio se andavo via per un po’, avrei sicuramente pianto se restavo ancora e non volevo mostrare le mie debolezze.
Così, risolutiva, li salutai, con la promessa che sarei tornata presto.
Giulia mi venne incontro e chiese subito notizie di Jared.
Mi scese una lacrima che prontamente asciugai, cacciando indietro le lacrime, che altrimenti sarebbero scese copiose.
Trattenersi dal piangere era peggio, ma io lì ero in veste di Commissario e non di fidanzata.
O amica?
Non sapevo cosa fossi per lui, in realtà…
-      Non me la sentivo di restare tra loro , mentre si parlavano…
Inoltre vedere Jared così bianco e sofferente, mi ha fatto male!-  ammisi. La mia voce si incrinò nel pensare alle condizioni di Jared.
Giulia mi abbracciò forte.
-      L’importante che se l’è cavata, Carla! Non conta altro , per il momento. Andiamo a bere qualcosa, vieni…- mi tirò per un braccio e mi trascinò via da quella Saletta.
-      Solo il tempo di lasciarli un po’ da soli per permettergli di parlarsi, ok? Poi ritorniamo subito!- risposi determinata. Non volevo stare lontana da Jared in questo momento, proprio ora che si era risvegliato.
Lo squillo del mio cellulare mi fece sobbalzare: ero proprio tesa, saltavo in aria per nulla!
Era il Questore, il che voleva dire “rogne”, nel nostro lessico…
Si, certo signor Questore…Ovvio! Farò un rapporto dettagliato e minuzioso. Ai suoi ordini! A presto…- non mi restava molto da dire col Questore purtroppo.
-      Ho capito: guai, vero?- chiese Giulia , non appena chiusi la comunicazione.
-      Già… Proprio così! Grossi guai, quando un superiore chiama, sono sempre dei guai enormi! Vuole un rapporto dettagliato immediatamente… lo vuole entro domani! Insomma, io, te e Paolo passeremo la notte a scrivere il nostro bel rapportino, invece di dormire!- dissi arrabbiatissima.
Avrei preferito passare quel poco tempo che sarei rimasta a Parigi con Jared e invece dovevo passarlo a scrivere uno stupido rapporto! Come se dopo non c’era tempo per scriverlo…
Il mio lavoro mi impediva, ancora una volta, di vivere la mia vita come volevo.
-      Ti avrà presa per la solita stakanovista! Carla sapevi che lo dovevamo fare al più presto. C’è in ballo troppa roba! Paolo è veloce nella battitura al computer. Scriviamo insieme il dannato rapporto e domani mattina lo inviamo , così il Questore non rompe l’animaccia delli mortacc…- la interruppi con un’occhiataccia e poi scoppiammo a ridere. Mi incoraggiò e mi prese sottobraccio, dirigendomi fuori.
Ancora una volta il buonumore di Giulia mi risollevò.
Sarei tornata dopo da Jared, non pensando al rapporto da scrivere, ma solo a stare un po’ con lui, non pensando ad altro.
 
 
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Nota della pseudo-autrice
Vi chiedo perdono per avervi lasciato in sospeso per due mesi (sempre che a qualcuno possa interessare!)
Va bene, eravate in tanti a seguire questa storia e per farmi perdonare ho scritto un capitolo abbastanza lungo e più leggero che spero vi sia piaciuto.
Purtroppo la mia Beta Sara è in vacanza e allora perdonate gli errori grammaticali e strafalcioni vari, dovute a svista  e distrazioni!
Il prossimo capitolo lo pubblicherò a breve, promesso!
Spero mi farete sapere se vi è piaciuto o  meno questo capitolo in cui fa il suo ingresso Shannon.
Nascerà una nuova storia con la bella Giulia?
Jared continuerà a vedersi con Carla?
Questo e altro alla prossima.
Un grazie di cuore a chi recensisce e a chi passa in silenzio, anche se mi piacerebbe leggere i loro pareri.
 
 
 
 
 
 
   
 
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